Oussama Darkaoui, un anno dopo: il ricordo, la lotta, la speranza

Progetto Melting Pot Europa - Tuesday, August 5, 2025

«La pace, la misericordia e le benedizioni di Dio siano su di voi.
Vogliamo esprimere la nostra sincera gratitudine a tutte le associazioni della provincia di Potenza e all’Avvocato Covella per il loro prezioso sostegno.
Ringraziamo di cuore tutte le persone che hanno collaborato con noi nel seguire la vicenda, contribuendo a far conoscere la verità con rispetto e dedizione.
Un ringraziamento speciale va anche a coloro che hanno seguito con attenzione il caso di mio figlio, Oussama Darkaoui, impegnandosi nell’accertamento della verità.

Vi chiediamo di continuare a seguire il fascicolo fino alla conclusione del processo, affinché giustizia sia pienamente fatta. Rinnoviamo la nostra fiducia nella giustizia italiana, nella quale crediamo profondamente. Le notizie che ci arrivano ci parlano di persone competenti e umanamente straordinarie.
Grazie di cuore a tutti».

Con questo messaggio il padre del giovane Oussama Darkaoui, morto nel Centro di Permanenza di Palazzo San Gervasio il 5 agosto del 2024, ha voluto ricordare la vicenda del figlio e ringraziare tutti coloro che si stanno adoperando per arrivare alla verità e fare giustizia.

Notizie/CPR, Hotspot, CPA

Nel CPR di Palazzo San Gervasio muore un ragazzo di 19 anni sotto gli occhi attoniti dei compagni

Un'altra morte che non può avere giustificazioni: ad essere sotto accusa è l’intero sistema dei CPR italiani

Avv. Arturo Raffaele Covella 6 Agosto 2024

Sono parole semplici, dirette, sincere. Sono le parole di un padre che, nonostante la tragedia per il lutto subito, continua ad avere fiducia e speranza nel prossimo.

Oussama è morto nel CPR di Palazzo San Gervasio esattamente un anno fa. La sua è la storia di tanti ragazzi che abbandonano tutto e vengono in Europa con la speranza di poter realizzare i loro sogni. La voglia di migliorare la loro condizione, di poter essere utili per coloro che restano nel paese di origine, il desiderio di realizzare un sogno, sono le ragioni principali di questi viaggi.

Oussama Darkaoui

Oussama aveva scelto l’Italia per la sua grande passione per il calcio e perchè sognava un giorno di poter giocare in una grande squadra. Un sogno comune a tanti giovani al di là della nazionalità o del colore della pelle. Un sogno che però si è infranto presto quando il giovane Oussama ha fatto esperienza della dura realtà del nostro Paese.

Le difficoltà di ottenere un documento per soggiornare regolarmente, il viaggio a Napoli in cerca di lavoro e, infine, il trasferimento, dopo un controllo di polizia, nel Centro di Permanenza di Palazzo San Gervasio.

I ragazzi che con lui hanno vissuto la drammatica esperienza del CPR di Palazzo San Gervasio lo descrivono come un ragazzo generoso, solare, disponibile. Un ragazzo in salute a cui piaceva fare sport e tenersi in allenamento. Eppure, i documenti ci mostrano una realtà più complessa e probabilmente un carattere non abbastanza forte per resistere alla durezza della vita nel CPR.

Sono bastati pochi giorni in quel lager maledetto prima che i segni sul corpo e nella mente del povero Oussama iniziassero a palesarsi. Le ferite auto inferte sulle braccia e sulle gambe, l’ingestione di pezzi di vetro e di ferro, sono stati i primi gesti mediante i quali Oussama ha cercato di comunicare il proprio disagio, la propria sofferenza, il dolore per quella condizione in cui era costretto a vivere. Segni che non sono stati colti, che non sono stati ascoltati per menefreghismo ma non solo.

L’autolesionismo e i tentativi di suicidio in Centri come quello di Palazzo San Gervasio sono la normalità e non vengono presi sul serio. Sono minimizzati e vengono interpretati non come il segno di un disagio ma come una simulazione messa in atto per trovare una via di uscita da quella situazione di detenzione.

Così la risposta che viene data, la stessa offerta a Oussama, è il ricorso a forti dosi di psicofarmaci per fiaccare il corpo e la mente. Il torpore garantisce calma e serenità e alleggerisce il lavoro di chi dovrebbe invece operare per rendere meno gravosa la vita all’interno di quel lager.

Così, il 5 agosto, imbottito di farmaci, il corpo di Oussama dice basta e la sua anima, in cerca di libertà, decide di volare via da quel Centro maledetto.

È trascorso un anno, ma non è trascorso invano. È stato un anno di battaglie e di rivendicazioni per ottenere la chiusura del CPR di Palazzo San Gervasio e non solo. È stato un anno di consapevolezza che ha portato tanti cittadini lucani a prendere coscienza di quanto accade in quella struttura.

È stato un anno di indagini scrupolose da parte della Procura per arrivare a determinare le cause della morte di Oussama e i responsabili. Certo, siamo ancora in attesa di ottenere verità e giustizia, ma questo anno non è stato caratterizzato da immobilismo, tutt’altro.

Anzi, possiamo affermare che in questo anno Oussama è diventato il simbolo della consapevolezza che sta animando tantissimi giovani lucani e diverse realtà associative.

Oussama continua a vivere tra noi e ad spronare le lotte quotidiane di tanti contro il CPR di Palazzo San Gervasio, contro la detenzione amministrativa e contro politiche di odio e di divisione.

Un vento attraversa la nostra terra sussurrando la storia di Oussama e ci ricorda che non possiamo distogliere lo sguardo su quanto accade ogni giorno all’intero dei Centri di Permanenza per i Rimpatri.