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6 dicembre 2025: Del viaggio di Maysoon e di altri viaggi
𝐒𝐞𝐦𝐩𝐫𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐢𝐥 𝐫𝐚𝐳𝐳𝐢𝐬𝐦𝐨 𝐝𝐢 𝐬𝐭𝐚𝐭𝐨, 𝐩𝐞𝐫 𝐥𝐚 𝐥𝐢𝐛𝐞𝐫𝐭𝐚̀ 𝐝𝐢 𝐦𝐨𝐯𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨, 𝐨𝐥𝐭𝐫𝐞 𝐢 𝐜𝐨𝐧𝐟𝐢𝐧𝐢… 𝐢𝐧𝐚𝐮𝐠𝐮𝐫𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐨𝐫𝐢𝐳𝐳𝐨𝐧𝐭𝐢 𝐝𝐢 𝐥𝐨𝐭𝐭𝐚! Sabato 6 dicembre presentazione del fumetto: “𝐷𝑒𝑙 𝑉𝑖𝑎𝑔𝑔𝑖𝑜 𝑑𝑖 𝑀𝑎𝑦𝑠𝑜𝑜𝑛 𝑒 𝑑𝑖 𝐴𝑙𝑡𝑟𝑖 𝑉𝑖𝑎𝑔𝑔𝑖” realizzato da Vento Ardente e da Agar Ne parleremo con l’autore e l’autrice A seguire aggiornamenti dal comitato di lotta “OLTRE IN CONFINI: SCAFISTE TUTTE” CENA VEGAN BENEFIT SPESE LEGALI Musichette Spaziali INGRESSO LIBERO (come sempre!) Sarà presente una mostra sensoriale con le tavole originali del fumetto, uno spazio intimo accompagnato dal suono, dove chi osserva potrà visionare attentamente le tavole, lasciare un segno di onda sulle lenzuola, metafora di vela, viaggio e sospensione.
La guerra è tra noi: ora si vede
L’osservatorio the Weapon Watch ha raccolto, in questi ultimi giorni, una serie di notizie e informazioni che testimoniano l’ingresso di forza nella vita quotidiana degli italiani della guerra, dei suoi strumenti e delle sue priorità. Nel 1° episodio abbiamo parlato degli intensi movimenti di cannoni FH-70 attraverso la Liguria. Nel 2° episodio abbiamo guardato al potenziamento del nodo ferroviario di Pisa-Tombolo al servizio della logistica militare 3° EPISODIO Il movimento dei mezzi militari sulle strade del paese si intensifica, così come tra i comuni cittadini diviene sempre più acuta l’attenzione verso l’interferenza delle forze armate nella vita quotidiana. Sulla via Flaminia, a Roma, sabato 21 nevembre 2025. Dal punto di vista dell'”immaginario collettivo” – evidente obiettivo della propaganda governativa – l’attivismo militare è al lavoro sin dal varo della cosiddetta Operazione Strade Sicure, varata nel 2008 (appena quattro anni dopo la “sospensione” della leva obbligatoria) e prorogata innumerevoli volte (l’ultima con l’art. 90 della Legge di bilancio 2025, che la estende fino al 31 dicembre 2027), coinvolgendo 6000-7000 militari in compiti di polizia, cioè in concreto di presenza armata nei luoghi “sensibili”, quali le stazioni ferroviarie, le abitazioni di giudici e politici, sedi consolari e sinagoghe, La presenza dei militari è sempre più estesa anche nel mondo della scuola. Dal 2014 è attivo il protocollo d’intesa tra i ministeri dell’Istruzione e della Difesa, che di fatto ha consentito l’ingresso di attività “militari” o “militarizzanti” nelle scuole, sia con progetti scuola-lavoro e attività sportive di tiro a segno, sia con visite guidate nellinstallazioni e negli stabilimenti militari, fino a sedute del collegio dei docenti tenutesi all’interno di basi militari (ad Augusta, ottobre 2024), attività da anni demunciate dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università. Dal canto loro, le università – riformate in senso privatistico dalle “riforme” Berlinguer e Gelmini, e ora in procinto di subire la nuova governance pensata dal duo Bernini-Galli della Loggia – sono da tempo terreni d’elezione della ricerca militare di grandi gruppi come Leonardo e della strisciante predilezione per la collaborazione dual use con Israele. L’articolo è stato pubblicato da «il Giorno» il 3 aprile 2024. Nella prima metà del Novecento non si è posto in Europa il problema di rendere “normale” la guerra, c’era chi vedeva la guerra come “pulizia del mondo”, e chi si illudeva di andare gioiosamente a combattere l’ultima guerra dell’umanità, con le conseguenze che due Guerre mondiali e successivi immani spostamenti di popolazioni ancora oggi ci mostrano. Nella seconda metà del Novecento si è accanitamente cercato di rendere normale la pace, con uno sforzo diplomatico senza precedenti e la creazione di entità sovranazionali (ONU, Unione Europea) e organismi di cooperazione internazionale efficienti. Ma il primo quarto del XXI secolo ha segnato un’inversione di rotta drammatica, e negli ultimi due anni – successivi al trauma globale della pandemia – si sono demolite una ad una tutte le infrastrutture della pace, a cominciare da quelle psicologiche e culturali. Al punto che non scandalizzano più le parole di un generale francese («La guerra ad alta intensità è un ritorno alla normalità»), a cui oggi fanno seguito quelle del presidente Macron, uno dei principali apripista verso il baratro collettivo, che intende ripristinare la leva militare, per ora su base volontaria.
