Freedom Flotilla Coalition, intervista ad Antonio MazzeoFreedom Flotilla, la coalizione internazionale che associa cittadini comuni,
attivisti e operatori umanitari, ha lo scopo di fare pressione sul governo
israeliano affinché cessi l’assedio che dal ’48 perpetra ai danni del popolo
palestinese, con alterne accelerazione dei soprusi nei loro confronti, sfociato
nella creazione di Gaza, la più grande prigione a cielo aperto del mondo.
Con la decisa sterzata a destra dell’ultimo ventennio, fino all’attuale
coalizione governativa, ostaggio delle fazioni più oltranziste, conservatrici e
islamofobe, l’assedio, frutto marcio di un colonialismo di insediamento, così
come viene sistematizzato ed applicato al popolo palestinese secondo lo storico
israeliano Ilan Pappé, si è addirittura trasformato in genocidio: uno sterminio
in mondovisione dove le immagini e le cifre si rincorrono a suon di fake-news
che negano la realtà dei fatti.
Tornando alla Freedom Flotilla e al caso della nave Handala, l’obiettivo è
quello di rompere il blocco illegale agli aiuti umanitari, entrando nell’unico
corridoio, il porto di Gaza, che in teoria non richiederebbe il “permesso” del
governo sionista perché, appunto, è territorio palestinese. Lo scopo più
importante però è quello di aprire una breccia nel muro spietato
dell’indifferenza, uno spiraglio di speranza contro il genocidio e su questo,
come sempre, ci sono venuti in aiuto i bambini e le bambine della Sicilia e
della Puglia con i loro giocattoli da consegnare ai loro fratellini gazawi.
Pur non avendo l’autorità legale per assaltare la nave, rapirne l’equipaggio e
poi detenerlo e deportarlo nel proprio territorio, Israele lo ha fatto compiendo
un gesto terroristico, nonché un atto di guerra non dichiarato preventivamente:
un attacco non provocato infatti è considerato “crimine di guerra” (Art. 8
dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale. Come ha dichiarato Ann
Wright, membro del comitato direttivo della Freedom Flotilla, “non si tratta di
una questione di giurisdizione interna israeliana. Si tratta di cittadini
stranieri che operano secondo il diritto internazionale in acque internazionali.
La loro detenzione è arbitraria, illegale e deve cessare”.
L’assalto dei militari israeliani è avvenuto in acque internazionali a 40 miglia
nautiche dalle coste di Gaza nella notte tra il 25 e il 26 luglio 2025, quindi
si configura come l’ennesimo crimine commesso da Israele nel totale disprezzo
del diritto internazionale. I 21 membri della Freedom Flottilla sono stati
rapiti e incarcerati. Gli è stata data la possibilità di essere rimpatriati
subito firmando un documento precompilato, ma alcuni di loro non hanno accettato
e sono ancora detenuti in attesa di processo per l’espulsione forzata, in teoria
dopo 72 ore e dopo avere subito un processo per direttissima con l’accusa
paradossale di “immigrazione clandestina”: sulla base di questa accusa
fantasiosa lo Stato d’Israele non sarebbe mai dovuto nascere!
Antonio Mazzeo, uno dei due italiani che ha scelto di tornare immediatamente in
Italia, dopo aver risposto alle domande tipiche dei media mainstream (“Come ti
hanno trattato?”, “Dove stanno gli altri membri dell’equipaggio?”, oppure
“Quando verranno rilasciati?”, ecc. ecc.) tentando ogni volta di riportare il
discorso sulla situazione tragica di Gaza, sui massacri, sul genocidio e sulle
complicità dei governi “occidentali”, primo fra tutti quello più fedele a
asservito alla coppia USA-Israele, l’Italia, si è soffermato su uno degli
aspetti più emozionanti che aveva in serbo la missione.
Antonio, parlaci dei giocattoli e dell’obiettivo di portare questi regali,
simbolo di unione tra i bambini di Siracusa e Gallipoli (l’ultima tappa prima di
prendere il largo verso le coste palestinesi) e i loro fratelli, ancora oggi
sotto le bombe a Gaza
Il fatto stesso che la nave si chiamasse Handala, un personaggio dei fumetti con
cui sono cresciute intere generazioni di giovani palestinesi, conteneva un
messaggio particolare. Non eravamo una delle tante navi umanitarie che hanno
tentato di forzare il blocco, ma una nave pensata principalmente per il suo
rapporto con i bambini. La nave si è “arricchita”, a dimostrazione di quanto
fosse stato colto questo segnale, nelle due soste a Siracusa e a Gallipoli, dove
è stata visitata da centinaia di bambini e bambine. Volevano vedere proprio la
nave Handala, quella che portava gli aiuti ai loro amichetti di Gaza! Tutti
sentivano il bisogno di portare qualcosa, in questo caso bambolotti, peluche e
giocattoli.
La cosa più bella e commovente è avvenuta la mattina dell’arrivo ad Ashdod.
Stava albeggiando, eravamo tutti sdraiati sul ponte e mi sono accorto che ognuno
di noi dormiva abbracciato a uno dei peluche con cui avevamo navigato in quegli
ultimi 10 giorni. Eppure stiamo parlando di persone dai 70 anni e più, sino ai
25! Anch’io ho portato con me un souvenir dall’Handala, uno di quei bambolotti.
Ecco, forse questa è la cosa più bella, il segnale più bello, perché
probabilmente tra i bambini del mondo, ma anche tra quei bambini a cui l’umanità
viene negata, i bambini di Gaza, il luogo più disumanizzato e più disumanizzante
che esista, c’è ancora lo stesso bisogno di protezione e di dolcezza. I bambini
avrebbero potuto vedere una nave che portava degli aiuti, ma soprattutto i
regalini dei loro cuginetti dall’altra parte del Mediterraneo. Allora, questo sì
che è un segno di speranza anche per le nostre giovani generazioni.
Questa situazione, la strage per fame e oggi il genocidio per fame a Gaza, mi fa
venire in mente soltanto un’altra vicenda storica, dei primi anni ’60, dopo
l’indipendenza della Nigeria: in quegli anni in Biafra morivano migliaia e
migliaia di bambini, come oggi, ma con la differenza che sono passati 60 anni e
questi fatti si ripetono ancora. Inoltre all’epoca si trattava di una sorta di
guerra civile tutta svolta all’interno di uno Stato, mentre oggi assistiamo a
uno Stato che sta occupando e facendo morire di malnutrizione i cittadini di un
altro Stato.
Antonio, ti porto i ringraziamenti di Nancy Hamad*, la studentessa laureanda in
economia con cui sono in contatto direttamente da Gaza. Quando le ho raccontato
di questa iniziativa mi ha chiesto di dirti quanto questo supporto morale sia
fondamentale per loro.
Grazie a voi!
* Per leggere le corrispondenze e conoscere la vicenda di Nancy Hamad di Gaza,
vai ai nostri articoli pubblicati su Pressenza: articolo1 – articolo2 –
articolo3
Stefano Bertoldi