Source - Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università

Osservatorio per monitorare e denunciare l'attività di militarizzazione nelle scuole e nelle università.

Conflitti globali in corso, interviste de La Casa del Sole TV
Il mondo sta affrontando un numero di conflitti che è il più alto dalla Seconda Guerra Mondiale, con 56 conflitti attivi che coinvolgono 92 Paesi. Solo nel 2024 si contano più di 233mila vittime e oltre 100 milioni di persone costrette a fuggire dalle proprie case. A commentare in studio il tema caldo del momento Jeff Hoffman de “La Casa del Sole TV, la giornalista Margherita Furlan, Angelo d’Orsi, già ordinario di Storia delle Dottrine Politiche all’Università di Torino e Antonio Mazzeo, giornalista, docente e attivista dell’Osservatorio, reduce dall’espulsione ad opera del governo israeliano per avere cercato di portare aiuti umanitari a Gaza a bordo della nave Handala di Freedom Flotilla. Qui il video della trasmissione
Protesta a Verona: “Rompiamo il silenzio contro il genocidio a Gaza”
Domenica 27 luglio 2025 dalle 22,45 alle 23,00 molte persone, appartenenti ad associazioni, partiti, cittadine/i hanno aderito all’invito di “Verona per la Palestina” e, “pentole alla mano” hanno disertato il silenzio “assordante” contro il genocidio e la criminale catastrofe in Palestina. Il frastuono è arrivato in Arena dove si stava rappresentando l’Aida e dove è accaduto un fatto eccezionale. All’improvviso, tra il primo e il secondo atto,nello spazio dei sottotitoli che appaiono sull’ apposito schermo, è apparsa la bandiera palestinese e la scritta STOP GENOCIDE. Il pubblico ha iniziato ad applaudire, l’orchestra e il coro hanno cominciato a battere i piedi in segno di condivisione. La foto di quanto stava accadendo nell’anfiteatro è arrivata a qualche cellulare in P.zza Bra’, rafforzando così il frastuono di pentole, coperchi, fischietti e strumenti musicali quali i piatti e i tamburelli. L’autore del fatto è un giovane pianista, Francesco Orecchio, addetto ai sottotitoli, al suo ultimo giorno di lavoro in Arena, in partenza per l’Olanda dove lavorerà per il Teatro dell’Opera della capitale Olandese. Orecchio, intervistato, ha affermato che l’azione è stata una sua decisione personale per aderire alla giornata di protesta contro il silenzio sul genocidio di Gazza e che sarebbe “felice se anche la Fondazione Arena aderisse al messaggio e lo inserisse stabilmente”. All’iniziativa di “rompere il silenzio” ha aderito anche il Comune di Verona di cui, ricordo, il Sindaco è Presidente della Fondazione, che ha fatto suonare il Rengo, una delle due principali campane della Torre dei Lamberti, in P.zza delle Erbe. Il Rengo veniva suonato, in passato, per convocare il Consiglio Comunale e per chiamare i cittadini alle armi in caso di emergenza. Hanno suonato in città, anche le campane di alcune chiese, compresa quella della Chiesa di S.Nicolo’ adiacente all’Arena L’Osservatorio ha aderito al flash mob e alla lettera, sottoscritta da associazioni e partiti in cui  si chiede alla Fondazione, fra l’altro, di “esprimere chiaramente la propria posizione in merito, così da contribuire a sgretolare il muro di silenzio dei governi e della comunità internazionale”. “COME PUÒ L’UMANITÀ ASCOLTARE MUSICA COSÌ BELLA, MENTRE UNA PARTE GRIDA DISPERATA E FERITA A MORTE?”  Miria Pericolosi – Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università Verona
Effetto Refugio a Livorno: lotte sociali contro la guerra
