Tag - News

“CURAMI-PRIMA DI TUTTO LA SALUTE”: REGIONE LOMBARDIA SENZA FRENI SULL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA
La trasmissione di sabato 6 dicembre ospita la dottoressa Michela Palestra Consigliera regionale di Patto civico Lombardia e Marco Caldiroli Presidente Medicina Democratica. Puntata dal titolo “la Regione Lombardia senza freni sull’autonomia differenziata:scritta la preintesa col governo”. “Curami. Prima di tutto la salute” è una trasmissione di Radio Onda d’Urto in onda il sabato mattina su Radio Onda d’Urto, dalle 12.00 alle 12.30, di Donatella Albini, medica del centro studi e informazione sulla medicina di genere, già delegata alla sanità del Comune di Brescia, e di Antonino Cimino, medico e referente di Medicina Democratica – Movimento di lotta per la salute – di Brescia. La trasmissione viene replicata il mercoledì alle ore 12.30. La puntata di sabato 6 dicembre Ascolta o scarica
Il capo di Hezbollah: il Libano affronta una “pericolosa ed espansionista aggressione israeliana”
Beirut – PressTv. Il Segretario Generale di Hezbollah, shaykh Naim Qassem, ha sottolineato che il Libano sta affrontando una “pericolosa ed espansionistica aggressione israeliana” che dovrebbe essere contrastata “con tutti i mezzi”. Il capo di Hezbollah ha rilasciato tali dichiarazioni in un discorso televisivo durante una cerimonia in onore degli studiosi martirizzati, venerdì. Qassem ha sottolineato che le azioni di Israele sono “espansionistiche”, sottolineando che il regime occupante non ha rispettato l’accordo di cessate il fuoco raggiunto lo scorso anno, a differenza del Libano e dei suoi movimenti di resistenza. L’aggressione non mira a disarmare la resistenza, ma a occupare il Libano e iniziare ad attuare la cosiddetta visione del “Grande Israele”, ha osservato. La cosiddetta visione del “Grande Israele”, che include i territori palestinesi occupati da Israele e parti di Egitto, Giordania, Siria e Libano, è stata descritta dal primo ministro Benjamin Netanyahu ad agosto come “una missione storica e spirituale”. Ha dichiarato ai media israeliani di sentirsi profondamente legato a “questa visione”. > “Hezbollah was able to be an inseparable part of the Lebanese Resistance” > > Sheikh Naeem Qassem states that Hezbollah serves as the unifying and inclusive > nationalist force of Lebanon that collaborates with all sects. > > Follow Press TV on Telegram: https://t.co/LWoNSpkJSh > pic.twitter.com/p7jWGqsJTs > > — Press TV 🔻 (@PressTV) December 5, 2025 Ricordando che il governo di Beirut ha optato per una soluzione diplomatica per porre fine all’aggressione israeliana, Qassem ha affermato che Hezbollah ha sostenuto gli sforzi compiuti dalle autorità libanesi in tal senso. Tuttavia, ha sottolineato che gli Stati Uniti e Israele non dovrebbero interferire negli affari interni del Paese o nella sua strategia di difesa. Il capo di Hezbollah ha affermato che le armi di resistenza e la capacità difensiva del Paese di affrontare qualsiasi aggressione sono una questione non negoziabile. “Difenderemo noi stessi, il nostro popolo e il nostro Paese e siamo pronti a sacrificarci al massimo e non ci arrenderemo”, ha affermato. Qassem ha sottolineato che il disarmo della resistenza e qualsiasi concessione fatta dal governo libanese non soddisferanno le ambizioni espansionistiche di Israele, aggiungendo che Israele deve rispettare i termini dell’accordo di cessate il fuoco. Le sue dichiarazioni sono arrivate mentre il primo ministro libanese Nawaf Salam, ad agosto, aveva incaricato l’esercito del paese di elaborare un piano per limitare il possesso di armi allo Stato entro la fine dell’anno, una decisione che mira a disarmare il movimento di resistenza Hezbollah che per decenni ha difeso il paese dalle aggressioni esterne, in particolare dal nemico israeliano. I dirigenti del governo libanese hanno anche discusso ulteriormente una proposta statunitense volta a disarmare Hezbollah e ne hanno approvato gli “obiettivi”. “Vogliono disarmare [la resistenza], prosciugare le risorse finanziarie, impedire i servizi, chiudere scuole e ospedali, impedire la ricostruzione, bloccare le donazioni e demolire le case; in altre parole, vogliono abolire la nostra esistenza”, ha detto Qassem, sottolineando l’importanza dell’unità tra il popolo libanese per sventare i complotti del nemico. Ha osservato che il ritiro di Israele da Beirut è avvenuto grazie ai colpi inferti al regime occupante dalla resistenza. Il leader di Hezbollah ha esortato il governo libanese ad assumersi le proprie responsabilità, in particolare nel proteggere la sovranità del Paese, nel ricostruirlo e nel rafforzarne l’economia, aggiungendo che Stati arroganti cercano di eliminare Hezbollah a causa del suo progetto nazionale, che invoca liberazione, indipendenza e dignità. Israele e Hezbollah hanno concordato un cessate il fuoco entrato in vigore il 27 novembre 2024. In base all’accordo, Tel Aviv era tenuta a ritirarsi completamente dal territorio libanese, ma ha mantenuto le sue forze di stanza in cinque siti, in palese violazione della Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e dei termini dell’accordo del novembre 2024. Dall’attuazione del cessate il fuoco, Israele ha violato l’accordo migliaia di volte attraverso ripetuti attacchi al territorio libanese. Le autorità libanesi hanno avvertito che le violazioni del cessate il fuoco da parte del regime minacciano la stabilità nazionale.
