Gentilezza e amore tra mercificazione e rivoluzione--------------------------------------------------------------------------------
“Secret kiss”: acrilico su cartoncino telato dipinto da Rossella Sferlazzo
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Qualche domenica fa ero sull’autobus verso casa, carico di bagagli: uno zaino
pesante sulla schiena e un trolley, al cui manico, esteso in tutta la sua
lunghezza, avevo assicurato una borsa frigo. I posti a sedere erano occupati, ma
una ragazza non distante da me mi ha offerto il suo: si è alzata e ha indicato
il sedile. Sono rimasto sorpreso da questo gesto gentile e ho risposto di no,
però “grazie del pensiero”. Ho proseguito il viaggio in piedi e riflettuto a
lungo sulla parola “pensiero”: perché ho ringraziato per il pensiero? In fondo,
ho trovato in quell’invito un vero pensiero per l’Altro, cioè cura e
preoccupazione per il prossimo dato nelle sue condizioni concrete, immerso in
uno spazio-tempo e in una rete di rapporti sociali che lo condizionano. O,
quantomeno, la gentilezza di quella persona incontrata casualmente sui mezzi
pubblici conteneva il seme di tutto ciò.
Si è trattato di una gentilezza a dimensione di essere umano, fondata cioè
sull’incontro (ancor prima, sulla prossimità che lo consente) e sul
riconoscimento: come non distinguerla dalla gentilezza dell’intelligenza
artificiale assistita dall’algoritmo (per esempio, dell’app che ci invia
notifiche puntuali, utili, talvolta azzeccatissime), che può vantare di
conoscerci senza riserve né segreti? Come non distinguerla, inoltre, dalla
gentilezza affettata di chi ci presta un servizio commerciale?
Queste ultime due sono atteggiamenti di default, cioè rivolti verso chiunque
(chiunque – sia precisato – paghi, offrendo in cambio i propri dati o il proprio
denaro). La gentilezza fondata sull’incontro, dunque sul particolare, ha un
potenziale politico: se sistematica e generalizzata, assurge a una dimensione
politica. Questa gentilezza permette infatti di riconoscere (e di intervenire
su) i bisogni dell’Altro; e che cos’è la politica se non la gestione collettiva
del bisogno? Il bisogno, inteso come ciò il cui soddisfacimento è propedeutico
alla riproduzione della specie e che è quantificabile e definibile con
precisione, costituisce infatti il lessico della politica1.
Non è un caso che la gentilezza sia stata mercificata: sussunta tanto
dall’intelligenza artificiale, così stolida (e in tal modo appositamente
programmata) da non distinguere tra bisogni e capricci, cioè tra bisogni reali e
bisogni indotti, quanto nei rapporti commerciali, come fluidificante dello
scambio. La mercificazione della gentilezza mira a far sì che quella offerta sul
mercato basti, che non se ne pratichi (che anzi non si senta il bisogno di
praticarne) dell’altra al di fuori: di conseguenza, che la libera concorrenza si
dispieghi senza l’interferenza dell’empatia per il prossimo.
Mercificare la gentilezza significa in altre parole assegnarle un prezzo e far
scivolare chi la pratica gratuitamente nei panni di un folle.
Pure gli incontri – in cui la gentilezza dovrebbe realizzarsi – non sono rimasti
immuni alla mercificazione; pensate alle app di dating, ma anche a quelle
programmate più generalmente per fare nuovi amici o conoscenze (per esempio,
comehome!). Il filosofo croato Srećko Horvat parla di “economia libidinale” per
indicare la mercificazione delle energie e pulsioni libidiche in un mondo
largamente sessualizzato e rileva come già la liberazione sessuale del ʼ68
prestasse il fianco a questa sussunzione da parte del capitale, per via della
rilevanza mediatica e simbolica assunta da alcuni protagonisti di quella
stagione culturale (come i disinibiti e promiscui membri della Kommune 1 di
Berlino Ovest) e dunque della politicizzazione della vita privata, che ha
sancito il primato del diritto alla scelta dello stile di vita, in particolare
sessuale, sul diritto alla resistenza nei confronti dell’ordine dominante.
Questa sfera economica, in cui si realizza lo scambio di effusioni e fluidi tra
esseri umani, non pare essere altro che la trasposizione in campo sentimentale e
sessuale del traffico capitalistico di valori di scambio (denaro) e valori d’uso
(merci)2; Lenin, citato dal filosofo croato, compendiava la situazione appena
descritta nella seguente osservazione: “lo scambio di donne e uomini non è altro
che l’applicazione del principio di scambio borghese sotto spoglie
pseudo-rivoluzionarie”3.
Nel suo saggio Horvat suggerisce pure che le energie libidiche e sentimentali
destinate all’Altro non escludono né tolgono nulla a quelle necessarie alla
messa in opera di un progetto politico rivoluzionario: anzi, l’amore per l’Altro
è amore per colui o colei nel quale vediamo riflessa la luce della rivoluzione,
per il compagno o la compagna di cammino e di lotta verso l’orizzonte comune di
un altrove politico; al contempo, l’odio per il nemico è odio per chi,
sbarrandoci il passo, si contrappone a noi nel conflitto. Un esempio in questo
senso è dato dalla militanza rivoluzionaria di Ernesto Che Guevara4, costretto a
vivere in clandestinità l’amore per la propria famiglia e perfino a travestirsi
per evitare che i figli, bambini, lo riconoscessero e potessero dire a qualcuno
di averlo incontrato.