Mercoledì 30 luglio, all’interno delle iniziative di Effetto Refugio a Livorno, si è svolto un interessante e partecipato dibattito dal titolo “Resistenti e renitenti. Le lotte sociali sui territori contro la guerra e chi la arma”. Per l’Osservatorio è intervenuta SerenaTusini(foto), che si è confrontata con i rappresentanti di GAP (gruppo autonomo portuali Livorno), Ferrovier* contro la guerra, Usb-Il lavoro ripudia la guerra. Ogni relatore ha descritto le attività e le scelte che i lavoratori appartenenti alle varie organizzazioni hanno deciso e messo in campo per rispondere alla militarizzazione sempre più aggressiva dei settori strategici della società e dell’economia, come educazione e trasporti. Evitare la propaganda delle forze armate nelle scuole, denunciare e bloccare il passaggio di carichi d’armi lungo le linee ferroviarie o nei porti, difendere la sicurezza dei lavoratori sono atti di resistenza civile, che rivendicano un’idea di società basata sulla solidarietà, l’uguaglianza e la pace. Rifiutare la “cultura della difesa” e operare con la consapevolezza che ora più che mai è fondamentale coordinarsi e fare uno scarto in avanti lavorando insieme: questa la scommessa e l’auspicio con il quale si è chiuso l’incontro. Cristina Ronchieri – Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Riconvertire l’industria a fini militari per superare la crisi sistemica
ANCHE SE SI PARLA, TROPPO POCO, DELLA FINANZIARIA DI GUERRA, LA RICONVERSIONE DELL’INDUSTRIA CIVILE A SCOPO MILITARE È GIÀ UNA REALTÀ Quando si parla di economia di guerra dovremmo fare riferimento allo spacchettamento di aziende e alla loro riconversione (in toto o in parte) a produzioni militari Merita attenzione quanto sta avvenendo attorno a Iveco Group NV, ce ne hanno parlato in anteprima Bloomberger e Scenari Economici dando notizia dell’imminente cessione delle unità di difesa a Leonardo SpA, mentre la divisione specializzata nella produzione di veicoli commerciali è destinata alla multinazionale indiana Tata Motors Ltd. E l’arrivo di Leonardo è conseguenza del vivo interesse manifestato dalla multinazionale spagnola Indra, una delle aziende leader nel settore militari europeo e capace di raggiungere risultati straordinari in borsa. Qual è il valore economico della cessione di Iveco? La cessione di Iveco Defence a Leonardo spa è avvenuta per 1,7 miliardi, quella di Iveco group (senza la sezione difesa) a Tata Motors per 3,8 miliardi. Iveco in Italia ha circa 14.000 dipendenti dei 36 mila totali, conta su alcuni stabilimenti dislocati in varie parti del paese, da Torino (sede principale) a Brescia, da Suzzara (Mantova) a Foggia senza dimenticare Bolzano. Oltre 1000 dipendenti lavorano per Defence. La sede principale rimarrà a Torino, Tata ha dichiarato che non ci saranno esuberi, delocalizzazioni o chiusure di fabbriche, evidentemente questa operazione è il trampolino di lancio per l’ingresso dell’India nei mercati europei attraverso l’acquisizione, dopo la Guzzi, di un marchio rinomato. La crisi di Iveco si risolve con uno spezzatino aziendale e l’intervento diretto del Governo italiano per conservare la produzione in campo militare nel nostro paese rafforzando il polo produttivo nazionale, si parla in termini tecnici di mantenere un asset strategico sotto il controllo nazionale. Stando a Scenari Economici, l’ offerta vincente è stata quella arrivata dalla joint venture con la tedesca Rheinmetall AG per 1,6 miliardi di euro, debito incluso. Eppure anche la multinazionale spagnola si presentava con ottime credenziali soprattutto per avere attuato la riconversione di alcuni stabilimenti civili in militari come il sito produttivo di Duro Felguera a Gijón (Asturie) dove produrranno veicoli militari e carri armati d’Europa. Indra rappresentava un competitor pericoloso essendo tra le aziende leader nello sviluppo di sistemi elettronici che digitalizzano e forniscono informazioni ai veicoli corazzati e carri armati di ultima generazione, l’arrivo in Iveco di Leonardo ha evitato che sul territorio nazionale, dopo i turchi, arrivassero anche gli spagnoli. Sullo sfondo di queste acquisizioni lo scontro intestino tra paesi e multinazionali del vecchio paese per accaparrarsi le aree più ambite della produzione di armi e del mercato. E’ormai risaputo che la holding degli Agnelli, proprietaria dell’Iveco, abbia da tempo svincolato le proprie strategie dal settore automobilistico a favore di altre aree di investimento. E la sola preoccupazione del Governo italiano era quella di conservare la produzione italiana in campo militare nel nostro paese. Urgeva quindi scongiurare quanto già accaduto con Piaggio Aerospace, azienda  produttrice di sistemi ampiamente utilizzati dalle Forze armate italiane e acquistata nei mesi scorsi dal gruppo turco Baykar.  