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Bari, 13 settembre: Il Governo tace su Israele! Facciamo rumore in Fiera!
BARI, SABATO 13 SETTEMBRE – ORE 9.00 – FIERA DEL LEVANTE – INGRESSO ORIENTALE Porta con te un fischietto, un campanello, una pentola o qualsiasi cosa per fare rumore! Appello (per aderire: comitatopacebari@gmail.com) In queste ore, con l’assedio, la privazione di cibo e medicinali e la deportazione della popolazione civile, assistiamo a una drammatica escalation dell’azione genocidaria di Israele contro Gaza. La missione umanitaria Global Sumud Flotilla – con decine di imbarcazioni da oltre 40 paesi – è stata bollata da Israele come “azione terroristica” e rischia di essere respinta con la forza. In Puglia, anche grazie all’impegno del movimento contro la guerra e a sostegno della causa palestinese, la Regione, il Comune di Bari e numerose altre amministrazioni locali hanno assunto una posizione di pubblica condanna. Significativa la decisione di escludere Israele e le sue imprese dalla Fiera del Levante: un atto concreto che contribuisce a isolare i responsabili di questi crimini. Ma non basta: il Governo continua a non assumere una posizione chiara. È urgente una condanna netta, il riconoscimento dello Stato di Palestina e, soprattutto, l’interruzione di ogni collaborazione militare e commerciale con Israele. L’inaugurazione della Fiera del Levante rappresenta un appuntamento istituzionale di grande rilievo, al quale il Governo partecipa con propri rappresentanti. Come ogni anno, il dibattito sarà incentrato sulle prospettive economiche del Mezzogiorno. Ma quale progresso può esserci senza giustizia, equità sociale, tutela dei territori e delle comunità che li abitano, senza pace e cooperazione internazionale, a partire dal Mediterraneo? Un futuro così non si costruisce con la militarizzazione dei territori né con l’aumento della spesa militare fino al 5% del PIL, sottraendo risorse fondamentali a sanità, istruzione e ambiente. Per questo diciamo no a ogni forma di riarmo e di guerra, e diciamo sì alla salvezza dei popoli. Invitiamo tutti a partecipare al presidio del 13 settembre 2025, dalle ore 9:00, davanti all’Ingresso Orientale del Quartiere Fieristico. Ci riconosciamo nell’Appello della Marcia Perugia-Assisi 2025 Chiediamo a tutti i responsabili della politica italiana, in virtù del principio della Responsabilità di Proteggere, di fare ogni sforzo per dare immediatamente il via ad una grande Operazione di Salvataggio dei bambini, delle bambine e di tutti i sopravviventi di Gaza. Ogni ora che passa, alcuni di loro saranno ammazzati, feriti, seviziati! E la colpa sarà anche nostra! Per sempre. Al Parlamento e al Governo italiano chiediamo inoltre di: 1. revocare il Memorandum d’intesa per la collaborazione militare tra Italia e Israele; 2. interrompere ogni compravendita di armi e sistemi d’arma da e per Israele; 3. sostenere la sospensione dell’Accordo di associazione tra Unione europea e Israele; 4. riconoscere lo Stato di Palestina; 5. sostenere la Corte Penale Internazionale e dare piena attuazione ai suoi provvedimenti. Siamo tutte e tutti costantemente impegnat* a costruire azioni di pace, di svelamento del legame tra la cultura patriarcale e quella guerrafondaia, ripudiandone la disumanità, per costruire autodeterminazione dei popoli e pienezza dei diritti per tutte e tutti Promotori: ACLI Puglia – Alleanza Verdi Sinistra Puglia – ANCHENOI – ANPI Provinciale di Bari – ARCI Puglia – Assemblea Bari per la Palestina – Associazione Chiese Evangeliche Battiste di Puglia e Basilicata –  Associazione Don Milani di Mottola – Associazione Italia-Palestina – Associazione PERIPLO ODV – AUSER Puglia – Casa del Popolo Bari – Ceglie Messapica contro il genocidio del popolo palestinese – Centro Studi Torre di Nebbia – CGIL Bari – CGIL Puglia – Chiesa cristiana evangelica battista di Bari – Circolo Karl Marx Rifondazione Comunista Bari – COBAS Puglia – Comitato Altamura per la Pace – Comitato Articolo 11 L’Italia ripudia la guerra Bari – Comitato Carosino per la Palestina – Comitato contro il genocidio del popolo palestinese, contro il riarmo, per la pace Brindisi – Comitato per la Pace di Gioia del Colle – Comitato per la Pace di Giovinazzo – Comitato per la Pace di Putignano – Comitato per la Pace di Ruvo di Puglia – Comitato per la Pace di Terra di Bari – Convochiamoci per Bari – Coordinamento del Sollecito Umanitario e per i Diritti per la Palestina – Coordinamento Grottaglie per la Palestina – Digiuno di Giustizia in solidarietà con i Migranti Bari – Donne in nero Bari – Donne in nero Bitonto – Ex Caserma Liberata Rossani – Fratelli Tutti – Fraternità Beato Giacomo in Bitetto – Frati Minori di Puglia e Basilicata – Fondazione don Tonino Bello – Gruppo di Democrazia Partecipata Picone Poggiofranco – Giovani Comunisti Provincia Bari – Gruppo Educhiamoci alla Pace ODV – La Giusta Causa – LUCA Libera Università di Cittadinanza Attiva – MEIC Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale Puglia – Missionari Comboniani Bari – Movimento 5 Stelle Puglia – Movimento Nonviolento Puglia – Fraternità Beato Giacomo in Bitetto – Ordine Francescano Secolare di Puglia – Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università – Osservatorio per la legalità e la difesa del bene comune – Partito di Alternativa Comunista Casamassima – Piccola Comunità Kairos – Provincia delle Puglie dei Frati Minori Cappuccini – Punto Pace Pax Christi Terlizzi – Radici Future Produzioni – Rarovet aps – Rete dei Comitati per la Pace di Puglia – Rete delle donne costituenti Puglia – Rete Puglia – Rifondazione Comunista Provincia Bari – Risorgimento Socialista Puglia – S-Confin-Arti – Squola Senza Confini Penny Wirton Bari ODV – Stella Maris Bari – UDS Bari – UDS Puglia – UDU Bari – Unsolomondo – USB Confederazione Provinciale Bari – Venerdì Libertario – Zona Franka
Situazione università in attesa dell’autunno caldo: quali progressi contro gli accordi con filiera bellica e partner israeliani?