Fosse comuni di massa a Gaza: Hamas sollecita un’azione globale
Gaza. Hamas ha esortato i tribunali internazionali e gli organismi competenti a perseguire i responsabili dopo che un’indagine ha rivelato che le forze israeliane hanno spianato con bulldozer i corpi di palestinesi in cerca di aiuti e li hanno sepolti in fosse poco profonde a Gaza. Il gruppo con base a Gaza, in una dichiarazione di mercoledì, ha invitato in particolare la Corte penale internazionale (CPI) e la Corte internazionale di giustizia (CIG) a seguire il caso di tale crimine efferato, includerlo nei rapporti che documentano i crimini del regime di Tel Aviv e portare i leader israeliani davanti alla giustizia per i loro delitti contro i palestinesi nella Striscia di Gaza. Hamas ha osservato che l’indagine della CNN, intitolata “Bulldozed corpses and unmarked graves” (“Corpi spianati e fosse comuni senza nome”), fornisce nuove prove documentate di uno degli aspetti del genocidio sistematico di Israele contro i palestinesi e offre ulteriori conferme del suo “tentativo deliberato di trasformare gli aiuti in trappole di morte di massa”. Il movimento di resistenza ha affermato che il crimine “orrendo” è parte dei crimini di guerra e degli attacchi sistematici che Israele sta perpetrando sotto gli occhi della comunità internazionale, con totale disprezzo per il diritto internazionale e i più basilari principi dei diritti umani. Hamas ha sottolineato che queste atrocità avvengono con la complicità dell’amministrazione statunitense e di alcuni governi occidentali, insieme ai tentativi di ostacolare il perseguimento internazionale dei criminali di guerra israeliani, in particolare il primo ministro Benjamin Netanyahu. Più di 2.000 palestinesi risultano uccisi nel 2025 mentre aspettavano di ricevere aiuti dalla cosiddetta Gaza Humanitarian Foundation, gestita congiuntamente dagli Stati Uniti e da Israele. Il rapporto della CNN, basato su analisi video, immagini satellitari e testimonianze di ex soldati, evidenzia che Israele ha commesso violazioni sistematiche del diritto umanitario internazionale a Gaza. L’indagine rivela la sorte dei palestinesi scomparsi mentre cercavano di raggiungere i convogli umanitari nel nord di Gaza. I sopravvissuti e le famiglie dei dispersi hanno raccontato momenti caotici segnati da spari indiscriminati delle forze israeliane, mentre i civili disperati si affrettavano a procurarsi del cibo. A giugno, Ammar Wadi, un giovane palestinese, aveva lasciato la sua casa in cerca di farina e non è più tornato. Settimane dopo, sul suo telefono è stato trovato un ultimo messaggio alla madre, che diceva: “Perdonami se succede qualcosa”. La sua sorte resta ignota e il suo corpo non è stato ancora recuperato. Filmati video, geolocalizzati nell’area di Zikim, mostrano diversi corpi in decomposizione, alcuni parzialmente sepolti, vicino a un camion di aiuti ribaltato. Si sono osservati cani che rovistavano tra i resti, mentre le immagini satellitari mostrano attività di bulldozer nell’area sia durante che dopo gli incidenti. Le squadre della difesa civile hanno riferito che numerosi corpi non hanno potuto essere recuperati a causa dei continui attacchi israeliani. Un ex soldato israeliano ha raccontato alla CNN che la sua unità aveva sepolto nove palestinesi disarmati senza contrassegnare le tombe né documentarne l’identità con fotografie. Ha descritto come l’odore della decomposizione diventasse insopportabile mentre i cani rovistavano tra i resti. Euro-Med Human Rights Monitor ha documentato tali pratiche attraverso un programma sistematico che utilizza indagini sul campo nel nord e nel sud della Striscia di Gaza. I rapporti sul campo dell’organizzazione indicano che le forze israeliane hanno spesso seppellito corpi palestinesi in spazi pubblici, aree aperte e luoghi vicini a strutture critiche come centri di distribuzione degli aiuti, ospedali e scuole. Queste operazioni venivano spesso condotte dopo che le aree erano state militarmente isolate, con accesso negato a squadre mediche, famiglie e residenti locali. Il gruppo con sede a Ginevra ha sottolineato che questa pratica elimina potenziali prove di uccisioni illegali, ostacola indagini approfondite e nega alle famiglie il diritto di conoscere il destino e il luogo di sepoltura dei loro cari, violando ulteriormente la dignità umana e il diritto internazionale. (Fonti: PressTV, PIC, Quds News, Euro-Med Monitor).
