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Non convalida del trattenimento presso il CPR del richiedente asilo tunisino: la Corte distingue tra richiedente “primario” e “secondario”
Una decisione della Corte di Appello di Venezia molto importante in quanto le Corti di Appello non avevano mai differenziato i richiedenti in “primari” e “secondari” ed ogni volta, a fronte di una situazione giuridica tipica del richiedente con precedenti penali, si limitano a convalidare il trattenimento per tutta la durata della procedura di protezione internazionale, il che comporta la violazione della libertà personale per molto tempo. Assegnaci il tuo 5‰: scrivi 00994500288 Nel caso di specie, il cittadino tunisino aveva presentato in data 25.06.2025 la richiesta di protezione internazionale presso la Questura di Venezia e veniva trattenuto presso il CPR di Bari – Palese ai sensi dell’art. 6 comma 2 lett. b del D.lgs. n. 142/20215, trovandosi il prevenuto nelle condizioni di cui all’art. 13 comma 2 lett. c) del D.Lgs. n. 286/1998 ovvero essendo il medesimo abitualmente dedito a traffici delittuosi e che per condotta di vita debba ritenersi vivere abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose. La Questura di Venezia applicava il trattenimento ai sensi dell’art. 6 comma 2 lett. c) del D.Lgs. n. 142/2015, costituendo egli un pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica e risultando a suo carico una condanna per il reato di cui all’art. 73 comma 5 del D.P.R. 309/1990 ed essendo necessario determinare gli elementi su cui si basava la domanda di protezione internazionale che non potrebbero essere acquisiti senza il trattenimento, ricorrendo il pericolo di fuga, non essendo il prevenuto in possesso di passaporto o altro equipollente documento di identità. La Corte di Appello di Venezia – Consigliere – Dott. Luca Boccuni non convalidava il trattenimento con la seguente motivazione: “In primo luogo, ed a prescindere dalla ricorrenza del presupposto previsto dall’art. 6 D.Lgs. n. 142/2015, ovvero la sussistenza dello stato di richiedente protezione internazionale del prevenuto, non emergono in atti i presupposti per il disposto trattenimento, secondo l’art. 6 comma 2 lett. b) e c) del D.Lgs. n. 149/2015. In effetti, la questura di Venezia, nel disporre il trattenimento ed al fine di giustificare la sua richiesta di convalida indica unicamente la commissione di un reato relativo al traffico di sostanze stupefacenti per fatto di lieve entità, visto il richiamo all’art. 73 comma 5 del D.P.R. n. 309/1990. Mentre in atti non emerge in alcun modo, al di là della indicata condanna, quando illecito sarebbe stato commesso, tenuto conto che il prevenuto ha fatto ingresso in Italia, per quanto indicato dalla questura, nel dicembre del 2022 attraverso la frontiera di Domus De Maria. Dette circostanze impediscono di verificare positivamente, non solo l’abitualità ai traffici delittuosi, ma anche l’attualità e la gravità della pericolosità del trattenuto, intesa quale probabilità che il medesimo reiteri fatti di reato, non emergendo gli elementi che giustificano il trattenimento secondo le ipotesi normative richiamate. Peraltro, con considerazione che è, in ogni caso, assorbente e che, quindi, rileva anche ai fini della convalida del trattenimento disposto ai sensi dell’art. 6 comma 2 lett. d) del D.Lgs. n. 142/2015, si osserva che la questura di Venezia dà contezza della circostanza che il prevenuto ha presentato domanda di protezione internazionale alla competente commissione territoriale di Cagliari che ha rigettato la sua istanza con decisione del 24 febbraio 2024, non risultando che il medesimo abbia proposto impugnazione avanti al Tribunale di detta decisione e neppure constando che egli abbia proposto nuova domanda di protezione trovandosi nel CPR di Bari – “Palese”, ove ora è ristretto, in modo da ritardare l’esecuzione di un provvedimento di respingimento o di espulsione all’esito del rigetto della sua domanda di protezione da parte della commissione di Cagliari. La conseguenza di quanto evidenziato è che il prevenuto non si trova nel CPR in quanto richiedente “primario” di protezione internazionale e nelle condizioni indicate dal questore nel suo provvedimento di trattenimento di cui all’art. 6 comma 2 D.Lgs. n. 142/2015, ma sostanzialmente in quanto in attesa dell’esecuzione di un provvedimento di espulsione ai sensi dell’art. 14 D.Lgs. n. 286/1998, neppure risultando che il medesimo prevenuto abbia formulato in detta condizione di limitazione della sua libertà personale ulteriore domanda di protezione internazionale da reputarsi pretestuosa e presentata allo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione dell’espulsione, a mente dell’art. 6 comma 3 D.Lgs. n. 142/2015 e per cui sia possibile trattenimento del richiedente “secondario””. Corte di Appello di Venezia, decisione del 27 giugno 2025 Si ringrazia l’Avv. Uljana Gazidede per la segnalazione e il commento.