Piaggio Aerospace produce velivoli come il P.180 Avanti e sistemi aerei a pilotaggio remoto come il P.1HH HammerHead ma è uno dei punti di riferimento europei per la manutenzione degli strumenti bellici. L’aumento delle spese militari al 5% del Pil offre una occasione unica alle imprese attive nella produzione di armi, di pochi giorni fa la notizia che Fincantieri vorrebbe riconvertire due impianti produttivi civili tra i quali il cantiere di Castellammare di Stabia. E la stessa Piaggio Aeronautica annuncia la produzione di droni visto che la multinazionale turca oggi proprietaria del marchio è tra i principali esportatori degli aerei senza pilota. Chi pensava che l’Italia fosse ancora ferma dovrà ricredersi, non siamo ai livelli tedeschi con alcune aziende dell’indotto meccanico già riconvertite alla produzione dei sistemi di arma, ma decisamente avanti rispetto all’immaginario comune. E proprio dalla Germania arriva una notizia interessante ossia che in campo militare verranno reiterate le politiche di delocalizzazione già ampiamente attuate in campo civile e nel settore meccanico Rheinmetall ha lanciato una nuova rete di produzione in Romania per rafforzare il settore della difesa del Paese, per costruire nuove alleanze con aziende operanti nel settore della difesa ma in paesi nei quali il costo della forza lavoro è decisamente più basso. Le armi saranno quindi prodotte in un paese dell’est europeo che presto potrebbe diventare un distretto industriale tedesco fuori confine e sotto l’egida Nato. Poco sappiamo delle aziende militari presenti nei paesi ex Patto di Varsavia, parliamo di imprese che da anni operano a stretto contatto con multinazionali Usa e europee, in Romania produrranno veicoli da combattimento per le forze armate rumene ma anche munizioni destinate al mercato europeo. E anche in questo caso arriva il plauso del Governo locale che esulta davanti all’investimento di Rheinmetall per creare posti di lavoro e offrire il supporto tecnologico avanzato a paesi più arretrati che presto saranno interamente dipendenti dai grandi marchi smantellando magari produzioni civili a vantaggio di quelle militari
Visite scolastiche alla NATO: propaganda o educazione?
Il fenomeno della militarizzazione delle scuole sta assumendo dimensioni così ampie da rendere sempre più difficoltosa la sua “mappatura”. Apprendiamo in questi giorni di attività svolte nei mesi di febbraio/marzo presso la base N.A.T.O di Lago Patria – Giugliano in Campania, che ha coinvolto le studentesse e gli studenti delle scuole superiori di primo grado dei plessi “Don Salvatore Vitale” Giugliano (Napoli) E “M. Beneventano” di Ottaviano (Napoli) e studentesse e studenti delle scuole superiori di secondo grado delle scuole Don Lorenzo Milani, (Gragnano) e Antonio Serra (Napoli).  Troviamo su internet anche una circolare del liceo Matilde Serao, con in oggetto la stessa visita guidata (con pagamento a carico delle famiglie del bus) fatta rientrare nelle ore di didattica orientativa e di educazione civica, qui). Apprezziamo che non sia stata definita dalla D.S. visita di istruzione, ma visita guidata, cosa che auspichiamo dovuta alla consapevolezza che tale uscita non abbia proprio nulla di istruttivo. Mentre nutriamo forti dubbi che una tale uscita possa rientrare nell’educazione civica, non ne abbiamo alcuno sul suo carattere orientativo, essendo tale uscita finalizzata ad orientare i ragazzi verso nuove “culture” (della difesa, della sicurezza, militare) anche con il fine di un possibile loro arruolamento nelle forze