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Israele, armato fino ai denti
Dal 20 al 22 settembre e dal 26 al 29 settembre la newsletter esce in edizione ridotta — se siete a Milano e Roma, passate a salutarci al festival di Iconografie! Nonostante le crescenti condanne internazionali, l’amministrazione Trump ha informato il Congresso che intende vendere altre armi a Israele, per un valore di 5,7 miliardi di dollari. La vendita comprende, secondo fonti di Associated Press, 30 elicotteri Apache AH-64, che effettivamente raddoppieranno lo schieramento israeliano, e 3.200 veicoli d’assalto per le IDF. Le consegne non dovrebbero arrivare prima di due o tre anni — forse anche dopo: un segnale che Israele e gli Stati Uniti credono che le violenze nella regione continueranno con grande intensità ancora per un lungo periodo. Solo quest’anno l’amministrazione Trump ha approvato assistenza militare per Israele per 12 miliardi di dollari, ed è anche stata cancellata la sospensione alle consegne delle bombe da 2.000 libbre, una delle singole misure introdotte dall’allora amministrazione Biden per cercare di prendere le distanze, senza successo, dalla distruzione della Striscia di Gaza. (the Wall Street Journal / Associated Press) In un video pubblicato da Translating Falasteen, una donna palestinese anziana si sfoga: “Non vogliamo nulla, né dai paesi arabi né da quelli stranieri. Vogliamo solo una cosa: che la guerra finisca. Cosa ci guadagnano a ucciderci?” Ovviamente ci sono enormi interessi economici nel mettere le mani sulla Striscia di Gaza — da Trump ai ministri di Netanyahu ormai lo dicono tutti senza farsi problemi — ma nuovi modi per lucrare sul genocidio si trovano tutti i giorni: una nuova regolamentazione del governo israeliano obbiga la GHF a distribuire solo prodotti “acquistati e confezionati dentro Israele.” In precedenza la GHF acquistava sia alimenti prodotti in Israele che in Cisgiordania. (X / JNS) Nel frattempo, Emmanuel Macron ha confermato che la Francia lunedì riconoscerà lo stato di Palestina: “Questo riconoscimento fa parte di un piano di pace globale per la regione, volto a soddisfare le aspirazioni di sicurezza e pace sia degli israeliani che dei palestinesi.” Macron ha parlato con il presidente dell’Autorità palestinese Abbas, che si sarebbe impegnato a portare a termine le riforme che molti alleati della Francia pretendono per procedere anche loro con il riconoscimento dello stato palestinese. (X)
La stretta fascista di Trump
Durante la propria visita nel Regno Unito, in piena notte, Donald Trump ha scritto su Truth Social che “era felice di informare i tanti patrioti statunitensi” che designerà “Antifa” come un gruppo terroristico, che il presidente statunitense descrive come “un disastro malato e pericoloso della sinistra radicale.” Trump sostiene inoltre che “suggerirà che chi finanzia ANTIFA sia investigato approfonditamente.” L’annuncio fa parte della crescente repressione innescata dall’omicidio di Charlie Kirk, ma è importante sottolineare che “Antifa,” non solo non è un gruppo terroristico, ma non è proprio un gruppo del tutto — “antifa” è un aggettivo o al massimo termine ombrello che si usa per identificare il collocamento di numerosi gruppi e organizzazioni autonomi antifascisti, i cui membri a volte usano, in modo disparato, rielaborazioni del gruppo tedesco Antifaschistische Aktion. (Truth Social) Nei giorni scorsi ci sono stati numerosi casi di licenziamenti di persone più o meno in vista per aver fatto commenti sull’omicidio di Charlie Kirk — o anche solo per aver riportato qualcuna delle sue citazioni più espressamente divisive, colme d’odio, o espressamente aderenti al suprematismo bianco. In quello che però è senza dubbio il caso più grave finora, Disney e ABC hanno sospeso “a tempo indeterminato” il talk show late night Jimmy Kimmel Live! dopo che Brendan Carr, il famigerato presidente della FCC, la Commissione federale per le comunicazioni, ha minacciato di cancellare la licenza di qualsiasi canale televisivo che mandasse in onda la