Piano Mattei fra mito e realtà
APPENA INSEDIATA A PALAZZO CHIGI, GIORGIA MELONI HA ANNUNCIATO UN PIANO MATTEI NEI CONFRONTI DELL’AFRICA. OGGI LA QUESTIONE ENERGETICA È SEMPRE DI PIÙ AL CENTRO DI QUEL PIANO, NELLA CUI “CABINA DI REGIA”, ISTITUITA PRESSO LA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO, CI SONO, TRA GLI ALTRI, ACEA, SNAM, FINCANTIERI, ENI, LEONARDO, FS, ENEL, TERNA… TRA GLI OBIETTIVI DEL GOVERNO E DEI SUOI AMICI CI SONO IN PARTICOLARE LA COSTRUZIONE TRA SICILIA E TUNISIA DI UN ELETTRODOTTO E DI UNA CONDUTTURA PER FAR ARRIVARE IDROGENO IN EUROPA. “I POPOLI DEL SUD DEL MONDO SONO STATI DEPREDATI DA SECOLI DI COLONIALISMO, GUERRE, SCAMBIO INEGUALE, LATROCINIO FINANZIARIO… – SCRIVE FRANCESCO GESUALDI – SOLO LA SOLIDARIETÀ GRATUITA, SENZA ASPETTARSI NIENTE INDIETRO, PUÒ PORTARE SVILUPPO UMANO. NON È CARITÀ, MA GIUSTIZIA…” Costa tunisina. Foto di unsplash.com -------------------------------------------------------------------------------- Poco dopo il suo insediamento a Palazzo Chigi, Giorgia Meloni annunciò di voler lanciare un piano Mattei nei confronti dell’Africa. Inizialmente la proposta appariva piuttosto nebulosa perché se da una parte evocava l’idea di cooperazione, quindi di interventi senza contropartita economica, dall’altra la chiamata in causa di Mattei enunciava la connotazione commerciale, ricordandoci che Enrico Mattei è passato alla storia per avere instaurato nuovi rapporti economici con i paesi del Nord Africa produttori di petrolio. Col passare del tempo i contorni si sono fatti più chiari e alcune cose si possono affermare con certezza. La prima è che di tutto il Sud del mondo, il continente che Meloni ritiene strategico per l’Italia è l’Africa. Lo puntualizzò nella Conferenza Italia-Africa che convocò a Roma il 24 gennaio 2024. Alla presenza di una quarantina di delegazioni africane affermò: «L’obiettivo che ci siamo dati è quello di dimostrare che siamo consapevoli di quanto il destino dei nostri due continenti, Europa e Africa, sia interconnesso». Un’interconnessione che Meloni vede sotto due profili: da una parte la grande quantità di risorse custodite dall’Africa che se sfruttate adeguatamente possono fare la ricchezza sia dell’Africa, sia dell’Italia; dall’altra la crescita della popolazione africana a cui va data una prospettiva economica per impedire l’emergere di migrazioni di massa. La seconda cosa che si può dire è che la presidente del Consiglio, vuole seguire direttamente tutta la partita riguardante i rapporti di cooperazione e sviluppo con l’Africa. Come ogni stato, anche l’Italia dispone di una politica di aiuto al Sud del mondo articolata in più direzioni. Da una parte partecipando a fondi gestiti da istituzioni internazionali come la Banca Mondiale; dall’altra finanziando in forma diretta progetti di cooperazione sociale e ambientale. Secondo il bilancio di previsione dello stato, nel 2025 questo doppio canale di intervento dovrebbe assorbire 4,5 miliardi di euro, lo 0,20% del pil italiano ben lontano dallo 0,70% raccomandato dalle Nazioni Unite. Con l’istituzione del piano Mattei, divenuto legge con un provvedimento del gennaio 2024, tutti gli interventi riguardanti l’Africa saranno coordinati da un organismo unico, denominato “Cabina di regia” istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Allo stato attuale è composto da una trentina di membri, sia pubblici, sia privati, al