Gruppi legali: Microsoft potrebbe affrontare responsabilità penali per il suo ruolo nel genocidio israeliano a Gaza
PressTv. Una coalizione di gruppi legali e di advocacy internazionali ha avvertito Microsoft che la fornitura di servizi a Israele durante la guerra genocida a Gaza potrebbe esporre il gigante tecnologico statunitense a responsabilità penale davanti ai tribunali statunitensi ed europei, oltre che ad organismi internazionali. In una lettera inviata all’azienda martedì, l’Abolitionist Law Center, Avaaz Foundation, l’European Legal Support Center, il Centre for Research on Multinational Corporations (SOMO), il Center for Constitutional Rights, l’Ekō e Global Legal Action Network (GLAN) hanno criticato Microsoft per aver aiutato, favorito e contribuito all’esecuzione, da parte di Israele, di crimini atroci e violazioni dei diritti umani contro i palestinesi di Gaza. Hanno affermato che la fornitura di servizi da parte di Microsoft, inclusi cloud, intelligenza artificiale ed elaborazione dati, al regime di Tel Aviv espone l’azienda a un’ampia gamma di responsabilità civili e penali. “Esiste una base ragionevole e credibile per ritenere che Microsoft, attraverso la fornitura di tecnologia e servizi all’esercito israeliano, abbia svolto un ruolo diretto nell’esecuzione, da parte di Israele, di gravi crimini contro la popolazione palestinese di Gaza, inclusi, ma non solo, genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità”, si legge nella lettera. “Inoltre, vi sono ulteriori basi per concludere che la tecnologia di Microsoft supporta la realizzazione, da parte di Israele, di attività illegali di sorveglianza estesa e oppressiva contro la popolazione palestinese”. Le organizzazioni hanno anche affermato che fonti israeliane stesse hanno confermato che l’esercito del regime fa affidamento sui prodotti Microsoft per analizzare e sviluppare “obiettivi da uccidere” a Gaza, oltre che per spiare i palestinesi. Hanno esortato i massimi dirigenti di Microsoft a interrompere la fornitura di servizi utilizzati illegalmente da Israele e ad adottare le misure necessarie per sostenere la responsabilità verso i danneggiati, incluso il risarcimento. Israele ha ucciso almeno 70.117 palestinesi, per lo più donne e bambini, dal 7 ottobre 2023, quando ha lanciato la sua guerra genocida contro Gaza. E’ stato costretto ad accettare un cessate il fuoco a Gaza, entrato in vigore l’11 ottobre 2025, ma da allora ha violato la tregua con attacchi quasi quotidiani contro il territorio palestinese assediato. Inoltre, nella loro lettera, i gruppi hanno affermato che, dopo l’inizio del genocidio israeliano, Microsoft è diventato un importante fornitore di servizi cloud per l’esercito d’occupazione. Nell’aprile 2024, hanno osservato, l’utilizzo da parte dell’esercito israeliano dello storage cloud Microsoft era aumentato di oltre il 155% rispetto al periodo precedente all’assalto brutale su Gaza. Nel frattempo, i gruppi legali hanno fatto riferimento a recenti indagini che hanno rilevato che l’unità di cyber-spionaggio israeliana 8200 conservava grandi volumi di intercettazioni di telefonate palestinesi sui server cloud Azure di Microsoft. La sorveglianza di massa ha permesso al regime usurpatore di raccogliere e mantenere registrazioni delle telefonate quotidiane dei palestinesi nella Striscia di Gaza assediata e nella Cisgiordania occupata, hanno sottolineato. A luglio 2025, circa 11.500 terabyte – equivalenti a 200 milioni di ore di audio – di dati militari israeliani erano conservati principalmente nei data center Microsoft nei Paesi Bassi, con una quantità minore conservata anche in Irlanda. “La dimensione europea è qui tragicamente critica: un’infrastruttura significativa che alimenta il targeting militare di Israele è ospitata ed elaborata in Europa, anche da Microsoft”, ha dichiarato Gearóid Ó Cuinn, direttore fondatore di GLAN. “La legge europea è esplicita: se i tuoi sistemi consentono materialmente crimini atroci o sorveglianza illegale su scala di popolazione, erediti una seria esposizione legale”. In un altro sviluppo, mercoledì Bloomberg ha riferito che l’attivista dell’Irish Council for Civil Liberties ha presentato un reclamo contro Microsoft, sostenendo che il gigante tecnologico sta violando la legge sulla protezione dei dati dell’Unione Europea aiutando Israele a rimuovere prove della sorveglianza del regime sui palestinesi dai data center situati nel continente. “I server di Microsoft fanno parte di una catena che contribuisce alle violazioni in corso del diritto penale internazionale, umanitario e dei diritti umani contro milioni di palestinesi”, si legge nel reclamo. Traduzione per InfoPal di F.F.
