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“Gli Orti di Ome in provincia di Brescia, sono laboratorio a cielo aperto di biodiversità e salute”
Intervista al professor Andrea Mastinu, botanico – Università degli Studi di Brescia – Dipartimento di Medicina Molecolare e Traslazionale, Divisione di Farmacologia. Nel cuore verde della Franciacorta, gli Orti Botanici di Ome custodiscono specie arboree rare e in via di estinzione, attirando l’interesse crescente del mondo scientifico. Il professor Andrea Mastinu, docente e ricercatore presso l’Università degli Studi di Brescia, è uno dei protagonisti del progetto di studio su queste preziose aree verdi. Con lui abbiamo approfondito la valenza scientifica, ambientale e sociale degli Orti, e le potenzialità che riservano per il futuro della ricerca farmaceutica. Professore, come è venuto a conoscenza degli Orti di Ome e cosa l’ha affascinata al punto da farne oggetto di studio scientifico? La scoperta degli Orti di Ome è stata resa possibile grazie alla lungimiranza dell’Università degli Studi di Brescia, che ha stipulato una convenzione a fini didattici e di ricerca con gli Orti stessi. È stato un punto di partenza decisivo, poiché la nostra Università non possiede un orto botanico “ufficiale”. La possibilità di accedere a una realtà così ricca di biodiversità ci ha consentito di portare gli studenti del corso di laurea in Farmacia direttamente sul campo, per osservare da vicino le varietà di querce e conifere che il botanico Antonio De Matola cura con passione e rigore. Da qui è nata la volontà di approfondire scientificamente le specie presenti, in particolare quelle in via di estinzione. Le mie ricerche si sono concentrate sulla caratterizzazione botanica e fitochimica di queste piante e hanno già portato alla realizzazione di due tesi di laurea, una in biotecnologie e una in farmacia. Che tipo di rapporto si è creato tra lei e Antonio De Matola, curatore degli Orti? E questo quanto ha contribuito a tener vivo l’interesse? Antonio è una risorsa preziosa, non solo per la sua profonda conoscenza del mondo vegetale, ma anche per la sua straordinaria umanità. È una persona che ha saputo trasmettermi, e trasmettere agli studenti, una passione sincera e contagiosa per le specie arboree che coltiva. Nei due orti che cura, Antonio ha messo a dimora querce e conifere rare, monitorandone l’adattamento, la crescita, le criticità. Oltre agli aspetti tecnici, mi ha aiutato ad ampliare la mia visione, spingendomi a osservare la resilienza delle piante, ma anche la loro fragilità. È riuscito a farmi vedere la botanica da un’altra prospettiva, più ampia, più interconnessa. In questo senso, è stato un incontro fondamentale. Qual è il valore di questi Orti da un punto di vista scientifico, sociale e ambientale? Gli Orti di Ome sono un patrimonio per l’umanità. Dal punto di vista scientifico, rappresentano una riserva vivente di specie di altissimo interesse botanico e farmacologico. Le querce e le conifere che vi crescono sono spesso minacciate nei loro ambienti originari, ma qui trovano una seconda possibilità. Nel mio laboratorio, con l’aiuto dei colleghi, stiamo studiando gli estratti vegetali di queste piante per valutarne il contenuto di metaboliti e molecole potenzialmente utili in ambito terapeutico. Le potenzialità di molte di queste specie sono ancora largamente sconosciute: è nostro compito esplorarle, valorizzarle e, soprattutto, proteggerle. A livello ambientale, gli Orti ospitano una ricca biodiversità vegetale e animale. Sono frequentati da numerosi impollinatori e uccelli selvatici, e rappresentano un ecosistema equilibrato, capace di sostenere forme di vita interdipendenti. Infine, c’è l’aspetto sociale. Gli Orti di Ome sono sempre aperti al pubblico. È importante ricordare che il “verde” può offrire benefici anche psicologici e fisiologici: la presenza della natura può migliorare l’umore, abbassare i livelli di stress e promuovere un senso di benessere. Anche questo è scienza. Campionamenti agli Orti botanici di Ome (BS) da parte degli studenti di Unibs Da quanti anni lavora in questo contesto e con chi ha collaborato? Qual è lo studio più interessante finora? Mi occupo di piante da circa dieci anni. La collaborazione con gli Orti di Ome è attiva da circa cinque anni. Un compagno costante di lavoro è stato Vlad Sebastian Popescu, prima come studente in Biotecnologie e oggi dottorando. Con lui abbiamo effettuato il campionamento delle parti aeree delle piante e condotto le prime analisi fitochimiche. L’analisi avanzata dei composti chimici è stata condotta dal professor Gregorio Peron, un chimico dell’Università di Brescia, mentre la mia dottoranda Eileen Mac Sweeney si è occupata di valutare le potenzialità terapeutiche degli estratti. Uno studio particolarmente significativo è quello condotto sull’Abies nebrodensis, una rara conifera siciliana donata dal Parco dei Nebrodi. Le nostre analisi hanno evidenziato una ricchezza di metaboliti antiossidanti nelle foglie, e stiamo attualmente esplorando le possibili applicazioni terapeutiche di questi composti.   Quando ha deciso di studiare gli Orti come “caso scientifico”? Quali sono gli elementi che più l’hanno colpita? Il lavoro sul campo mi ha sempre appassionato, e gli Orti di Ome rappresentano un’opportunità unica: ci permettono di studiare in loco specie che altrove sono distribuite in aree molto lontane o difficilmente accessibili. Uno degli elementi più affascinanti è proprio la possibilità di confrontare i nostri dati con quelli raccolti da ricercatori in tutto il mondo che studiano le medesime specie in condizioni diverse. C’è anche un aspetto simbolico importante: l’Orto delle Querce si sviluppa proprio accanto all’ospedale. In un luogo di sofferenza e cura, la presenza di un ecosistema vegetale complesso e vitale può rappresentare un sostegno invisibile ma potente. Le terapie, dopotutto, nascono dalla natura. È un messaggio che non dobbiamo dimenticare. Cosa servirebbe, secondo lei, per far compiere agli Orti un salto di qualità e renderli una risorsa ancora più utile alla scienza? Gli Orti di Ome sono già una realtà straordinaria, ma hanno bisogno di un riconoscimento istituzionale adeguato. Sarebbe importante che le istituzioni locali e regionali li sostenessero maggiormente, sia dal punto di vista economico che infrastrutturale. Un primo passo sarebbe la creazione di laboratori in loco, per poter effettuare analisi direttamente sul campo senza dover trasportare i campioni. Inoltre, l’installazione di sensori ambientali (per temperatura, umidità, suolo, presenza di insetti, stress idrici) permetterebbe di raccogliere dati in tempo reale, fondamentali per studi sull’adattamento climatico e sull’agricoltura sostenibile. Infine, servirebbero spazi dedicati alla divulgazione scientifica e alla formazione: workshop, percorsi educativi, eventi aperti alla cittadinanza. Solo così la conoscenza generata può diventare patrimonio condiviso. Orti botanici delle conifere Quali alberi ritiene oggi più promettenti per il futuro della medicina? Le conifere. Sono una famiglia vegetale che sta vivendo da milioni di anni una crisi evolutiva, complici i cambiamenti ambientali e la diffusione delle angiosperme. Tuttavia, il loro potenziale terapeutico resta largamente inesplorato. Abbiamo già rilevato in alcune specie una forte presenza di metaboliti bioattivi, ma siamo solo all’inizio. Serve più attenzione da parte della comunità scientifica, e politiche di tutela ambientale che ne garantiscano la sopravvivenza. Quale futuro immagina per gli Orti di Ome? Li immagino come un centro di riferimento internazionale per lo studio delle piante officinali e degli alberi ad alto valore terapeutico. Un luogo dove si intrecciano natura, cultura, benessere e ricerca. Non solo un orto, ma un laboratorio a cielo aperto dove si coltiva conoscenza, salute e consapevolezza ambientale. Sarebbe straordinario vederli evolvere in un punto di incontro tra tradizione contadina e innovazione scientifica, aperto a studenti, professionisti, cittadini. Una sua riflessione finale? Antonio De Matola ha avviato un progetto straordinario con dedizione e lungimiranza. Non possiamo permetterci di ignorare o disperdere una risorsa di questo tipo. Dobbiamo valorizzarla e difenderla, per il bene della scienza, dell’ambiente e della società. La salvaguardia delle piante è la salvaguardia del nostro futuro. Ogni specie che studiamo, proteggiamo o semplicemente impariamo a conoscere meglio, è un tassello fondamentale per la comprensione della vita e per lo sviluppo di soluzioni sostenibili ai grandi problemi della nostra epoca: dalla crisi climatica alla salute umana. Gli Orti di Ome, in questo senso, sono molto più di un insieme di alberi: sono un presidio di biodiversità, un luogo di cura e un motore di conoscenza. Sta a noi, come comunità scientifica e come cittadini, riconoscerne il valore e investire nel loro futuro. Perché proteggere questi luoghi significa investire nella scienza, nell’ambiente e in un modello di società più consapevole e resiliente.   Simona Duci
