Tag - Verona

Protesta a Verona: “Rompiamo il silenzio contro il genocidio a Gaza”
Domenica 27 luglio 2025 dalle 22,45 alle 23,00 molte persone, appartenenti ad associazioni, partiti, cittadine/i hanno aderito all’invito di “Verona per la Palestina” e, “pentole alla mano” hanno disertato il silenzio “assordante” contro il genocidio e la criminale catastrofe in Palestina. Il frastuono è arrivato in Arena dove si stava rappresentando l’Aida e dove è accaduto un fatto eccezionale. All’improvviso, tra il primo e il secondo atto,nello spazio dei sottotitoli che appaiono sull’ apposito schermo, è apparsa la bandiera palestinese e la scritta STOP GENOCIDE. Il pubblico ha iniziato ad applaudire, l’orchestra e il coro hanno cominciato a battere i piedi in segno di condivisione. La foto di quanto stava accadendo nell’anfiteatro è arrivata a qualche cellulare in P.zza Bra’, rafforzando così il frastuono di pentole, coperchi, fischietti e strumenti musicali quali i piatti e i tamburelli. L’autore del fatto è un giovane pianista, Francesco Orecchio, addetto ai sottotitoli, al suo ultimo giorno di lavoro in Arena, in partenza per l’Olanda dove lavorerà per il Teatro dell’Opera della capitale Olandese. Orecchio, intervistato, ha affermato che l’azione è stata una sua decisione personale per aderire alla giornata di protesta contro il silenzio sul genocidio di Gazza e che sarebbe “felice se anche la Fondazione Arena aderisse al messaggio e lo inserisse stabilmente”. All’iniziativa di “rompere il silenzio” ha aderito anche il Comune di Verona di cui, ricordo, il Sindaco è Presidente della Fondazione, che ha fatto suonare il Rengo, una delle due principali campane della Torre dei Lamberti, in P.zza delle Erbe. Il Rengo veniva suonato, in passato, per convocare il Consiglio Comunale e per chiamare i cittadini alle armi in caso di emergenza. Hanno suonato in città, anche le campane di alcune chiese, compresa quella della Chiesa di S.Nicolo’ adiacente all’Arena L’Osservatorio ha aderito al flash mob e alla lettera, sottoscritta da associazioni e partiti in cui  si chiede alla Fondazione, fra l’altro, di “esprimere chiaramente la propria posizione in merito, così da contribuire a sgretolare il muro di silenzio dei governi e della comunità internazionale”. “COME PUÒ L’UMANITÀ ASCOLTARE MUSICA COSÌ BELLA, MENTRE UNA PARTE GRIDA DISPERATA E FERITA A MORTE?”  Miria Pericolosi – Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università Verona
“Tumulto Pride”: il 13 settembre l’appuntamento è a Verona
Si svolgerà sabato 13 settembre il Pride di Verona. Contrariamente a quanto sembrava in un primo momento, la manifestazione è confermata e avrà una denominazione e un’identità ben precise, frutto della collaborazione di diverse associazioni cittadine. Tumulto Pride 2025 sarà il nome del Pride che si svolgerà a Verona il 13 settembre prossimo, organizzato dalla nuova Rete Rainbow Verona. Contrariamente a quanto annunciato alcune settimane fa su Instagram da Arcigay, il Pride a Verona si farà e, per la prima volta, avrà un nome e un’identità comuni. Il nome dell’associazione organizzatrice, Rete Rainbow Verona, così come il titolo della manifestazione, nascono da un lungo percorso di confronto e collaborazione tra associazioni, collettivi e realtà cittadine. In questi mesi hanno lavorato insieme a un progetto condiviso che va oltre il Pride, desiderando unirsi e rafforzare il legame con le diverse battaglie comuni. Il Pride veronese di quest’anno si caratterizza per una prospettiva profondamente intersezionale. Al centro restano le istanze della comunità LGBTQIA+, che riconosce tuttavia l’urgenza di intrecciare i propri percorsi con quelli di chi combatte altre forme di oppressione e condivide lotte comuni. Tra queste emergono la solidarietà con il popolo palestinese, il rifiuto del militarismo, la difesa dei diritti sul lavoro e l’autodeterminazione sul fine vita, il diritto alla casa, l’antirazzismo, l’antiabilismo, la lotta antifascista e la centralità del transfemminismo come pratica politica e sociale. La data in cui è stato ufficialmente istituito