
La Procura di Verona ha chiesto l’archiviazione per la morte di Moussa Diarra
Progetto Melting Pot Europa - Thursday, November 13, 2025ALESSANDRO FERRARI 1
Ad oltre un anno dalla morte di Moussa Diarra le indagini della Procura della Repubblica di Verona non hanno ancora fatto chiarezza su ciò che è accaduto precisamente nella notte del 20 ottobre 2024 2.
Il ragazzo 26enne originario del Mali, dopo aver girato per ore in stato confusionale nei pressi della stazione Porta Nuova di Verona, è stato colpito al petto da un colpo di pistola sparato dall’agente A. F., assistente capo della polizia ferroviaria.
Un episodio descritto fin da subito come legittima difesa da parte dell’agente nei confronti di una persona straniera aggressiva, su cui si era accesa la polemica politica dopo il commento sui social di Matteo Salvini, “non ci mancherà”.
Una svolta su questo caso è arrivata lo scorso 5 novembre con un comunicato stampa della Procura in cui afferma di aver chiuso le indagini preliminari e chiesto l’archiviazione del procedimento per il poliziotto, indagato per omicidio colposo. Ora spetta al Giudice per le indagini preliminari la decisione se andare o meno a processo.
La Procura afferma che “l’indagato ha commesso il fatto costretto dalla necessità di difendersi contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, ponendo in essere una difesa senza alcun dubbio proporzionata all’offesa”, escludendo “su un piano obiettivo” l’accusa di omicidio.
Il comunicato aggiunge che “Diarra teneva nella mano destra un coltello da cucina avente una lama seghettata della lunghezza pari a circa 11 centimetri”, muovendosi “con un’aggressività ingiustificata” nei confronti del poliziotto, aggiungendo che il coltello “non è meno letale della pistola perché un’arma da fuoco richiede tempo di estrazione e mira“.
Una ricostruzione arrivata dopo oltre un anno di indagini, i cui atti erano stati posti sotto secretazione, impedendo di fatto agli avvocati difensori di commentarli pubblicamente. Un silenzio che è durato fino alla fine delle indagini, annunciato dalla Procura con una modalità anomala, tramite la diffusione di un comunicato stampa ai giornali, una modalità “sconcertante” secondo gli avvocati difensori.
Paola Malavolta e Francesca Campostrini, che fanno parte del team insieme a Fabio Anselmo e Silvia Galeone, spiegano al Manifesto che i legali non hanno ancora ricevuto il fascicolo delle indagini, non potendo perciò commentarne il contenuto. Esprimono “lo stupore per questa uscita della Procura, che ha preoccupato la famiglia Diarra, che ha inizialmente pensato che il caso fosse stato chiuso” 3.
La difesa evidenzia di essersi trovata di fronte ad un “muro di gomma”, poiché “nessun dipendente di Trenitalia o lavoratore della stazione si è fatto avanti per testimoniare”. Inoltre quella notte Diarra aveva prima incrociato una pattuglia della polizia municipale che aveva segnalato alla polizia il suo stato d’agitazione, ma sulle comunicazioni tra le forze dell’ordine non è stata fatta chiarezza dalle indagini.
Anche l’avvocato Fabio Anselmo, esperto nella difesa delle vittime degli abusi delle forze dell’ordine e di tutela dei diritti umani, già difensore dei familiari di Federico Aldrovandi e di Stefano Cucchi, ha evidenziato le varie anomalie di quest’indagine 4.
Dopo l’uscita del comunicato stampa, con la richiesta dell’archiviazione per il poliziotto, la senatrice Ilaria Cucchi, che ha seguito il caso fin dall’inizio organizzando anche un evento pubblico in Parlamento, ha pubblicato un post sui social media ricordando i punti che non tornano sulla morte di Diarra.
«Perché Procura e Questura dissero che le telecamere avevano ripreso tutto, salvo poi smentirsi pochi giorni dopo? Perché le indagini furono affidate allo stesso corpo a cui appartiene l’indagato – in violazione della CEDU? Perché si può definire “senza alcun dubbio proporzionato” il colpo di pistola sparato a Moussa? C’è un’altra domanda, poi, che in questi giorni non smetto di farmi. Perché le istituzioni trovano sempre il modo di avvisare prima i giornali e non le famiglie? Tante domande. Nessuna risposta. Per questo, un anno dopo l’omicidio, non possiamo tacere».
Il Comitato verità e giustizia per Moussa Diarra ha organizzato una manifestazione a Verona per il 18 ottobre, ad un anno dalla sua morte, a cui hanno partecipato un migliaio di persone. Tra di esse erano presenti il fratello di Moussa, Djemagan, il Presidente dell’Alto Consiglio dei Maliani d’Italia Mahamoud Idrissa Boune e il Presidente della comunità maliana veronese Ousmane Ibrahim Diallo, oltre alla signora Djenabou, madre di Moussa Baldé e il fratello Thierno, a rappresentare le troppe vittime di un sistema escludente, razzista e violento.
Durante la manifestazione hanno preso in molti la parola, per condividere un ricordo di Moussa, per evidenziare le anomalie delle indagini e per chiedere a gran voce giustizia. Il fratello Djemagan ha espresso il suo dolore e la difficoltà di parlare di Moussa, mentre Lamarie Claire ha evidenziato il bisogno di ricevere giustizia, sottolineando che Moussa è stato ucciso da un poliziotto e che è stata fatta una ricostruzione parziale dei fatti, aggiungendo che la vita delle persone maliane va protetta e rispettata, mentre spesso non accade.
Il Comitato per Diarra ha definito la richiesta di archiviazione della Procura come “il quarto colpo” per Moussa, ricordando le varie anomalie di questa indagine. Il lungo silenzio della Procura, con la secretazione degli atti e la “fretta comunicativa” di inviare il comunicato stampa ai giornali prima che alla difesa.
«Il quarto colpo per Moussa Diarra»: la Procura chiede l’archiviazione per il poliziotto
Il Comitato per Moussa e la Comunità Maliana: «Un insulto alla verità e alla giustizia»
Redazione
6 Novembre 2025
La perizia balistica depositata solo pochi giorni prima della richiesta di archiviazione, le mancate risposte sul funzionamento o meno delle telecamere di sorveglianza della stazione. Oltre a evidenziare come “seriamente ridicola” la tesi che la reazione del poliziotto fosse stata “senza alcun dubbio proporzionata all’offesa”, poiché pone sullo stesso piano un coltello da cucina dalla lunghezza di 11 centimetri ad una pistola, con l’aggiunta che “Il coltello non sarebbe meno letale della pistola perché un’arma da fuoco richiede tempo di estrazione e mira”.
Domande e anomalie che attendono ancora una risposta, non fornita dal comunicato della Procura, mentre il corpo di Moussa Diarra si trova ancora all’Istituto di medicina legale, in attesa del rimpatrio in Mali.
- Giornalista freelance di Verona. SeguE da tempo il caso di Moussa Diarra ↩︎
- Qui uno speciale di Radio Onda D’Urto del 20 ottobre 2025 ↩︎
- Archiviata l’indagine sull’agente che uccise Moussa Diarra a Verona, la procura: “Fu legittima difesa”, Il Fatto Quotidiano (5 novembre 2025) ↩︎
- Moussa Diarra è morto un anno fa ed è già in lista d’attesa per essere dimenticato di Alessandro Ferrari – AltrEconomia (15 Ottobre 2025) ↩︎