Piano Mattei fra mito e realtà

Comune-info - Monday, June 30, 2025

Appena insediata a Palazzo Chigi, Giorgia Meloni ha annunciato un piano Mattei nei confronti dell’Africa. Oggi la questione energetica è sempre di più al centro di quel piano, nella cui “Cabina di regia”, istituita presso la Presidenza del Consiglio, ci sono, tra gli altri, Acea, Snam, Fincantieri, Eni, Leonardo, Fs, Enel, Terna… Tra gli obiettivi del governo e dei suoi amici ci sono in particolare la costruzione tra Sicilia e Tunisia di un elettrodotto e di una conduttura per far arrivare idrogeno in Europa. “I popoli del Sud del mondo sono stati depredati da secoli di colonialismo, guerre, scambio ineguale, latrocinio finanziario… – scrive Francesco Gesualdi – Solo la solidarietà gratuita, senza aspettarsi niente indietro, può portare sviluppo umano. Non è carità, ma giustizia…”

Costa tunisina. Foto di unsplash.com

Poco dopo il suo insediamento a Palazzo Chigi, Giorgia Meloni annunciò di voler lanciare un piano Mattei nei confronti dell’Africa. Inizialmente la proposta appariva piuttosto nebulosa perché se da una parte evocava l’idea di cooperazione, quindi di interventi senza contropartita economica, dall’altra la chiamata in causa di Mattei enunciava la connotazione commerciale, ricordandoci che Enrico Mattei è passato alla storia per avere instaurato nuovi rapporti economici con i paesi del Nord Africa produttori di petrolio. Col passare del tempo i contorni si sono fatti più chiari e alcune cose si possono affermare con certezza.

La prima è che di tutto il Sud del mondo, il continente che Meloni ritiene strategico per l’Italia è l’Africa. Lo puntualizzò nella Conferenza Italia-Africa che convocò a Roma il 24 gennaio 2024. Alla presenza di una quarantina di delegazioni africane affermò: «L’obiettivo che ci siamo dati è quello di dimostrare che siamo consapevoli di quanto il destino dei nostri due continenti, Europa e Africa, sia interconnesso». Un’interconnessione che Meloni vede sotto due profili: da una parte la grande quantità di risorse custodite dall’Africa che se sfruttate adeguatamente possono fare la ricchezza sia dell’Africa, sia dell’Italia; dall’altra la crescita della popolazione africana a cui va data una prospettiva economica per impedire l’emergere di migrazioni di massa.

La seconda cosa che si può dire è che la presidente del Consiglio, vuole seguire direttamente tutta la partita riguardante i rapporti di cooperazione e sviluppo con l’Africa. Come ogni stato, anche l’Italia dispone di una politica di aiuto al Sud del mondo articolata in più direzioni. Da una parte partecipando a fondi gestiti da istituzioni internazionali come la Banca Mondiale; dall’altra finanziando in forma diretta progetti di cooperazione sociale e ambientale. Secondo il bilancio di previsione dello stato, nel 2025 questo doppio canale di intervento dovrebbe assorbire 4,5 miliardi di euro, lo 0,20% del pil italiano ben lontano dallo 0,70% raccomandato dalle Nazioni Unite. Con l’istituzione del piano Mattei, divenuto legge con un provvedimento del gennaio 2024, tutti gli interventi riguardanti l’Africa saranno coordinati da un organismo unico, denominato “Cabina di regia” istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Allo stato attuale è composto da una trentina di membri, sia pubblici, sia privati, al cui apice siede il Presidente del Consiglio. ‬‬‬‬‬

La terza cosa che si può dire è che il Piano Mattei intende agire fortemente anche tramite le imprese private, sia africane, che italiane. Non a caso una buona metà dei componenti della Cabina di regia sono rappresentanti d’impresa o di associazioni imprenditoriali, fra cui Acea, Snam, Fincantieri, Eni, Fondazione Med-Or, Leonardo, Fs, Enel, Terna, Cna, Cia, Confagricoltura, Coldiretti, Confartigianato. Del resto durante il discorso che tenne alla Conferenza Italia-Africa nel gennaio 2024, Giorgia Meloni precisò che il Piano non può «prescindere dal pieno coinvolgimento di tutto il “Sistema Italia” complessivamente inteso, a partire dalla Cooperazione allo Sviluppo e dal settore privato che è fondamentale coinvolgere nella nostra strategia, dato l’enorme patrimonio di conoscenza, tecnologia e soluzioni innovative che può vantare». Il risultato è che fra i primi progetti inseriti nel Piano Mattei c’è l’avvio in Algeria di un polo agricolo gestito dall’azienda italiana Bonifiche Ferraresi per la messa in produzione di 800 ettari di terreni semi aridi, estendibili a 36.000 nella parte sud-orientale del Sahara algerino. Oltre alla coltivazione di grano, cereali e semi per oli, è prevista la costruzione di impianti di molitura, spremitura e altri stabilimenti di trasformazione alimentare, precisando che il 30% della produzione sarà riservato all’esportazione verso l’Italia. La stessa azienda sarà sostenuta per la realizzazione di un progetto agricolo in Egitto, paese nel quale sono previsti vari altri interventi fra cui la costruzione da parte di Arsenale Spa, di un treno turistico “Made in Italy” sulla tratta Il Cairo-Assuan. E rimanendo in ambito agricolo compare perfino un progetto gestito da Eni, già finanziato dalla Banca Mondiale e dal Fondo Italiano per il Clima per un totale di 210mila euro. Il paese di attuazione è il Kenya dal quale, già da anni la multinazionale petrolifera si approvvigiona di olio di ricino e altri oli vegetali da trasformare in biocarburante nei suoi stabilimenti di Gela e Porto Marghera.