trasmissione. Lo avrete già indovinato: Kimmel aveva sottoscritto la teoria l’omicidio di Charlie Kirk fosse un caso di violenza della destra sulla destra, dicendo che “la gang MAGA,” stava “cercando disperatamente di classificare questo ragazzo come qualcosa di diverso da uno di loro.” Non contenta, Sinclair, proprietaria di una grande rete di canali affiliati tra gli altri ad ABC, ha annunciato che la sospensione di Kimmel “non è sufficiente”: le stazioni ABC di Sinclair trasmetteranno “uno speciale in memoria di Charlie Kirk” al posto della trasmissione — effettivamente sostituendo una trasmissione indipendente con uno speciale di propaganda pro-governativa. (Variety) Se possibile ancora più allarmante, lo stesso tentativo di repulisti contro qualsiasi voce di dissenso è in corso anche al Pentagono: secondo un retroscena di POLITICO un numero imprecisato di soldati sono già stati licenziati o puniti per commenti che hanno fatto sull’omicidio di Kirk sui social media. La stretta allarma ovviamente i dipendenti del Pentagono, sia militari che civili: nonostante il rapporto strettissimo tra Difesa e amministrazione negli Stati Uniti, l’esercito non è ovviamente un’organizzazione politica, e non è chiaro quale possa essere il fondamento di punire persone che fanno commenti percepiti come non leali a Donald Trump. Rachel VanLandingham, un’ex avvocata militare e funzionaria dell’aviazione, lo dice esplicitamente: “Temo che trasformerà l'esercito da istituzione apolitica a istituzione politica.” La situazione è tesissima: l’addetta stampa del Pentagono, Kingsley Wilson, ha scritto su X che “1 americano liberal su 4 supporta la violenza politica,” e che per questo si tratta, tutti, di “terroristi domestici.” (POLITICO / X) 
Scegli da che parte stare
Il governo spagnolo ha cancellato un contratto da 700 milioni di euro per l’acquisto di lanciarazzi israeliani. La settimana scorsa Sánchez aveva annunciato che avrebbe “consolidato” una serie di misure che avrebbero dovuto fare pressione su Israele per mettere fine al genocidio su Gaza. La cancellazione dell’ordine era avvenuta immediatamente il giorno successivo, ma arriva sui media solo oggi. Un altro ordine, questo del valore di 287 milioni, era stato cancellato già nei mesi scorsi. Ora il governo intende procedere con ulteriori revisioni per eliminare del tutto le tecnologie e le armi israeliane dall’uso delle forze armate. Nel frattempo, il presidente Sánchez ha difeso la sua posizione, secondo cui gli atleti e le squadre israeliane dovrebbero essere esclusi da tutte le competizioni sportive internazionali, come era stato fatto per la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. La presa di posizione di Sánchez ha fatto inferocire il ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar, che ha accusato il presidente “e i suoi ministri comunisti” di “incoraggiare la violenza.” Saar si è riferito a Sánchez dicendo che era “un antisemita e un bugiardo.” Il ministro degli Affari esteri spagnolo, José Manuel Albares, ha chiamato l’ambasciata israeliana in Spagna, per protestare contro le accuse rivolte da Saar. (the Times of Israel / La Moncloa / el País / X / la Vanguardia) Nel frattempo, il Lussemburgo ha annunciato che intende unirsi alla maggioranza dei paesi che al mondo riconoscono lo stato di Palestina. Il Primo ministro Luc Frieden e il ministro degli Esteri Xavier Bettel lo hanno confermato lunedì a una commissione parlamentare, in vista del riconoscimento ufficiale, che arriverà durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, dove diversi altri paesi europei intendono rompere dalla linea dettata finora dagli Stati Uniti in merito al mancato riconoscimento dello stato palestinese. (RTL Today)
L’Egitto vuole una NATO contro Israele