il Pride cittadino coincide con una delle pagine più oscure della recente storia di Verona: il 14 luglio 1995. In quel giorno, l’allora Consiglio Comunale approvò la mozione 366 del 1995, che definiva l’omosessualità come contro natura e affermava che il suo mancato riconoscimento costituiva un pericolo anche per l’educazione dei giovani. Questa mozione fu fortemente promossa dall’amministrazione comunale guidata dalla sindaca Michela Sironi, in risposta a una richiesta del Parlamento Europeo rivolta a tutti i governi, enti e amministrazioni locali della Comunità Europea, di abolire leggi discriminatorie nei confronti delle persone omosessuali. Non a caso la mozione 366 del 1995, approvata dalla maggioranza di allora, è conosciuta come la ‘mozione contro l’omofobia’, e non potrebbe essere altrimenti. Una mozione che ha pesato culturalmente come un macigno sull’intera città per quasi trent’anni. Numerose sono state le battaglie delle associazioni LGBTQ+ locali e non solo, impegnate a combattere una forma di discriminazione anacronistica. Solo nel 2018, una parte della minoranza di sinistra tentò di portare in Consiglio Comunale la richiesta di cancellare quella vergognosa e umiliante mozione, ma rimase inascoltata. La maggioranza guidata da Sboarina ignorò la proposta avanzata dai consiglieri Bertucco (Sinistra Italiana) e Benini (PD), relegandola sistematicamente all’ultimo punto dell’ordine del giorno, mai discusso né in quella legislatura né nelle precedenti. La mozione omofoba, presente da quasi 30 anni, è finalmente decaduta nel novembre 2022 con l’arrivo della nuova amministrazione Tommasi, insediatasi pochi mesi prima. Questa revoca rappresenta un segnale simbolico e culturale di grande rilevanza, pari all’importanza della sua approvazione. Una revoca frutto di tutte le lotte, battaglie, contestazioni e manifestazioni organizzate dalle associazioni impegnate sul tema, a testimonianza dell’importanza di opporsi a leggi ingiuste, un atto giusto e necessario. Questo sottolinea l’importanza di celebrare il Pride a Verona, così come in ogni angolo del mondo. Ancora oggi, e già nel 1995, molte persone subiscono ingiuste discriminazioni non solo per il loro orientamento sessuale, ma anche per la provenienza geografica, il colore della pelle e altre ragioni ingiustificate. Da qui nasce l’idea di un Pride intersezionale, che unisca i movimenti veronesi impegnati su queste tematiche. L’appuntamento con il Tumulto Pride a Verona è, dunque, per sabato 13 settembre 2025. Heraldo
Fiera delle Armi trasferita da Verona a Parma in cerca di “clima di serenità”, la lotta paga!
La Fiera delle Armi non si terrà più a Verona, ma si trasferirà a Parma per cercare “un clima di maggiore serenità, condizione venuta a mancare nelle ultime due edizioni organizzate a Verona”. E noi, come rete delle Associazioni che hanno organizzato e aderito alla manifestazione “Contro la Fiera delle Armi”, rivendichiamo di essere gli artefici di questo clima poco sereno che si è creato attorno a questa fiera che si è tenuta a Verona negli ultimi anni. Lo rivendichiamo perché durante le ultime stagioni noi eravamo lì a protestare e manifestare e lo abbiamo fatto sfilando nelle vie intorno alla fiera di Verona. Eravamo in centinaia, eravamo con amic*, compagni e compagne provenienti da diverse città dei nord Italia, per gridare tutti e tutte insieme NO alla fiera della morte. Lo abbiamo fatto perché ben consapevoli che dietro gli slogan che richiamano ad eventi sportivi, si nascondevano (e nemmeno troppo) aziende costruttrici di armi da guerra, aziende produttrici di morte, quindi complici di tutte le guerre in corso che stanno devastando questa Terra, che stanno facendo migliaia di morti innocenti, aziende complici del genocidio in Palestina. C’è in corso una terza guerra mondiale a pezzi, e più passano i mesi e più aumentano le aree e i Paesi in guerra, aumentano i bombardamenti, aumenta il numero di morti, aumentano le distruzioni e i popoli annientati da quelle stesse armi esposte in questa maledetta fiera. Un business che si basa su questo: morte e distruzione