Nasce il Comitato “Class Action Vaccino Covid19” per la tutela dei cittadini che hanno assunto il vaccino Comirnaty (Pfizer/BioNTech)
È stato costituito il Comitato “Class Action Vaccino Covid19” per offrire tutela legale a tutti i cittadini italiani ed europei che hanno ricevuto il vaccino Comirnaty (𝙋𝙛𝙞𝙯𝙚𝙧/𝘽𝙞𝙤𝙉𝙏𝙚𝙘𝙝), volontariamente o per obbligo. L’iniziativa nasce per intraprendere una 𝙘𝙡𝙖𝙨𝙨 𝙖𝙘𝙩𝙞𝙤𝙣 contro l’azienda produttrice del vaccino, ritenuto dal Comitato un farmaco 𝗱𝗶𝗳𝗲𝘁𝘁𝗼𝘀𝗼 𝗲 𝗽𝗼𝘁𝗲𝗻𝘇𝗶𝗮𝗹𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗱𝗮𝗻𝗻𝗼𝘀𝗼. Le adesioni sono aperte fino al 𝟯𝟬 𝗼𝘁𝘁𝗼𝗯𝗿𝗲 𝟮𝟬𝟮𝟱, salvo raggiungimento del limite massimo di 𝟭.𝟬𝟬𝟬 ricorrenti. Il termine legale per proporre il ricorso è fissato al 𝟭𝟱 𝗱𝗶𝗰𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲 𝟮𝟬𝟮𝟱, prima della prescrizione. Di seguito riportiamo il comunicato stampa della Class Action.   Aversa (CE), lì 24 luglio 2025 È stato ufficialmente costituito il Comitato di Scopo “Class Action Vaccino Covid19”, con l’obiettivo di difendere i diritti di tutti quei cittadini italiani ed europei che hanno ricevuto, volontariamente o per obbligo, il vaccino Comirnaty, prodotto dalle aziende Pfizer e BioNTech. Il Comitato nasce per rappresentare TUTTI gli assuntori del vaccino PFIZER anti-Covid-19, dimostratosi un farmaco difettoso, imperfetto e pericoloso; la finalità del Comitato è quella di proporre e sostenere una o più azioni legali collettive (CLASS ACTION), come previsto dalla legge italiana, per tutelare i diritti di chi ha ricevuto la somministrazione del vaccino nei confronti delle case farmaceutiche coinvolte (Pfizer e BioNTech); l’azione potrà essere proposta da tre categorie di cittadini: > 1) da chi ha semplicemente ricevuto il vaccino Pfizer senza riportare > conseguenze, per i danni conseguenti all’assunzione di un prodotto difettoso; > > 2) da chi ritiene di aver subito danni o conseguenze negative in termini di > effetti avversi o peggioramento dello stato di salute generale in seguito > all’assunzione del vaccino Covid-19 Pfizer; > > 3) dagli eredi di cittadini deceduti in un periodo successivo alla > somministrazione del vaccino Pfizer e per un effetto avverso potenzialmente > correlabile; Attraverso questo strumento legale, il Comitato vuole offrire un punto di riferimento a chi si sente abbandonato o inascoltato, fornendo supporto, informazione e coordinamento a chi intende partecipare all’azione. Per tutti coloro che hanno vissuto disagi, dubbi o problematiche legate alla somministrazione del vaccino Pfizer, la class action proposta dal Comitato rappresenta un’occasione concreta per ottenere un risarcimento e far sentire la propria voce. Le adesioni sono aperte da oggi e fino al 30 ottobre 2025. Il limite temporale è dettato da ragioni sostanziali di tutela dei diritti coinvolti: è fondamentale proporre il ricorso entro e non oltre il 15 dicembre 2025, termine oltre il quale si verificherà la prescrizione quinquiennale dei diritti risarcitori. Per motivi di gestione pratica dell’azione giudiziaria è stato fissato un limite massimo di 1.000 ricorrenti; ove il numero massimo dei ricorrenti dovesse essere raggiunto prima del 30 ottobre 2025 non sarà più possibile aderire al ricorso e il Comitato avrà cura di comunicarlo. – VERSIONE PDF – Per saperne di più o aderire, visita il sito: www.classactionvaccinocovid19.org Contatti: info@classactionvaccinocovid19.org adesioni@classactionvaccinocovid19.org   Redazione Italia
Conoscere l’universo e la potenziale vita su altri pianeti per superare la volontà di potenza dell’uomo
Da una donna femminista e innovativa e istruita e colta e partigiana dissidente nella resistenza contro il nazifascismo, durante la seconda guerra mondiale, incomincia una rivoluzione ancestrale contro la volontà di dominio maschile. Le prospettive di pensiero della scienziata e astrofisica Margherita Hack, di cui ricorrono i 12 anni dalla scomparsa, aprono a visioni innovative per tutta l’umanità Conoscere l’universo e la potenziale vita su altri pianeti per superare la volontà di potenza umana con l’incubo dell’energia nucleare e dell’apocalisse atomica. Esplorare l’universo e cercare la vita su altri pianeti può avere un impatto significativo sulla nostra prospettiva e sul nostro comportamento. Soprattutto per superare la volontà di potenza di morte dell’atomo e dell’energia atomica che obnubilano gli incubi di distruzione e predazione e dominazione di taluni criminali di guerra. Anzi molti. Esplorare l’universo attribuisce alla mente umana un cambiamento di prospettiva. Scoprire la vita su altri pianeti potrebbe farci capire che non siamo soli nell’universo e che la nostra esistenza non è unica. Ciò potrebbe portare a una maggiore consapevolezza della nostra responsabilità verso il pianeta e verso noi stessi. La Hack con le sue scoperte si è avvicinata alle matrici e origini ultime e illimitate e infinitesimali dell’universo La scoperta di non essere soli nella miriade di costellazioni e infinità di galassie nella molteplicità di universi comporterebbe una riduzione della volontà di potenza: se scopriamo che esistono altre forme di vita intelligenti nell’universo, potremmo renderci conto che la nostra volontà di potenza e di dominio e di predazione non è l’unica opzione. Potremmo iniziare a pensare in termini di cooperazione e di collaborazione. Anche tramite nuove prospettive sulla pace. Ad esempio, la scoperta di vita su altri pianeti potrebbe fare capire al genere umano che la pace e la cooperazione sono essenziali per la sopravvivenza e il progresso positivo e nonviolento dell’umanità. Ciò potrebbe portare a un maggiore impegno per la pace e la risoluzione dei conflitti armati e micidiali. Lo sviluppo di nuove tecnologie e l’esplorazione dell’universo e la ricerca di vita su altri pianeti potrebbero portare allo sviluppo di nuove tecnologie e di nuove risorse che comporterebbero un aiuto per ridurre la nostra dipendenza dalle fonti di energia più inquinanti e rischiose. E’ importante notare che la scoperta di vita su altri pianeti non è una soluzione immediata per i problemi dell’umanità. Tuttavia, potrebbe essere un’opportunità per riflettere sulla nostra esistenza e sul nostro posto nell’universo, e per lavorare verso un futuro più sostenibile e pacifico. Quale potrebbe essere l’impatto più significativo della scoperta di vita su altri pianeti per l’umanità? Comunicare con la vita in altre galassie astrali e in diversi universi illimitati e infiniti e infinitesimali potrebbe essere una valida opportunità per costruire un futuro di pace e di energie alternative e rinnovabili rispetto alla forza indistruttibile e molto mortifera e altamente distruttrice dell’atomo. Comunicare con la vita in altre galassie e universi potrebbe essere un’opportunità straordinaria per l’umanità. Con la condivisione di conoscenze, la comunicazione con forme di vita avanzate potrebbe permetterci di acquisire conoscenze e tecnologie nuove, come ad esempio fonti di energia alternative e rinnovabili. E raggiungere una condizione di cooperazione e pace. Infatti la comunicazione con altre forme di vita potrebbe favorire la cooperazione e la pace tra le diverse civiltà, promuovendo un futuro più armonioso e sostenibile. Sviluppo di nuove prospettive tramite la conoscenza di nuovi mondi e forme di vita La comunicazione con forme di vita diverse potrebbe fare vedere a noi esseri umani il nostro mondo e l’universo da una prospettiva nuova, aiutandoci a risolvere problemi e a trovare soluzioni innovative e alternative. La comunicazione con altre forme di vita potrebbe essere un’opportunità per la crescita e lo sviluppo dell’umanità, permettendoci di superare i nostri limiti e di raggiungere nuovi traguardi di nonviolenza e pace tra i popoli. Tuttavia, è importante considerare anche le sfide e le incognite che potrebbero sorgere dalla comunicazione con forme di vita extraterrestri. In ogni caso, l’idea di comunicare con la vita in altre galassie