Dopo la forte riduzione di gas proveniente dalla Russia, il tema energetico è diventato di importanza strategica per tutta l’Europa e Gorgia Meloni non ha mai fatto mistero di volere inserire la questione energetica nel Piano Mattei con l’obiettivo di trasformare l’Italia in un hub, ossia un punto di approdo e smistamento energetico per tutta l’Europa. Lo ha ripetuto anche nel gennaio 2024 durante il discorso che tenne alla conferenza Italia-Africa: «Noi siamo sempre stati convinti che l’Italia abbia tutte le carte in regola per diventare l’hub naturale di approvvigionamento energetico per l’intera Europa. È un obiettivo che possiamo raggiungere se usiamo l’energia come chiave di sviluppo per tutti. L’interesse che persegue l’Italia è aiutare le Nazioni africane interessate a produrre energia sufficiente alle proprie esigenze e ad esportare in Europa la parte in eccesso. (,,,). Tra le iniziative in questo ambito voglio ricordare quella in Kenya dedicato allo sviluppo della filiera dei biocarburanti, che punta a coinvolgere fino a circa 400 mila agricoltori entro il 2027. Ma chiaramente questo scambio funziona se ci sono anche infrastrutture di connessione tra i due continenti e lavoriamo da tempo anche su questo, soprattutto insieme all’Unione Europea. Penso all’interconnessione elettrica ELMED tra Italia e Tunisia, o al nuovo Corridoio H2 Sud per il trasporto dell’idrogeno dal Nord Africa all’Europa centrale passando per l’Italia».

Per capire meglio il discorso di Meloni, vale la pena precisare che Elmed è un progetto che prevede la costruzione di un elettrodotto tra Sicilia e Tunisia, per una lunghezza complessiva di 220 chilometri, di cui 200 in cavo sottomarino. Un progetto portato avanti dalla società elettrica italiana Terna e quella tunisina Steg, col finanziamento di fondi europei e della Banca Mondiale, per garantire all’Europa energia elettrica prodotta in Nord Africa da fonti rinnovabili. Quanto al Corridoio H2 Sud, è un progetto portato avanti da un consorzio di imprese europee, fra cui l’italiana Snam, finalizzato a costruire una conduttura lunga 3300 km per trasportare idrogeno prodotto in Tunisia fino al cuore d’Europa. Viste le dichiarazioni di Meloni, c’è da aspettarsi che entrambi i progetti saranno inseriti nel piano Mattei assorbendo chissà quanti soldi dei contribuenti italiani.

Da un punto di vista finanziario, il Piano è piuttosto generico. Non precisa quali progetti hanno diritto a contributi a fondo perduto, quali solo a prestiti. Si limita a dire che in un quadriennio, il Piano potrà contare su 5,2 miliardi di euro, di cui 3 attinti dal Fondo italiano per il clima e 2,5 dai fondi per la Cooperazione allo sviluppo. Inoltre asserisce di volersi avvalere della collaborazione di una serie di istituti finanziari italiani di natura pubblica come la Cassa Depositi e Prestiti, Simest, Sace e altri fondi di livello internazionale. Ma non precisa né i criteri di finanziamento né le procedure da seguire, forse per lasciare mano libera alla Cabina di regia che di volta in volta potrà decidere quale forma di aiuto assicurare e da parte di chi.

Meloni ha presentato il Piano come «una cooperazione da pari a pari, lontana da qualsiasi tentazione predatoria, ma anche da quell’impostazione “caritatevole” che mal si concilia con le straordinarie potenzialità di sviluppo dell’Africa». Per sapere se è davvero così dovremo aspettare qualche anno, ma l’eccessiva attenzione ai benefici che ne può trarre l’Italia e l’eccessivo protagonismo del mondo degli affari non sono di buon auspicio. In Kenya, ad esempio, in località Mbegi ci sono già state proteste da parte dei piccoli contadini che producono ricino per Eni: i guadagni promessi non sono arrivati. Lo scrive il Financial Times dell’11 aprile 2025.

I popoli del Sud del mondo sono stati depredati da secoli di colonialismo, guerre, scambio ineguale, latrocinio finanziario. Per rialzarsi hanno bisogno di opere e servizi di base pensati per loro: acqua, sanità, corrente elettrica, scuole, trasporti. Il mondo degli affari ha portato sfruttamento e miseria. Solo la solidarietà gratuita, senza aspettarsi niente indietro, può portare sviluppo umano. Non è carità, ma giustizia.

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