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Effetto Refugio a Livorno: lotte sociali contro la guerra
Mercoledì 30 luglio, all’interno delle iniziative di Effetto Refugio a Livorno, si è svolto un interessante e partecipato dibattito dal titolo “Resistenti e renitenti. Le lotte sociali sui territori contro la guerra e chi la arma”. Per l’Osservatorio è intervenuta SerenaTusini(foto), che si è confrontata con i rappresentanti di GAP (gruppo autonomo portuali Livorno), Ferrovier* contro la guerra, Usb-Il lavoro ripudia la guerra. Ogni relatore ha descritto le attività e le scelte che i lavoratori appartenenti alle varie organizzazioni hanno deciso e messo in campo per rispondere alla militarizzazione sempre più aggressiva dei settori strategici della società e dell’economia, come educazione e trasporti. Evitare la propaganda delle forze armate nelle scuole, denunciare e bloccare il passaggio di carichi d’armi lungo le linee ferroviarie o nei porti, difendere la sicurezza dei lavoratori sono atti di resistenza civile, che rivendicano un’idea di società basata sulla solidarietà, l’uguaglianza e la pace. Rifiutare la “cultura della difesa” e operare con la consapevolezza che ora più che mai è fondamentale coordinarsi e fare uno scarto in avanti lavorando insieme: questa la scommessa e l’auspicio con il quale si è chiuso l’incontro. Cristina Ronchieri – Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Visite scolastiche alla NATO: propaganda o educazione?
Il fenomeno della militarizzazione delle scuole sta assumendo dimensioni così ampie da rendere sempre più difficoltosa la sua “mappatura”. Apprendiamo in questi giorni di attività svolte nei mesi di febbraio/marzo presso la base N.A.T.O di Lago Patria – Giugliano in Campania, che ha coinvolto le studentesse e gli studenti delle scuole superiori di primo grado dei plessi “Don Salvatore Vitale” Giugliano (Napoli) E “M. Beneventano” di Ottaviano (Napoli) e studentesse e studenti delle scuole superiori di secondo grado delle scuole Don Lorenzo Milani, (Gragnano) e Antonio Serra (Napoli).  Troviamo su internet anche una circolare del liceo Matilde Serao, con in oggetto la stessa visita guidata (con pagamento a carico delle famiglie del bus) fatta rientrare nelle ore di didattica orientativa e di educazione civica, qui). Apprezziamo che non sia stata definita dalla D.S. visita di istruzione, ma visita guidata, cosa che auspichiamo dovuta alla consapevolezza che tale uscita non abbia proprio nulla di istruttivo. Mentre nutriamo forti dubbi che una tale uscita possa rientrare nell’educazione civica, non ne abbiamo alcuno sul suo carattere orientativo, essendo tale uscita finalizzata ad orientare i ragazzi verso nuove “culture” (della difesa, della sicurezza, militare) anche con il fine di un possibile loro arruolamento nelle forze armate. Per quanto riguarda le scuole medie, organizzata in occasione del 70° della N.A.T.O ai ragazzi e alle ragazze è stato ricordato come questa alleanza sia nata per “contrastare quel blocco di Stati che si riunirà qualche anno dopo nel Patto di Varsavia” mostrando già da questo breve incipit dell’articolo pubblicato sul sito della scuola il carattere propagandistico dell’iniziativa. Se storicamente si dovesse rispettare l’ordine cronologico degli eventi si sarebbe dovuto spiegare ai ragazzi esattamente l’inverso come il patto di Varsavia sia nato, 6 anni dopo la N.A.T.O, con il fine di contrastare l’alleanza militare North Atlantic Treaty Organization. In ogni modo, caduto nel 1991 il Patto di Varsavia, perché la  N.A.T.O ha continuato ad esistere? Quale ratio dietro la scelta del suo non scioglimento? Sono state elencate ai ragazzi le innumerevoli guerre che dal 1991 in poi hanno coinvolto o sono state causate dalla N.A.T.O? E’ stato spiegata la richiesta (a febbraio Marzo non ancora certa, non se ne conosceva con certezza la percentuale del 5%, ma si discuteva sull’alzamento del PIL che il vertice