
«Il quarto colpo per Moussa Diarra»: la Procura chiede l’archiviazione per il poliziotto
Progetto Melting Pot Europa - Thursday, November 6, 2025È «come se fosse un quarto colpo». Così il Comitato Verità e Giustizia per Moussa Diarra e la Comunità Maliana commentano la notizia della richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura nei confronti dell’assistente capo coordinatore della Polizia di Stato A.F., accusato di omicidio colposo per l’uccisione di Moussa Diarra, avvenuta il 20 ottobre 2024.
Un anno di silenzio, spiegano le realtà solidali, durante il quale tutto è rimasto secretato, «e poi in un giorno la Procura fa i miracoli e propone, in tutta evidenza, l’archiviazione per chi ha ucciso Moussa».
Inoltre, i legali della famiglia non hanno ancora ricevuto alcun atto ufficiale e «questa fretta comunicativa appare senza rispetto né per Moussa né per la verità e la giustizia».
Il Comitato denuncia anche una situazione paradossale: la perizia balistica, in attesa della quale il corpo del giovane maliano «è drammaticamente ancora in cella frigorifera», sarebbe stata depositata solo negli ultimi giorni, ma i difensori non avrebbero ancora potuto visionarla. Se la notizia fosse confermata, sarebbe «l’ennesima anomalia che si aggiunge alle numerose altre», scrivono, ricordando il comunicato congiunto di Procura e Questura diffuso il giorno stesso della morte di Moussa, che «si affrettava ad assolvere, come oggi, l’anonimo (l’uso delle sole iniziali A.F. lo rende ancora tale) assistente capo coordinatore della Polizia».
Il comunicato della Procura, prosegue la nota, avrebbe sostenuto che la reazione del poliziotto fu «senza alcun dubbio proporzionata all’offesa». Una tesi che il Comitato e la Comunità Maliana definiscono «seriamente ridicola», poiché per giustificare tale affermazione si equiparerebbe un coltello da cucina avente una lama seghettata della lunghezza pari a circa 11 cm a una pistola. «Il coltello – si legge – non sarebbe meno letale della pistola perché un’arma da fuoco richiede tempo di estrazione e mira».
Una giustificazione che, proseguono, «aggrava la posizione del poliziotto A.F., che parrebbe aver sparato a caso per ben tre volte, rischiando di compiere una strage oltre ad uccidere Moussa».
«Chiediamo a tutti di prendere un coltellino da cucina con lama seghettata di 11 cm, certamente presente in ogni casa, e di osservarlo», affermano ancora i gruppi solidali. «Noi non abbiamo mai visto le foto del “coltellino”, ma la descrizione fornita dalla Procura è offensiva e surreale».
Nel comunicato si denuncia inoltre l’assenza di qualsiasi riferimento alle responsabilità sistemiche: «Nessun accenno alle responsabilità dell’intero sistema, ad esempio della centrale operativa, per la mancanza di intervento nelle due ore precedenti all’uccisione di Moussa».
Il Comitato teme che «non emergeranno mai», poiché «è la stessa polizia che ha indagato su se stessa». Restano poi senza risposta le domande sulle «telecamere accese/spente» e sulla lungaggine delle indagini, «che sarebbe dovuta ai familiari prima ancora che all’opinione pubblica».
Il comunicato della Procura si chiude con un’espressione di dolore per la morte «così drammatica di un giovane di 27 anni», ma – replicano il Comitato e la Comunità – «risulta penoso e puzzolente quando la colpa viene scaricata tutta sulla vittima per il suo comportamento così aggressivo».
«Vogliamo giustizia, non pietismi», ribadiscono. «La Procura con questo suo modus operandi pare non garantire né rispetto né terzietà».
Altrettanto sconcertati, da come la Procura ha comunicato l’archiviazione, sono i legali della famiglia del ragazzo.
In una nota congiunta l’Avv. Fabio Anselmo e le Avv.te Paola Malavolta, Silvia Galeone e Francesca Campostrini scrivono di «essere sinceramente sconcertati dall’atteggiamento della Procura della Repubblica di Verona che, mentre richiede alla famiglia del povero Moussa Diarra, sparato a morte da un agente di Polizia, 8 euro per poterli mettere a conoscenza delle motivazioni che hanno fondato la richiesta di archiviazione, ritiene di poterle compendiare in un comunicato stampa da fornire ai giornalisti».
«Ancora una volta – proseguono i legali – la famiglia e gli affetti del morto, la dignità degli stessi e il necessario rispetto verso il loro bisogno di conoscere le cause e le condizioni della tragica morte di Moussa, oltreché i loro diritti di difesa, passano in secondo piano rispetto all’esigenza di informare la stampa e la politica. Questa difesa ha correttamente rispettato l’ordine di secretazione degli atti imposto dal pm in fase di indagini, ed anche per questo riteniamo fosse dovuto mettere prima a conoscenza le persone offese delle ragioni della procura, piuttosto che privilegiare l’opinione pubblica».
A più di un anno dall’uccisione di Moussa Diarra, quindi la famiglia viene trattata in questo modo e il corpo è ancora sotto sequestro. «Quando la giustizia non arriva – concludono il Comitato Verità e Giustizia per Moussa Diarra e la Comunità Maliana che il 18 ottobre scorso erano scesi in piazza per non dimenticare il suo assassinio – ogni decisione che la elude diventa un colpo in più per Moussa e per tutti noi».
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