e universi è affascinante e potrebbe avere implicazioni significative per il futuro dell’umanità. Il passo più importante da fare per prepararsi alla comunicazione con forme di vita extraterrestri? Il pensiero dell’astrofisica Margherita Hack va nella direzione dell’infinità delle galassie e dell’universo e della potenzialità dell’esistenza di altre forme viventi così da costruire potenziali e eventuali assetti di pace a livello internazionale e extra planetario. Il pensiero di Margherita Hack sull’infinità delle galassie e dell’universo e sulla potenziale esistenza di altre forme di vita è affascinante e può avere implicazioni significative per la nostra comprensione dell’universo e della nostra esistenza. Il fine ultimo e più alto di costruire contesti e ambiti e soprattutto un mondo basati su presupposti di pace e nonviolenza per la Hack La sua visione può portare a riflettere sulla nostra posizione nell’universo e sulla nostra responsabilità verso il pianeta e verso noi stessi. Inoltre, la possibilità di esistenza di altre forme di vita potrebbe favorire la costruzione di assetti di pace a livello internazionale e oltre la nostra galassia, promuovendo la cooperazione e la comprensione tra le diverse civiltà. Il pensiero di Margherita Hack può essere visto come un invito a esplorare e a scoprire le meraviglie dell’universo e a lavorare verso un futuro più pacifico e sostenibile per tutta l’umanità sia in prospettive presenti sia future. Il pensiero di Margherita Hack può essere visto come un invito a esplorare e a scoprire le meraviglie dell’universo, e a lavorare verso un futuro più pacifico e sostenibile Questo presupposto e questo postulato di pensiero valgono per tutta l’umanità e il genere umano e le altre forme di vita. La visione di questa importante scienziata può ispirare nuove prospettive e nuove idee per affrontare le sfide globali e per costruire un mondo più armonioso e rispettoso dell’ambiente e soprattutto di un mondo e di contesti fondativi di pace.   Laura Tussi
ELSA, l’intelligenza artificiale della FDA che sta inventando studi inesistenti
A darne la notizia è la CNN che in un articolo di Sarah Owermohle – scritto con l’aiuto di Meg Tirrell, Dugald McConnell e Annie Grayer – afferma chiaramente che anche l’intelligenza artificiale ha imparato a mentire ed inventa cose che non esistono. E’ il caso dell’intelligenza artificiale adottata dalla Food and Drug Administration, la quale è arrivata a Washington per accelerare l’immissione sul mercato di nuovi farmaci salvavita, semplificare il lavoro nelle vaste agenzie sanitarie multimiliardarie e svolgere un ruolo fondamentale nel tentativo di ridurre gli sprechi di spesa pubblica senza compromettere il lavoro del governo stesso. Ad affermarlo sono proprio i funzionari sanitari dell’amministrazione Trump: “La rivoluzione dell’intelligenza artificiale è arrivata”, ha dichiarato il Segretario della Salute e dei Servizi Umani Robert F. Kennedy Jr. durante le udienze del Congresso tenutesi negli ultimi mesi. Di cosa si tratta? Stiamo parlando di ELSA (Efficient Language System for Analysis), modello di intelligenza artificiale introdotto dal Sistema Sanitario Nazionale Americano (HHS) con lo scopo di sveltire le pratiche di approvazione dei nuovi medicinali e dispositivi medici, conducendo ricerche su larga scala su tutta la documentazione scientifica già esistente. Le prime versioni di Elsa erano state sviluppate sulla base di un precedente modello di intelligenza artificiale su cui la FDA aveva iniziato a lavorare durante l’amministrazione Biden. “Stiamo già utilizzando questa tecnologia all’HHS per gestire i dati sanitari, in modo perfettamente sicuro, e per accelerare le approvazioni dei farmaci” – ha dichiarato alla Commissione Energia e Commercio della Camera a giugno. L’entusiasmo – almeno tra alcuni – era palpabile. Funzionari della FDA hanno dichiarato alla CNN che Elsa può essere utile per generare appunti e riepiloghi di riunioni o modelli di e-mail e comunicati. Ma, finchè si tratta di fare il riassunto di migliaia di ricerche scientifiche già pubblicate, ELSA è sicuramente uno strumento molto efficace. Il problema nasce quando le si chiede di dare una sua valutazione sulla eventuale efficacia e sicurezza di un nuovo farmaco, perchè a quel punto si è scoperto che ELSA si inventa anche ricerche scientifiche che non sono mai esistite: le famose “allucinazioni dell’IA”. A darne testimonianza sono tre attuali dipendenti della FDA e documenti visionati dalla CNN, mostrando chiaramente l’inaffidabilità del suo lavoro più critico. I dipendenti che hanno parlato con la CNN hanno testato le conoscenze di Elsa ponendogli domande come quanti farmaci di una certa classe siano autorizzati per l’uso sui bambini o quanti farmaci siano approvati: in entrambi i casi, ha dato risposte sbagliate. Un dipendente ha raccontato che Elsa aveva contato in modo errato il numero di prodotti con una particolare etichetta. Quando le è stato detto che era sbagliato, l’IA ha ammesso di aver commesso un errore. “Ma non ti aiuta comunque a rispondere alla domanda”, ha detto quell’impiegato. L’algoritmo ricorda poi agli utenti che si tratta solo di un assistente AI e che è necessario verificarne il funzionamento. “Tutto ciò che non si ha il tempo di ricontrollare è inaffidabile. È un’allucinazione di sicurezza” – ha detto un dipendente, ben lontano da quanto promesso pubblicamente – “L’intelligenza artificiale dovrebbe farci risparmiare tempo, ma vi garantisco che spreco un sacco di tempo extra solo a causa della maggiore vigilanza che devo avere” per verificare la presenza di studi falsi o travisati, ha affermato un secondo dipendente della FDA. Ad ammettere queste allucinazioni è anche Jeremy Walsh, responsabile dell’intelligenza artificiale della FDA: “Elsa non è diversa da molti [grandi modelli linguistici] e dall’intelligenza artificiale generativa “ , ha detto alla CNN. “Potrebbero potenzialmente avere allucinazioni”. Attualmente, Elsa non può contribuire al lavoro di revisione, il lungo processo di valutazione che gli scienziati dell’agenzia intraprendono per determinare se farmaci e dispositivi siano sicuri ed efficaci,  perché non può accedere a molti documenti rilevanti, come le richieste di autorizzazione dell’industria, per rispondere a domande di base come, per esempio, sul numero di volte in cui un’azienda ha presentato domanda di approvazione alla FDA; sula presenza sul mercato dei suoi prodotti correlati o altre informazioni specifiche dell’azienda. Tutto ciò solleva seri dubbi sull’integrità di uno strumento che, come ha affermato il commissario della FDA, il dott. Marty Makary, trasformerà il sistema di approvazione dei farmaci e dei dispositivi medici negli Stati Uniti, in una situazione completamente fuori controllo. Ad oggi non vi è alcun controllo federale per la valutazione dell’uso dell’intelligenza artificiale in medicina. “L’agenzia sta già utilizzando Elsa per accelerare le revisioni dei protocolli clinici, ridurre i tempi necessari per le valutazioni scientifiche e identificare obiettivi di ispezione ad alta priorità”, ha affermato la FDA in una dichiarazione sul suo lancio a giugno. Ma parlando con la CNN questa settimana presso la sede centrale della FDA a White Oak, Makary ha affermato che al momento la maggior parte degli scienziati dell’agenzia utilizza Elsa per le sue “capacità organizzative”, come la ricerca di studi e la sintesi di riunioni. Intanto i leader della FDA discutono sull’uso dello strumento di intelligenza artificiale dell’agenzia. Si parlava già da tempo di integrare l’intelligenza artificiale nel lavoro delle agenzie sanitarie statunitensi, prima che la seconda amministrazione Trump desse il via agli sforzi, ma la velocità con cui Elsa è entrata in funzione è stata insolita. Alcuni esperti sottolinearono gli sforzi del governo per sviluppare seriamente i piani sull’intelligenza artificiale nel 2018, quando il Pentagono iniziò a valutarne il potenziale per la sicurezza nazionale. Nel 2024, l’Unione Europea ha approvato e attuato l’AI Act, una legge “per proteggere i diritti fondamentali, la democrazia e lo stato di diritto” in merito all’uso rischioso dell’intelligenza artificiale, anche in ambito sanitario, promuovendo al contempo modelli di intelligenza artificiale trasformativi. Negli Stati Uniti non esistono queste norme e tutele di questo tipo. Un gruppo di lavoro governativo formato durante l’amministrazione Biden per esaminare la definizione di normative sull’uso dell’intelligenza