Cosa succede negli Atenei italiani rispetto agli accordi con la filiera bellica e con i partner israeliani?Qual è la situazione delle Università in vista di un autunno che si preannuncia più caldo che mai? Già, perché, anche se apparentemente la pausa estiva sembra aver attenuato l’eco delle proteste studentesche e i fermenti di lotta negli atenei, in realtà si colgono tanti segnali di vivacità che ci fanno affermare che nei prossimi mesi sarà proprio il mondo accademico uno degli ambiti nei quali il fronte contro la guerra ed il riarmo sarà più attivo: * il 5 settembre si inizia alla Sapienza con un appuntamento sul ruolo dei saperi nell’economia del genocidio, organizzato dal Comitato Sapienza Palestina, dal CNR contro le guerre e dall’Assemblea precaria universitaria, nel quale interverrà Francesca Albanese. Si evidenzierà come la lotta per un’università democratica, adeguatamente finanziata e con condizioni di lavoro decentisia necessariamente legata alla lotta contro la guerra e chi fa profitto su armi e tecnologia bellica (ore 10:00 aula C, Scienze Politiche, Università Sapienza Roma); * le Assemblee precarie universitarie, che si sono moltiplicate e cresciute nella prima metà dell’anno, hanno annunciato una tappa fondamentale della loro lotta contro il precariato proprio nel cuore dell’autunno e fra i punti delle loro rivendicazioni c’è il NO alla ricerca bellica ed alle politiche di riarmo; * a settembre verrà presumibilmente firmato il CCNL Istruzione e Ricerca e sarà l’ennesimo contratto in perdita: stavolta il motivo dei mancati adeguamenti salariali all’inflazione è direttamente ricondubilie alle politiche di riarmo, che sottraggono risorse ai servizi pubblici ed al rinnovo del contratti del pubblico impiego, per cui è lecito attendersi una reazione del personale scolastico e universitario e delle sigle sindacali più attive nel contrasto alla guerra ed al riarmo; * il 13 settembre è in programma il lancio della campagna “LA CONOSCENZA NON MARCIA” (sulla quale vi informeremo a breve in dettaglio), che mira a mettere insieme le tante realtà impegnate nel mondo dell’istruzione contro il processo di militarizzazione in atto nelle scuole e nelle università e solidali con la causa palestinese. Studentesse e studenti, ricercatrici e ricercatori, insegnanti scolastici e docenti universitari, personale tecnico amministrativo e attivisti della società civile convergeranno in questo percorso iniziato ad aprile a Siena: per allertare rispetto ai rischi di una “israelizzazione” della società in quel segmento fondamentale che è appunto il settore della conoscenza, per dire NO alla guerra e per esprimere concretamente la solidarietà alla questione palestinese boicottando gli accordi con il complesso militare industriale e con le istituzioni israeliane sia nella didattica che nella ricerca; * la partenza della Global Sumud Flotilla verso Gaza sarà un’opportunità per il rilancio delle proteste studentesche e della solidarietà verso la Palestina, perché l’arrivo delle imbarcazioni al largo di Gaza è previsto intorno a metà settembre, in coincidenza con l’inizio dell’anno accademico, oltre che dell’anno scolastico. Insomma, un po’ di elementi che ci fanno pensare che combinati insieme si possano creare quelle condizioni presenti ai tempi delle acampade studentesche, per rilanciare con forza le richieste alle governance dei vari Atenei per un maggiore impegno concreto nel liberare i luoghi del sapere dalle pressioni militariste, ma anche al Governo per fare retromarcia rispetto alle relazioni pericolose sul riarmo con Leonardo, con la NATO e con il governo israeliano (ad esempio, Italia e Germania vogliono frenare la Commissione europea che intende sospendere Israele dai fondi di ricerca del Programma Horizon a causa del genocidio in corso). Il lavoro fatto fino ad ora non è poco (lo sintetizziamo di seguito), ma c’è ancora molta strada da fare soprattutto nel passare dalle enunciazioni di principi ad azioni concrete con riflessi pratici che cambino la realtà delle cose. RASSEGNA DI MOZIONI, DELIBERE E MODIFICHE NEGLI ATENEI RISPETTO AGLI ACCORDI Di seguito passiamo in rassegna i principali casi in cui le università italiane hanno formalmente adottato delibere, mozioni o modifiche strutturali vietando accordi con partner israeliani o con realtà collegate alla filiera bellica. Segnalateci altri casi significativi se dovessero mancare all’appello! 1. SAPIENZA — UNIVERSITÀ DI ROMA (DELIBERA SENATO ACCADEMICO, 13 MAGGIO 2025) * Il Senato Accademico ha approvato la Deliberazione n. 92/2025, che include un mandato per integrare lo statuto o regolamento al fine di: * interrompere ogni collaborazione con istituzioni e aziende israeliane coinvolte nell’apparato bellico, sospendere accordi con aziende legate al settore difesa, * riformare il Comitato Etico per includere controlli di tipo etico su collaborazioni potenzialmente belliche Wikipedia+15Sapienza Università di Roma+15Open+15. * ➤ Fonte ufficiale: verbale del Senato Accademico disponibile sul sito della Sapienza. 2. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (STATALE) — SOSPENSIONE ACCORDO CON ARIEL UNIVERSITY * Nel fine 2023, formalizzata a inizio aprile 2024, la Statale di Milano ha sospeso l’accordo di collaborazione con l’Ariel University, situata nei territori occupati palestinesi. La decisione è passata attraverso un’istruttoria e voto del senato accademico DomaniDomani+2ANSA.it+2Domani+2. 3. UNIVERSITÀ DI PALERMO — SOSPENSIONE TOTALE ACCORDI CON ISRAELE (4 GIUGNO 2024) * Il Senato Accademico ha approvato all’unanimità un documento che: * sospende tutti gli accordi Erasmus con università israeliane (programmi KA171 e KA220-HED), * vieta nuovi accordi con atenei israeliani “fino al superamento della crisi”, * istituisce procedure di due diligence su accordi con potenziale dual use, * coinvolge rappresentanza studentesca nel tavolo tecnico su tali collaborazioni L’INDIPENDENTE+6L’INDIPENDENTE+6ANSA.it+6. 4. UNIVERSITÀ DI PADOVA — MOZIONE E IMPEGNO A NON AVVIARE NUOVI ACCORDI (14 MAGGIO 2024 E ULTERIORE MOZIONE 1° LUGLIO 2025) * Il Senato Accademico del 14 maggio 2024 ha approvato una Mozione per la Pace in Palestina, condannando la distruzione delle università palestinesi e richiamando principi etici secondo statuto e Codice di integrità della ricerca Reddit+15Università degli studi di Padova+15Centro di Ateneo per i Diritti Umani+15. * In una seduta successiva il 1° luglio 2025, Padova ha approvato una nuova mozione che: * condanna le violazioni del diritto internazionale da parte di Israele, * si impegna a non intraprendere nuovi accordi né rinnovare quelli esistenti con istituzioni israeliane ritenute coinvolte in violazioni, * mantiene solo collaborazioni a valenza puramente didattica o di ricerca non bellica L’INDIPENDENTE+4Centro di Ateneo per i Diritti Umani+4Domani+4. 5. UNIVERSITÀ DI BOLOGNA — MOZIONE DEL SENATO ACCADEMICO (2024) * Nel Senato Accademico UNIBO ha approvato una Mozione sulla guerra a Gaza, includendo impegni come: * condanna di qualsiasi aggressione a istituzioni universitarie, rafforzamento delle norme sul dual use, rifiuto di accordi con imprese e università (anche israeliane) associate a violazioni dei diritti umani o prodotti per scopi militari, * rescissione di accordi vigenti qualora i partner incorrano in tali condizioni Wikipedia+7UniboMagazine+7Open+7.       MOZIONE DEL SENATO ACCADEMICO (18 GIUGNO 2025) Il Senato Accademico ha approvato una mozione condannando “l’escalation militare israeliana a Gaza”, le violazioni del diritto internazionale e umanitario, e ha chiesto il “rafforzamento di tutte le iniziative per il cessate il fuoco” Altreconomia+6Potere al Popolo+6quinewspisa.it+6 La Nazione+15UniboMagazine+15Corriere di Bologna+15 6. UNIVERSITÀ FEDERICO II DI NAPOLI — DIMISSIONI DAL COMITATO DI FONDAZIONE BELLICA (APRILE 2024) * Il rettore della Federico II, in risposta a mobilitazioni studentesche, ha annunciato le proprie dimissioni dal comitato scientifico della fondazione Med-Or (legata a Leonardo spa), principale industria bellica italiana. Il Rettore Matteo Lorito ha annunciato le dimissioni, ma non le ha formalizzate. Open+4L’INDIPENDENTE+4Domani+4 7. UNIVERSITÀ DI BARI – MOZIONI E PROVVEDIMENTI (APRILE–GIUGNO 2025) * Aprile 2024: scelta unanime di non partecipare al bando di cooperazione Italia–Israele e dimissioni del Rettore Bronzini dal comitato scientifico della fondazione Med‑Or (legata all’industria bellica) La Nazione+2La Gazzetta del Mezzogiorno+2atlanteguerre.it+2 * 19 giugno 2025: il Dipartimento di Bari ha approvato una mozione di condanna contro Israele, prevedendo misure di accoglienza per colleghi palestinesi e richiedendo “esplicita presa di distanza dai diritti umani e diritto internazionale da parte del partner israeliano” Il Bo Live+14BariViva+14Barletta news24city -+14. * La mozione ha ricevuto pareri contrastanti, passando con un solo voto di scarto PugliaViva. 8. UNIVERSITÀ DI PISA – MODIFICA STATUTO E MOZIONE PER LA PACE (GIUGNO–LUGLIO 2025) * 13 giugno 2024: Senato Accademico e CdA approvano una mozione per la pace, con “percorso di autodisciplina” sulle collaborazioni con la filiera bellica UniboMagazine+13Università di Pisa+13Cambiare Rotta+13. * Febbraio 2025: lo Statuto viene aggiornato con clausole che escludono forme di collaborazione per lo sviluppo di armi italbalkanika.al+1La Nazione+1. Nome del tuo sitoquinewspisa.it 9. UNIVERSITÀ PER STRANIERI DI SIENA – PRESE DI POSIZIONE E RICONOSCIMENTO PALESTINA (2024–2025) * 17 luglio 2024: Senato Accademico approva la mozione per il riconoscimento dello Stato della Palestina LA NOTIZIA+15Università degli Studi di Siena+15Facebook+15. * Marzo 2024: presidenza di Tomaso Montanari oggetto di pressioni per non aver aderito a posizioni di boicottaggio attivo HuffPost Italia. * Giugno 2024: UniStrasi approva (all’unanimità) una posizione di solidarietà per Gaza in Senato Accademico Gazzetta di Siena. 