30 novembre 2025: There is a war going on outside
𝐏𝐞𝐫 𝐑𝐚𝐦𝐲, 𝐩𝐞𝐫 𝐈𝐛𝐫𝐚𝐡𝐢𝐦𝐚, 𝐩𝐞𝐫 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐞 𝐥𝐞 𝐢𝐧𝐧𝐮𝐦𝐞𝐫𝐞𝐯𝐨𝐥𝐢 𝐩𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧𝐞 𝐚𝐦𝐦𝐚𝐳𝐳𝐚𝐭𝐞 𝐝𝐚𝐥 𝐫𝐚𝐳𝐳𝐢𝐬𝐦𝐨 𝐝𝐢 𝐬𝐭𝐚𝐭𝐨, 𝐢𝐧 𝐈𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚 𝐞 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐨𝐯𝐞 Domenica 30 novembre siamo felici di ospitare quest’iniziativa del Coordinamento Antirazzista in collaborazione con Blocco Decoloniale Ore 17: merenda con dolci e tisane Ore 18: Proiezione del documentario “There is a War Going on Outside” realizzato dal collettivo CopWatch Atene Dopo la proiezione ci prenderemo un po’ di tempo per parlare di profilazione e violenza razziale, ma anche di comunità che vogliono resistere e difendersi. Ne discuteremo anche col regista in collegamento. A seguire Cena Vegan Benefit per le spese legali di Fares e la sua famiglia.
Roma, 1 dicembre: incontro pubblico “Scuola di guerra. Su e contro la militarizzazione”
LUNEDÌ, 1 DICEMBRE 2025 ZAZIE NEL METRÒ, VIA ETTORE GIOVENALE, 16A, ROMA In quest’epoca di guerra e genocidio, i governi europei e quello italiano stanno riarmando le società. Di fronte all’evidente diniego dei popoli a partecipare alla violenza organizzata, partendo dalle scuole, cercano di formare una generazione che sia pronta a fare da carne da macello per gli interessi della finanza, dei produttori di armi, degli sfruttatori delle terre rare e degli speculatori immobiliari che si arricchiscono sulle ricostruzioni di città e villaggi martoriati dai conflitti in corso. In tante e tanti si stanno battendo contro la finanziaria di guerra che prevede: l’indebitamento pubblico attraverso l’emissione di obbligazioni e buoni del tesoro, l’indebitamento privato attraverso pensioni o assicurazioni integrative che drenano risorse dalle tasche dei risparmiatori verso gli asset finanziari di guerra, il taglio e la privatizzazione ulteriore del poco welfare rimasto per far cassa a favore di “spazi di defiscalizzazione” per chi investe nel settore militare-industriale. Riteniamo che tutto questo armamentario, nella visione dei ceti politici e delle classi dirigenti europee servirà anche e soprattutto a reprimere i conflitti sociali che si stanno ripetendo sempre più drammatici in un Europa sempre più decadente economicamente e sempre più marginale nelle dinamiche geopolitiche mondiali. L’opposizione a questo stato di cose che deve esplicitarsi in ogni ambito della società non può che partire innanzitutto dal sistema scolastico.