TORINO:”DALLA STRAGE ALLA THYSSEN 18 ANNI DI MORTI SUL LAVORO”. PRESIDIO ALLA SEDE REGIONALE DELL’ISPETTORATO SUL LAVORO
Questa mattina, sabato 6 dicembre, si è tenuto un presidio sotto l’Ispettorato Nazionale del Lavoro in via Arcivescovado 9 a Torino “contro le morti sul lavoro, contro la precarietà che uccide, contro gli appalti che fanno profitti sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici”. Il presidio cade a 18 anni dalla strage operaia alla fabbrica Thyssen del dicembre 2007 ed è stato organizzato da Cub – Usb – SI Cobas – Le radici del sindacato alternativa Cgil – Medicina Democratica – Lavoro e Salute – Sinistra Anticapitalista – Partito Comunista dei Lavoratori – Partito Rifondazione Comunista – Partito Comunista Italiano – Potere al Popolo. Proprio in queste ore sono stati diffusi i dati Censis sulla sicurezza sul lavoro. Nel 2024 sono stati denunciati 518.497 infortuni sul lavoro in Italia, 22 ogni 1.000 occupati, con 1.191 esiti mortali. Negli ultimi dieci anni gli occupati sono aumentati del 9,2% e gli infortuni diminuiti del 10,7%, ma quelli mortali sono in lieve aumento (+0,8%). Nel primo semestre 2025, gli infortuni mortali sono aumentati del 7,1%, arrivando a 495 casi. Le malattie professionali sono state 88.384 nel 2024, un dato in crescita del 54,1% nell’ultimo decennio. Il genere è un fattore di rischio primario, con il 92,0% dei morti sul lavoro di sesso maschile. I lavoratori stranieri e i giovani sono più esposti: gli stranieri, che sono il 10,5% degli occupati, hanno subito il 23,0% di tutti gli infortuni; i giovani 15-24enni, il 4,8% degli occupati, hanno registrato il 12,0% degli infortuni. Nel comunicato diffuso dagli organizzatori si legge: “Da quel dicembre 2007 poco è cambiato: ogni giorno muoiono 4 lavoratori in servizio,1276 nel 2025 e centinaia di migliaia sono coinvolti in infortuni e malattie professionali collegati al lavoro. E in questi anni molto è peggiorato in conseguenza della precarietà dilagante e dell’espandersi degli appalti in tutti i settori, compresi quelli pubblici. Non sono fatalità, sono la scelta dell’economia capitalista che accetta di sacrificare vite pur di non rispettare diritti, di spendere in protezione e formazione, di regolarizzare i dipendenti. Ad essere colpiti sono soprattutto gli anziani, spesso costretti a lavorare dall’allungamento dell’età pensionabile, i giovani, i migranti e le donne, spesso irregolari o precari, fino ad arrivare ai giovanissimi studenti morti in alternanza scuola-lavoro. Muoiono come in guerra dove gli uomini e le donne sono un elemento secondario”. Si chiede quindi una legislazione più stringente sulla sicurezza e una legge sul reato di omicidio sul lavoro per colpire duramente le responsabilità di aziende e appaltatori negli incidenti sul lavoro. Inoltre di dare piu’ potere di intervento ad RLS e rappresentanze sindacali sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e di  potenziamo le strutture di controllo dell’ispettorato del lavoro, delle asl e degli organismi di vigilanza sulla sicurezza del lavoro. Dal presidio Lorenzo Giustolisi esecutivo nazionale USB Ascolta o scarica 
GORIZIA: DIAMO IL FOGLIO DI VIA ALLA LEONARDO. PRESIDIO CONTRO I PROVVEDIMENTI DELLA QUESTURA
Sono otto i fogli di via nei confronti di alcuni attivisti emessi dalla Questura al termine degli accertamenti sui fatti del 13 settembre a Ronchi dei Legionari, quando il corteo di solidarietà con il popolo palestinese si concluse davanti alla sede della Leonardo. I fatti si riferiscono ad alcuni fumogeni accesi durante la manifestazione e presunte minacce nei confronti di un giornalista Rai. Per altri dieci partecipanti è stato notificato l’avviso di procedimento. Le autorità valuteranno caso per caso, dopo il contraddittorio con gli interessati, se confermare o meno i provvedimenti ipotizzati. Questa mattina il presidio a Gorizia nei giardini di corso Verdi “Diamo il foglio di via a Leonardo Spa” con cui ci siamo collegati Ascolta o scarica  
Gentilezza e amore tra mercificazione e rivoluzione