10. UNIVERSITÀ DI FIRENZE – BOICOTTAGGIO ACCADEMICO E MOZIONE DEL 2023 + SOSPENSIONI 2025 * 19 dicembre 2023: mozione per la pace approvata, condanna delle atrocità e appello per due Stati, ma senza misure restrittive su accordi bilaterali Università di Firenze. * 16 luglio 2025: cinque dipartimenti (Matematica/Informatica, Ingegneria, Scienze agrarie, Architettura, Scienze politiche/sociali) sospendono accordi in essere con università israeliane, tramite appello firmato da docenti, studenti, ricercatori e dottorandi Altreconomia+2Il Foglio+2La Nazione+2. ——————————————————————————————————————– NOTA SU ALTRI ATENEI * Cagliari: una mozione studentesca chiedeva la sospensione degli accordi con atenei israeliani, ma il Senato ha respinto la proposta (30 gennaio 2024) Reddit+13Domani+13Open+13. * In Torino, si è deciso di non partecipare al bando MAECI 2024 con università israeliane, ma non è stata formalizzata una definitiva rescissione di tutti gli accordi Reddit+4Domani+4Wikipedia+4. * Altri atenei (es. UniPub) hanno visto proteste o richieste, ma non hanno mai formalizzato delibere o modifiche organiche DomaniDomani. TABELLA RIEPILOGATIVA UniversitàTipo di attoDataAzione chiaveSapienza RomaDelibera Senato Accademico n. 92/202513 maggio 2025Interruzione collaborazioni con Israele/bellicoStatale MilanoSospensione accordo Arielfine 2023 / apr 2024Sospeso accordo con Ariel UniversityFederico II NapoliDimissioni promesse dal Rettore da comitato Med-Or, ma non rassegnateaprile 2024Ritiro da fondazione associata ad industria bellica (il Rettore ha annunciato le dimissioni, ma non le ha formalizzate)PalermoDelibera Senato Accademico all’unanimità4 giugno 2024Blocco accordi Erasmus, nuovi accordi vietatiPadovaMozioni Senato Accademico14 mag 2024 & 1 lug 2025Impegno a non avviare o rinnovare accordi con IsraeleBolognaMozione Senato Accademico   Mozione Senato Accademico19 marzo 2024     18 giugno 2025Rifiuto accordi dual use e rescissione ove applicabile   Condanna escalation, stop/riduzione rapporti con IsraeleBariNon partecipazione bando + dimissioniAprile 2024Ritiro del Rettore da Med-Or e bando di cooperazione Italia-Israele sospeso Mozione Dipartimento19 giugno 2025Critiche diritti umani e accoglienza colleghi palestinesiPisaMozione Senato + autodisciplina13 giugno 2024Percorso etico sulle collaborazioni belliche Statuto aggiorna (no armi)Febbraio 2025Clausole di rifiuto su attività dual useSiena (Stranieri)Mozione riconoscimento Palestina17 luglio 2024Impegno politico e morale verso Palestina Università degli Studi di Siena Pressioni su boicottaggioMarzo 2024Respinta mobilitazione politicamente orientata HuffPost Italia Mozione solidale a GazaGiugno 2024Approvata all’unanimità in Senato Accademico Gazzetta di SienaFirenzeMozione per la pace19 dicembre 2023Condanna, ma nessuna sospensione formale Stop accordi da 5 dipartimenti16 luglio 2025Sospesi accordi con università israeliane Giuseppe Curcio, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Fiera del Levante 2025 esclude Israele, ma c’è una contraddizione: spazio alle Forze Armate
La Fiera del Levante di Bari 2025 ha chiuso le porte allo Stato genocida di Israele per esprimere un sentimento di condanna politica verso l’operato del governo di Benjamin Netanyahu su Gaza. Non si sottrae al confronto con i giornalisti Gaetano Frulli, presidente dell’Ente Fiera, che per maggiori dettagli sulla decisione rimanda al comunicato stampa pubblicato pochi giorni fa. Poche settimane prima il sindaco di Bari Vito Leccese, a nome del Consiglio comunale, aveva rivolto un appello pubblico agli organizzatori della Fiera dichiarando non gradita la partecipazione in qualsiasi forma dello Stato di Israele o di suoi rappresentanti nelle prossime edizioni della Fiera del Levante e dei Saloni Specializzati fino a quando non porrà fine all’intervento militare nella Striscia di Gaza e alla sistematica violazione di diritti umani della popolazione civile. All’Ente Fiera sono giunte critiche anche per la mancanza di Palestina, Russia e Ucraina negli spazi espositivi. Frulli ha chiarito che a parte Israele nessun altro Paese ha ricevuto provvedimenti di esclusione dalla Fiera. L’assenza degli altri Paesi è dovuta al fatto che nessuna impresa di questi Stati ha presentato richiesta di partecipazione. Sull’esclusione dalla campionaria di Bari è intervenuta anche l’Ambasciata di Israele con un comunicato che ricorda la lunga cooperazione tra Israele e Puglia, aree geografiche con difficoltà climatiche simili. Nel comunicato si ricorda che Israele è il paese leader nel watertech e che le sue conoscenze e capacità tecnologiche furono protagoniste nel 2023 del Water Innovation Summit Italia Israele, conferenza sui temi del servizio idrico integrato, ospitata proprio dalla Fiera del Levante di Bari.  