Gli spunti del filosofo croato ci danno il là alla contestazione di quell’amore
concepito come complementarità, compendiabile nella formula secondo cui “quel
che manca a uno degli amanti lo ha l’Altro e viceversa”. Questa visione rende
infatti la coppia un dispositivo funzionale al mantenimento dell’ordine
neoliberale. Vero è che ciascun amante, ottenendo dall’Altro ciò che gli manca,
esce, in tutto o in parte, dal bisogno. In ogni caso, uscire dal bisogno grazie
all’Altro (e a un Altro solamente, cioè all’amante) vale a configurare la coppia
come un dispositivo autarchico, resiliente al taglio delle spese sociali
praticato a ogni piè sospinto dallo Stato neoliberale. In altre parole, le
politiche neoliberali esternalizzano alla coppia (o tuttalpiù alla famiglia) la
sfera del bisogno, abdicando alla sua gestione. La coppia si configura così come
una cellula più o meno rinforzata entro la società atomizzata; uscire dal
bisogno grazie alla cooperazione di tutti gli Altri implica invece la fondazione
di una politica orizzontale, che sviluppi la propria azione attorno ai beni
comuni e inauguri non solo una più equa distribuzione del reddito, ma anche una
meno discriminatoria divisione del lavoro.
La società neoliberista funziona all’apice delle sue potenzialità – e
correlativamente il desiderio di comunità si riduce al minimo – se la
cellula-coppia permette alle molecole-amanti che la compongono di performare più
efficacemente e dunque di procedere più agevolmente sulla rotta del benessere
individuale (o tuttalpiù di coppia), rotta da cui è escluso l’approdo a una
dimensione comunitaria più ampia della coppia (o tuttalpiù della famiglia).
Nelle coppie così congegnate – che chiameremo “coppie funzionali” – ciascuno è
mezzo dell’Altro e il fine stabilito si situa in uno spettro che va dalla
sopravvivenza all’accrescimento del proprio capitale umano e, dunque, alla
progressione nella piramide sociale. Se il mezzo non è atto al fine, lo si
abbandona punto e basta.
Le coppie funzionali affrontano le sfide poste dal libero mercato così come gli
androgini narrati da Aristofane nel Simposio di Platone attaccarono gli dei
dell’Olimpo. Nel mito gli androgini erano esseri umani che partecipavano del
sesso maschile e del sesso femminile, disponendo di entrambi gli organi
sessuali; avevano due facce, orientate in direzione opposta, su una sola testa e
quattro braccia e quattro gambe, così che, quando si mettevano a correre,
usavano gli otto arti facendo la ruota. Per indebolirli Zeus li divise in due
esseri distinti; allo stesso modo il libero mercato finisce per far implodere le
coppie sotto le contraddizioni in esse insufflate dal suo stesso ordine: in
particolare, l’antagonismo tra regno della necessità – falsamente dipinto come
carriera – e regno della libertà – cioè dell’incontro con l’Altro (dunque con il
compagno o la compagna e con i figli) –; la capacità di guadagno dell’uno,
spesso condizionata alla disponibilità dell’Altro ad assumere una serie di
compiti di sostegno; la divisione sessuale del lavoro domestico, cioè
riproduttivo delle condizioni che consentono lo stare al mondo. Quanto a
quest’ultimo punto, la parità tra uomini e donne non può essere raggiunta
semplicemente assumendo il tempo a unità di misura del lavoro prestato, a causa
della maggiore intensità del lavoro femminile, nel quale “si condensano migliaia
di anni di divisione sessuale dei ruoli”, dunque tutta la storia delle donne
vissuta all’insegna dell’asimmetria nei rapporti di potere5.
Con ciò non si vuole invitare mica a legarsi a un Altro con cui litigare da
mattina a sera o, peggio, non avere una parola da scambiarsi – l’intento di
queste considerazioni non è comunque quello di inventare una dating app –, ma a
considerare – come suggerisce Horvat6 – che un orizzonte di liberazione (se
vogliamo, di rivoluzione) condiviso con l’Altro è quanto fa brillare l’Altro ai
nostri occhi, per il semplice fatto che lui o lei si accende della luce del
desiderio utopico. Questo amore tiene insieme l’Altro e la restante parte della
collettività che si vuole liberare dal giogo della società neoliberista: l’amore
per l’Altro coincide con quello per la rivoluzione e la pratica di questo amore
si traduce anche in cammino collettivo e lotta.
La coppia funzionale è al contrario una cellula che promette un migliore
adattamento di ciascuno dei suoi due membri alle catastrofi del sistema
capitalista, cioè a quelle crisi (ambientale, economica etc.) che, essendo
connaturate allo sviluppo e al progresso, sono gestibili dalla classe dominante
mediante piccoli cambi di rotta che lasciano inalterati i rapporti di potere tra
classi sociali7: promettono, in altre parole, la preservazione della coppia
all’insegna della conservazione dell’ordine dominante; soltanto la coppia in cui
ciascuno vede nell’Altro il riflesso della rivoluzione permette di immaginare
un’alternativa, di cui reca la promessa, suggellata dal dono incondizionato che
ciascun amante fa di sé all’Altro. Attraverso l’esperienza di questa coppia gli
amanti non soltanto gestiscono il proprio bisogno, ma proiettano nella realtà il
desiderio verso un luogo che ancora non è dato, verso l’utopia.
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1 Benedetto Vecchi, Tecnoutopie, DeriveApprodi, 2022, pag. 18 s.
2 La radicalità dell’amore. Desiderio e rivoluzione, DeriveApprodi, 2016, in
particolare pagg. 65-76; 106-110; 118-120.
3 Ivi, pagg. 26, 109.
4 Ivi, pagg. 91-104.
5 Christian Marazzi, Il posto dei calzini. La svolta linguistica dell’economia e
i suoi effetti sulla politica, Edizioni Casagrande, 2021, pagg. 74-80.
6 Op. cit., pag.132 s.
7 Così Benedetto Vecchi definisce il concetto di catastrofe in op. cit., pag. 36
s.
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