artificiale, anche in ambito sanitario, è stato sciolto l’anno scorso con l’inizio della nuova Amministrazione Trump. A giugno 2025, un gruppo bipartisan di membri della Camera ha presentato una proposta di legge incentrata principalmente sul mantenimento del predominio degli Stati Uniti nella corsa all’intelligenza artificiale. Nello stesso mese, due senatori hanno presentato un disegno di legge mirato a impedire l’uso da parte degli Stati Uniti di un’intelligenza artificiale “avversaria” da parte di governi stranieri, tra cui la Cina. Altri sforzi, come un disegno di legge che richiederebbe test e supervisione normativa per i sistemi di intelligenza artificiale ad alto rischio (molto simili agli standard europei), sono rimasti bloccati. La versione precedente del “One Big Beautiful Bill”, l’ampia legge fiscale e di spesa del presidente Donald Trump, avrebbe incluso la prima legge radicale del Congresso sull’intelligenza artificiale: una moratoria decennale sull’applicazione delle normative statali sulla tecnologia. Ma il Senato ha bocciato la disposizione . Elsa è arrivata mentre il Congresso era alle prese con l’approccio legislativo alla regolamentazione dell’IA. Sebbene le commissioni del Congresso abbiano tenuto audizioni sui rischi dell’IA, come modelli distorti e minacce alla sicurezza informatica, il Congresso non ha approvato alcuna legge sostanziale per regolamentare l’IA. Trump, che ha fatto dello sviluppo e degli investimenti nell’intelligenza artificiale una priorità assoluta nella sua seconda amministrazione, ha annunciato un futuro luminoso per la tecnologia con l’aiuto dei suoi amici e sostenitori miliardari tecnofascisti. La scorsa settimana, durante un vertice sull’energia in Pennsylvania, ha dichiarato ai partecipanti: “Siamo qui oggi perché crediamo che il destino dell’America sia quello di dominare ogni settore ed essere i primi in ogni tecnologia, e questo include essere la superpotenza numero uno al mondo nell’intelligenza artificiale”. Senza normative federali, è difficile dire come sarebbe questa superpotenza. “L’intelligenza artificiale fa un sacco di cose, ma non è magia”, ha affermato il Dott. Jonathan Chen, professore associato di medicina alla Stanford University, che ha studiato l’uso dell’intelligenza artificiale in ambito clinico. Sarebbe fantastico se potesse aiutare gli esperti a individuare la falsificazione dei dati o a fornire analisi rigorose sulla sicurezza dei pazienti, ma “questi problemi sono molto più sfumati” di ciò che una macchina può fare, ha aggiunto. “È davvero un po’ il Far West in questo momento. La tecnologia avanza così velocemente che è difficile persino capire esattamente di cosa si tratta.” – ha aggiunto Chen. Ulteriori informazioni: https://luogocomune.net/scienza-e-tecnologia/l%E2%80%99intelligenza-artificiale-ha-imparato-a-mentire https://edition.cnn.com/2025/07/23/politics/fda-ai-elsa-drug-regulation-makary The Application of Elsa Speak Software in English Teachingat Can Tho University of Technology – A Case Study https://ijsshr.in/v7i10/Doc/29.pdf https://www.fda.gov/news-events/press-announcements/fda-launches-agency-wide-ai-tool-optimize-performance-american-people   Lorenzo Poli
In che modo l’intelligenza artificiale e la sovrainformazione stanno cancellando la coscienza umana?
di Irshad Ahmad Mughal e la Dott.ssa Qurat ul Ain Rana La dominazione della coscienza umana da parte dell’intelligenza artificiale (IA) e l’inarrestabile sovrabbondanza di informazioni stanno segnando una profonda crisi esistenziale che pensatori come Edmund Husserl e Jean-Paul Sartre non avrebbero potuto pienamente anticipare, ma i cui quadri filosofici ci aiutano a comprenderne la profondità. Husserl, il fondatore della fenomenologia, cercava di scoprire le strutture della coscienza, esaminando come gli esseri umani sperimentano e strutturano il significato nel mondo. L’esistenzialista Sartre enfatizzava la libertà radicale, sostenendo che gli esseri umani sono condannati a creare la propria essenza attraverso la scelta e l’azione. Oggi, invece, gli strumenti stessi progettati per estendere le capacità umane -l’IA, i social media e i sistemi algoritmici- stanno rimodellando la coscienza stessa, non come meri strumenti, ma come forze che dettano la percezione, il pensiero e persino l’identità. Husserl aveva avvertito di un crescente distacco dal “mondo della vita”, l’esperienza immediata e vissuta, nonché fondamento della comprensione umana; temeva che i modelli astratti e matematizzati della scienza ci avrebbero alienati dalla ricchezza della percezione diretta. Nell’era digitale, questa alienazione ha raggiunto un livello estremo. Le piattaforme di social media, dei motori di ricerca e di contenuti guidati dall’IA non si limitano solo a mediare la realtà, ma la creano. Il flusso costante di informazioni selezionate, suggerimenti automatizzati e feed determinati algoritmicamente hanno trasformato l’intenzionalità umana, quel coinvolgimento attivo e diretto con il mondo, in un’esperienza esternalizzata: non cerchiamo più il significato, esso ci viene fornito, pre-elaborato da sistemi progettati per catturare l’attenzione piuttosto che coltivare la comprensione. L’esistenzialismo di Sartre, con la sua insistenza sulla libertà assoluta e la responsabilità, appare quasi arcaico in questo contesto. Se l’esistenza precede l’essenza, come sosteneva Sartre, allora l’essenza dell’esistenza umana contemporanea viene riscritta da sistemi esterni che riducono le scelte a delle analisi predittive. Quando l’IA redige le nostre email, ci consiglia la nostra prossima lettura, o genera persino il nostro stile; il peso delle decisioni viene cancellato, ma in questo modo anche l’esercizio della libertà autentica. Il concetto sartriano di “malafede,” l’autoinganno attraverso cui le persone si sottraggono alle responsabilità, ora si manifesta nella nostra dipendenza passiva dalle macchine, alle quali deleghiamo il compito di pensare e di agire al nostro posto. Non ci angosciamo più per la possibilità di scelta; accettiamo il risultato più conveniente, il percorso di minor resistenza tracciato dagli algoritmi. La critica di Martin Heidegger alla tecnologia moderna illumina ulteriormente questo cambiamento. Infatti, Heidegger sosteneva che la tecnologia non si limita solo ad aiutare l’uomo, ma trasforma il modo in cui percepiamo l’essere stesso. L’era digitale esemplifica questa nozione di “imposizione,” dove tutto – incluso il pensiero umano – viene ridotto a dati calcolabili, ottimizzato per questioni di efficienza e controllo. L’IA non si limita ad assistere la cognizione; la ridefinisce, addestrandoci a pensare in termini di input e output piuttosto che di riflessione e significato. Le piattaforme di social media sfruttano l’attenzione come una risorsa, trasformando la coscienza in una merce. In questo sistema, gli esseri umani non sono più gli utenti che fanno uso della tecnologia, ma la sua materia prima, plasmati dagli strumenti stessi che hanno creato. Il paradosso di queste tecnologie è che sono state costruite per dare potere all’uomo, ma ora rischiano di renderlo loro schiavo. Un martello è l’estensione della forza del braccio, ma non ha potere decisionale su dove colpire; l’IA, tuttavia, anticipa invece i desideri, predice i comportamenti e spesso prende decisioni senza l’intervento umano. Più integriamo questi sistemi nella vita quotidiana, più i nostri processi cognitivi ed emotivi tendono ad adattarsi alla loro logic: il risultato è un’erosione sottile dell’autonomia, non attraverso una coercizione palese, bensì attraverso la convenienza seducente dell’esternalizzazione del pensiero. L’avvertimento di Herbert Marcuse sulla “razionalità tecnologica” è più che mai estremamente attuale in questo contesto: quando l’efficienza sostituisce il pensiero critico, gli esseri umani diventano destinatari passivi di un sistema che non controllano più. Se c’è una via d’uscita da questa crisi, risiede nel riaffermare il primato della coscienza umana sui suoi intermediari digitali. Ciò non significa rifiutare del tutto la tecnologia, ma resistere alla sua tendenza a dominare la percezione e la scelta umane, uno sforzo che richiede una resistenza consapevole al determinismo algoritmico, un impegno deliberato con l’esperienza non mediata e la richiesta di una progettazione etica che dia priorità all’agire dell’uomo rispetto all’automatizzazione. Gli esistenzialisti credevano nell’irriducibile libertà dell’individuo, ma ora questa libertà deve essere reclamata, non dal destino o dalla volontà divina, ma dalle stesse macchine che abbiamo costruito per servirci. L’alternativa è un mondo in cui la coscienza, un tempo sede del significato e dell’autonomia, sarà ridotta a poco più che un nodo di una vasta rete impersonale di controllo delle informazioni. Sugli autori: Irshad Ahmad Mughal e la Dott.ssa Qurat-ul-Ain Rana formano un formidabile partenariato intelletuale nella ricerca accademica pakistana contemporanea. Il Prof. Mughal, rinomato per le sue traduzioni in urdu delle opere rivoluzionarie di Paulo Freire e per aver insegnato per decenni filosofia politica all’Università del Punjab, unisce le sue forze a quelle della Dott.ssa Rana, affermata sociologa e commentatrice sociale le cui analisi taglienti arricchiscono regolarmente le principali riviste pakistane. Insieme, i loro scritti in collaborazione per Pressenza intrecciano una rigorosa visione accademica con un’urgente critica sociale, collegando la teoria critica occidentale con le realtà sud-asiatiche per illuminare i percorsi verso un cambiamento trasformativo.   Traduzione dall’inglese di Stella Maris Dante. Revisione di Maria Sartori. Pressenza IPA
