In che modo l’intelligenza artificiale e la sovrainformazione stanno cancellando la coscienza umana?

Pressenza - Monday, July 14, 2025

di Irshad Ahmad Mughal e la Dott.ssa Qurat ul Ain Rana

La dominazione della coscienza umana da parte dell’intelligenza artificiale (IA) e l’inarrestabile sovrabbondanza di informazioni stanno segnando una profonda crisi esistenziale che pensatori come Edmund Husserl e Jean-Paul Sartre non avrebbero potuto pienamente anticipare, ma i cui quadri filosofici ci aiutano a comprenderne la profondità.

Husserl, il fondatore della fenomenologia, cercava di scoprire le strutture della coscienza, esaminando come gli esseri umani sperimentano e strutturano il significato nel mondo. L’esistenzialista Sartre enfatizzava la libertà radicale, sostenendo che gli esseri umani sono condannati a creare la propria essenza attraverso la scelta e l’azione. Oggi, invece, gli strumenti stessi progettati per estendere le capacità umane -l’IA, i social media e i sistemi algoritmici- stanno rimodellando la coscienza stessa, non come meri strumenti, ma come forze che dettano la percezione, il pensiero e persino l’identità.

Husserl aveva avvertito di un crescente distacco dal “mondo della vita”, l’esperienza immediata e vissuta, nonché fondamento della comprensione umana; temeva che i modelli astratti e matematizzati della scienza ci avrebbero alienati dalla ricchezza della percezione diretta. Nell’era digitale, questa alienazione ha raggiunto un livello estremo. Le piattaforme di social media, dei motori di ricerca e di contenuti guidati dall’IA non si limitano solo a mediare la realtà, ma la creano.

Il flusso costante di informazioni selezionate, suggerimenti automatizzati e feed determinati algoritmicamente hanno trasformato l’intenzionalità umana, quel coinvolgimento attivo e diretto con il mondo, in un’esperienza esternalizzata: non cerchiamo più il significato, esso ci viene fornito, pre-elaborato da sistemi progettati per catturare l’attenzione piuttosto che coltivare la comprensione.

L’esistenzialismo di Sartre, con la sua insistenza sulla libertà assoluta e la responsabilità, appare quasi arcaico in questo contesto. Se l’esistenza precede l’essenza, come sosteneva Sartre, allora l’essenza dell’esistenza umana contemporanea viene riscritta da sistemi esterni che riducono le scelte a delle analisi predittive. Quando l’IA redige le nostre email, ci consiglia la nostra prossima lettura, o genera persino il nostro stile; il peso delle decisioni viene cancellato, ma in questo modo anche l’esercizio della libertà autentica. Il concetto sartriano di “malafede,” l’autoinganno attraverso cui le persone si sottraggono alle responsabilità, ora si manifesta nella nostra dipendenza passiva dalle macchine, alle quali deleghiamo il compito di pensare e di agire al nostro posto. Non ci angosciamo più per la possibilità di scelta; accettiamo il risultato più conveniente, il percorso di minor resistenza tracciato dagli algoritmi.

La critica di Martin Heidegger alla tecnologia moderna illumina ulteriormente questo cambiamento. Infatti, Heidegger sosteneva che la tecnologia non si limita solo ad aiutare l’uomo, ma trasforma il modo in cui percepiamo l’essere stesso. L’era digitale esemplifica questa nozione di “imposizione,” dove tutto – incluso il pensiero umano – viene ridotto a dati calcolabili, ottimizzato per questioni di efficienza e controllo.

L’IA non si limita ad assistere la cognizione; la ridefinisce, addestrandoci a pensare in termini di input e output piuttosto che di riflessione e significato. Le piattaforme di social media sfruttano l’attenzione come una risorsa, trasformando la coscienza in una merce. In questo sistema, gli esseri umani non sono più gli utenti che fanno uso della tecnologia, ma la sua materia prima, plasmati dagli strumenti stessi che hanno creato.

Il paradosso di queste tecnologie è che sono state costruite per dare potere all’uomo, ma ora rischiano di renderlo loro schiavo. Un martello è l’estensione della forza del braccio, ma non ha potere decisionale su dove colpire; l’IA, tuttavia, anticipa invece i desideri, predice i comportamenti e spesso prende decisioni senza l’intervento umano. Più integriamo questi sistemi nella vita quotidiana, più i nostri processi cognitivi ed emotivi tendono ad adattarsi alla loro logic: il risultato è un’erosione sottile dell’autonomia, non attraverso una coercizione palese, bensì attraverso la convenienza seducente dell’esternalizzazione del pensiero.

L’avvertimento di Herbert Marcuse sulla “razionalità tecnologica” è più che mai estremamente attuale in questo contesto: quando l’efficienza sostituisce il pensiero critico, gli esseri umani diventano destinatari passivi di un sistema che non controllano più.

Se c’è una via d’uscita da questa crisi, risiede nel riaffermare il primato della coscienza umana sui suoi intermediari digitali. Ciò non significa rifiutare del tutto la tecnologia, ma resistere alla sua tendenza a dominare la percezione e la scelta umane, uno sforzo che richiede una resistenza consapevole al determinismo algoritmico, un impegno deliberato con l’esperienza non mediata e la richiesta di una progettazione etica che dia priorità all’agire dell’uomo rispetto all’automatizzazione.

Gli esistenzialisti credevano nell’irriducibile libertà dell’individuo, ma ora questa libertà deve essere reclamata, non dal destino o dalla volontà divina, ma dalle stesse macchine che abbiamo costruito per servirci. L’alternativa è un mondo in cui la coscienza, un tempo sede del significato e dell’autonomia, sarà ridotta a poco più che un nodo di una vasta rete impersonale di controllo delle informazioni.

Sugli autori:

Irshad Ahmad Mughal e la Dott.ssa Qurat-ul-Ain Rana formano un formidabile partenariato intelletuale nella ricerca accademica pakistana contemporanea. Il Prof. Mughal, rinomato per le sue traduzioni in urdu delle opere rivoluzionarie di Paulo Freire e per aver insegnato per decenni filosofia politica all’Università del Punjab, unisce le sue forze a quelle della Dott.ssa Rana, affermata sociologa e commentatrice sociale le cui analisi taglienti arricchiscono regolarmente le principali riviste pakistane. Insieme, i loro scritti in collaborazione per Pressenza intrecciano una rigorosa visione accademica con un’urgente critica sociale, collegando la teoria critica occidentale con le realtà sud-asiatiche per illuminare i percorsi verso un cambiamento trasformativo.

 

Traduzione dall’inglese di Stella Maris Dante. Revisione di Maria Sartori.

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