La guerra è tra noi: ora si vede
L’osservatorio the Weapon Watch ha raccolto, in questi ultimi giorni, una serie di notizie e informazioni che testimoniano l’ingresso di forza nella vita quotidiana degli italiani della guerra, dei suoi strumenti e delle sue priorità. Nel 1° episodio abbiamo parlato degli intensi movimenti di cannoni FH-70 attraverso la Liguria. 2° EPISODIO Un’interpellanza del giugno scorso, presentata dal consigliere Ciccio Auletta (gruppo Diritti in Comune) al Consiglio comunale di Pisa, ha avuto risposta solo nei giorni scorsi. Vi si chiedeva ragione delle interruzioni della circolazione ferroviaria tra Pisa e Livorno registratesi ogni mattina tra le 9.50 e le 12.50 dal 10 al 20 giugno 2025, ufficialmente motivate per “lavori di rinnovo degli scambi a Tombolo”. La risposta ufficiale di Rete Ferroviaria Italiana (RFI) all’assessore del Comune di Pisa riferisce che «presso la stazione di Tombolo è stato eseguito un intervento di potenziamento dell’infrastruttura ferroviaria, consistente nella realizzazione di un nuovo fascio di binari lato ovest» e in particolare «nell’ampliamento del corpo stradale e nella conseguente realizzazione di due nuovi binari con relativi impianti di trazione elettrica, uno di circolazione a modulo 750 nell’ambito del l’adeguamento del corridoio Tirrenico per le merci, e l’altro di allacciamento al nuovo raccordo della base US Army di Camp Darby». A questo proposito, RFI ha comunicato che nel periodo 1.1.2023-30.8.2025 attraverso il raccordo di Tombolo sono passati 44 treni (circa uno ogni tre settimane, in media) diretti a Camp Darby. Anche i Ferrovieri Contro la Guerra, in un loro comunicato, hanno rimarcato che la tardiva risposta di RFI e in generale la mancata informazione sui lavori a Tombolo risponde al tentativo di minimizzare la militarizzazione della rete e del lavoro ferroviario in atto. Come documentato anche dall’Atlante dell’industria militare di Weapon Watch, in realtà quello di Tombolo è un nodo intermodale di grande rilevanza militare. Il raccordo ferroviario, del cui potenziamento abbiamo detto, è infatti integrato con il porto fluviale sul Canale dei Navicelli, costruito nel 1980, poi caduto in disuso e recentemente sottoposto a lavori di potenziamento sotto la guida dell’839th Transportation battalion dell’US Army Military Surface Deployment and Distribution Command (SDDC), per un valore di 42 milioni di $ complessivi. I lavori, cominciati nel 2018, e durati oltre tre anni, hanno interessato soprattutto il ripristino della banchina (prima in ghiaia, ora soletta di calcestruzzo) prolungata a 152 m, una gru da 150 tonnellate, un ponte mobile ferroviario costruito poco a valle del ponte mobile stradale sulla Via Livornese, e una nuova linea ferroviaria verso Livorno con rafforzamento della testa dei binari. Alla fine dell’intervento lo scalo ferroviario di Tombolo – da anni abbandonato per il traffico passeggeri – potrà ospitare 150 vagoni. Lo stesso Canale dei Navicelli è stato potenziato con lavori di dragaggio e ripalancolatura per aumentarne la portata, commissionati da NSPA (NATO Support and Procurement Agency) alla Port Authority Pisa Srl (100% Comune di Pisa). Il collaudo navale è stato effettuato a fine ottobre 2024, con il passaggio della nave Dolphin-E, una portacontainer da 79 m, bandiera di Palau. Settembre 2024, inaugurazione del ponte ferroviario girevole sul canale Navicelli, alla presenza di autorità militari americane e italiane, tra cui il presidente della Toscana, Eugenio Giani, il prefetto Maria Luisa D’Alessandro, il Console generale degli Stati Uniti a Firenze, Ragini Gupta. La frequenza dei passaggi ferroviari per Camp Darby si accorda bene con gli arrivi a Livorno delle “navi della morte” provenienti dagli Stati Uniti, navi sempre cariche di armi da smistare sui teatri di guerra, dall’Africa al Medio Oriente, all’Ucraina. Weapon Watch ne ha già segnalato alcune, tra cui la bulk carrier «SLNC Severn» lo scorso maggio (dopo le proteste di settembre, la «Severn» opera ora sulla tratta Canada-Koper-Varna al servizio della logistica militare ucraina), e la portacontainer «Ocean Jazz» (oggi ribattezzata «Oceanic»).
Raccontare è un atto politico – Il corpo delle donne come campo di battaglia
RACCONTARE E’ UN ATTO POLITICO. In questo video le voci delle sopravvissute https://www.acs-ong.it/wp-content/uploads/2025/11/Video-VBG-copia.mp4 DADAxCONGO nasce da questa urgenza: ridefinire la narrazione di guerra attraverso le voci delle sopravvissute, aiutare e creare un ponte con le reti di mutuo aiuto locali, denunciare l’impunità e il silenzio internazionale. DADAxCONGO è uno sforzo per metterci in rete e rompere il tetto del silenzio, sostenere le organizzazioni locali e amplificare le voci delle comunità congolesi. Non possiamo dare sostegno umanitario senza restituire la dignità del racconto e delle storie alle voci e ai corpi cui appartengono. > Mettiti in rete. > > PARTECIPA AL CROWDFUNDING DADAxCONGO – Solidarietà è Sorella > > Trasformiamo la solidarietà in azione, insieme. > > Scrivici su uff.stampa@acs-italia.it, > > Organizza un evento sul tuo territorio, diffondi.