CMSi: “Motivi per respingere i nuovi emendamenti ai Regolamenti Sanitari Internazionali (RSI)”
Pubblichiamo la lettera che la Commissione Medico-Scientifica indipendente ha inviato al governo Meloni, perché entro il 19 luglio rifiuti le modifiche al Regolamento Sanitario Internazionale. Il 19 luglio 2025 scade, anche per l’Italia, il termine ultimo per l’Opting-Out (cioè per rigettare gli Emendamenti o formulare riserve, che vanno però motivate). Per questi RSI non è richiesta la ratifica parlamentare. L’opting-out oppure l’accettazione degli emendamenti è di competenza del Ministro della Salute, di intesa con il Presidente del Consiglio. Se un pubblico dibattito, anche in sede istituzionale, fosse stato aperto un anno fa, forse oggi ci sarebbe abbastanza consenso sulla formulazione di ‘motivate riserve’ su parte degli emendamenti, concentrando il rigetto su quelli più pericolosi. Ciò però non è avvenuto, e a una settimana dalla scadenza l’unica possibilità praticabile ci sembra il rigetto degli Emendamenti, come fatto da altri Paesi, per non compiere per inerzia altri passi decisivi verso l’abdicazione a una democratica autonomia decisionale. I Paesi che rigettano gli emendamenti non lasciano vuoti normativi, restando vigenti gli attuali RSI. Né tanto meno significherebbe uscire dall’OMS, ma al contrario sarebbe un segnale forte di insoddisfazione (anche nei confronti di scivolamenti censori nell’UE), cui far auspicabilmente seguire l’apertura di un ampio dibattito sulle riforme richieste. Il 1 giugno 2024, ultimo giorno utile della 77a Assemblea Mondiale OMS, sono stati approvati ‘per consenso’ i nuovi Emendamenti ai RSI, negoziati in segretezza e presentati poco prima, in violazione della regola vincolante prevista dai RSI2005, che stabilisce all’art. 55che il testo quasi definitivo di ogni proposta di emendamento debba essere comunicato a tutti gli Stati Parte dal Direttore Generale OMS, almeno quattro mesi prima dell’Assemblea in cui sarà in discussione. Gli Emendamenti, benché molto mitigati rispetto a versioni precedenti che l’OMS aveva ripetutamente presentato, contengono comunque molte insidie per la sovranità nazionale. Ne riassumiamo le principali, rimandando per un’Analisi tecnica dettagliata al documento (WHA77.17), https://bit.ly/3TvEy7d, sottoscritto ad oggi da 55 Associazioni. 1. AMBIGUITÀ NELL’ATTIVAZIONE DEL RSI DELL’OMS: * pagg. 4-5 del documento di cui al suddetto link, in riferimento all’Articolo 1 del WHA 77.17 (Art. 1: Definizioni). Commento: gli emendamenti introducono definizioni poco chiare, che sottolineano e di fatto ampliano le possibilità di attivazione del RSI da parte dell’OMS, confermando per gli Stati le difficoltà nell’esercitare un controllo sovrano sulle decisioni sanitarie nazionali. 2. TRASFERIMENTO DI SOVRANITÀ E POTERE DECISIONALE NELLE MANI DEL DIRETTORE GENERALE OMS: * pag. 11 del documento, in riferimento all’Art. 12, punto 4 bis. Commento: si rafforza il ruolo del Direttore Generale, cui si estendono di fatto poteri straordinari nella gestione delle emergenze sanitarie, senza adeguati contrappesi democratici. Sono i vertici di quell’OMS: * che, d’intesa con altri poteri, ha cercato di far passare tutte le versioni precedenti di Trattato/Accordo e RSI in cui le ‘raccomandazioni’ OMS erano diventate vincolanti * che ribadisce (al 27 giugno 2025!) che l’ipotesi più probabile per l’origine del virus SARS-CoV-2 resta ancora quella dei pipistrelli: “il peso delle prove disponibili…suggerisce una diffusione zoonotica…sia direttamente dai pipistrelli che attraverso un ospite intermedio” * di quell’OMS per la quale gli obblighi vaccinali si possono considerare necessari non solo per motivi sanitari (requisito A per la legittimità costituzionale di un obbligo di legge per un trattamento sanitario in Italia: evitare danni alla salute degli altri), ma anche “al servizio di obiettivi sociali ed economici”(!) (WHO-2019-nCoV-Policy-brief-Mandatory-vaccination-2022.1-eng.pdf)… * … che ha tentato di escludere l’immunità naturale dai determinanti dell’immunità di gregge (WHO Q&A13 novembre 2020 Coronavirus disease (COVID-19): Serology, antibodies and immunity, What is herd immunity?), salvo doverselo in parte rimangiare pochi mesi dopo… * … che non ha smentito o corretto la propria raccomandazione di far indossare mascherine ai malati a domicilio “quanto più a lungo possibile”. Invece di chiarire che ciò vale nei momenti dell’interazione del malato con chi gli presta assistenza, ma che quando il malato è isolato deve respirare senza maschere che gli alzino in modo drammatico la carica virale nelle vie respiratorie, facendolo aggravare in modo sconsiderato (oltre a renderlo così in potenza più contagioso quando le toglie…) * … che non ha contrastato la spinta a vaccinazioni universali antiCOVID in gravidanza in assenza di studi clinici a favore di alta validità (randomizzati controllati o RCT), e spinge con priorità per vaccinazioni antinfluenzali delle donne incinte. Nonostante i quattro RCT disponibili (Donzelli A. Influenza Vaccination of Pregnant Women and Serious Adverse Events in the Offspring. Int J Environ Res Public Health. 2019) e la loro metanalisi (Hansen KP, et al. Does Influenza Vaccination during Pregnancy Have Effects on Non-InfluenzaInfectious Morbidity? A Systematic Review and Meta-Analysis of Randomised Controlled Trials. Vaccines 2021, 9(12), 1452) diano con coerenza risultati sfavorevoli per le donne incinte vaccinate con antinfluenzale e la loro prole! * … che continua a non prender posizione sulla ben documentata contaminazione dei vaccini COVID-19 (e non solo!) con quantitativi inaccettabili di DNA plasmidico con effetti potenziali gravi o sconosciuti * … che, dopo aver dato una risposta di circostanza alla terza delle email con cui la Commissione Medico-Scientifica indipendente chiedeva di instaurare un confronto scientifico sull’inidoneità dei vaccini COVID a ridurre la trasmissione, ha smesso di rispondere dopo aver ricevuto la risposta di merito molto documentata della CMSi (chi desideri farsi un’idea in base agli scambi scientifici, cui l’OMS si è poi sottratta, può consultare CMSi scrive OMS risponde, la replicadella Tutta la corrispondenza – 13 Agosto 2023 | CMSi)   3. PRODOTTI GENICI E RISCHI GLOBALI PER LA SICUREZZA: * pag. 12 del documento, in riferimento all’Art. 13. Commento: Gli Emendamenti menzionano espressamente i prodotti genici tra le contromisure sanitarie, senza un’adeguata definizione dei criteri di sicurezza, efficacia e consenso informato. 4. ACCORDI SANITARI SECRETATI TRA STATI: * pag. 29 del documento, in riferimento all’Art. 43, punto 7. Commento: Senza discutere la confidenzialità delle consultazioni iniziali tra stati, si autorizza di fatto la possibilità di stipulare accordi sanitari tra Stati in forma non pubblica, compromettendo i principi di trasparenza e responsabilità democratica. Le conseguenze di questa prassi le abbiamo già sperimentate. 5. CHIAREZZA INSUFFICIENTE DELL’IMPEGNO FINANZIARIO: * pag. 30 del documento, in riferimento all’Art. 44. Commento: Non si chiarisce in modo sufficiente l’onere finanziario che gli Emendamenti comporteranno per gli Stati membri, lasciando importanti margini d’incertezza che potrebbero gravare sui sistemi sanitari nazionali e sugli impegni finanziari degli Stati. 