I paesi membri della Lega Araba stanno considerando una proposta egiziana per formare un’alleanza militare stile NATO: lo riporta un retroscena del National. L’Egitto aveva già avanzato una proposta analoga nel 2015, ma l’attacco israeliano su Doha ha sottolineato l’urgenza di una forza congiunta. All’epoca, gli stati della Lega araba si erano accordati in linea di principio per formare un’alleanza militare, ma poi non si erano fatti passi avanti per materialmente realizzare il progetto — nel 2015 la fonte della preoccupazione era la conquista di ampie parti dello Yemen da parte degli Houthi. Per rispondere a quel fronte si formò invece una coalizione a guida saudita e sotto l’egida diretta degli Stati Uniti. Ora, secondo le fonti del National, l’Egitto vorrebbe che la sede della forza alleata fosse al Cairo, e propone che il comando sia a rotazione tra i 22 paesi, con un funzionario egiziano come primo incaricato. La forza avrebbe un funzionario civile come segretario generale. I paesi della Lega araba hanno già un accordo di difesa reciproca, e spesso conducono esercitazioni congiunte. Oggi a Doha si tiene un summit di emergenza degli stati arabi, e l’obiettivo è avere una dichiarazione congiunta che condanni in modo netto l’attacco delle IDF a Doha. L’Organizzazione della cooperazione islamica ha indicato che il summit dovrebbe “formulare una posizione unitaria e un'azione congiunta in risposta a questa aggressione.” Lo scopo del summit — e delle azioni dell’Egitto — è duplice: nell’immediato l’obiettivo è cercare di scollare gli Stati Uniti dal supporto ferreo di Tel Aviv, ma sul lungo periodo è evidente che i paesi della regione abbiano necessità di fare a meno della propria dipendenza da Washington. (the National / the New Arab / Haaretz)
Salpati verso Gaza
Dopo molte difficoltà, le imbarcazioni della Global Sumud Flotilla stanno partendo per dirigersi verso la Striscia di Gaza, dove proveranno a forzare il blocco delle IDF all’ingresso di aiuti umanitari. Sabato le prime imbarcazioni della flotta sono partite dalla Sicilia e dalla Tunisia, e oggi ne partiranno altre dalla Grecia — per poi incontrarsi in mare con quelle partite nei giorni scorsi da Barcellona la settimana prossima. Il gruppo ha annunciato la partenza con un post, scrivendo che “il mondo si sta sollevando” contro il genocidio a Gaza. “Continueremo a mobilitarci finché la Palestina non sarà libera.” La partenza è stata molto faticosa, tra condizioni meteorologiche impossibili prima, e ben due attacchi drone, negati dalle autorità, in Tunisia. Nonostante gli attacchi e i ritardi, tutte le navi sono state pronte al viaggio, e hanno ricevuto ispezioni di esperti per verificarne l’effettiva capacità di navigabilità. Le imbarcazioni sono in regola con la manutenzione e sono state tenute sotto controlli rigorosi, e il personale a bordo ha intenzione di portare la missione a termine, sottolinea il membro del comitato della GSF Ghassan Al-Hanshiri. Si tratterà di una missione difficilissima: le operazioni analoghe dei mesi scorsi sono state respinte, e le persone a bordo arrestate, ma si trattava di operazioni condotte con navi che viaggiavano solitarie — questa volta in mare ci saranno 44 imbarcazioni. (Anadolu / Instagram / the New Arab)
Il mondo intero dalla parte della Palestina
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la Dichiarazione di New York, una risoluzione in sostegno di una “soluzione pacifica alla questione palestinese” e per l’“implementazione di una soluzione dei due stati.” Il documento è stato approvato con una maggioranza schiacciante, con 142 voti a favore, 10 contrari e 12 astenuti. I paesi contrari sono quelli che potete immaginare: Israele, Stati Uniti, e alcuni dei loro alleati più stretti: Argentina, Ungheria, Micronesia, Nauru, Palau, Papua Nuova Guinea, Paraguay e Tonga. L’ambasciatore francese Jérôme Bonnafont ha sottolineato che la Dichiarazione di New York “descrive un percorso specifico per realizzare la soluzione dei due Stati,” che parte dal cessate il fuoco immediato a Gaza e la formazione di uno stato palestinese che sia sostenibile e sovrano. Il documento chiede il disarmo di Hamas e che il gruppo sia escluso dal governo di Gaza, la normalizzazione dei rapporti tra Israele e i paesi arabi, e una serie di garanzie per la sicurezza. L’ambasciatore israeliano Danny