-------------------------------------------------------------------------------- “Secret kiss”: acrilico su cartoncino telato dipinto da Rossella Sferlazzo -------------------------------------------------------------------------------- Qualche domenica fa ero sull’autobus verso casa, carico di bagagli: uno zaino pesante sulla schiena e un trolley, al cui manico, esteso in tutta la sua lunghezza, avevo assicurato una borsa frigo. I posti a sedere erano occupati, ma una ragazza non distante da me mi ha offerto il suo: si è alzata e ha indicato il sedile. Sono rimasto sorpreso da questo gesto gentile e ho risposto di no, però “grazie del pensiero”. Ho proseguito il viaggio in piedi e riflettuto a lungo sulla parola “pensiero”: perché ho ringraziato per il pensiero? In fondo, ho trovato in quell’invito un vero pensiero per l’Altro, cioè cura e preoccupazione per il prossimo dato nelle sue condizioni concrete, immerso in uno spazio-tempo e in una rete di rapporti sociali che lo condizionano. O, quantomeno, la gentilezza di quella persona incontrata casualmente sui mezzi pubblici conteneva il seme di tutto ciò. Si è trattato di una gentilezza a dimensione di essere umano, fondata cioè sull’incontro (ancor prima, sulla prossimità che lo consente) e sul riconoscimento: come non distinguerla dalla gentilezza dell’intelligenza artificiale assistita dall’algoritmo (per esempio, dell’app che ci invia notifiche puntuali, utili, talvolta azzeccatissime), che può vantare di conoscerci senza riserve né segreti? Come non distinguerla, inoltre, dalla gentilezza affettata di chi ci presta un servizio commerciale? Queste ultime due sono atteggiamenti di default, cioè rivolti verso chiunque (chiunque – sia precisato – paghi, offrendo in cambio i propri dati o il proprio denaro). La gentilezza fondata sull’incontro, dunque sul particolare, ha un potenziale politico: se sistematica e generalizzata, assurge a una dimensione politica. Questa gentilezza permette infatti di riconoscere (e di intervenire su) i bisogni dell’Altro; e che cos’è la politica se non la gestione collettiva del bisogno? Il bisogno, inteso come ciò il cui soddisfacimento è propedeutico alla riproduzione della specie e che è quantificabile e definibile con precisione, costituisce infatti il lessico della politica1. Non è un caso che la gentilezza sia stata mercificata: sussunta tanto dall’intelligenza artificiale, così stolida (e in tal modo appositamente programmata) da non distinguere tra bisogni e capricci, cioè tra bisogni reali e bisogni indotti, quanto nei rapporti commerciali, come fluidificante dello scambio. La mercificazione della gentilezza mira a far sì che quella offerta sul mercato basti, che non se ne pratichi (che anzi non si senta il bisogno di praticarne) dell’altra al di fuori: di conseguenza, che la libera concorrenza si dispieghi senza l’interferenza dell’empatia per il prossimo. Mercificare la gentilezza significa in altre parole assegnarle un prezzo e far scivolare chi la pratica gratuitamente nei panni di un folle. Pure gli incontri – in cui la gentilezza dovrebbe realizzarsi – non sono rimasti immuni alla mercificazione; pensate alle app di dating, ma anche a quelle programmate più generalmente per fare nuovi amici o conoscenze (per esempio, comehome!). Il filosofo croato Srećko Horvat parla di “economia libidinale” per indicare la mercificazione delle energie e pulsioni libidiche in un mondo largamente sessualizzato e rileva come già la liberazione sessuale del ʼ68 prestasse il fianco a questa sussunzione da parte del capitale, per via della rilevanza mediatica e simbolica assunta da alcuni protagonisti di quella stagione culturale (come i disinibiti e promiscui membri della Kommune 1 di Berlino Ovest) e dunque della politicizzazione della vita privata, che ha sancito il primato del diritto alla scelta dello stile di vita, in particolare sessuale, sul diritto alla resistenza nei confronti dell’ordine dominante. Questa sfera economica, in cui si realizza lo scambio di effusioni e fluidi tra esseri umani, non pare essere altro che la trasposizione in campo sentimentale e sessuale del traffico capitalistico di valori di scambio (denaro) e valori d’uso (merci)2; Lenin, citato dal filosofo croato, compendiava la situazione appena descritta nella seguente osservazione: “lo scambio di donne e uomini non è altro che l’applicazione del principio di scambio borghese sotto spoglie pseudo-rivoluzionarie”3. Nel suo saggio Horvat suggerisce pure che le energie libidiche e sentimentali destinate all’Altro non escludono né tolgono nulla a quelle necessarie alla messa in opera di un progetto politico rivoluzionario: anzi, l’amore per l’Altro è amore per colui o colei nel quale vediamo riflessa la luce della rivoluzione, per il compagno o la compagna di cammino e di lotta verso l’orizzonte comune di un altrove politico; al contempo, l’odio per il nemico è odio per chi, sbarrandoci il passo, si contrappone a noi nel conflitto. Un esempio in questo senso è dato dalla militanza rivoluzionaria di Ernesto Che Guevara4, costretto a vivere in clandestinità l’amore per la propria famiglia e perfino a travestirsi per evitare che i figli, bambini, lo riconoscessero e potessero dire a qualcuno di