Cremona, 3 e 13 dicembre: Corso “Formare cuori e menti per la pace o per la guerra?”
Oggi la guerra viene presentata come necessaria, il riarmo è giustificato da esigenze di sicurezza e gli interventi di militari nelle scuole di ogni ordine e grado sono diventati una normalità. Quale futuro si sta preparando? Qual è il compito formativo della scuola? Siamo proprio sicuri e sicure che non ci siano alternative? A Cremona una rete di associazioni impegnate per la pace e i Diritti Umani (Pax Christi, Amici di Emmaus ODV, Amnesty International, Emergency, Tavola della Pace Cremona e Oglio Po, Comunità Laudato Si Cremona e Oglio Po) insieme all’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università propone a insegnanti e attivisti un corso gratuito online di due incontri: partendo dall’analisi del contesto internazionale, si propone di fornire strumenti che aiutino a leggere la complessità e mostrano possibilità differenti e strategie reali per andare oltre il paradigma della guerra. Mercoledì, 3 dicembre 2025, ore 17:30-19-30 A chi serve la guerra? Giorgio Beretta, Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere (OPAL) Serena Tusini, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università Sabato, 13 dicembre 2025, ore 15:00-17:00 Pasquale Pugliese, Movimento nonviolento Per richiedere il link di iscrizione: paxcremona@gmail.com
Contrasto alla guerra ibrida: il/la docente addestratore/trice per la guerra cognitiva
Il 17 novembre 2025 si è riunito il Consiglio Supremo di Difesa presieduto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella cui hanno partecipato, tra gli altri, il ministro della Difesa Crosetto e la prima ministra Meloni. In uno scenario in cui la narrazione ossessiva che tira acqua al mulino dei fautore dei degli investimenti in difesa in particolare nella cyber-security non poteva mancare il ruolo dell’istituzione scolastica implicata in prima persona nella formazione dei futuri “combattenti” civili contro la disinformazione e gli attacchi informatici, ovvero la cosiddetta guerra ibrida. Il paradosso, per chi non si accontenta di credere ingenuamente che il nostro paese, così come l’Occidente – per non parlare nello specifico degli USA dove Trump ha con schiettezza ribattezzato il Dipartimento della Difesa in “Dipartimento della Guerra” – siano tendenzialmente portati unicamente alla difesa,  è che sono proprio gli esperti, i consulenti o i militari informatici, di queste istituzioni a creare dei sistemi d’arma digitali, per l’AI o per gli attacchi informatici.  Quindi sono gli stessi che, mentre agiscono proattivamente nella guerra ibrida, per esempio con campagne di disinformazione, potendo contare su mass media genuflessi al 48 posto su scala mondiale, a pretendere poi di avere una società che sappia decifrarle e poi contrastarle. Da qui il ruolo della scuola, l’enfasi nauseante nei confronti dell’intelligenza artificiale, l’urgenza (indotta) di studiarla, dominarla ma in cattiva fede perché il tutto si svolgerebbe nel quadro delle grandi piattaforme proprietarie, delle grandi big-tech che grazie al Covid hanno ormai messo radici profonde in tutte le scuole e nelle menti di chi le governa. Nel cosiddetto “Non-paper sul contrasto alla guerra ibrida”, l’ex-rappresentante di armi Crosetto, indica le seguenti linee-guida affinché la società tutta, a partire ovviamente dai più giovani, possa essere “resiliente”, all’interno dei futuri scenari da guerra ibrida: 1. Alfabetizzazione digitale: Le scuole dovrebbero, secondo il report, promuovere programmi di alfabetizzazione digitale per educare gli studenti a riconoscere e contrastare la disinformazione. Questo include il fact-checking diffuso e lo sviluppo del pensiero critico che quando lo si rivendicava in senso lato in ogni campo del sapere, veniva in tutti i modi osteggiato dalla standardizzazione impressa, prima di tutto dall’INVALSI ma oggi, essendo inquadrato in una simbologia bellicistica, in una situazione emergenziale, riacquista tutto il suol valore, potremmo dire a giusto titolo, “strategico”. 