
L’Italia non è ancora un Paese per padri
Pressenza - Friday, July 4, 2025Anche se molti uomini dichiarano di partecipare attivamente all’assistenza quotidiana, resta un divario di percezione significativo: il 74% dei padri ritiene che l’assistenza sia equamente condivisa, ma solo il 51% delle madri è d’accordo. Le madri continuano insomma a sostenere il carico maggiore di assistenza e di gestione della famiglia, spesso a scapito del loro benessere e delle loro opportunità lavorative. Tuttavia, non appare trascurabile il ruolo che i padri svolgono nello sviluppo dei figli: un maggiore coinvolgimento è connesso a legami emotivi più forti, migliori risultati di apprendimento e un migliore benessere a lungo termine per i bambini. E’ quanto emerge dal recente Rapporto SOSEF-State of Southern European Fathers, un’indagine condotta da Equimundo in Portogallo, Spagna e Italia nell’ambito del progetto europeo EMiNC-Engaging Men in Nurturing Care, coordinato da ISSA-International Step by Step Association e promosso in Italia dal Centro per la Salute del Bambino.
L’indagine ha cercato di rispondere alle seguenti domande fondamentali su paternità e cura nell’Europa meridionale: Chi si prende cura? Quali barriere esistono? Quale l’impatto delle responsabilità di cura sugli individui? Quali strutture di supporto esistono? Dalla ricerca emerge un forte cambiamento sociale e culturale in atto nell’essere padri nel Sud Europa, che li vede sempre più impegnati nella cura dei figli e delle figlie e nella gestione domestica, come caregiver corresponsabili e non solo come aiutanti, con tutti i benefici che questo comporta. Si tratta di un cambiamento importante, ma che da noi avanza in maniera più lenta rispetto ad altri Paesi, relegandoci a fanalino di coda non solo del Nord ma anche del Sud Europa. Abbiamo infatti il tasso di occupazione femminile più basso (53% nel 2024), il congedo di paternità più breve d’Europa (2 settimane contro le 16 della Spagna) e restiamo fermi, bloccati da barriere strutturali, sociali e normative che frenano la piena partecipazione dei padri alla cura e a una più equa condivisione delle “faccende domestiche”. E’ indubbio che la disparità nel lavoro di cura si intreccia con le disuguaglianze nel lavoro e con la presenza di norme di genere – ancora persistenti – che limitano la partecipazione economica delle donne e aumentano la sproporzione nel carico del lavoro di cura non retribuito rispetto agli uomini. In Italia la bassa occupazione femminile fa sì che le donne italiane abbiano 20 volte (il doppio rispetto a Spagna e Portogallo) più probabilità degli uomini di essere delle caregiver a tempo pieno a casa (nel campione analizzato il 18,6% delle italiane intervistate sono casalinghe a tempo pieno contro il 7,6% delle spagnole e il 4,7% delle portoghesi).
Nei tre Paesi analizzati è la mancanza di tempo a causa degli obblighi di lavoro a rendere problematico per molti genitori l’apporto ai lavori di cura. E il tempo necessario può e deve essere garantito da congedi riservati ai padri, obbligatori, più lunghi e ben pagati, al pari delle madri, secondo il modello spagnolo. Infatti, in tutti e tre i Paesi i padri riconoscono in larghissima maggioranza i benefici del congedo genitoriale retribuito per loro stessi (88%), per le loro partner (90%) e per i loro figli e figlie (93%) e per due terzi concordano anche sul fatto che il congedo genitoriale dovrebbe essere uguale tra uomini e donne. E’ ormai diffusamente riconosciuta l’importanza per i figli e per le figlie della presenza di padri accudenti, soprattutto nei primi mille giorni di vita, come ad esempio una significativa riduzione dei comportamenti violenti negli adolescenti maschi. Ma anche per le partner e per l’intera società è importante il pieno coinvolgimento dei padri. Si tratta di evidenze (soprattutto scientifiche) che già da sole giustificherebbero un’ampia azione riformatrice in tale settore. Il Rapporto mette in evidenza come il 60% delle madri e dei padri intervistati voterebbe per un partito o un politico che sostenesse un congedo genitoriale retribuito più lungo. Un dato che arriva addirittura al 66% tra le madri italiane, che hanno dichiarato che avrebbero dato priorità alle politiche di congedo al momento del voto.
Il rapporto propone di sviluppare solide riforme, come un congedo per i padri completamente retribuito e non trasferibile, e investimenti in servizi per la prima infanzia che coinvolgano attivamente gli uomini. Oltre a campagne pubbliche e reti locali di supporto tra pari per modificare norme e aspettative. Promuovere l’assistenza degli uomini non è solo una questione di parità di genere, ma è una strategia chiave per garantire che tutti i bambini prosperino fin dall’inizio della loro vita. Occorre garantire che la cura sia valorizzata e sostenuta per entrambi i genitori, che sia garantita la sicurezza finanziaria durante il congedo, che il lavoro sia compatibile con la cura, senza penalizzazioni o stigmatizzazioni, che vi sia un cambiamento culturale che passi attraverso l’evoluzione delle aspettative sociali e culturali e che vi sia la modifica delle narrazioni sulla mascolinità e sulla paternità.
Qui per scaricare il Rapporto (in inglese): https://issa.nl/state-southern-european-fathers-2024-building-evidence-engaging-men-nurturing-care-italy-portugal?UA-144185756-4.