a cui ci siamo opposti e ci opporremo sempre. Rivendichiamo il fatto di aver mostrato a tutta Italia foto con bambini e bambine mentre imbracciano fucili e pistole come fossero giocattoli (clicca qui), in barba ad un codice etico che perdeva già in partenza il proprio scopo. Foto aberranti e simbolo di una cultura legate alle armi, quindi alla violenza. Foto che sono arrivate fino al Parlamento dove è stata richiesta un’inchiesta parlamentare per capire meglio le nefandezze, il perché c’erano bambini con tanto di armi in mano. Abbiamo espresso con energia la nostra contrarietà a questa complicità abominevole, ad una Fiera delle armi nella nostra città, ma il fatto che questa fiera non si tenga più a Verona rappresenta il minimo sindacale della nostra lotta, una lotta che non chiede di spostarla altrove ma di abolirla completamente, non permettere che in nessun’altra città vengano esposte armi di nessun genere, per impedire che la cultura della guerra sovrasti la cultura della pace, che strumenti di morte, per uomini, donne e animali vengano esposte come fossero trofei, a Verona come a Parma, come in qualsiasi altro posto. Quindi, rivendichiamo l’aver creato un clima poco sereno a Verona intorno alla Fiera delle Armi, un clima che attorno a questa fiera non sarà mai sereno, ovunque e fin quando si farà. * Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle Università * Laboratorio Autogestito Paratod@s * Ultima Generazione * Rifondazione VR * Osservatorio Migranti Verona * Circolo Pink * Rete Verona per Palestina * Attach * Mediterranea Verona
EOS addio: non più a Verona l’odiosa fiera delle armi
La manifestazione, che tante polemiche aveva suscitato negli ultimi anni nella città scaligera, si trasferisce a Parma, anche grazie alle proteste di tante associazioni locali. Sulle pagine di Heraldo avevamo raccontato della fiera delle armi, una manifestazione che si è svolta a Verona per quattro anni, grazie a un contratto stipulato con la precedente amministrazione. Questo accordo consentiva a EOS (European Outdoor Show) di offrire agli espositori la possibilità di presentare i loro prodotti nei padiglioni della ZAI, coinvolgendo produttori e venditori di armi. Una fiera che, dietro una facciata che cerca di mettere in risalto armi definite “sportive” per nautica e caccia (come se uccidere animali potesse essere considerato uno sport), espone in realtà pistole, fucili, mitragliatrici e altre armi da guerra. Con espositori che vendono armi a Israele, quindi strumenti creati e commercializzati per uccidere. Tutto esposto apertamente, accessibile agli adulti e, purtroppo, a numerosi bambini che anche nell’ultima edizione hanno affollato gli stand. La fiera a Verona ha suscitato forti reazioni da parte di numerose associazioni, che su diversi fronti hanno espresso critiche decise nei confronti dell’evento, impegnandosi in alcuni casi a limitare i danni di una manifestazione permeata di violenza. In tale contesto è stato elaborato un codice etico con l’obiettivo di stabilire regole precise, soprattutto a tutela dei minori, consentendo loro l’ingresso solo se accompagnati da un adulto e vietando il contatto diretto con le armi. Questa seconda regola, com’era prevedibile, non è mai stata rispettata nelle varie edizioni in cui il codice etico era in vigore. Infatti, sia nell’edizione del 2024 che in quella di quest’anno, sono state diffuse numerose e allarmanti immagini di bambine e bambini che impugnavano pistole e fucili veri, come se fossero giocattoli e non strumenti di morte. La Rete delle Associazioni contro la fiera Educazione Siberiana, aveva titolato un secondo gruppo di associazioni veronesi unite nella Rete contro la fiera delle armi, richiamando il libro di Lilin, in cui l’educazione non mira a una crescita morale, ma a una vita dominata dalla violenza. Si riferiscono così a quei genitori che non solo portano i figli a una fiera di armi, ma permettono loro di maneggiarle, simulando spari e azioni di guerra, trattandolo come un vero e proprio gioco in stile educazione siberiana. Questa rete di associazioni nelle ultime