2. Formazione alla resilienza informativa: È necessario, si dice, che le scuole integrino nei loro curricula progetti educativi mirati a sensibilizzare gli studenti sui rischi della manipolazione informativa e sull’importanza di proteggere i valori democratici. Premesso che il concetto di democrazia, in Italia, andrebbe rimesso seriamente in discussione ma  il concetto stesso di “resilienza”, oggi tanto di moda e preferito  a quello forse troppo antagonista di “resistenza”, comporta la capacità di diventare, al momento opportuno in qualche modo insensibili, assuefatti, al bombardamento informativo nel momento in cui già lo si classifica, a priori come “disinformazione”: se si parla, appunto, di guerra ibrida e al suo interno del ruolo via via crescente della disinformazione, il rischio è che tutto ciò che viene da un potenziale “nemico” sia per definizione falso, mentre tutto ciò che rappresenta la narrazione, interna, prodotta dal nostro paese maglia nera della libertà di stampa, sia invece corrispondente alla verità. Da qui, alla costruzione, nei rispettivi paesi, del “nemico”, il passo è intuitivamente molto breve oltre che preparare il terreno a future imprese belliche.   3. Collaborazione con attori pubblici e privati: Le scuole potrebbero essere coinvolte in iniziative di co-regolamentazione dello spazio digitale, lavorando con autorità di regolazione e aziende tecnologiche per definire regole condivise: in prospettiva, quindi, non si esclude che nelle scuole arrivino esperti informatici, militari che mettono mano alle reti per renderle più “sicure” ma potendo così entrare, di fatto, in ogni singolo computer o smartphone, collegato in rete. 4. Educazione civica: Il documento sottolinea l’importanza di investire in programmi di educazione civica per aumentare la consapevolezza dei cittadini, inclusi gli studenti, sulle minacce ibride e sulla necessità di proteggere la democrazia. Si dà quindi per scontato ancora una volta che la nostra sia una democrazia e che l’educazione civica passi anche attraverso  una preparazione, appunto, alla guerra ibrida: insomma si dovrebbe insegnare ai ragazzi ad essere sempre sul piede di guerra, a discernere bene tra le varie informazioni, per poi schierarsi, ovviamente dalla parte “giusta”. 5. Coinvolgimento dei militari: qui entriamo nel vivo di ciò che contrastiamo da sempre implicitamente ed esplicitamente, in modo strutturato, da circa quattro anni con l’Osservatorio. I militari non vengono chiaramente menzionati  come possibili messaggeri di questa narrazione all’interno delle scuole. Tuttavia, il documento fa riferimento esplicito alla necessità di una “collaborazione tra istituzioni civili e militari” per rafforzare la resilienza sociale, il che potrebbe includere attività educative congiunte. In sintesi, le scuole dovrebbero adottare programmi che favoriscano la consapevolezza digitale, la resilienza informativa e la protezione dei cosiddetti valori democratici, collaborando con istituzioni e aziende per affrontare le minacce ibride: insomma si entrerebbe nello spirito di un campus di addestramento para-militare. In generale nel documento emerge chiaramente il ruolo del corpo docente in quanto chiamato a svolgere un ruolo cruciale nella formazione degli studenti per contrastare le minacce ibride. In particolare, riassumendo: 1. Promozione del pensiero critico: I professori dovrebbero educare gli studenti a sviluppare capacità di analisi critica, aiutandoli a distinguere tra informazioni vere e false, e a riconoscere le campagne di disinformazione. Si confonde quindi il pensiero critico, ovvero la capacità di analizzare i fenomeni, da diversi punti di vista e nella loro complessità, valutando i pro e i contro delle azioni sociali, i vantaggi o svantaggi degli attori in campo, con la capacità di discernere tra “vero” o “falso”. Siamo insomma agli antipodi rispetto ad una visione formativa e molto contigui ad una addestrativa. 2. Alfabetizzazione digitale: I docenti saranno fondamentali nell’insegnare agli studenti le competenze digitali necessarie per navigare in modo sicuro e consapevole nello spazio digitale, inclusa la capacità di verificare le fonti e identificare contenuti manipolativi. D’altro canto, questo approccio dovrebbe ispirare il corpo docente a prescindere da una possibile guerra ibrida: enfatizzarlo e ricordarlo in modo così ridondante non è certo rassicurante ma come è accaduto storicamente in ogni periodo prebellico è funzionale a mantenere la popolazione in uno stato di pre-allerta e di perenne emergenza 3. Educazione civica: Si dice che “i professori avranno il compito di sensibilizzare gli studenti sui valori democratici, sulla coesione sociale e sull’importanza di proteggere le istituzioni democratiche dalle interferenze