N.A.T.O avrebbe richiesto) dell’aumento delle spese per gli armamenti e dei relativi tagli che queste avrebbero comportato? Tagli a istruzione, ricerca, sanità, welfare. Nulla di tutto questo è stato detto alle ragazze e ai ragazzi già vittime della implicita manipolazione che una gita scolastica sottende: in quanto scolastica essa ha fare con la scuola, con la formazione, con l’educazione al pari di una vista ad un museo, ad una città d’arte o ad un convegno disciplinare per fare alcuni esempi. Leggendo tutti i report delle giornate, si scopre come gli incontri siano serviti a promuovere un’immagine della N.A.T.O dual use, con due “rami”: quello militare e quello civile e come tutto l’incontro abbia nei fatti promosso l’importante ruolo della N.A.T.O sul piano civile: giornalismo, salute e ambiente, trasporti, ingegneria civile, con particolare attenzione alla Cyber Security. Il fine degli incontri era proprio quello di riuscire a “mutare” negli studenti l’immagine della NATO che non può continuare a essere percepita come composta di soli “mezzi corazzati” e quindi solo nella sua veste militare, ma va promossa con la costruzione di un aspetto “buono”, il suo essere formata da civili (si fatica a lanciare il ruolo del militare senza armi né guerre evidentemente!) istruiti e preparati pronti a intervenire sul piano civile. La solita operazione di brand washing più volta denunciata dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università adottata dalle forze armate e dalle forze dell’ordine. Ovviamente come confermano anche le studentesse e gli studenti degli istituti superiori di secondo grado i temi affrontati sono quelli che, fino alla visita alla struttura di Lago Patria, credevano “di competenza dei libri di testo o dei telegiornali: tutela della pace, difesa dei Paesi membri, sostegno nelle attività umanitarie, cyber security, conflitto russo ucraino. La parola pace fa riflettere se usata da un’alleanza sulle cui guerre illegali esiste una consistente bibliografia (fra tutti vd. Daniel Ganser) e i cui membri, rivolgendosi ai ragazzi e alle ragazze,   ammettono il solito ossimoro guerrafondaio: Per mantenere la pace, interveniamo in qualsiasi modo possibile, fino al più drastico, cioè con le armi. Dubitiamo che sia stato ricordato alle scuole, come si legge on line, che nel 2015, la base NATO di Lago Patria è stata il centro di coordinamento della più grande esercitazione militare dopo la caduta del Muro di Berlino, chiamata “Trident Juncture“, con la partecipazione di 36.000 militari. Tendiamo più a pensare che tale visite guidate abbiano anche un altro fine orientativo per le/i giovani e l’intera società civile: l’accettazione incondizionata di questa presenza sul proprio territorio in vista di possibili future esercitazioni che acquistano, con questo manipolativo avvicinamento, il carattere di necessità al fine del mantenimento della pace. Ovviamente come sempre non poteva mancare anche qui l’inclusione di genere: Particolare interesse è stato mostrato dalle studentesse sul ruolo delle donne all’interno dell’Alleanza, sia come civili che come militari. Per essere più accattivante la N.A.T.O strumentalizza anche il tema dell’inclusione di genere e della parità. Si legge sul report dell’istituto San Vitale: Tali visite sono molto importanti perché i ragazzi hanno potuto capire che per mantenere alta la sicurezza, mantenere ed attuare cambiamenti radicali di pace nel Mondo ci sono delle persone che lavorano in silenzio tutti giorni in strutture internazionali. La conclusione è agghiacciante. Un’alleanza militare che assicura la sicurezza e cambiamenti radicali di pace è la cosa più lontana da quanto i libri di storia ci insegnano e la nostra contemporaneità ci mostra. Quale docente realmente impegnato sull’educazione alla pace potrebbe fare sua questa conclusione? Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Propaganda nei Campi-Scuola: formazione o indottrinamento?