armate. Per quanto riguarda le scuole medie, organizzata in occasione del 70° della N.A.T.O ai ragazzi e alle ragazze è stato ricordato come questa alleanza sia nata per “contrastare quel blocco di Stati che si riunirà qualche anno dopo nel Patto di Varsavia” mostrando già da questo breve incipit dell’articolo pubblicato sul sito della scuola il carattere propagandistico dell’iniziativa. Se storicamente si dovesse rispettare l’ordine cronologico degli eventi si sarebbe dovuto spiegare ai ragazzi esattamente l’inverso come il patto di Varsavia sia nato, 6 anni dopo la N.A.T.O, con il fine di contrastare l’alleanza militare North Atlantic Treaty Organization. In ogni modo, caduto nel 1991 il Patto di Varsavia, perché la  N.A.T.O ha continuato ad esistere? Quale ratio dietro la scelta del suo non scioglimento? Sono state elencate ai ragazzi le innumerevoli guerre che dal 1991 in poi hanno coinvolto o sono state causate dalla N.A.T.O? E’ stato spiegata la richiesta (a febbraio Marzo non ancora certa, non se ne conosceva con certezza la percentuale del 5%, ma si discuteva sull’alzamento del PIL che il vertice N.A.T.O avrebbe richiesto) dell’aumento delle spese per gli armamenti e dei relativi tagli che queste avrebbero comportato? Tagli a istruzione, ricerca, sanità, welfare. Nulla di tutto questo è stato detto alle ragazze e ai ragazzi già vittime della implicita manipolazione che una gita scolastica sottende: in quanto scolastica essa ha fare con la scuola, con la formazione, con l’educazione al pari di una vista ad un museo, ad una città d’arte o ad un convegno disciplinare per fare alcuni esempi. Leggendo tutti i report delle giornate, si scopre come gli incontri siano serviti a promuovere un’immagine della N.A.T.O dual use, con due “rami”: quello militare e quello civile e come tutto l’incontro abbia nei fatti promosso l’importante ruolo della N.A.T.O sul piano civile: giornalismo, salute e ambiente, trasporti, ingegneria civile, con particolare attenzione alla Cyber Security. Il fine degli incontri era proprio quello di riuscire a “mutare” negli studenti l’immagine della NATO che non può continuare a essere percepita come composta di soli “mezzi corazzati” e quindi solo nella sua veste militare, ma va promossa con la costruzione di un aspetto “buono”, il suo essere formata da civili (si fatica a lanciare il ruolo del militare senza armi né guerre evidentemente!) istruiti e preparati pronti a intervenire sul piano civile. La solita operazione di brand washing più volta denunciata dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università adottata dalle forze armate e dalle forze dell’ordine. Ovviamente come confermano anche le studentesse e gli studenti degli istituti superiori di secondo grado i temi affrontati sono quelli che, fino alla visita alla struttura di Lago Patria, credevano “di competenza dei libri di testo o dei telegiornali: tutela della pace, difesa dei Paesi membri, sostegno nelle attività umanitarie, cyber security, conflitto russo ucraino. La parola pace fa riflettere se usata da un’alleanza sulle cui guerre illegali esiste una consistente bibliografia (fra tutti vd. Daniel Ganser) e i cui membri, rivolgendosi ai ragazzi e alle ragazze,   ammettono il solito ossimoro guerrafondaio: Per mantenere la pace, interveniamo in qualsiasi modo possibile, fino al più drastico, cioè con le armi. Dubitiamo che sia stato ricordato alle scuole, come si legge on line, che nel 2015, la base NATO di Lago Patria è stata il centro di coordinamento della più grande esercitazione militare dopo la caduta del Muro di Berlino, chiamata “Trident Juncture“, con la partecipazione di 36.000 militari. Tendiamo più a pensare che tale visite guidate abbiano anche un altro fine orientativo per le/i giovani e l’intera società civile: l’accettazione incondizionata di questa presenza sul proprio territorio in vista di possibili future esercitazioni che acquistano, con questo