esterne”. Quindi, in poche e semplici parole è riassunto il filo conduttore del nuovo approccio pedagogico della scuola italiana: Non si studia più la storia le istituzioni le lotte partigiane ho il tema dei diritti dell’uomo o della libertà di informazione nell’intento di migliorare il nostro apparato istituzionale ma in un’ottica prettamente difensiva e per di più non contro un nemico interno ma dichiaratamente esterno 4. Collaborazione con esperti: I docenti potrebbero collaborare con esperti di sicurezza informatica, fact-checking e disinformazione per integrare nei programmi scolastici contenuti specifici relativi alla guerra ibrida e alle minacce cibernetiche. D’altro La scuola è già fertilizzata da anni ed abituata alla presenza di poliziotti in divisa armati impegnata a trattare temi come il cyber-bullismo.  In conclusione, si vuole che i professori abbiano un ruolo centrale nel preparare le nuove generazioni a fronteggiare le “sfide” della guerra ibrida, attraverso l’educazione e la sensibilizzazione su temi di sicurezza digitale, disinformazione e resilienza democratica: si vuole un pensiero più o meno critico ma certamente ed efficacemente ben allenato a stanare le fake-news. Vero-falso, nero-bianco, amico-nemico: questo è, quindi, il nuovo codice binario da seguire, perfettamente in linea con l’era digitale. Stefano Bertoldi, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
LA GUERRA È TRA NOI: ORA SI VEDE
L’osservatorio the Weapon Watch ha raccolto, in questi ultimi giorni, una serie di notizie e informazioni che testimoniano l’ingresso di forza nella vita quotidiana degli italiani della guerra, dei suoi strumenti e delle sue priorità. 1° EPISODIO A Genova Pontedecimo, durante la giornata del 19 novembre 2025, quattro autoarticolati che trasportavano ciascuno un cannone FH-70 155/39 sono rimasti imbottigliati nel traffico della Val Polcevera, reso caotico dal presidio a oltranza dei lavoratori dell’ex Ilva. I camion provenivano dal porto di Genova, scortati dai carabinieri. Uno degli autoarticolati bloccati in via Natale Gallino a Pontedecimo, la sera del 19 novembre 2025. Ben visibile l’insegna “Noltrans” su un secondo autoarticolato a Pontedecimo, in coincidenza con il presidio dei lavoratori dell’ex Ilva. Altri autoarticolati sono stati visti nella stessa giornata e in quella successiva lungo l’autostrada A10 Genova-Ventimiglia, sempre trasportando cannoni FH-70, forse diretti ai porti di Savona o di Vado Ligure. L’autoarticolato fotografato sull’autostrada A10 fa parte della flotta della ditta Franzoni Sergio Autotrasporti di Bedizzole (BS). Sul pianale, ben visibile, un cannone FH-70. È probabile che il movimento di questi pezzi d’artiglieria avvistati lungo le strade liguri sia legato al programma di aggiornamento di mezzavita per conto dell’Esercito dei cannoni FH-70 155/39. L’upgrade riguarda 90 pezzi sui 164 acquistati dall’Esercito, con un contratto che ha come capocommessa Leonardo e principale esecutrice la ARIS Applicazioni Rielaborazioni Impianti Speciali Srl con sede a Lombardore, provincia di Torino. Di qui l’afflusso dei pezzi via mare verso lo stabilimento di ARIS, azienda che già da qualche anno ha sviluppato per l’FH-70 – che può effettuare brevi spostamenti in autonomia – una nuova APU (Auxiliary Power Unit) diesel, in sostituzione del vecchio motore a benzina VW ‘Maggiolino’. Il cannone/obice FH-70 155/39 è un’arma pesante (tra 8 e 10 tonnellate) semovente o a traino meccanico, progettata negli anni Settanta in collaborazione anglo-italo-tedesca e prodotto dalla ex Vickers (poi BAE Systems), da Rheinmetall e da OTO-Melara (poi Leonardo), oltre che in licenza dalla Japan Steel Works. Può sparare proiettili calibro 155 di tutti i tipi, fumogeni, illuminanti, incendiari, di tipo HERA (high-explosive rocket-assisted) e Vulcano (con gittata fino a 55 km). È in servizio in una dozzina di eserciti, e ha una consolidata esperienza sui campi di battaglia, dalla guerra civile in Libano all’attuale in Ucraina, dove dall’Italia sono stati inviati almeno dieci pezzi con i primi pacchetti di aiuti, nella primavera 2022. L’aggiornamento in corso riguarda anche la sostituzione dei congegni di puntamento ottici, contenenti trizio, con il sistema digitale LINAPS (Laser Inertial Navigation Artillery Pointing System) di Leonardo UK. ARIS Applicazioni Rielaborazioni Impianti Speciali Srl è azienda fondata nel 1946, da