Qualcuno forse si era illuso che con la chiusura estiva delle scuole la gioiosa macchina da guerra della propaganda avrebbe rallentato il ritmo incessante delle proprie azioni all’interno del mondo giovanile e invece arriva puntuale la smentita: tutto l’armamentario si trasferisce nei campi-scuola, all’interno di un setting formativo molto più sbilanciato verso l’aspetto ludico. Vediamo così delle forze dell’ordine impegnate in dimostrazioni di “didattica avventurosa” che stimola i ragazzi attraverso  un approccio  tanto paternalistico quanto superficiale e tendenzioso, ad assumere un atteggiamento benevolo verso le forze dell’ordine, migliorando la percezione interiore che ne hanno. Considerate le ultimissime sentenze della Corte d’appello di Roma, sul caso Stefano Cucchi, in cui, dai vertici apicali fino ai livelli più bassi fin nelle stazioni territoriali coinvolte, l’Arma ha dovuto rispondere non solo di un atroce omicidio ma dopo 16 anni anche di gravissimi insabbiamenti delle indagini, il lavoro di “ricostruzione” in chiave positiva dell’immagine sembrerebbe a prima vista arduo. D’altro canto, gli investimenti degli ultimi anni, con le forze dell’ordine ormai soddisfatte per gli aumenti salariali ricevuti e le dotazioni tecniche ma soprattutto il riordino dei ruoli al loro interno, consente  all’Arma dei Carabinieri di ripulire anche l’immagine più sporca che si è sempre tentato di attribuire alle solite “mele marce”. In questo caso abbiamo i Carabinieri alle prese con la  cosiddetta “generazione Alpha”, stranamente in sintonia con l’altra Alfa, l’ Alfa Romeo “Giulia” la gazzella dei Carabinieri sulla quale sono stati fatti salire i ragazzini di una scuola di Loreto, nell’ambito di un campo estivo. Dopo la visita all’interno di una stazione  territoriale dell’Arma, questo spaccato di vita quotidiana con le stellette, i/le ragazz* si sono divertit* a bordo di questi bolidi  a quattro ruote, come tanti piccoli “alfisti”, ma anche in sella ad  una moto da enduro di ultima generazione. Non poteva mancare un altro elemento che scatena sempre la fantasie e l’empatia,  ovvero i cani della squadra cinofila, un evergreen che funziona sempre anche con i ragazzini più “digitali”.  L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, stigmatizza in questo caso le scelte “culturali” ma che noi definiremmo molto più sinceramente propaganda di “educazione militarizzata” dell’assessora del Comune di Loreto  sempre con il lasciapassare della “cultura della legalità”. Nell’ultimo anno in questa parte delle Marche ben 18 istituti e 1200 ragazz* hanno subito questa propaganda in divisa, fatta di intrattenimento ludico, di indottrinamento paternalistico alla cosiddetta “cultura della legalità” (“l’Arma come baluardo contro il male e i devianti della società”): siamo sicuri che di fronte ad una tendenza “panpenalistica” della politica, da sinistra come, ancora di più, da destra, non ci sia bisogno invece di una “cultura dei diritti”? Con un numero di omicidi in caduta libera da trent’anni (1.916 nel 1991 contro i 341 del 2023 fonte ISTAT p.17)  e in generale di tutti i reati ( circa il 50% in meno negli ultimi 10 anni in furti in casa e d’auto e rapine) si assiste invece ad un aumento dei reati tipici delle mafie, dalle “eco-mafie” , alle estorsioni, ai crimini informatici. Quindi non si spara più, la violenza non dilaga per le strade ma allo stesso tempo aumenta la percezione negativa di una società insicura: presentarsi nelle scuole con questo carico di “pericoli immaginari” vuol dire fare esattamente ciò che avviene politicamente a livello mondiale con la creazione a tavolino di sempre nuovi nemici e “stati canaglia”. Fare lo stesso anche con i bambini, questo si, che è delinquenziale oltre che anti-pedagogico!
Ladri di futuro
di Marco Bersani * *articolo pubblicato su il manifesto del 12 luglio 2025 per la Rubrica Nuova finanza pubblica Viviamo in Paese nel quale il 23,1% della popolazione (dati Istat 2024) si trova in almeno una delle seguenti condizioni: a Continua a leggere L'articolo Ladri di futuro proviene da ATTAC Italia.