6. Impegno alla censura di quanto l’OMS (con altre entità sovranazionali) stabilisce e stabilirà sia misinformazione (contenuto falso o fuorviante senza intenti dannosi) e disinformazione (-diffuso con intenzione di ingannare): * pagg. 44-45 del documento, in riferimento all’Allegato 1. Commento: gli Emendamenti inseriscono disposizioni che impegnano formalmente gli Stati membri, che possono portare alla (ulteriore) soppressione del dibattito scientifico critico e alla marginalizzazione delle opinioni dissenzienti, anche all’interno della comunità medica. Lo consideriamo il rischio più grave presente in questi emendamenti, in grado di sopprimere in modo sistematico un dibattito in contraddittorio con posizioni che fanno esplicito riferimento al metodo scientifico e critiche nei confronti del paradigma mainstream. A definire che cosa sia misinformazione e disinformazione nella condizione attuale per gli Stati membri finirebbe verosimilmente per essere l’OMS (o altri organismi sovranazionali), alla cui discrezionalità gli Stati si impegnano ad attribuire un potere esorbitante. Le conseguenze possono essere la soppressione a livello planetario di un dibattito scientifico in grado di mettere in discussione i paradigmi dominanti, riproposti di continuo dalla propaganda. Siamo fiduciosi che il rigetto di questo gravissimo emendamento trovi concordi sia le forze di maggioranza, sia quelle di opposizione. Riportiamo in proposito le recenti pubbliche dichiarazioni della leader del maggior partito d’opposizione: “Non è compito della maggioranza stabilire cosa possa o debba dire l’opposizione. Questo principio è essenziale per garantire un sistema democratico sano. La libertà di espressione è un diritto fondamentale che deve essere tutelato, e ogni tentativo di reprimere il dissenso è un passo indietro per la democrazia. … l’opposizione continuerà a farsi sentire con sempre maggiore determinazione, ribadendo il suo ruolo cruciale nel garantire un dibattito aperto e inclusivo. La lotta per il rispetto della libertà di espressione e per il diritto di critica è una battaglia che riguarda tutti”. Se questo fondamentale diritto fosse coartato in campo scientifico, le conseguenze potrebbero essere drammatiche. Per finire, se chiunque legga dovesse ritenere che quanto sopra esposto non è documentabile in modo adeguato, siamo a disposizione per instaurare con lui/lei (affiancati da chi desiderano) un confronto costruttivo e basato su dati, fatti e prove. Nota: sono circolate posizioni tendenti a ridurre la portata dell’eventuale approvazione/non rigetto degli Emendamenti, in quanto formalmente l’ultima parola spetterebbe comunque agli Stati. Ciò però non tiene conto di un principio fondamentale sulla cui base si concludono Trattati, Regolamenti e Convenzioni internazionali: pacta sunt servanda (come di recente rammentato dalla Suprema Corte nella sentenza del 06.03.2025 n.5992, resa nel cd. caso Diciotti, la cui copertura costituzionale si rinviene, tra l’altro, negli artt. 10 e 117 della nostra Costituzione). Il RSI parla di ‘raccomandazione/i’ molto meno di quanto non utilizzi, in varie declinazioni, il verbo ‘dovere’ (351 volte…). Ciò implica l’assunzione di obblighi a carico degli Stati, non potendosi optare per un’interpretazione delle norme contrastante con il significato proprio delle parole utilizzate. È vero che l’art. 43 prevede che gli Stati – in caso di disaccordo con le misure decise dall’OMS – possano adottare soluzioni diverse, ma queste debbono essere quanto meno ‘equivalenti’ a quelle decise dall’OMS e rispettare i ‘principi scientifici’ (chi decide quando una tesi scientifica si possa pregiare della qualifica di ‘principio’?). Dunque in sostanza poco cambia, perché non si può fare autonomo ricorso a soluzioni più blande di quelle aderenti a proclamati ‘principi scientifici’ (anche quando le prove fossero contrastanti) o non ritenere non necessaria alcuna misura.   LA COMMISSIONE MEDICO-SCIENTIFICA INDIPENDENTE (CMSI): * Alberto Donzelli, esperto in Sanità Pubblica, specialista in Igiene e Med. Prev., già membro CSS * Maurizio Federico, Virologo * Patrizia Gentilini, specialista in Oncologia ed Ematologia * Panagis Polykretis, PhD in Biologia Strutturale * Sandro Sanvenero, medico Odontoiatra * Eugenio Serravalle, specialista in Pediatria CON LE ADESIONI DI: * Paolo Bellavite, specialista in Ematologia Clinica e di Laboratorio e ricercatore indipendente * Mariano Bizzarri, Dip. Med. Sperimentale, Direttore Systems Biology Laboratory Un. La Sapienza, PhD * Giovanni Frajese, docente di Endocrinologia e Malattie Dismetaboliche * Dario Giacomini, specialista in radiologia, Presidente ContiamoCi! e sindacato Di.Co.Si. * Stefano Petti, PhD. Top 2% scienziati mondiali (classifica Università Stanford) * Laura Teodori, già Dirigente di Ricerca, già Prof. a contratto Rischio Biologico * Olga Milanese, avvocato cassazionista, Presidente dell’Associazione Umanità e Ragione * Andrea Montanari, Presidente dell’Associazione Eunomis e Responsabile del Dipartimento Legale SIM * Mauro Sandri, avvocato cassazionista   Fonte: https://cmsindipendente.it/ https://cmsindipendente.it/sites/default/files/2025-07/Cms%20Comunicato%2018%20RegolamentiSanitariInternazionaliOMS%2811-7-2025%29.pdf AsSIS
Tutti con lo smartphone e quotidianamente su internet
Il 91% degli italiani ha uno smartphone e due italiani su tre possiedono smart tv e computer portatile. Solo la console e gli assistenti virtuali sono utilizzati soprattutto dalle fasce d’età più giovani, mentre  il 90% degli italiani accede a internet tutti i giorni, il 48% per almeno 4 ore. I giovani adulti e gli adulti hanno il più alto livello di consumo, i minori e gli anziani il più basso. Sono alcuni dei risultati di una recente ricerca dell’AGCOM su “I fabbisogni di alfabetizzazione mediatica digitale”. Tra le attività più svolte online prevale l’acquisizione di informazioni e la ricerca di news (in particolare per adulti e anziani), la comunicazione con gli amici (il picco tra i grandi minori) e la fruizione di contenuti audiovisivi. L’80% degli italiani continua ad accedere ai media durante i pasti, guardando programmi televisivi in quattro casi su cinque, mentre il 20% tra i 6 e i 34 anni accede a social network e piattaforme di condivisione video. Otto genitori su dieci regolano poi l’accesso ai media dei figli, mentre il 13% impone il divieto assoluto e il 4,8% lascia totale libertà di utilizzo. Le regole più diffuse (adottate da 2 genitori su 10) sono limiti di tempo e fasce orarie nell’utilizzo dei media, il monitoraggio dell’uso da parte dei genitori e il blocco di specifici contenuti. Il 10,6% dei genitori modifica le impostazioni privacy degli account dei figli, ma solo il 12,5% parla dell’esperienza di navigazione online. I genitori over 45 e laureati utilizzano strategie di monitoraggio e co-using, mentre i più giovani e meno istruiti prediligono le restrizioni. 8 italiani su 10 si dichiarano poi preoccupati da una molteplicità di contenuti e attività considerati fonti di rischio, indifferentemente su tutti i mezzi di comunicazione; in particolare più di 4 italiani su dieci si dichiarano molto preoccupati per hate speech, contenuti illegali di diverso tipo, sfide social, disinformazione e cyberbullismo. Solo il 15% dei cittadini si dichiara molto preoccupato dalla presenza di contenuti audiovisivi non protetti dal diritto d’autore, mentre i minorenni si dichiarano meno preoccupati della media per tutti i contenuti e le attività fonti di rischio, più della metà degli anziani è molto preoccupata per hate speech, contenuti illegali di diverso tipo, sfide social. Dalla ricerca emerge inoltre come più della metà della popolazione italiana si sia imbattuta in contenuti di disinformazione, revenge porn e hate speech, e, in particolare, più di 4 italiani su 10 (43,5%) dichiarano di essersi imbattuti frequentemente in contenuti di disinformazione. Quest’ultima e l’hate speech rappresentano l’unico genere di contenuti analizzati per cui l’aumento del livello di preoccupazione degli utenti è associato a una diretta esperienza di fruizione del fenomeno. Circa tre minorenni su quattro hanno esperienza di fruizione di contenuti potenzialmente afferenti alla categoria di negative user-generated content, come sfide social, cyberbullismo, revenge porn, contenuti che incoraggiano disturbi alimentari e l’uso di sostanze stupefacenti illegali e contenuti di carattere sessuale non desiderati. Più di 8 cittadini su 10 svolgono comunque una qualche azione di contrasto quando si imbattono in attività/contenuti che