sempre impegnata nella manutenzione, riparazione e aggiornamento dei mezzi militari, prima a S. Maurizio Canavese, poi dal 1969 a Lombardore, dove dispone di stabilimento con 30.000 m² di aree coperte, tra zone produttive, magazzini, uffici e aree di prova, oltre a un circuito esterno per la sperimentazione ricavato dall’ex storico poligono militare di Ciriè, oggi Riserva Naturale della Vauda. Sebbene abbia registrato bilanci in decremento negli ultimi anni (24 M € nel 2022, 19 nel 2023, 14 nel 2024), ha mantenuto stabile la forza lavoro (60-65 dipendenti). ARIS è controllata dalla famiglia Bellezza Quater attraverso alcune società semplici, mentre Silvia e Paolo Bellezza Quater sono direttamente coinvolti nello spin-off Nimbus Srl, società entrata nel settore dei droni già nel 2006 soprattutto con applicazioni industriali e risultati rimasti sinora modesti. Una colonna di autoarticolati trasporta obici e carri armati per conto dell’Esercito italiano. Dalla Fotogallery online della ditta Franzoni Sergio Autotrasporti. Un obice PzH 2000 su un autoarticolato della ditta Franzoni Sergio Autrasporti. Dalla Fotogallery online della stessa Franzoni Sergio Autotrasporti Srl. Almeno due aziende di autotrasporto si sono notate sinora nella movimentazione in corso dei cannoni FH-70 per conto dell’Esercito italiano. Noltrans Srl è una piccola azienda con sede a Battipaglia (SA) con una quindicina di dipendenti fissi, il cui fatturato si è gonfiato a partire dal 2022 quando è riuscita a inserirsi come “azienda ausiliaria” del colosso logistico danese DSV che fornisce in esclusiva le spedizioni merci via gomma per il Ministero della difesa. Più strutturata è la Franzoni Sergio Autotrasporti Srl di Bedizzole (BS), 32 dipendenti fissi e un fatturato superiore agli 11 milioni di euro (2024), con una flotta mono-brand Mercedes integralmente idonea al trasporto ADR (cioè di merci pericolose via strada). La famiglia Franzoni opera nel settore dal 1946 e si è specializzata nei trasporti militari dagli anni Settanta. La società si è fatta notare recentemente (gennaio 2025) per essersi aggiudicata un appalto del Ministero della difesa per un importo complessivo di 2 milioni di € per 24 mesi (oltre a 500.000 € per ulteriori 6 mesi di proroga) per servizi di trasporto/spedizione in ambito nazionale e internazionale di esplosivi e munizioni classe 1 e materiali soggetti a normativa ADR.
Elezioni regionali in Campania. La crisi sociale ignorata dai grandi partiti
(disegno di diego miedo) Ho ascoltato il dibattito televisivo di martedì 18 novembre tra i due candidati delle principali coalizioni nelle ormai imminenti elezioni regionali della Campania e vorrei soffermarmi su un passaggio cruciale del confronto Fico-Cirielli. Alla domanda della conduttrice sull’emergenza sociale in Campania, i candidati non hanno di fatto dato risposta. Le loro attenzioni si sono focalizzate su singoli settori, oggi e da molto tempo in stato di sofferenza nella regione (trasporti, sanità, lavoro), ma né Fico né Cirielli hanno accennato a una visione d’insieme. È utile anzitutto riepilogare i termini della questione sociale oggi in Campania, offrendo alcuni dati essenziali per cogliere l’entità del fenomeno. Secondo dati diffusi da Openpolis nel 2023, quasi la metà della popolazione è a rischio di povertà o esclusione sociale. Si tratta di un dato allarmante, il peggiore tra quelli regionali nel nostro paese, insieme alla Sicilia. Se si guarda ai dati Eurostat del 2024 su povertà ed esclusione sociale, la Campania si conferma, insieme alla Calabria, tra le aree più in difficoltà in Europa. La regione è stata poi eccezionalmente colpita dalla bolla turistica degli ultimi anni, con effetti diretti sul costo delle abitazioni. Secondo recenti rilevazioni dell’Ance, l’associazione nazionale dei costruttori edili, la città di Napoli è tra quelle in Italia con prezzi immobiliari (per l’acquisto e per l’affitto) meno accessibili in rapporto al reddito disponibile delle famiglie. Supera perfino Milano, nota per il boom immobiliare di tipo speculativo al centro delle cronache nazionali negli ultimi mesi. La crisi abitativa è particolarmente allarmante a Napoli, dove secondo dati del Comune il 44,09% della popolazione residente è in affitto, un dato due volte maggiore della media nazionale in Italia, che è del 19,99%. Inoltre la Campania negli anni scorsi, a cominciare dalla prima metà degli