12 luglio 2025: 9a Festa di rioccupazione
Sabato 12 luglio festeggiamo nove anni di rioccupazione!! Appuntamento alle 21 con la performance teatrale di LPA Concha e Adelardo, una radionovela un po’ fane’ A seguire concerto del duo acustico Traffikdalight Ancora più a seguire, raffica di DJ set “fino a non poterne più” (elektro, hip hop, psy, tekno, cumbia) Sarà aperto il Critical bar con tanto di spuntini vegan anticollasso …più banchetti Stampante 3d – Freeshop – Infoshop! !!! Viecce !!!
Da Farzåd a Langer. L’Iran e l’Italia in tempi di guerra
Nei primi giorni di giugno Farzåd è venuto a farci visita al centro di aggregazione Approdo di Garbatella, a Roma, dove ha preso vita un laboratorio radiofonico rivolto a ragazze e ragazzi delle scuole medie. Da poche ore sui titoli dei quotidiani campeggiava la notizia del cessate il fuoco in Iran e della fine della “guerra dei dodici giorni”. Prima che Farzåd facesse ingresso nella nostra redazione, ho raccontato ai ragazzi quel poco che sapevo di lui. Ha circa quaranta anni, è nato in Iran, è laureato in letteratura francese, faceva il libraio, vive in Italia da una decina d’anni, è stato il protagonista di un audio documentario trasmesso da Rai Radio3 e realizzato dall’amico e collega Ciro Colonna in cui si dava molto spazio al lavoro di Farzåd qui a Roma: il corriere in bicicletta. Per una ventina di minuti, i ragazzi lo hanno tempestato di domande. Farzåd ha risposto generosamente a ogni questione, seppure la vicenda lo facesse sempre più sudare (i ragazzi mi avevano costretta a spegnere il ventilatore, per evitare che il brusio disturbasse la registrazione). Le loro curiosità mi hanno stupita. Nel corso della chiacchierata abbiamo scoperto che Farzåd legge romanzi russi, che il suo calciatore preferito è Maradona, che tra montagna e mare sceglie montagna, che per fare le consegne utilizza una bicicletta a pedalata assistita, che il suo nome di battesimo (che non corrisponde a quello d’invenzione che stiamo utilizzando in questo articolo) deriva da un libro epico della tradizione iraniana, che è andato via dall’Iran per cercare una vita diversa, che ascolta Mina, De Andrè e la musica tradizionale iraniana, che la cosa che più lo ha colpito di Roma nei primi giorni dopo il suo arrivo erano i palazzi e i monumenti, e che, sì, anche se ci lavora, crede che boicottare G. sia una buona idea. Come nelle migliori interviste, è stato dopo, a microfono spento (e ventilatore riattivato), che Farzåd ha raccontato di questi giorni di guerra. Le notizie arrivavano frammentate, confuse. La comunicazione con la famiglia e gli amici si arrestava per interminabili ore. Lui nella calura di Roma smetteva di fare ogni cosa, il cervello si arrovellava nel tentativo di capire, tuttavia districarsi tra le tante informazioni, a volte discordanti, era impossibile. «Poi c’è stata la tregua e finalmente ho potuto riprendere a parlare con amici e parenti. Dopo gli attacchi degli hacker dello stato di Israele sulle infrastrutture digitali della tv statale dell’Iran, il governo ha deciso di disconnettere Internet sulle reti cellulari e non riuscivo a parlare con nessuno». Nei giorni successivi alcuni amici di Farzåd riescono a connettersi, lo aggiornano sui bombardamenti in tempo reale, lo mettono in contatto con i genitori, portano informazioni sulla guerra e sulle condizioni di salute dei parenti anche ad altri amici residenti all’estero. Farzåd, dal suo appartamento rovente a San Lorenzo, attende notizie giorno e notte. «L’ultima notte prima del cessate il fuoco è stata dura. In quelle ore c’è stato il più pesante attacco delle forze armate di Israele sulle città iraniane. Gli amici a Teheran riportavano le notizie dei bombardamenti e della difesa aerea da parte delle forze iraniane in diretta sulla nostra chat. Mi hanno raccontato di gente traumatizzata dagli attacchi, a molti ancora sembra di sentire i boati dopo quella notte». Dopo due giorni dalla tregua la connessione è stata riallacciata parzialmente. Farzåd