Danon ha risposto duramente al voto, dicendo che si trattava di “teatro” invece che di “diplomazia.” “Questa dichiarazione unilaterale non sarà ricordata come un passo verso la pace, ma solo come un altro gesto vuoto che indebolisce la credibilità di questa assemblea.” Danon ha accusato l’Assemblea generale di “cercare di imporre con la forza ciò che non è possibile ottenere al tavolo delle trattative.” All’apertura del segmento, il segretario generale ONU Guterres ha dichiarato che “la questione centrale per la pace in Medio Oriente è l’implementazione della soluzione dei due stati, dove due stati democratici, sovrani e indipendenti — Israele e Palestina — vivono fianco a fianco in pace e sicurezza.” (Nazioni Unite / X / JNS / UN News)
La colonizzazione della Cisgiordania è legge
Netanyahu ha firmato l’accordo per avviare il piano di espansione “E1” in Cisgiordania, che, una volta portato a termine, renderà effettivamente impossibile la costruzione di uno stato palestinese — il piano prevede l’effettiva annessione del 60% dei territori della Cisgiordania, tagliando il territorio in due, e separandolo in modo irreversibile da Gerusalemme Est. In visita alla colonia Ma’ale Adumim, dove dovrebbero essere costruite migliaia di nuove abitazioni, il Primo ministro israeliano ha dichiarato che “manterremo la promessa che non ci sarà nessuno stato palestinese;” perché “questo posto ci appartiene.” Netanyahu ha promesso che il suo governo “raddoppierà la popolazione di questa città,” perché bisogna “difendere la nostra tradizione, la nostra terra e la nostra sicurezza.” La critica sollevata dai sostenitori della soluzione dei due stati, ovvero che l’espansione del progetto “E1” avrebbe danneggiato in modo gravissimo la fattibilità di uno stato palestinese è stata giosamente abbracciata dalla politica israeliana, che ormai ammette apertamente che sia così, e che l’obiettivo fosse questo fin dall’inizio. Alla cerimonia per la firma, il ministro delle Finanze Smotrich ha dichiarato che “presto tutti noi ti ringrazieremo, e celebreremo insieme l'applicazione della sovranità” israeliana “su tutta la Giudea e la Samaria.” ‘Giudea e Samaria’ è un’espressione biblica usata dai fondamentalisti sionisti per riferirsi alla Cisgiordania. Smotrich è tra i ministri del governo che sostengono che in risposta ai piani di riconoscere lo stato di Palestina da parte di alcuni stati occidentali sia necessario rispondere con l’annessione formale di parti, o di tutta, la Cisgiordania. (the Times of Israel)
L’OMS non lascerà Gaza
Il direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus ha annunciato che l’organizzazione e i suoi partner attivi nella Striscia di Gaza non lasceranno Gaza città. Tedros scrive che “questa catastrofe è causata dall'uomo e la responsabilità ricade su tutti noi.” Nella dichiarazione allegata, l’OMS scrive che “anche se gli ultimi ordini di evacuazione non hanno ancora incluso gli ospedali, incidenti precedenti mostrano quanto rapidamente diventano non funzionanti quando i combattimenti bloccano l’accesso per i pazienti, impediscono alle ambulanze di raggiungerli, e interrompono i rifornimenti all’OMS e ai suoi partner.” “Alla comunità internazionale: bisogna agire. Chiedete un cessate il fuoco immediato. Chiedete che la legge umanitaria internazionale sia rispettata, compresa la liberazione degli ostaggi e di chi è imprigionato in detenzione arbitraria.” “Questa catastrofe è artificiale, e la responsabilità ricade su tutti noi.” (X) La presa di posizione di Tedros arriva sull’onda di una dichiarazione della squadra dell’OCHA che si occupa dei territori palestinesi, che denuncia come non ci sia “nessuna opzione sicura o praticabile” per i residenti di Gaza città — non ci sono posti sicuri dove scappare per cercare di sopravvivere. La squadra dell’ufficio Affari umanitari dell’ONU racconta che in seguito alla distruzione di alcuni degli edifici più alti della città di Gaza tantissime famiglie si sono trovate costrette ad accamparsi in strada, all’aperto, senza sapere dove andare. (OCHA)