In che modo l’intelligenza artificiale e la sovrainformazione stanno cancellando la coscienza umana?
di Irshad Ahmad Mughal e la Dott.ssa Qurat ul Ain Rana
La dominazione della coscienza umana da parte dell’intelligenza artificiale (IA)
e l’inarrestabile sovrabbondanza di informazioni stanno segnando una profonda
crisi esistenziale che pensatori come Edmund Husserl e Jean-Paul Sartre non
avrebbero potuto pienamente anticipare, ma i cui quadri filosofici ci aiutano a
comprenderne la profondità.
Husserl, il fondatore della fenomenologia, cercava di scoprire le strutture
della coscienza, esaminando come gli esseri umani sperimentano e strutturano il
significato nel mondo. L’esistenzialista Sartre enfatizzava la libertà radicale,
sostenendo che gli esseri umani sono condannati a creare la propria essenza
attraverso la scelta e l’azione. Oggi, invece, gli strumenti stessi progettati
per estendere le capacità umane -l’IA, i social media e i sistemi algoritmici-
stanno rimodellando la coscienza stessa, non come meri strumenti, ma come forze
che dettano la percezione, il pensiero e persino l’identità.
Husserl aveva avvertito di un crescente distacco dal “mondo della vita”,
l’esperienza immediata e vissuta, nonché fondamento della comprensione umana;
temeva che i modelli astratti e matematizzati della scienza ci avrebbero
alienati dalla ricchezza della percezione diretta. Nell’era digitale, questa
alienazione ha raggiunto un livello estremo. Le piattaforme di social media, dei
motori di ricerca e di contenuti guidati dall’IA non si limitano solo a mediare
la realtà, ma la creano.
Il flusso costante di informazioni selezionate, suggerimenti automatizzati e
feed determinati algoritmicamente hanno trasformato l’intenzionalità umana, quel
coinvolgimento attivo e diretto con il mondo, in un’esperienza esternalizzata:
non cerchiamo più il significato, esso ci viene fornito, pre-elaborato da
sistemi progettati per catturare l’attenzione piuttosto che coltivare la
comprensione.
L’esistenzialismo di Sartre, con la sua insistenza sulla libertà assoluta e la
responsabilità, appare quasi arcaico in questo contesto. Se l’esistenza precede
l’essenza, come sosteneva Sartre, allora l’essenza dell’esistenza umana
contemporanea viene riscritta da sistemi esterni che riducono le scelte a delle
analisi predittive. Quando l’IA redige le nostre email, ci consiglia la nostra
prossima lettura, o genera persino il nostro stile; il peso delle decisioni
viene cancellato, ma in questo modo anche l’esercizio della libertà autentica.
Il concetto sartriano di “malafede,” l’autoinganno attraverso cui le persone si
sottraggono alle responsabilità, ora si manifesta nella nostra dipendenza
passiva dalle macchine, alle quali deleghiamo il compito di pensare e di agire
al nostro posto. Non ci angosciamo più per la possibilità di scelta; accettiamo
il risultato più conveniente, il percorso di minor resistenza tracciato dagli
algoritmi.
La critica di Martin Heidegger alla tecnologia moderna illumina ulteriormente
questo cambiamento. Infatti, Heidegger sosteneva che la tecnologia non si limita
solo ad aiutare l’uomo, ma trasforma il modo in cui percepiamo l’essere stesso.
L’era digitale esemplifica questa nozione di “imposizione,” dove tutto – incluso
il pensiero umano – viene ridotto a dati calcolabili, ottimizzato per questioni
di efficienza e controllo.
L’IA non si limita ad assistere la cognizione; la ridefinisce, addestrandoci a
pensare in termini di input e output piuttosto che di riflessione e significato.
Le piattaforme di social media sfruttano l’attenzione come una risorsa,
trasformando la coscienza in una merce. In questo sistema, gli esseri umani non
sono più gli utenti che fanno uso della tecnologia, ma la sua materia prima,
plasmati dagli strumenti stessi che hanno creato.
Il paradosso di queste tecnologie è che sono state costruite per dare potere
all’uomo, ma ora rischiano di renderlo loro schiavo. Un martello è l’estensione
della forza del braccio, ma non ha potere decisionale su dove colpire; l’IA,
tuttavia, anticipa invece i desideri, predice i comportamenti e spesso prende
decisioni senza l’intervento umano. Più integriamo questi sistemi nella vita
quotidiana, più i nostri processi cognitivi ed emotivi tendono ad adattarsi alla
loro logic: il risultato è un’erosione sottile dell’autonomia, non attraverso
una coercizione palese, bensì attraverso la convenienza seducente
dell’esternalizzazione del pensiero.
L’avvertimento di Herbert Marcuse sulla “razionalità tecnologica” è più che mai
estremamente attuale in questo contesto: quando l’efficienza sostituisce il
pensiero critico, gli esseri umani diventano destinatari passivi di un sistema
che non controllano più.
Se c’è una via d’uscita da questa crisi, risiede nel riaffermare il primato
della coscienza umana sui suoi intermediari digitali. Ciò non significa
rifiutare del tutto la tecnologia, ma resistere alla sua tendenza a dominare la
percezione e la scelta umane, uno sforzo che richiede una resistenza consapevole
al determinismo algoritmico, un impegno deliberato con l’esperienza non mediata
e la richiesta di una progettazione etica che dia priorità all’agire dell’uomo
rispetto all’automatizzazione.
Gli esistenzialisti credevano nell’irriducibile libertà dell’individuo, ma ora
questa libertà deve essere reclamata, non dal destino o dalla volontà divina, ma
dalle stesse macchine che abbiamo costruito per servirci. L’alternativa è un
mondo in cui la coscienza, un tempo sede del significato e dell’autonomia, sarà
ridotta a poco più che un nodo di una vasta rete impersonale di controllo delle
informazioni.
Sugli autori:
Irshad Ahmad Mughal e la Dott.ssa Qurat-ul-Ain Rana formano un formidabile
partenariato intelletuale nella ricerca accademica pakistana contemporanea. Il
Prof. Mughal, rinomato per le sue traduzioni in urdu delle opere rivoluzionarie
di Paulo Freire e per aver insegnato per decenni filosofia politica
all’Università del Punjab, unisce le sue forze a quelle della Dott.ssa Rana,
affermata sociologa e commentatrice sociale le cui analisi taglienti
arricchiscono regolarmente le principali riviste pakistane. Insieme, i loro
scritti in collaborazione per Pressenza intrecciano una rigorosa visione
accademica con un’urgente critica sociale, collegando la teoria critica
occidentale con le realtà sud-asiatiche per illuminare i percorsi verso un
cambiamento trasformativo.
Traduzione dall’inglese di Stella Maris Dante. Revisione di Maria Sartori.
Pressenza IPA