L’esclusione di Israele dalla Fiera del Levante può leggersi in continuità con la consegna delle chiavi della città di Bari a Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei territori palestinesi occupati. Cerimonia celebrata il 4 agosto. Come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università apprezziamo questa importante decisione presa dalla città di Bari e dalla nota Fiera del Levante. Tuttavia, scorrendo le informazioni al momento disponibili sul sito della Fiera, notiamo certi dettagli che saremmo lieti venissero corretti nelle future edizioni: per esempio lo spazio dedicato alle Forze dell’Ordine che ipotizziamo mostreranno al pubblico le attrezzature del loro lavoro e daranno dimostrazioni pratiche, come l’anno scorso. Alla luce del piano ReArm Europe e all’annunciata riconversione della produzione industriale italiana e europea a fini militari, sarà interessante visitare anche il settore dell’ automotive della Fiera per verificare quali novità saranno presenti, quelle di tendenza verde ed ecosostenibile o nera e distruttiva? Sul passaggio dell’ automotive alla produzione bellica abbiamo scritto qui.  Ci chiediamo, quindi, come mai alla Fiera del Levante, così come abbiamo rilevato al Molfest qualche mese fa, debba esserci questa presenza sistematica e massiccia di Forze Armate? Perché una società civile, che deve perseguire la pace secondo il dettato costituzionale, deve fare sfoggio in ogni occasione, secondo quanto riporta il Piano della Comunicazione del Ministero della Difesa 2025, di una forza muscolare armata per affascinare i/le giovani alla guerra? Osservatorio contro la militarizzazione elle scuole e delle università
BARI HARDCORE FESTIVAL #11
19 & 20 settembre 2025BARI HARDCORE FESTIVAL#11Ex Caserma Liberata | Bari Festival DIY Partire, tornare, creare..11 anni di Bari Hardcore Festival, sempre nei nostri posti e sempre con la voglia di non fermarsi e continuare a raccontare la nostra storia, sulla mappa abbiamo fissato un chiodo che ci conferma che il 19 e 20 settembre […]
Bari. Israele esclusa dalla Fiera del Levante per i crimini a Gaza
Non ci sarà Israele alla prossima Fiera del Levante che si terrà a Bari dal  13 al 21 settembre prossimi a Bari. È quanto fa sapere l’Ente  fieristico che così ha accolto l’appello del sindaco di Bari,  Vito Leccese che lo scorso primo luglio aveva invitato “a non far partecipare […] L'articolo Bari. Israele esclusa dalla Fiera del Levante per i crimini a Gaza su Contropiano.
Bari e la ricostruzione di Gaza
Nessuno parla più del Day After. A Gaza, l’unica cosa chiara è che il cessate il fuoco sarà temporaneo. Che duri 60 o 90 giorni, Netanyahu ha già detto che quello che è stato ottenuto finora, con Hamas ma anche con Hezbollah, con l’Iran, con tutti, è stato ottenuto con la forza: e che continuerà così. Fino al nuovo Medio Oriente. Ma per i palestinesi, in realtà, il Day After è già iniziato. Insieme all’Italia. Il 16 luglio, a Bari c’è stato il primo meeting della Gaza Phoenix, la Gaza Fenice: un team di esperti coordinato da Yara Salem, economista della World Bank originaria di Nablus, che su richiesta di Yahya al-Sarraj, il sindaco di Gaza, ha redatto un piano per la ricostruzione che a dicembre 2024 è stato discusso e approvato all’unanimità da tutti e 25 i comuni della Striscia. Più che di un piano, si tratta di una framework, l’equivalente di un nostro piano strategico: da sviluppare, cioè, più in dettaglio. Settore a settore. E quindi, il team è diventato ora una Expert Community con oltre cento specialisti di tutto il mondo – europei, americani, arabi. E quelli del Politecnico di Bari, guidati dai suoi due maggiori urbanisti, Dino Borri e Angela Barbanente, sono tra i più attivi: ma in contatto costante con Gaza. Perché la Gaza Phoenix è un piano per Gaza: ma soprattutto, di Gaza. Dei vari piani proposti, 11 in tutto, è l’unico con i palestinesi protagonisti. Negli altri, i palestinesi sono solo: “the population”. O peggio: “the recipients”. Sono solo lo sfondo di una ricostruzione pensata altrove. Soprattutto, la Gaza Phoenix è l’unico piano in cui Gaza non è semplicemente uno spazio. La Gaza Phoenix mira a ricostruire Gaza, sì, ma intesa come comunità: ripristinando non solo la vita, ma il suo stile di vita, la sua identità, con una ricostruzione sociale e culturale, oltre che materiale. Perché alla fine, una città non è i suoi edifici: è quello che ci sta dentro. A essere protagonisti, dunque, non sono solo i tecnici di Gaza, gli ingegneri, gli architetti, gli agronomi: ma i cittadini. Consultati passo passo il più possibile. E non a caso, l’obiezione, spesso, è che sia tutto troppo perfetto, per un contesto così. Per una sfida titanica come quella di Gaza: che già prima del 7 Ottobre, non aveva più acqua potabile. Solo acqua salata, acqua di mare. E che adesso, 60mila morti dopo, ha una tonnellata di macerie a metro quadro. Secondo l’ONU, il 70% delle strutture è irrecuperabile. Con le attuali restrizioni, e cioè con le ispezioni alla frontiera sul cemento, e su tutto quello che ha un potenziale uso militare, per la ricostruzione saranno necessari 80 anni. Senza, tra 