averlo incontrato. Gli spunti del filosofo croato ci danno il là alla contestazione di quell’amore concepito come complementarità, compendiabile nella formula secondo cui “quel che manca a uno degli amanti lo ha l’Altro e viceversa”. Questa visione rende infatti la coppia un dispositivo funzionale al mantenimento dell’ordine neoliberale. Vero è che ciascun amante, ottenendo dall’Altro ciò che gli manca, esce, in tutto o in parte, dal bisogno. In ogni caso, uscire dal bisogno grazie all’Altro (e a un Altro solamente, cioè all’amante) vale a configurare la coppia come un dispositivo autarchico, resiliente al taglio delle spese sociali praticato a ogni piè sospinto dallo Stato neoliberale. In altre parole, le politiche neoliberali esternalizzano alla coppia (o tuttalpiù alla famiglia) la sfera del bisogno, abdicando alla sua gestione. La coppia si configura così come una cellula più o meno rinforzata entro la società atomizzata; uscire dal bisogno grazie alla cooperazione di tutti gli Altri implica invece la fondazione di una politica orizzontale, che sviluppi la propria azione attorno ai beni comuni e inauguri non solo una più equa distribuzione del reddito, ma anche una meno discriminatoria divisione del lavoro. La società neoliberista funziona all’apice delle sue potenzialità – e correlativamente il desiderio di comunità si riduce al minimo – se la cellula-coppia permette alle molecole-amanti che la compongono di performare più efficacemente e dunque di procedere più agevolmente sulla rotta del benessere individuale (o tuttalpiù di coppia), rotta da cui è escluso l’approdo a una dimensione comunitaria più ampia della coppia (o tuttalpiù della famiglia). Nelle coppie così congegnate – che chiameremo “coppie funzionali” – ciascuno è mezzo dell’Altro e il fine stabilito si situa in uno spettro che va dalla sopravvivenza all’accrescimento del proprio capitale umano e, dunque, alla progressione nella piramide sociale. Se il mezzo non è atto al fine, lo si abbandona punto e basta. Le coppie funzionali affrontano le sfide poste dal libero mercato così come gli androgini narrati da Aristofane nel Simposio di Platone attaccarono gli dei dell’Olimpo. Nel mito gli androgini erano esseri umani che partecipavano del sesso maschile e del sesso femminile, disponendo di entrambi gli organi sessuali; avevano due facce, orientate in direzione opposta, su una sola testa e quattro braccia e quattro gambe, così che, quando si mettevano a correre, usavano gli otto arti facendo la ruota. Per indebolirli Zeus li divise in due esseri distinti; allo stesso modo il libero mercato finisce per far implodere le coppie sotto le contraddizioni in esse insufflate dal suo stesso ordine: in particolare, l’antagonismo tra regno della necessità – falsamente dipinto come carriera – e regno della libertà – cioè dell’incontro con l’Altro (dunque con il compagno o la compagna e con i figli) –; la capacità di guadagno dell’uno, spesso condizionata alla disponibilità dell’Altro ad assumere una serie di compiti di sostegno; la divisione sessuale del lavoro domestico, cioè riproduttivo delle condizioni che consentono lo stare al mondo. Quanto a quest’ultimo punto, la parità tra uomini e donne non può essere raggiunta semplicemente assumendo il tempo a unità di misura del lavoro prestato, a causa della maggiore intensità del lavoro femminile, nel quale “si condensano migliaia di anni di divisione sessuale dei ruoli”, dunque tutta la storia delle donne vissuta all’insegna dell’asimmetria nei rapporti di potere5. Con ciò non si vuole invitare mica a legarsi a un Altro con cui litigare da mattina a sera o, peggio, non avere una parola da scambiarsi – l’intento di queste considerazioni non è comunque quello di inventare una dating app –, ma a considerare – come suggerisce Horvat6 – che un orizzonte di liberazione (se vogliamo, di rivoluzione) condiviso con l’Altro è quanto fa brillare l’Altro ai nostri occhi, per il semplice fatto che lui o lei si accende della luce del desiderio utopico. Questo amore tiene insieme l’Altro e la restante parte della collettività che si vuole liberare dal giogo della società neoliberista: l’amore per l’Altro coincide con quello per la rivoluzione e la pratica di questo amore si traduce anche in cammino collettivo e lotta. La coppia funzionale è al contrario una cellula che promette un migliore adattamento di ciascuno dei suoi due membri alle catastrofi del sistema capitalista, cioè a quelle crisi (ambientale, economica etc.) che, essendo connaturate allo sviluppo e al progresso, sono gestibili dalla classe dominante mediante piccoli cambi di rotta che lasciano inalterati i rapporti