passa ore intere a parlare e scrivere con gli amici in Iran, «i cittadini parlano di guerra ovunque, tutto il tempo; dicono che non è ancora finita, aspettano un’imminente minaccia; sono tutti d’accordo sull’idea che ci sarà un nuovo attacco da parte di Israele, ma ovviamente non sanno quando avverrà». Li chiamano i figli della rivoluzione, i figli della guerra. Sono le persone come Farzåd, nate a ridosso della rivoluzione del 1979 che ha rovesciato la monarchia. Sono gli stessi che sono scesi in piazza nel 2009, cantando a gran voce siamo la generazione della guerra e combattiamo fino alla fine contro lo Stato. «Storicamente accade che dopo un tentativo di rovesciamento di un regime, sia che si tratti di un colpo di stato sia che si tratti di un intervento militare di un altro paese, quando non si raggiunge il risultato desiderato, il sistema diventa ancora più aggressivo nei confronti di chi lo critica. Per ora hanno arrestato più di settecento persone e ne hanno impiccate altre sei per spionaggio. Un esempio recente di una situazione simile lo abbiamo visto in Turchia, dopo il colpo di stato fallito nel 2016, che ha portato all’arresto di tanti e alla persecuzione di vari gruppi della società turca». I genitori di Farzåd, entrambi militanti comunisti, hanno avuto un ruolo attivo nella rivoluzione del 1979, prima che si affermasse la componente islamista. Per questo motivo non hanno più potuto esercitare la loro professione (erano due insegnanti), per questa ragione la loro vita ha subito una brusca virata insperata. Racconto a Farzåd di avere parlato con altre persone di origine iraniana qui a Roma, alcuni si sono detti felici dell’attacco. «Nessuno dei miei amici ha gioito degli attacchi sulle città e sulle infrastrutture civili del paese. Anche i dissidenti in Iran non sono felici. Certo, sono felici i dissidenti monarchici che vivono nella calma e nella tranquillità delle società occidentali. Loro sì che sono contenti, credevano e speravano che con questi attacchi finisse la teocrazia. Chiaramente questa loro speranza non coincide con la realtà dei fatti. Questa gente vive in una bolla, in un’altra realtà. Chi si trova in Iran è abbastanza intelligente da vedere quello che è successo. Queste persone hanno visto già questo spettacolo in Iraq, in Libia e in Siria. Il governo genocida di Israele non può essere il salvatore del popolo iraniano. Questo fatto è chiaro ai cittadini iraniani all’interno del paese, ma non ai monarchici all’estero. Il cancelliere tedesco che afferma che “Israel is doing our dirty job” probabilmente dovrebbe pensare alle conseguenze di questo dirty job per l’Europa». Farzåd fa l’esempio della Siria e dell’Iraq e di quello che è accaduto dopo la guerra civile causata dall’intervento militare occidentale. Trenta anni fa, esattamente il 3 luglio 1995, Alexander Langer si impiccava a un albero di albicocco, alle porte di Firenze. Langer amava spesso ripetere che tutto il suo lavoro, da politico, da scrittore, da sociologo, da attivista, aveva un obiettivo: “provare a fare pace tra gli uomini e pace con il creato”. Nello sforzo di tendere verso questa meta, promuoveva trasformazioni ecologiche e trasformazioni sociali con radici ben solide nella non violenza e nel rifiuto verso ogni divisione etnica. Ho pensato a lui dopo avere incontrato Farzåd. Perché la sua storia è impastata di distorsioni, è una biografia che fa i conti spietati con un sistema in cui crisi ambientale e guerre si intrecciano indissolubilmente. E poi perché la vicenda di Farzåd costituisce un prezioso tassello di un mosaico della Storia, di quelli che Langer avrebbe saputo mirabilmente raccontare e appuntare sulla sua immancabile agendina. Salutiamo Farzåd, lo lasciamo alle sue consegne in bicicletta tra le bollenti strade di Roma e alle sue conversazioni con gli amici in Iran. E nella mente rileggo i biglietti lasciati da Langer quel 3 luglio 1995. L’ ultimo è un’esortazione: “Non siate tristi, continuate in ciò che era giusto”. (marzia coronati)