15 sarebbero pronte le case – senza contare le scuole, gli ospedali, le strade. Quanti, intanto, andranno via? Perché il rischio è questo. E a prescindere da Netanyahu. Esisterà ancora una Gaza da ricostruire? In realtà, la Gaza Phoenix è forse il più pragmatico dei piani. Perché si basa su interventi graduali, per certi versi anche minimi, ma immediati. Si basa sull’idea che in guerra c’è un Day After, sì, un prima e un dopo, ma anche un durante, in cui la vita non è normale, ma non è sospesa: e si va avanti, con quello che si ha – materiali di recupero, materiali di scarto, rottami. Un durante in cui i palestinesi non sono semplicemente vittime, non sono solo morti, feriti, orfani: sono quelli che da soli, in questo momento, si stanno occupando di tutto. E soprattutto, si basa sul riciclo. Il riciclo delle macerie. Dei vari piani proposti, la Gaza Phoenix è l’unico che consente ai palestinesi di restare dove sono. Gli altri, non sono opera di urbanisti: ma di immobiliaristi. Per cui la ricostruzione di Gaza è un business da 50 miliardi di dollari. La Gaza Phoenix ridisegna Gaza, che si era estesa di casa in casa, alla rinfusa, come una 15-minute city – una città in cui si ha tutto a non più di 15 minuti di distanza. Riorganizzando la Striscia in tre fasce. Una sul mare, una centrale ad alta densità edilizia, e una interna per l’agricoltura. Più una fascia trasversale a fare da cerniera non solo fisica, ma sociale: un’area verde. Ma tutto questo, cominciando subito. Cominciando da dei “survival nodes”, da degli snodi di sopravvivenza che forniscano i servizi essenziali. Ed è qui che si è inserito il Politecnico di Bari. Mentre il libanese Atif Kubursi, professore Emerito di Economia alla McMaster University di Toronto, noto per un rapporto ONU che negli anni ’80, anticipava la Primavera Araba, sta delineando i possibili scenari di lungo periodo, Michele Mossa e Massimo La Scala, professore di Idraulica il primo, e di Elettricità il secondo, si sono concentrati sull’emergenza: su acqua e energia. Progettando dei sistemi mobili a alimentazione solare per trattare le acque reflue, e per ricavare acqua potabile dall’acqua di mare. In sinergia con l’Acquedotto Pugliese, che ha già operato a Gaza. E ora, vorrebbe tornarci. E soprattutto, in sinergia con la Regione Puglia. In cui la Gaza Phoenix ha trovato la più inattesa degli alleati. Per la Gaza Phoenix, Bari si è rivelata l’ambiente ideale per varie ragioni. Per la mobilitazione del Politecnico, e dell’Istituto Agronomico Mediterraneo, che con Gaza, e la West Bank, coopera da sempre, e per la Chiesa, che è la chiesa di don Tonino Bello: ma anche per il clima sociale e culturale che si è creato negli ultimi anni – con l’elezione di Michele Emiliano a sindaco, nel 2004, e poi, nel 2005, di Nichi Vendola a presidente della Regione. Molti dei ventenni di allora sono ora nelle istituzioni. E in più, Michele Emiliano, che è a fine mandato, non ha problemi di consenso: e considera Gaza un imperativo morale. La sera del 16 luglio, il suo staff era già in riunione per il prossimo meeting di ottobre. Per arrivare a ottobre presentando non solo progetti, ma risultati. E Ramallah, intanto, non sta a guardare. Il 2 luglio l’economista Raja Khalidi ha organizzato un convegno per un’analisi comparata dei piani proposti: da cui la Gaza Phoenix emerge come l’opzione preferita dalla società civile. Perché in realtà, come ogni iniziativa tecnica, la Gaza Phoenix è anche molto politica. Non ha nessuno dietro. Né Hamas, né Fatah. Né la Turchia, o il Qatar o gli Emirati o gli Stati Uniti. Ma ha esperti che contano, e tanto, in ognuno di questi paesi. E un know-how senza rivali. Quell’indipendenza che apparentemente, è la sua vulnerabilità, è il suo asso. In collegamento da Gaza, il sindaco Yahya al-Sarraj ha chiuso dicendo: A ottobre, sarò qui. Di questi tempi, è già un traguardo. Francesca Borri
Marco Cavallo scende in piazza: un viaggio contro i CPR, lager del presente
Marco Cavallo è una grande scultura azzurra, alta circa quattro metri, realizzata nel 1973 dai pazienti e dagli operatori del manicomio di San Giovanni a Trieste, durante l’esperienza di Franco Basaglia. Nella sua pancia, i ricoverati inserirono biglietti con i loro desideri. Il 21 gennaio 1973 Marco Cavallo fu portato fuori dal manicomio in un corteo che abbatté muri fisici e simbolici. Quel momento divenne il simbolo della lotta contro l’internamento psichiatrico e per la libertà, contribuendo alla riforma che chiuse i manicomi in Italia. Oggi Marco Cavallo torna a camminare per abbattere un’altra forma di esclusione: i Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR). Il progetto, lanciato a febbraio, dal Forum Salute Mentale e inserito nella campagna nazionale #180 Bene Comune, ha già raccolto decine di adesioni da associazioni, gruppi, operatori, comitati, attivisti e reti locali e nazionali 1. Un fronte plurale che chiede con forza la chiusura dei CPR e la fine della