manipolativo avvicinamento, il carattere di necessità al fine del mantenimento della pace. Ovviamente come sempre non poteva mancare anche qui l’inclusione di genere: Particolare interesse è stato mostrato dalle studentesse sul ruolo delle donne all’interno dell’Alleanza, sia come civili che come militari. Per essere più accattivante la N.A.T.O strumentalizza anche il tema dell’inclusione di genere e della parità. Si legge sul report dell’istituto San Vitale: Tali visite sono molto importanti perché i ragazzi hanno potuto capire che per mantenere alta la sicurezza, mantenere ed attuare cambiamenti radicali di pace nel Mondo ci sono delle persone che lavorano in silenzio tutti giorni in strutture internazionali. La conclusione è agghiacciante. Un’alleanza militare che assicura la sicurezza e cambiamenti radicali di pace è la cosa più lontana da quanto i libri di storia ci insegnano e la nostra contemporaneità ci mostra. Quale docente realmente impegnato sull’educazione alla pace potrebbe fare sua questa conclusione? Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Sardegna in ostaggio: normalizzare la guerra e la militarizzazione del territorio
La reazione delle realtà sarde contro la militarizzazione dei territori è sempre fonte di insegnamento, mai assuefatti alla normalità della guerra ma, tuttavia, non manifestano stupore (demenziale) davanti a fatti di cronaca che per loro costituiscono la tragica normalità. Parliamo delle armi fatti brillare in mare o altrove, di grandi aree chiuse per disinnescare qualche arma inesplosa, la terra sarda è soggetta ad un doppio colonialismo ossia la presenza di multinazionali e interessi economici e finanziari che hanno trasformato le bellezze locale in business e vecchi accordi che hanno collocato nell’isola distaccamenti e presidi militari più che in ogni altra Regione d’Italia La Sardegna ospita il 65% del territorio militare del Paese pari a 374 km quadrati, cause decennali intraprese da cittadini con sentenze talvolta contrastanti, una parte importante della isola non bonificabile, operazione di recupero di missili caduti in mare affidati in appalto a qualche grande impresa produttrice “di morte”, il calendario delle esercitazioni militari pensato ad arte per non inficiare la stagione balneare, in silenziosa sintonia con quanti dovrebbero in teoria esigere le bonifiche. Rompere la gabbia di silenzio attorno alle esercitazioni che poi rappresentano la fattiva sperimentazione della guerra sui territori senza dimenticare che in altre aree del globo le esercitazioni rappresentano una palese minaccia ad alcuni paesi. Il recupero di armi inesplose non è una novità, i cittadini, e noi con loro, rivendicano da sempre trasparenza sui fatti, sulle procedure e sulle operazioni, se poi i recuperi avvengono in piena stagione balneare vuol dire che la escalation militarista ha raggiunto un livello tale da imporci una riflessione e delle azioni conseguenti. Negli anni scorsi era stato chiesto di interrompere per i mesi estivi le operazioni che invece sono state intensificate, aumentando il numero e la quantità dei soggetti coinvolti nelle esercitazioni militari anche i rischi collaterali crescono come per altro le minacce di inquinamento. Esigere poi chiarimenti e il dettaglio generico sui recuperi si scontra con i cosiddetti obblighi di segretezza che ormai avvolgono ogni aspetto della presenza militarista, certo che i test Nato nel Mediterraneo avvengono prevalentemente in terra sarda e la esplosione di missili e armi varie ha un impatto sull’ambiente e sulla salute della popolazione Ma rinunciare a priori ad una costante opera di denuncia ci sembrerebbe una sconfitta della ragione e per questo come Osservatorio continuiamo quotidianamente a documentare la presenza asfissiante del militare nelle nostre esistenze. A tal riguardo preme portare alla luce alcuni fatti di cronaca scomparsi dai radar (è il caso di utilizzare questa terminologia