due edizioni ha organizzato due eventi che hanno coinvolto centinaia di persone provenienti da diverse città del Nord Italia, le quali hanno sfilato lungo il perimetro della fiera. Una rete che ha ideato e realizzato il flash mob all’interno dei padiglioni, davanti allo stand dell’azienda Baretta. Durante questa azione, attiviste e attivisti della rete indossavano maschere raffiguranti Benjamin Netanyahu, primo ministro israeliano e responsabile del genocidio in corso in Palestina, perpetrato anche attraverso le armi esposte in fiera. Il flash mob ha attirato molta attenzione sia all’interno della Fiera sia a livello mediatico, soprattutto perché in quei momenti sono state scattate foto che ritraevano numerosi minorenni con armi in mano. Queste immagini hanno fatto il giro dei media nazionali e sono arrivate fino al Parlamento, dove è stata richiesta l’apertura di un’inchiesta parlamentare per discutere del fatto che bambini abbiano potuto accedere a questo tipo di fiera, arrivando perfino a impugnare armi. Manifestazioni, flash mob, immagini di minorenni armati diffuse sui media nazionali e una richiesta di inchiesta parlamentare hanno generato attorno alla fiera delle armi un clima di forte tensione e disagio, come ammettono gli stessi organizzatori: I vari prodotti presenti alla fiera desiderano condividere l’evento con gli appassionati italiani e internazionali in un’atmosfera più serena, un clima che purtroppo è venuto meno nelle ultime due edizioni tenutesi a Verona. È proprio questo clima che si è creato a Verona, intorno alla Fiera delle Armi, che ha spinto EOS a prendere la decisione di trasferire la fiera da Verona a Parma. Una piccola vittoria per la rete di associazioni unite contro la Fiera delle armi, ma una vittoria parziale, perché, come sottolineano le associazioni, l’obiettivo reale è garantire che fiere dedicate alle armi non si tengano in nessuna parte del mondo. Il sogno è che ogni guerra cessi e che nel mondo non esistano più conflitti che portano solo morte e distruzione. Oggi sembra un’utopia, ma i sogni si realizzano attraverso la lotta e l’impegno, anche nelle azioni più piccole. Forse, impedire che una fiera di questo tipo si svolga nella propria città, allontanando la cultura delle armi dai bambini e dai giovani, può rappresentare il primo passo per abbandonare quell’educazione siberiana che glorifica armi e violenza. Heraldo
Verona, 1-3 maggio 2025: Fomento, tre giornate di critica radicale
Nelle tre giornate di questa seconda edizione di “Fomento – tre giornate di critica radicale” sono stati posti vari argomenti, vari interrogativi all’attenzione del numeroso  pubblico, fra cui studenti, studentesse e anche giovani insegnanti, tra cui: quale scuola? Quale classe (composizione sociale)? Quale casa?  Quale sovranità? Quale pace? Quale banlieue? Il primo argomento affrontato nella giornata inaugurale è stato: Quale scuola? Tra diseducazione e disciplinamento: «L’aziendalizzazione della scuola sta progressivamente soffocando la didattica, trasformandola in strumento di indottrinamento per educare alla subalternità. A partire dalla riforma Berlinguer, l’istruzione pubblica è stata gradualmente smantellata e piegata alle logiche del mercato del lavoro, andando a compromettere la formazione del pensiero critico collettivo per rispondere alle esigenze del sistema di produzione. O, quando necessario, per preparare alla guerra. A quale società sta dando forma la scuola neoliberista?». Tre sono stati i relatori. Ha iniziato, in collegamento video, il regista Federico Greco, presentando alcuni frammenti del suo ultimo film, in via di definizione, intitolato D’Istruzione pubblica, cioè dell’istruzione pubblica, ma anche sulla distruzione della scuola pubblica.  Il regista ha iniziato dicendo che «la scuola deve essere un momento, protetto dalla costituzione, in cui   ci si lascia andare alle proprie predisposizioni intellettuali gratuitamente, nel senso di non stare a conoscere, apprendere, con un obiettivo, tanto meno l’obiettivo di una futura professione, ma conoscere ed apprendere per il solo fatto in sè. Cioè per una conoscenza gratuita».  