detenzione amministrativa. «Come poteva il Forum della Salute Mentale, che tanto si è battuto per la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari e che accompagnò il Cavallo azzurro nelle manifestazioni, restare indifferente davanti allo scandalo dei CPR?» scrive Francesca de Carolis, una delle voci editoriali del Forum. «Strutture che, per molti aspetti, ricordano gli OPG, ma che sono ancora più crudeli. Qui sono rinchiuse persone il cui “reato” è stato varcare un confine, spinte da guerre, difficoltà economiche e dal desiderio legittimo di una vita migliore. Migranti colpevoli di “desiderio di vivere”». Nel suo articolo de Carolis racconta come Marco Cavallo si muova verso i CPR per denunciarne l’orrore. Oggi in Italia ci sono dieci CPR, nati con la legge Turco-Napolitano del 1998 e trasformati nel tempo, con la recente legge Minniti-Orlando che ha prolungato la detenzione fino a 180 giorni. Il viaggio ufficiale di Marco Cavallo partirà il 6 settembre con una manifestazione a Gradisca d’Isonzo. Nei mesi successivi farà tappa a Milano, Roma, Gradisca e altre città. Ogni fermata di questo percorso di denuncia, sarà un’occasione per portare alla luce la realtà dei CPR, raccontare storie dimenticate e denunciare la disumanizzazione di chi vi è rinchiuso. Ogni tappa prevede assemblee pubbliche, performance, letture e momenti di riflessione collettiva. Il Forum Salute Mentale ha lanciato anche una campagna di raccolta fondi per coprire le spese del viaggio (trasporti, accoglienza, materiali, supporto tecnico), coinvolgendo concretamente la società civile. Marco Cavallo non è solo una scultura: è un corpo collettivo in cammino, una memoria che non vuole tacere, un sogno di libertà senza confini. Unitevi al viaggio. 1. Qui le adesioni ↩︎
Bari, fuoco e repressione nel CPR: la protesta che nessuno vuole vedere
In Puglia sono attualmente attivi due Centri di Permanenza per il Rimpatrio: uno a Bari-Palese, l’altro a Restinco, frazione di Brindisi 1. Entrambe le strutture si trovano in aree periferiche, militarizzate e difficilmente accessibili da osservatori esterni. Quello di Bari 2 è attivo come CPR dal 2017; ad oggi, vi sono state trattenute circa 750 persone. Ed è proprio in questo centro che, nella notte tra il 22 e il 23 luglio, è esplosa una nuova protesta. Le persone recluse hanno appiccato incendi all’interno dei moduli detentivi, incendiando materassi e suppellettili. Alcuni si sono rifugiati sui tetti per sfuggire al fumo, lanciando slogan come “libertà” e “tutti liberi”. Le rivolte sono l’esito di condizioni di detenzione estreme: caldo insopportabile, scarsa igiene, cibo avariato, deterioramento della salute fisica e mentale. Gli attivisti della rete Mai più lager – No ai CPR documentano un clima di disperazione, con episodi di autolesionismo e tentativi di fuga, in un contesto in cui l’unico orizzonte possibile resta la detenzione stessa. Secondo quanto riferito dai collettivi locali – che denunciano le «condizioni disumane» del centro e si sono recati subito sul posto documentando con foto e video gli incendi – una delle persone trattenute ha riportato fratture agli arti durante un tentativo di fuga, restando intrappolata per ore senza ricevere soccorsi. La Prefettura ha dichiarato che l’assistenza medica è avvenuta tempestivamente, ma la discrepanza tra le dichiarazioni ufficiali e le testimonianze raccolte all’interno alimenta il sospetto che il sistema operi in una condizione di opacità. L’intervento delle forze dell’ordine per sedare le proteste è stato descritto come violento da attivisti e testimoni diretti, con punizioni collettive e isolamento forzato. PROTESTA DI INIZIO LUGLIO E PROCESSO LAMPO Anche all’inizio di luglio erano state denunciate proteste da parte dei detenuti. La segnalazione era stata lanciata dalla comunità Intifada Studentesca, che ha riferito di «tantissime persone salite sui tetti in segno di rivolta» durante il primo fine settimana del mese, per chiedere di parlare con la direttrice della struttura. Un episodio specifico, avvenuto nei primi giorni di luglio, ha visto tre persone recluse – tutti incensurate – protagoniste di una protesta interna più contenuta, che è però sfociata in arresti in flagranza. Nel processo per direttissima, davanti al giudice Mario Matromatteo, hanno spiegato di aver agito dopo settimane di condizioni igienico-sanitarie degradanti e totale mancanza di ascolto da parte delle autorità. Dopo tentativi pacifici, come lo sciopero della fame, hanno deciso di protestare in modo più eclatante. «Portateci in carcere, ma non di nuovo in quell’inferno», è una delle frasi che hanno detto. 