bellica) come il ferimento di militari durante le esercitazioni (una segnalazione arriva perfino dal Canton Vallese in Svizzera) svolte in vari paesi europei, tra questi l’Ungheria. E oltre al ferimento di militari ci sono incidenti che coinvolgono anche civili nello svolgimento di attività della Nato che da mesi sperimentano sui nostri territori nuove armi e tecniche di vario genere E qualche volta la dea bendata aiuta come nel caso dell’incidente durante l’addestramento acrobatico delle Frecce Tricolori impegnate a Pantelleria ove due aerei si sarebbero toccate evitando un grave incidente con un terzo velivolo finito fuori posta nell’atterraggio L’aumento esponenziale delle esercitazioni militari rappresenta un pericolo oggettivo per la sicurezza e incolumità dei cittadini. Per i nostri territori visto che l’esplosione di missili e proiettili costituisce fonte di inquinamento come anche la massiccia presenza di dispositivi militari in zone spesso protette Assuefarsi alla idea della guerra significa ignorare questi pericoli oggettivi e non avere la necessaria attenzione a fatti di cronaca che pur relegati in spazi angusti dei giornali ci raccontano di un paese sempre più ostaggio della propaganda di guerra e delle esercitazioni militari. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Il ruolo dei porti italiani nel traffico d’armi, la protesta di Donne in nero Piombino
Riceviamo e pubblichiamo un comunicato a firma del Coordinamento Donne in nero, Piombino sul coinvolgimento dell’Italia e dei suoi porti al centro delle rotte per il trasporto di armi e strumenti bellici, equipaggiamenti impiegati nelle guerre di tutto il mondo. “Da due giorni la nave ro-ro SEVERINE in arrivo da Monfalcone, è in attesa di entrare nel porto di Piombino ma a causa dell’intenso traffico turistico, resta al momento fuori. Questa tipologia di navi effettua continui carichi e scarichi di strumentazione bellica: dai carri armati, alle jeep, dai rifornimenti di ricambi per mitragliatrici a proiettili. Sono navi portatrici di morte ed attraccano anche nel nostro porto perché in esso trovano banchine disponibili alla movimentazione di tali materiali. Questo vogliamo che sia chiaro. In numerosi e importanti porti italiani, europei e non, grazie all’impegno e al sostegno di alcune sigle sindacali, i lavoratori si sono rifiutati di movimentare questa tipologia di carico. Si sono rifiutati a Livorno, Genova, Napoli, Barcellona, Sidney, e più recentemente a Marsiglia. Questo tipo di traffici, al limite della legalità (l’Italia ripudia la guerra e non può fornire armi a paesi in guerra) dimostra come il valore del denaro resti preponderante sulle scelte non solo dei governanti, ma anche di molte persone comuni. Di fronte al genocidio del popolo palestinese e alla guerra fra Ucraina e Russia che ha come teatro il cuore dell’Europa, non possiamo restare in silenzio. Il coinvolgimento militare del nostro territorio, ci rende parte attiva del conflitto in Medio Oriente come in Ucraina. Carichi d’armi verso paesi belligeranti sono già passati per il nostro porto. L’attracco nel porto di Piombino delle navi ro-ro Capucine e Severine pone il nostro Comune al centro delle responsabilità civili verso il massacro del popolo palestinese. Facciamo appello agli operatori portuali e a tutti le maestranze portuali affinchè navi di questo tipo non trovino braccia disposte a lavorare per loro, non solo per la tutela della pace, ma anche per la sicurezza di tutti e come incentivo alla pacificazione del commercio internazionale”. Coordinamento Donne in nero, Piombino.
Freedom Flotilla: Radio Onda D’Urto intervista Antonio Mazzeo a Fiumicino
Antonio Mazzeo, uno due attivisti italiani sequestrati dall’Idf sulla nave Handala della Freedom Flotilla Coalition, è atterrato intorno alle 12 all’aeroporto di Fiumicino a Roma. A raccogliere le sue prime parole l’inviato di Radio Onda D’Urto, Stefano Bertoldi Qui la registrazione.