anni 2010, è stata sottoposta a forti tagli imposti dalle politiche di austerità intraprese dai governi nazionali e implementate a livello territoriale dalle giunte regionali, in particolare negli anni della presidenza Caldoro e del primo mandato di De Luca, ma proseguite fino a oggi. Le politiche di austerità a livello regionale sono state accompagnate dai tagli strutturali ai finanziamenti comunali e da draconiani piani di rientro del debito, come il cosiddetto Patto per Napoli. I flussi di finanziamento per gli enti locali del meridione saranno nel prossimo futuro sempre più a rischio per il processo di autonomia differenziata che il governo in carica sta continuando a portare avanti, a dispetto delle (parziali) bocciature della Corte Costituzionale. Negli anni scorsi, le misure di cosiddetta austerità in Campania hanno riguardato i settori della sanità (chiusura di ospedali e presidi sanitari periferici), dei trasporti (tagli al trasporto pubblico locale, fino alla soppressione di linee fondamentali nei collegamenti extraurbani, in particolar modo nelle aree periferiche e interne del territorio regionale). Inoltre la Campania ha record negativi nella disponibilità di servizi primari come gli asili nido: secondo dati Istat del 2021 solo sette bambini su cento hanno accesso all’asilo nido, mentre in Toscana salgono a trentacinque. I costi delle politiche di austerità si sono trasferiti sui conti familiari, che devono attingere a risorse proprie già scarse per far fronte a servizi che in altre regioni sono forniti dalle amministrazioni pubbliche. La disattenzione alla crisi sociale da parte delle principali coalizioni che concorrono per la guida della Regione Campania è tanto più sorprendente se si guarda a ciò che accade in queste settimane nelle elezioni locali in altri paesi. Negli Stati Uniti, il tema del rincaro nel costo della vita è diventato centrale nelle elezioni delle grandi città: ha consentito a un candidato indipendente come Zohran Mamdani di prevalere su un candidato potente, espressione dell’establishment tradizionale, come Mario Cuomo, grazie a una campagna che ha acceso gli entusiasmi della nuova generazione di attivisti emersa in questi anni intorno alle lotte per la casa e per i diritti delle minoranze. Il consenso ottenuto da Mamdani e l’ondata di partecipazione civica che la sua candidatura ha generato nasce dalla determinazione con cui Mamdani ha messo il contrasto a quella che negli Stati Uniti si chiama “crisi di affordability” al centro della propria agenda politica. La crisi di affordability indica l’aumento del divario tra prezzi dei beni di consumo primario e retribuzioni delle famiglie: ciò rende sempre più difficile a porzioni crescenti non solo delle classi con redditi più bassi ma anche del ceto medio di accedere a beni e servizi primari, come le abitazioni, l’alimentazione, i trasporti, le cure sanitarie a pagamento. Non solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa e con particolar vigore nelle regioni dell’Europa meridionale, come evidenziano i dati sopra citati, l’aumento incontrollato dei prezzi di beni e servizi primari generato dalla crisi energetica e dall’inflazione sostenuta degli anni scorsi ha assottigliato, fino ad azzerarlo, il  “reddito residuale” a disposizione delle famiglie, vale a dire la quota di reddito che le persone riescono a mettere da parte dopo aver compiuto le spese minime richieste per il proprio sostentamento (affitto, consumi energetici, alimentazione, mobilità, cure mediche). La lontananza, emotiva e propositiva, dimostrata dai candidati delle principali coalizioni partitiche in Campania dai bisogni concreti di sempre più larghe fasce della popolazione oggi esposte al rischio di esclusione sociale e povertà con ogni probabilità troverà riscontro in percentuali record di astensione dal voto. Non ci sarà da sorprendersi se la percentuale di votanti sarà notevolmente più bassa del già esiguo 55% dell’elettorato che si recò alle urne nel 2020. La disaffezione dalla politica istituzionale è inevitabile se i grandi partiti si dimostrano indifferenti ai bisogni concreti della popolazione. Eppure, le amministrazioni regionali, che oggi hanno ampi poteri in settori cruciali della riproduzione sociale, come le politiche abitative, per i trasporti e per la sanità pubblica, potrebbero fare molto almeno per alleviare la sofferenza sociale nei nostri territori. (ugo rossi)