Secondo il regista a partire dal 1997/99, con la riforma Bassanini-Berlinguer è stata accolta la richiesta della Tavola Rotonda Europea degli Industriali (ERT) per cui la scuola «doveva essere trasformata da scuola delle conoscenze a scuola delle competenze: l’aziendalizzazione della scuola, processo rafforzato da ulteriori riforme succedutesi nel tempo». La scuola è diventata, come ha affermato il filosofo argentino Miguel Benasayag, citato dal regista, «uno strumento neoliberista che vuole creare un nuovo essere umano: individualista, atomizzato, competitivo. Incapace di mettere in discussione lo status quo». Il secondo intervento è stato quello della Prof.ssa Marina Boscaino, insegnante, giornalista Portavoce nazionale del Comitato per il ritiro di ogni autonomia differenziata. La docente, da subito, ha ricordato quanto la scuola della Carta Costituzionale (art.3, 9, 33 e 34) configuri una scuola emancipante, laica, pluralista ed inclusiva e quanto questo sia cambiato a partire dalla costituzione nel 1983 dell’ERT  (tavola Rotonda Europea degli industriali) forum che riuniva e riunisce amministratori delegati e presidenti di importanti società multinazionali europee, coprendo un’ampia gamma di settori industriali e tecnologici. L’industria e il neoliberalismo, capendo «l’importanza strategica vitale della formazione e dell’educazione per la competitività europea» incominciarono a premere per avvicinare la scuola ai bisogni dell’impresa, «a un rinnovamento accelerato dei sistemi di insegnamento e dei loro programmi». Si coniuga cosi, ha continuato la professoressa, una normativa che intenzionalmente destruttura la scuola della Costituzione, marginalizza gli organi collegiali, standardizza, comprime libertà di insegnamento e di apprendimento, irreggimenta, sostituisce competenze al sapere emancipante, avvia precocemente al lavoro decontrattualizzato, precario, insicuro, prepara il campo all’affermazione dei propri miti: oggi la guerra. Ultimo relatore è stato il Prof. Giovanni Ceriani, che ha presentato le motivazioni per cui nel 2023 si è sentita l’urgenza di costituire l’Osservatorio veronese Scuola e Pnrr, «strumento capace di convogliare, raccogliere e definire tutte le varie parti di una vera e propria macro-Riforma della scuola, passata sottotraccia, in maniera assolutamente invisibile data la frammentarietà degli interventi. Questa frammentarietà e tecnicità non ha permesso di cogliere la dimensione d’insieme e quindi il nuovo modello di scuola, di fatto delineato da uno spregiudicato interventismo innovazionista». A fronte della spinta ideologica e materiale, data un’enorme erogazione di soldi – i soldi del Pnrr – , il professore ha affermato che sono state accettate tutte le progettualità stabilite “d’ufficio”: fossero dispositivi informatici, corsi di formazione, nuove sperimentazioni curriculari, nuove figure di docenza, nuove idee di docenza. Quasi un obbligo morale ad accettare tutto. Una grande monetizzazione dei diritti, o meglio una grande monetizzazione della sottrazione di democrazia e diritti. Questa macro riforma della Scuola del Pnrr è il terzo tempo di uno scivolamento continuo verso il «completo allineamento della scuola al mercato, alle aziende e ai valori e linguaggi lì egemoni. Processo di mercificazione e de-costituzionalizzazione della scuola stessa che, invece di essere promotrice di cittadinanza, si sta ritrovando sempre più orientata nel suo essere produttrice e addestratrice di capitale umano, di risorse umane. Insomma di forza lavoro da un lato e di clienti consumatori dall’altro». Miria Pericolosi, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Verona
“Let’s Care”: due eventi europei per ripensare la scuola nel segno dell’ascolto e del rispetto