Ritorno Forzato: Antonio Mazzeo torna in Italia dopo il sequestro della Handala e dei suoi Membri
“Per la prima volta, le cancellerie internazionali hanno svolto trattative su un sequestro prima che questo sia stato messo in atto.” Così Antonio Mazzeo, giornalista, docente ed attivista dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università appena sbarcato a Fiumicino, dopo il sequestro subito da parte delle truppe israeliane insieme agli altri 20 membri dell’equipaggio della Handala con rientro forzato da Israele. Diamo il benvenuto ad Antonio che con determinazione e coraggio ha rappresentato tutto l’Osservatorio e per questo lo ringraziamo, solidali e riconoscenti. Insieme, non smetteremo di denunciare e chiedere a gran voce, soprattutto al nostro governo, di far cessare questo genocidio e dare un senso alla parola “umanità”, non con l’ipocrisia delle parole, ma con azioni degne di uno Stato che si definisce sovrano. Ricordiamo inoltre che adesso occorre che siano proprio le cancellerie ad adoperarsi per il rilascio di coloro che sono ancora sequestrati dagli israeliani. Soprattutto occorre che i governi, a cominciare da quello italiano, lavorino attivamente per ottenere un cessare il fuoco e la fine di questo genocidio. Con la  Palestina e i Palestinesi, sempre! Guarda il VIDEO
Webinar Resist US-Led War Movement: Armi Nucleari 80 anni dopo
Resist US-Led War Movement, che aderisce anche a Resist NATO organizza un webinar sullo stato dell’arte delle armi nucleari dopo 80 anni da Hiroshima e Nagasaki. Il movimento “Resist US-Led War” è un’ampia rete globale che si unisce attorno al manifesto “Per una pace giusta, resisti alla guerra guidata dagli Stati Uniti”, redatto alla conferenza “Solidarity and Fightback: Building Resistance to US-led War, Militarism, and Neofascism”, tenutasi dal 5 al 7 agosto 2017 presso l’Università di Toronto. I due principali punti che la rete si prefige sono: in primo luogo, che tutte le persone amanti della pace in tutto il mondo debbano resistere alla guerra guidata dagli Stati Uniti e, in secondo luogo, che si debba costruire una pace giusta. Il webinar si terrà sabato 2 agosto alle 10 del mattino. Ecco il link per partecipare.  
Propaganda nei Campi-Scuola: formazione o indottrinamento?
Qualcuno forse si era illuso che con la chiusura estiva delle scuole la gioiosa macchina da guerra della propaganda avrebbe rallentato il ritmo incessante delle proprie azioni all’interno del mondo giovanile e invece arriva puntuale la smentita: tutto l’armamentario si trasferisce nei campi-scuola, all’interno di un setting formativo molto più sbilanciato verso l’aspetto ludico. Vediamo così delle forze dell’ordine impegnate in dimostrazioni di “didattica avventurosa” che stimola i ragazzi attraverso  un approccio  tanto paternalistico quanto superficiale e tendenzioso, ad assumere un atteggiamento benevolo verso le forze dell’ordine, migliorando la percezione interiore che ne hanno. Considerate le ultimissime sentenze della Corte d’appello di Roma, sul caso Stefano Cucchi, in cui, dai vertici apicali fino ai livelli più bassi fin nelle stazioni territoriali coinvolte, l’Arma ha dovuto rispondere non solo di un atroce omicidio ma dopo 16 anni anche di gravissimi insabbiamenti delle indagini, il lavoro di “ricostruzione” in chiave positiva dell’immagine sembrerebbe a prima vista arduo. D’altro canto, gli investimenti degli ultimi anni, con le forze dell’ordine ormai soddisfatte per gli aumenti salariali ricevuti e le dotazioni tecniche ma soprattutto il riordino dei ruoli al loro interno, consente  all’Arma dei Carabinieri di ripulire anche l’immagine più sporca che si è sempre tentato di attribuire alle solite “mele marce”. In questo caso abbiamo i Carabinieri alle prese con la  cosiddetta “generazione Alpha”, stranamente in sintonia con l’altra Alfa, l’ Alfa Romeo “Giulia” la gazzella dei Carabinieri sulla quale sono stati fatti salire i ragazzini di una scuola di Loreto, nell’ambito di un campo estivo. Dopo la visita all’interno di una stazione  territoriale dell’Arma, questo spaccato di vita quotidiana con le stellette, i/le ragazz* si sono divertit* a bordo di questi bolidi  a quattro ruote, come tanti piccoli “alfisti”, ma anche in sella ad  una moto da enduro di ultima generazione. Non poteva mancare un altro elemento che scatena sempre la fantasie e l’empatia,  ovvero i cani della squadra cinofila, un evergreen che funziona sempre anche con i ragazzini più “digitali”.  