rappresentano fattori di rischio, e in particolare più della metà evita di accedere a quel canale o testata o sito o piattaforma dopo essersi imbattuto in contenuti o attività fattori di rischio e circa un terzo dei cittadini verifica la fonte del contenuto o della notizia potenzialmente rischiosa. E più è alto il titolo di studio più cresce la frequenza di segnalazioni e verifiche. La maggior parte dei cittadini ripone un qualche livello di fiducia nelle capacità di differenti attori sociali ed economici di tutelare gli utenti. I minori hanno più fiducia nella scuola di altri soggetti e quasi la metà della popolazione (44,1%) non si rivolge ad alcun soggetto per avere indicazioni e suggerimenti per un utilizzo critico e consapevole dei mezzi di comunicazione. Una percentuale considerevole di minorenni si rivolge a famiglia (più della metà), insegnanti (circa un terzo) e, nel caso dei grandi minori, ad amici e compagni di scuola (30%). Più della metà della popolazione italiana dai 14 anni in su (58,9%) è a conoscenza del ruolo degli algoritmi di raccomandazione utilizzati dalle principali piattaforme online, ma con un grande divario tra gli anziani (il 35,9%) e i giovani adulti (il 73,3%). Solo il 7% degli italiani, però, ha un livello ottimale di alfabetizzazione algoritmica, mentre il 64,6% ha un livello nullo o scarso (l’83% tra gli anziani) e poco più di un quarto ha un livello discreto o buono. Il 48% della popolazione italiana è a conoscenza della possibilità di personalizzare la propria esperienza di fruizione sulle piattaforme online attraverso modalità di cura o segnalazione dei contenuti, con un livello di conoscenza superiore alla media per grandi minori e giovani adulti e nettamente inferiore alla media per gli anziani. Tra coloro che sono a conoscenza della possibilità di personalizzare la propria esperienza di fruizione sulle piattaforme online, l’80% dichiara di aver utilizzato almeno uno strumento di curation dei contenuti, e più del 60% di aver utilizzato almeno uno strumento di segnalazione dei contenuti, con differenti pattern di utilizzo tra fasce di età più evidenti per gli strumenti di segnalazione. Qui il Report di ricerca dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni – AGCOM: https://www.agcom.it/sites/default/files/documenti/rapporto/Report%20di%20ricerca%20%20Fabbisogni%20Alfabetizzazione%20mediatica.pdf.   Giovanni Caprio
Tutti con lo smartphone e quotidianamente su internet
Il 91% degli italiani ha uno smartphone e due italiani su tre possiedono smart tv e computer portatile. Solo la console e gli assistenti virtuali sono utilizzati soprattutto dalle fasce d’età più giovani, mentre il 90% degli italiani accede a internet tutti i giorni, il 48% per almeno 4 ore. I giovani adulti e gli adulti hanno il più alto livello di consumo, i minori e gli anziani il più basso. Sono alcuni dei risultati di una recente ricerca dell’AGCOM su “I fabbisogni di alfabetizzazione mediatica digitale”. Tra le attività più svolte online prevale l’acquisizione di informazioni e la ricerca di news (in particolare per adulti e anziani), la comunicazione con gli amici (il picco tra i grandi minori) e la fruizione di contenuti audiovisivi. L’80% degli italiani continua ad accedere ai media durante i pasti, guardando programmi televisivi in quattro casi su cinque, mentre il 20% tra i 6 e i 34 anni accede a social network e piattaforme di condivisione video. Otto genitori su dieci regolano poi l’accesso ai media dei figli, mentre il 13% impone il divieto assoluto e il 4,8% lascia totale libertà di utilizzo. Le regole più diffuse (adottate da 2 genitori su 10) sono limiti di tempo e fasce orarie nell’utilizzo dei media, il monitoraggio dell’uso da parte dei genitori e il blocco di specifici contenuti. Il 10,6% dei genitori modifica le impostazioni privacy degli account dei figli, ma solo il 12,5% parla dell’esperienza di navigazione online. I genitori over 45 e laureati utilizzano strategie di monitoraggio e co-using, mentre i più giovani e meno istruiti prediligono le restrizioni. 8 italiani su 10 si dichiarano poi preoccupati da una molteplicità di contenuti e attività considerati fonti di rischio, indifferentemente su tutti i mezzi di comunicazione; in particolare più di 4 italiani su dieci si dichiarano molto preoccupati per hate speech, contenuti illegali di diverso tipo, sfide social, disinformazione e cyberbullismo. Solo il 15% dei cittadini si dichiara molto preoccupato dalla presenza di contenuti audiovisivi non protetti dal diritto d’autore, mentre i minorenni si dichiarano meno preoccupati della media per tutti i contenuti e le attività fonti di rischio, più della metà degli anziani è molto preoccupata per hate speech, contenuti illegali di diverso tipo, sfide social. Dalla ricerca emerge inoltre come più della metà della popolazione italiana si sia imbattuta in contenuti di disinformazione, revenge porn e hate speech, e, in particolare, più di 4 italiani su 10 (43,5%) dichiarano di essersi imbattuti frequentemente in contenuti di disinformazione. Quest’ultima e l’hate speech rappresentano l’unico genere di contenuti analizzati per cui l’aumento del livello di preoccupazione degli utenti è associato a una diretta esperienza di fruizione del fenomeno. Circa tre minorenni su quattro hanno esperienza di fruizione di contenuti potenzialmente afferenti alla categoria di negative user-generated content, come sfide social, cyberbullismo, revenge porn, contenuti che incoraggiano disturbi alimentari e l’uso di sostanze stupefacenti illegali e contenuti di carattere sessuale non desiderati. Più di 8 cittadini su 10 svolgono comunque una qualche azione di contrasto quando si imbattono in attività/contenuti che rappresentano fattori di rischio, e in particolare più della metà evita di accedere a quel canale o testata o sito o piattaforma dopo essersi imbattuto in contenuti o attività fattori di rischio e circa un terzo dei cittadini verifica la fonte del contenuto o della notizia potenzialmente rischiosa. E più è alto il titolo di studio più cresce la frequenza di segnalazioni e verifiche. La maggior parte dei cittadini ripone un qualche livello di fiducia nelle capacità di differenti attori sociali ed economici di tutelare gli utenti. I minori hanno più fiducia nella scuola di altri soggetti e quasi la metà della popolazione (44,1%) non si rivolge ad alcun soggetto per avere indicazioni e suggerimenti per un utilizzo critico e consapevole dei mezzi di comunicazione. Una percentuale considerevole di minorenni si rivolge a famiglia (più della metà), insegnanti (circa un terzo) e, nel caso dei grandi minori, ad amici e compagni di scuola (30%). Più della metà della popolazione italiana dai 14 anni in su (58,9%) è a conoscenza del ruolo degli algoritmi di raccomandazione utilizzati dalle principali piattaforme online, ma con un grande divario tra gli anziani (il 35,9%) e i giovani adulti (il 73,3%). Solo il 7% degli italiani, però, ha un livello ottimale di alfabetizzazione algoritmica, mentre il 64,6% ha un livello nullo o scarso (l’83% tra gli anziani) e poco più di un quarto ha un livello discreto o buono. Il 48% della popolazione italiana è a conoscenza della possibilità di personalizzare la propria esperienza di fruizione sulle piattaforme online attraverso modalità di cura o segnalazione dei contenuti, con un livello di conoscenza superiore alla media per grandi minori e giovani adulti e nettamente inferiore alla media per gli anziani. Tra coloro che sono a conoscenza della possibilità di personalizzare la propria esperienza di fruizione sulle piattaforme online, l’80% dichiara di aver utilizzato almeno uno strumento di curation dei contenuti, e più del 60% di aver utilizzato almeno uno strumento di segnalazione dei contenuti, con differenti pattern di utilizzo tra fasce di età più evidenti per gli strumenti di segnalazione. Qui il Report di ricerca dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni – AGCOM: REPORT MEDIA LITERACY   Giovanni Caprio
Buoni Poste Italiane destinati a Telethon? Opponiamoci alla vivisezione