Dal cuore della Lessinia al centro storico di Verona, la rete di istituzioni educative Polo Europeo della Conoscenza ha dato vita a due intense giornate di confronto e innovazione educativa nella cornice del progetto europeo “Let’s Care”. L’obiettivo? Costruire una scuola che ascolta, si confronta e si migliora, nel rispetto profondo dei diritti di ogni bambina e bambino. Il 3 maggio, presso l’Istituto Comprensivo di Bosco Chiesanuova, l’atmosfera è stata quella di un laboratorio europeo a cielo aperto. Docenti, dirigenti scolastici, genitori e studenti di diversi Paesi europei si sono ritrovati in un’esperienza formativa partecipata e gratuita, organizzata sotto forma di World Café: un metodo dinamico e inclusivo che ha permesso ai partecipanti di ruotare tra diversi tavoli di discussione, confrontandosi su temi caldi che riguardano la scuola italiana ed europea. Cinque i workshop tematici che hanno animato la giornata, trasformando ogni tavolo in un crocevia di esperienze, riflessioni e visioni sul futuro della scuola. In uno dei tavoli si è discusso delle sfide comuni ai sistemi scolastici europei, tra differenze strutturali e convergenze critiche, alla ricerca di soluzioni condivise a medio e lungo termine. Poco più in là, un altro gruppo – coordinato da Annabella Coiro – metteva a confronto esperienze e difficoltà nel dialogo tra scuola e famiglia, evidenziando le fratture generate da modelli educativi distanti e influenze mediatiche. Parallelamente, sotto la guida di Cecilia Bretegani della Rete Zero-Sei di Verona, si rifletteva sulle relazioni interne alla scuola: clima lavorativo, carichi burocratici, numero di alunni per classe, età media del corpo insegnante. Tutti fattori che incidono direttamente sul benessere delle insegnanti e, di riflesso, sulla qualità dell’insegnamento. Il quarto tavolo era dedicato alle strategie per gestire classi complesse, promuovere l’inclusione e creare ambienti di apprendimento più sicuri e accoglienti. Infine, non poteva mancare uno spazio rivolto ai futuri docenti, dove si è riflettuto su come rinnovare la formazione iniziale, la valutazione e la didattica per renderle più coerenti con le esigenze della scuola contemporanea. La giornata successiva ha visto spostarsi il baricentro del progetto nella monumentale cornice del Palazzo della Gran Guardia a Verona, dove si è tenuta la conferenza pubblica dal titolo “Una scuola che si confronta e si migliora per il diritto dei bambini al rispetto”. Con il patrocinio del Comune di Verona e alla presenza di relatori da Spagna, Bulgaria, Polonia, Lituania, Portogallo e Italia l’evento ha proposto tavole rotonde sui risultati dei forum internazionali svolti nei mesi precedenti e ha presentato strategie innovative per favorire ambienti scolastici fondati su ascolto, rispetto e relazioni significative. Dal miglioramento della comunicazione scuola-famiglia alla centralità del benessere emotivo di alunne e alunni, passando per la condivisione di buone pratiche europee, la conferenza ha voluto segnare un cambio di prospettiva nel modo di intendere la scuola: un’educazione più umana e partecipata, capace di generare positive ricadute sociali. L’evento ha anche segnato l’apertura ufficiale della settimana dell’EireneFest, il festival del libro per la pace e la nonviolenza, che coinvolgerà le scuole della città in una serie di incontri tra autrici, autori, studentesse e studenti. La giornata si è conclusa con un momento di grande intensità emotiva: il Concerto per un mondo solidale, ospitato dalla Casa Madre Opera Don Calabria. A esibirsi artisti, cantautrici, cantautori e musicisti uniti dal desiderio comune di sostenere i bambini della Siberia e del Senegal. Sul palco, gli ospiti speciali Sofia e Lorenzo Furlattini hanno emozionato il pubblico, mentre Enrico De Angelis ha condotto la serata dando voce, una dopo l’altra, a canzoni cariche di impegno e speranza. Queste due giornate hanno raccontato che un’altra scuola è possibile. Una scuola che ascolta, si interroga e cresce attraverso il confronto. Il Polo Europeo della Conoscenza ha saputo creare spazi autentici di dialogo tra professionisti dell’educazione e Paesi diversi, rafforzando l’idea che solo attraverso una rete solidale, consapevole e inclusiva si possa davvero tutelare il diritto delle bambine e dei bambini a essere rispettati, ascoltati e valorizzati in ogni aula d’Europa.   Redazione Italia