L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, stigmatizza in questo caso le scelte “culturali” ma che noi definiremmo molto più sinceramente propaganda di “educazione militarizzata” dell’assessora del Comune di Loreto  sempre con il lasciapassare della “cultura della legalità”. Nell’ultimo anno in questa parte delle Marche ben 18 istituti e 1200 ragazz* hanno subito questa propaganda in divisa, fatta di intrattenimento ludico, di indottrinamento paternalistico alla cosiddetta “cultura della legalità” (“l’Arma come baluardo contro il male e i devianti della società”): siamo sicuri che di fronte ad una tendenza “panpenalistica” della politica, da sinistra come, ancora di più, da destra, non ci sia bisogno invece di una “cultura dei diritti”? Con un numero di omicidi in caduta libera da trent’anni (1.916 nel 1991 contro i 341 del 2023 fonte ISTAT p.17)  e in generale di tutti i reati ( circa il 50% in meno negli ultimi 10 anni in furti in casa e d’auto e rapine) si assiste invece ad un aumento dei reati tipici delle mafie, dalle “eco-mafie” , alle estorsioni, ai crimini informatici. Quindi non si spara più, la violenza non dilaga per le strade ma allo stesso tempo aumenta la percezione negativa di una società insicura: presentarsi nelle scuole con questo carico di “pericoli immaginari” vuol dire fare esattamente ciò che avviene politicamente a livello mondiale con la creazione a tavolino di sempre nuovi nemici e “stati canaglia”. Fare lo stesso anche con i bambini, questo si, che è delinquenziale oltre che anti-pedagogico!
Arresto Equipaggio Nave Handala: Appello di Academy for equality
Pubblichiamo il comunicato pervenutoci da Anat Matar(foto) docente dell’Università di Tel Aviv e attivista della “Academy for equality” in seguito agli arresti dell’equipaggio dell’imbarcazione umanitaria “Handala” (leggi qui) diretta a Gaza. L’Academy for equality è un’organizzazione israeliana che lavora per promuovere la democratizzazione, l’uguaglianza e l’accesso all’istruzione superiore per tutte le comunità che vivono in Israele. L’organizzazione conta più di 600 membri israeliani, provenienti da università e college sia in Israele che all’estero, tra cui studenti, ricercatori e docenti. I membri dell’organizzazione lottano contro la complicità del mondo accademico israeliano nei territori palestinesi occupati e combattono attivamente i rapporti di lavoro abusivi, le molestie sessuali e il silenziamento delle voci critiche in Israele e in tutto il mondo. Ecco le loro parole: “L’Academy for equality di Israele, che si adopera per promuovere i valori della sinistra nelle università israeliane, esprime forte dissenso per l’ennesimo arresto dell’imbarcazione umanitaria “Handala” diretta a Gaza. Nella sua spietata guerra a Gaza, Israele ha creato intenzionalmente morte, fame, sete e malattia, bloccando i rifornimenti di cibo, medicine e attrezzature sanitarie. Gli attivisti e le attiviste della flotta umanitaria portano con loro una minima parte di questi aiuti, ma principalmente vogliono attirare l’attenzione della comunità internazionale che non può accontentarsi di condanne formali. La repressione della flottiglia è in diretta continuità con la repressione del popolo palestinese (a Gaza e non solo) e enfatizza proprio quei crimini contro i quali la flottiglia sta lottando. Noi chiediamo a Israele di rilasciare immediatamente tutte le attiviste e gli attivisti e di permettere l’arrivo a Gaza del carico della Nave “Handala”; chiediamo di aprire immediatamente tutti i posti di blocco per permettere un afflusso concreto di cibo e medicinali per la popolazione di Gaza che è affamata, bombardata ed esausta”. Anat Matar