di potere tra classi sociali7: promettono, in altre parole, la preservazione della coppia all’insegna della conservazione dell’ordine dominante; soltanto la coppia in cui ciascuno vede nell’Altro il riflesso della rivoluzione permette di immaginare un’alternativa, di cui reca la promessa, suggellata dal dono incondizionato che ciascun amante fa di sé all’Altro. Attraverso l’esperienza di questa coppia gli amanti non soltanto gestiscono il proprio bisogno, ma proiettano nella realtà il desiderio verso un luogo che ancora non è dato, verso l’utopia. -------------------------------------------------------------------------------- 1 Benedetto Vecchi, Tecnoutopie, DeriveApprodi, 2022, pag. 18 s. 2 La radicalità dell’amore. Desiderio e rivoluzione, DeriveApprodi, 2016, in particolare pagg. 65-76; 106-110; 118-120. 3 Ivi, pagg. 26, 109. 4 Ivi, pagg. 91-104. 5 Christian Marazzi, Il posto dei calzini. La svolta linguistica dell’economia e i suoi effetti sulla politica, Edizioni Casagrande, 2021, pagg. 74-80. 6 Op. cit., pag.132 s. 7 Così Benedetto Vecchi definisce il concetto di catastrofe in op. cit., pag. 36 s. -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Gentilezza e amore tra mercificazione e rivoluzione proviene da Comune-info.
La crisi della fame a Gaza peggiora mentre il disumano blocco israeliano continua nonostante il cessate il fuoco
Gaza – MEMO. I palestinesi nella Striscia di Gaza continuano ad affrontare una crisi alimentare sempre più grave, mentre il disumano blocco imposto da Israele prosegue nonostante un cessate il fuoco dopo più di due anni di genocidio. Nell’area di Mawasi a Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, pasti caldi sono stati distribuiti ai palestinesi sfollati in una cucina comunitaria. I palestinesi affermano che l’aggravarsi dell’emergenza umanitaria li ha resi sempre più dipendenti da questi pasti e dall’assistenza alimentare di base per soddisfare i loro bisogni quotidiani. Israele continua a limitare l’ingresso di cibo e medicine a Gaza, dove circa 2,4 milioni di persone affrontano condizioni disperate, secondo l’ufficio media del governo di Gaza. Il blocco dell’enclave assediata ha lasciato migliaia di famiglie a lottare per assicurarsi anche le necessità più elementari. Il cessate il fuoco entrato in vigore il 10 ottobre di quest’anno avrebbe dovuto fermare la guerra, ma Israele lo ha violato quotidianamente, causando centinaia di altre vittime. Israele ha ucciso più di 70.000 persone, per lo più donne e bambini, e ne ha ferite quasi 171.000 in un genocidio a Gaza iniziato nell’ottobre 2023.
Diversi palestinesi feriti in attacchi delle IOF e dei coloni in Cisgiordania
Cisgiordania – PIC. La Cisgiordania ha assistito a una serie di incursioni militari israeliane che hanno provocato diversi feriti e arresti, insieme ai continui attacchi dei coloni contro i contadini palestinesi. Nel campo profughi di Al-Jalazone, a nord di Al-Bireh, due cittadini sono rimasti feriti da proiettili ketali e schegge durante scontri scoppiati dopo che le forze di occupazione israeliane (IOF) hanno fatto irruzione nel campo e si sono dispiegate nei suoi vicoli. Fonti locali hanno riferito che uno dei feriti è stato colpito alla mano con munizioni letali, mentre l’altro è stato ferito al piede da schegge, dopo che l’IOF ha sparato proiettili, granate stordenti e gas lacrimogeni. A Jenin, un uomo di 57 anni ha riportato ferite e contusioni dopo che i soldati israeliani lo hanno picchiato brutalmente al checkpoint militare di Barta’a, prima che venisse trasferito in ospedale. Nella mattinata di venerdì, le IOF hanno fatto irruzione nella cittadina di Barta’a, hanno perquisito diverse abitazioni, ne hanno vandalizzato il contenuto e hanno arrestato diversi residenti. Gruppi di difesa dei prigionieri hanno inoltre denunciato il furto di denaro e vasta distruzione durante le incursioni. Nel sud di al-Khalil/Hebron, le forze israeliane hanno arrestato un cittadino del villaggio di Arab Al-Zuwaidin mentre arava la sua terra. Nel frattempo, un gruppo di coloni sotto protezione militare ha impedito ai contadini di accedere alle loro terre e di pascolare il bestiame nell’area di Al-Zuwaidin, nella zona selvaggia di Yatta, costringendoli ad andarsene. Coloni armati hanno piantato una tenda su un terreno di proprietà palestinese a Khillet Al-Natsh, nel quartiere di Jabal Johar, a est della città di al-Khalil/Hebron. A Betlemme, le forze israeliane hanno installato un checkpoint militare nell’area di “Um Rukbah”, nella cittadina di Al-Khader, a sud del governatorato, fermando e perquisendo veicoli e impedendo il passaggio ad alcuni di essi.