3 Assistiti dalle avvocate Loredana Liso e Uliana Gazidede, i tre hanno patteggiato sei mesi di reclusione con pena sospesa (dequalificati da “organizzatori” a semplici partecipanti), mentre il giudice ha disposto il trasferimento degli atti e del verbale dell’udienza alla Procura, affinché siano verificate le condizioni del centro e accertate eventuali responsabilità legate alla sua cattiva gestione. ATTI DI AUTOLESIONISMO Il 1° maggio 2025 un giovane trattenuto all’interno del centro, dopo una settimana di sciopero della fame, è stato portato all’ospedale San Paolo di Bari in seguito all’ingestione di shampoo. Accanto alla denuncia dell’evento, sono emerse testimonianze su atti di autolesionismo compiuti da un secondo “ospite” del centro e sul tentato suicidio di un terzo. L’assemblea No CPR Puglia ha inoltre segnalato l’abuso di psicofarmaci, l’uso sistematico di isolamento dei detenuti, l’erogazione di pasti deteriorati e una scarsa assistenza medica. STRETTA DEL GOVERNO SULLE VISITE ISPETTIVE NEI CPR Non sarà semplice, ora, poter appurare i fatti e verificare le condizioni dei detenuti: il diritto di ispezione sulle strutture è stato progressivamente compromesso. Una circolare del Ministero dell’Interno, datata 18 aprile 2025, ha introdotto nuove restrizioni formali all’accesso di parlamentari, consiglieri regionali ed eurodeputati nei CPR. Le visite “ispettive” sono state ridimensionate – nella pratica, ostacolate – imponendo che gli accompagnatori siano “soggetti funzionalmente incardinati”, una condizione non prevista dalla normativa primaria, che di fatto limita l’accesso indipendente a queste strutture di detenzione amministrativa. Approfondimenti/Circolari del Ministero dell'Interno/CPR, Hotspot, CPA CPR: VIETATO ENTRARE Il Ministero dell’Interno limita e depotenzia le visite ispettive ai Centri di Permanenza per i Rimpatri Avv. Arturo Raffaele Covella 18 Luglio 2025 Intanto in provincia di Gorizia, al CPR di Gradisca d’Isonzo, attivisti della rete No CPR e trattenuti denunciano da settimane la diffusione di un’epidemia di scabbia tra i reclusi, in un contesto di sovraffollamento, scarsa igiene e cibo di bassa qualità. Le tensioni, legate anche alla diffusione della malattia, hanno generato proteste ripetute. Non c’è più tempo da perdere. I CPR vanno chiusi. 1. Alla fine del 2024, la capienza effettiva della struttura era tornata a 48 posti. Fonte Action Aid. ↩︎ 2. La scheda di questo CPR su Action Aid ↩︎ 3. Bari, protesta dei migranti nel Cpr di Palese: atti ai Pm sulle condizioni del centro, La Gazzetta del Mezzogiorno (10 luglio 2025) ↩︎
Solidarietà istituzionale con Gaza in Italia e Spagna
Il Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, con un atto senza precedenti in Italia, ha interrotto unilateralmente ogni rapporto, affare e collaborazione commerciale in atto con Netanyahu e il governo israeliano. La Puglia è la prima regione a compiere questo passo con una mozione del Consiglio Regionale; lo stesso ha fatto poco dopo il Comune di Bari, dichiarando ufficialmente “non gradita” la partecipazione di Tel Aviv alla prossima edizione della Fiera del Levante. Le motivazioni sono chiare e senza giri di parole: “A causa del genocidio di inermi palestinesi in atto da parte del governo Netanyahu, invito tutti i dirigenti e dipendenti della Regione, delle sue agenzie e delle società partecipate a interrompere ogni rapporto di qualunque natura con i rappresentanti istituzionali del suddetto governo e con tutti quei soggetti a esso riconducibili che non siano apertamente e dichiaratamente motivati dalla volontà di organizzare iniziative per far cessare il massacro dei palestinesi nella Striscia di Gaza“. Anche la città di Barcellona in Spagna ha rotto le relazioni diplomatiche con Israele e cancellato l’accordo di gemellaggio con Tel Aviv, “finché non sarà rispettato il diritto internazionale e non saranno garantiti i diritti fondamentali del popolo palestinese.” Tra le altre misure incluse nella risoluzione, alcune delle quali esulano dalla giurisdizione del Comune, è stato chiesto al Consiglio di amministrazione dell’Expo di Barcellona di non ospitare padiglioni del governo israeliano, o “aziende di armi o qualsiasi altro settore che tragga profitto dal genocidio, dall’occupazione, dall’apartheid e dal colonialismo contro il popolo palestinese”.   ANBAMED
Makovec.it: Esercito e spazio pubblico, il caso Bari
PUBBLICATO SUL BLOG MAKOVEC. FILOSOFIA URBANA IL 4 MAGGIO 2025 Ospitiamo con piacere sul nostro sito l’interessante contributo critico scritto da pubblicato sul blog Makovec.it il 4 maggio 2025 in cui viene ribadito quanto l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università denuncia da due anni a questa parte, vale a dire un pericolosissimo processo di occupazione degli spazi del sapere e della formazione da parte delle Forze Armate e di strutture di controllo. «Un Villaggio che, a prima vista, sembra un vero e proprio parco giochi al suono di: “Tecnologia, Valori e Addestramento”. Un evento che ha creato non poche critiche e molte giuste condanne soprattutto all’interno dei movimenti che, instancabilmente, si impegnano a favore della pace e che credono che essa non possa essere esportata a suon di carri armati (cfr. https://osservatorionomilscuola.com/)…continua a leggere su www.makovec.it.