Apprendiamo dalla pubblicità tv e dal sito di Poste Italiane che per celebrare i 100 anni di storia dei Buoni Fruttiferi Postali, Poste Italiane lancia il “Buono 100”, al quale è legato un contributo di 10 milioni di euro alla Fondazione CDP per la realizzazione di 3 “progetti socialmente rilevanti”. Purtroppo, uno dei 3 progetti è di Telethon e quindi andrà a finanziare la vivisezione. Scriviamo a Poste Italiane e a Fondazione CDP per chiedere di finanziare un’altra associazione per la ricerca, che non usi animali. È vero che chi acquista il “Buono 100” può esprimere una preferenza su quale dei 3 progetti finanziare, però dei 10 milioni di euro totali, 4,8 milioni di euro saranno comunque suddivisi fra i 3 progetti (e anche la percentuale relativa ai buoni acquistati senza preferenza sarà suddivisa fra i 3) [Fonte: Sito di Poste Italiane]. Donando a Telethon, infatti, si finanzia attivamente la sperimentazione animale. La stessa Fondazione ammette il finanziamento di procedure su animali vivi e addirittura chiaramente la giustifica “«…passi avanti che hanno guarito o alleviato le sofferenze di milioni di malati al mondo, non sarebbero stati possibili senza una motivata, attenta e accurata sperimentazione sugli animali».[1] Ovviamente, Telethon non vuole informare il pubblico su quanta parte della loro “ricerca” sia in realtà vivisezione, né quanta parte dei fondi raccolti vada a finanziare questa sperimentazione su animali; in compenso si prodiga a chiarire come sia contro il maltrattamento animale ma sia a sostegno della sperimentazione su cavie: due affermazioni contraddittorie che non possono coesistere. Ancor più grave è che, nonostante il grande sostegno mediatico, pochi sono i risultati reali delle ricerche Telethon. La biologa dell’Università di Genova, Susanna Penco, in un’intervista a Pressenza Italia, aveva dichiarato: “I denari raccolti sono un’infinità, un numero molto grande, ma i successi così pochi da definire il bilancio deludente. In pratica, un enorme dispiego di mezzi economici e risorse umane per avere in cambio pochissimo. Purtroppo fare leva sulla speranza dei malati e delle loro famiglie è facile, ma è anche vero che loro sentono una campana sola”. Sarebbe interessante che il direttore generale di Telethon dichiarasse i numeri reali, affermando come più di 2.500 progetti, più 405 milioni spesi, più di 459 malattie finanziate e più di 9.300 pubblicazioni, abbiano prodotto ben poco. Ad oggi non sembra essere ammesso alcun dibattito sul tema della vivisezione, partendo dall’assunto acritico secondo cui la sperimentazione animale è imprescindibile quando tutti i dati della letteratura medica continuano a dire il contrario da più di 20 anni. E’ stata Fabrizia Pratesi de Ferrariis[2], all’epoca presidente di Equivita, che in un articolo del 2014 ricordava che dagli atti dell’Accademia Nazionale delle Scienze (PNAS) emergeva come uno studio, durato 10 anni, avesse dimostrato che l’avere usato i topi per la ricerca su tre patologie molto diffuse – sepsi, traumi e ustioni – abbia portato i ricercatori del tutto fuori strada facendo produrre 150 farmaci inutili[3]. Secondo l’FDA, il 92% dei farmaci che superano la sperimentazione animale non supera la sperimentazione umana[4]. Non solo, il 51% dei farmaci negli USA presentano gravi reazioni avverse non scoperte prima dell’approvazione della commercializzazione proprio a causa del fatto che si continua ad usare la sperimentazione animale, una pratica di dubbia scientificità [5]. Usare le prove su animali, disponendo oggi di metodi di valutazione di gran lunga più affidabili, significa sperperare immense risorse, causare sofferenze inutili e un ritardo irrecuperabile nella ricerca. Inoltre è interessante ricordare la poca trasparenza finanziaria di Telethon. A ricordarlo, nel 2017, era stato Jacques Testard, direttore della ricerca presso l’Istituto Nazionale Francese della Sanità e della Ricerca Medica (Inserm): “E’ scandaloso. Telethon raccoglie annualmente tanti euro quanto il bilancio di funzionamento di tutto l’Inserm (Francia). La gente pensa di donare soldi per la cura. Ma la terapia genica non è efficace. Se i donatori sapessero che il loro denaro, prima di tutto è utilizzato per finanziare le pubblicazioni scientifiche, ma anche i brevetti di poche imprese, o per eliminare gli embrioni dai geni deficienti, cambierebbero di parere”[6]. Un modo gentile per raccontare come quella di Telethon sia un affare poco trasparente in cui il denaro è usato per scopi commerciali e non per la ricerca. È vergognoso, a tal proposito, che Fondazione Telethon tenga percorsi di “educazione civica”[7] perché nulla è così incivile come la spettacolarizzazione del dolore per attrarre donazioni e finanziamenti e coprire le operazioni di lucro. Per questi motivi invitiamo a scrivere a Poste Italiane e Fondazione CDP per chiedere loro di selezionare per le donazioni alla ricerca scientifica solo associazioni che non fanno sperimentazione animale, pratica come minimo controversa sul piano scientifico oltre che inaccettabile da quello etico. Per ragioni tecniche il messaggio-tipo automatico deve essere brevissimo, solo 5 righe, ma chiediamo a tutti a scrivere messaggi personalizzati più lunghi (SENZA INSULTI, però!). In particolare, chi ha già acquistato buoni postali, e avrebbe voluto acquistare anche questo, può scrivere per far capire che questa scelta di Poste Italiane e della Fondazione CDPè discriminante e dannosa. Per inviare mail: * o cliccare si “Invia mail” al link presente https://www.agireora.org/mail/protesta-telethon-poste-italiane.html * o scrivere mail per iscritto avete come “Destinatari” servizio.clienti@posteitaliane.it e info@fondazionecdp.it; come “Oggetto” No buoni postali destinati a Telethon; e come testo il seguente:Buongiorno, mi unisco alla protesta per le donazioni a Telethon per il ‘Buono 100’: Telethon finanzia la sperimentazione animale, che causa sofferenza e non è mai stata validata scientificamente. Le persone contrarie sono sempre di più e così impedite loro di usufruire dei vostri buoni. Vi chiedo di scegliere associazioni che non facciano test su animali.Distinti saluti, (nome e cognome) Grazie per la partecipazione! Invitiamo anche diffondere questa protesta, segnalando il link alla pagina della protesta.   [1] https://investigations.peta.org/french-dog-laboratory-animal-testing/ [2] https://www.lav.it/news/ciao-fabrizia-pratesi-amica-lotte-antivivisezione [3] https://www.dolcevitaonline.it/il-falso-mito-della-vivisezione-utile-alla-scienza-2/ [4] Lester Crawford, FDA Commissioner, in The Scientist 6.8.04 “More compounds failing Phase I” / US Food and Drug Administration (2004) Innovation or Stagnation, Challenge and Opportunity on the Critical Path to New Medical Products [5] Moore T.J. e altri. Time to act on drug safety.  JAMA, vol. 279: pp. 1571-1573, 1998 [6] http://coscienzeinrete.net/benessere-olistico/item/2493-capo-ricercatore-francese-telethon-e-una-truffa [7] https://back.telethon.it/uploads/2024/09/Fondazione-Telethon-Percorsi-di-educazione-civica.pdf   Ulteriori informazioni L’Imperatrice Nuda – libro denuncia sulla vivisezione http://www.hansruesch.net/articoli/Imperatrice%20Nuda%20%281976%29.pdf Su Telethon: https://www.pressenza.com/it/2022/12/telethon-tra-business-filantropico-e-vivisezione/ https://www.pressenza.com/it/2020/12/soldi-a-telethon-no-grazie-ne-parliamo-con-susanna-penco/ https://www.blog-lavoroesalute.org/wp-content/uploads/2023/11/INSERTO-TELETHON-LeS-novembre-2023_last.pdf Su Sperimentazione Animale: https://www.pressenza.com/it/2021/01/progetto-light-up-i-macachi-ciechi-a-norma-di-legge-intervista-a-susanna-penco/ https://www.pressenza.com/it/2022/01/obiezione-di-coscienza-contro-vaccini-testati-su-animali/ Lorenzo Poli
Il personale del Consiglio Nazionale delle Ricerche si organizza per l’obiezione attiva alla guerra
I ricercatori del CNR si dichiarano NON disponibili a mettere i propri saperi al servizio della pratica e della cultura della guerra. Le elevate competenze intellettuali e scientifiche sono parte essenziale – al punto da diventare bersagli – delle azioni belliche: dal know-how tecnico sulle armi fino alla costruzione ideologica e retorica di una “cultura della guerra”. All’interno del Consiglio Nazionale delle Ricerche si è andata consolidando la condanna per l’estendersi delle azioni belliche, delle pratiche di sterminio in atto a Gaza e della normalizzazione del conflitto armato. Centinaia di lavoratrici e lavoratori del più grande Ente di ricerca italiano si dichiarano non disponibili a mettere i propri saperi al servizio della pratica e della cultura della guerra. All’opposto, si impegnano a contrastare con azioni concrete la deriva bellicista e a mettere le loro competenze al servizio della ricerca e dello sviluppo di approcci alla risoluzione delle controversie internazionali fondati sul diritto e sul dialogo. Il testo completo del manifesto con le firme in aggiornamento è disponibile qui.   Left