CISGIORDANIA: OCCUPAZIONE TOTALE E NUOVE FORME DI PRESSIONE, IL RACCOLTO DI OLIVE PIU’ VIOLENTO DI SEMPRE
In questa intervista per Radio Onda d’Urto, con l’italo palestinese Fabian Odeh in collegamento da Nablus, analizziamo il rapido aggravarsi della situazione nei territori della Cisgiordania Occupata. In particolare quello che è stato il “peggiore raccolto di olive di sempre”: oltre alla scarsità del raccolto di quest’anno, i palestinesi hanno dovuto affrontare immense difficoltà nell’accedere alle proprie terre. A causa della politica di occupazione israeliana, dei numerosi controlli e della presenza di coloni armati su tutte le aree coltivate, gran parte del raccolto è andata perduta. I coloni sono intervenuti in diverse occasioni, arrivando a distruggere il raccolto, ad esempio svuotando i sacchi di iuta e disperdendo le olive su muretti di pietra, rendendone il recupero quasi impossibile. Questa situazione ha provocato una forte scarsità di olio, tanto che l’Autorità Nazionale Palestinese dovrà importare olio dall’estero per sopperire al fabbisogno, nonostante la Palestina produca solitamente buoni quantitativi. L’impossibilità di raggiungere i campi è aggravata dal fatto che la maggior parte della terra agricola palestinese (il 62% del totale della Cisgiordania) si trova nelle Aree C. Sono le politiche di occupazione e appropriazione delle risorse naturali da parte israeliana a impattare sull’economia palestinese. L’aggressione si manifesta anche attraverso nuove forme di pressione psicologica e controllo territoriale. Lungo la Strada 60, che collega Ramallah a Nablus, i coloni israeliani hanno recentemente installato migliaia di bandiere israeliane, praticamente ogni 5 o 10 metri per 17 km. Questo gesto, visto quotidianamente dai palestinesi che percorrono la strada, è “un simbolo di genocidio e un crimine, inviando il messaggio chiaro che i coloni considerano ormai quella terra come israeliana”. Nonostante l’allentamento dell’intensità di quello che è il genocidio in corso nella Striscia di Gaza, “in Cisgiordania si registra un salire della tensione e un aggravarsi della situazione, con un’occupazione che diventa sempre più aggressiva. Il territorio è segnato da un forte intervento militare israeliano, con la distruzione completa di campi profughi come quello di Jenin, Tulkarem e Nur Shams, e incursioni nelle città di Tubas e Qalqilya”. È in atto anche una “colonizzazione agricola” lenta e capillare. “Nella Valle del Giordano”, continua Fabian Odeh, “si assiste alla continua distruzione dei pozzi agricoli palestinesi, mentre i coloni possono trivellare pozzi più profondi, prosciugando le risorse idriche palestinesi. Inoltre, si notano nuovi fenomeni, come l’occupazione di grandi distese di terreno tramite nuove iniziative pastorali e stalle con mandrie di mucche, spesso sostenute economicamente dal governo israeliano”. Questa erosione silenziosa del suolo, accompagnata da intimidazioni, sfollamenti forzati e distruzione di villaggi beduini, è considerata la parte più pericolosa di un’occupazione che mira alla presa totale della Cisgiordania. Infine, Fabian Odeh ci riporta anche lo sdegno di molti palestinesi per la notizia della prossima visita in Italia del Presidente palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), che dovrebbe partecipare a una festa del partito Fratelli d’Italia, un sostenitore del genocidio in Palestina. Ascolta l’intervista completa con Fabian Odeh, italo palestinese che viaggia spesso in Cisgiordania, collaboratore di Radio Onda d’Urto Ascolta o scarica