cui apice siede il Presidente del Consiglio. ‬‬‬‬‬ La terza cosa che si può dire è che il Piano Mattei intende agire fortemente anche tramite le imprese private, sia africane, che italiane. Non a caso una buona metà dei componenti della Cabina di regia sono rappresentanti d’impresa o di associazioni imprenditoriali, fra cui Acea, Snam, Fincantieri, Eni, Fondazione Med-Or, Leonardo, Fs, Enel, Terna, Cna, Cia, Confagricoltura, Coldiretti, Confartigianato. Del resto durante il discorso che tenne alla Conferenza Italia-Africa nel gennaio 2024, Giorgia Meloni precisò che il Piano non può «prescindere dal pieno coinvolgimento di tutto il “Sistema Italia” complessivamente inteso, a partire dalla Cooperazione allo Sviluppo e dal settore privato che è fondamentale coinvolgere nella nostra strategia, dato l’enorme patrimonio di conoscenza, tecnologia e soluzioni innovative che può vantare». Il risultato è che fra i primi progetti inseriti nel Piano Mattei c’è l’avvio in Algeria di un polo agricolo gestito dall’azienda italiana Bonifiche Ferraresi per la messa in produzione di 800 ettari di terreni semi aridi, estendibili a 36.000 nella parte sud-orientale del Sahara algerino. Oltre alla coltivazione di grano, cereali e semi per oli, è prevista la costruzione di impianti di molitura, spremitura e altri stabilimenti di trasformazione alimentare, precisando che il 30% della produzione sarà riservato all’esportazione verso l’Italia. La stessa azienda sarà sostenuta per la realizzazione di un progetto agricolo in Egitto, paese nel quale sono previsti vari altri interventi fra cui la costruzione da parte di Arsenale Spa, di un treno turistico “Made in Italy” sulla tratta Il Cairo-Assuan. E rimanendo in ambito agricolo compare perfino un progetto gestito da Eni, già finanziato dalla Banca Mondiale e dal Fondo Italiano per il Clima per un totale di 210mila euro. Il paese di attuazione è il Kenya dal quale, già da anni la multinazionale petrolifera si approvvigiona di olio di ricino e altri oli vegetali da trasformare in biocarburante nei suoi stabilimenti di Gela e Porto Marghera. Dopo la forte riduzione di gas proveniente dalla Russia, il tema energetico è diventato di importanza strategica per tutta l’Europa e Gorgia Meloni non ha mai fatto mistero di volere inserire la questione energetica nel Piano Mattei con l’obiettivo di trasformare l’Italia in un hub, ossia un punto di approdo e smistamento energetico per tutta l’Europa. Lo ha ripetuto anche nel gennaio 2024 durante il discorso che tenne alla conferenza Italia-Africa: «Noi siamo sempre stati convinti che l’Italia abbia tutte le carte in regola per diventare l’hub naturale di approvvigionamento energetico per l’intera Europa. È un obiettivo che possiamo raggiungere se usiamo l’energia come chiave di sviluppo per tutti. L’interesse che persegue l’Italia è aiutare le Nazioni africane interessate a produrre energia sufficiente alle proprie esigenze e ad esportare in Europa la parte in eccesso. (,,,). Tra le iniziative in questo ambito voglio ricordare quella in Kenya dedicato allo sviluppo della filiera dei biocarburanti, che punta a coinvolgere fino a circa 400 mila agricoltori entro il 2027. Ma chiaramente questo scambio funziona se ci sono anche infrastrutture di connessione tra i due continenti e lavoriamo da tempo anche su questo, soprattutto insieme all’Unione Europea. Penso all’interconnessione elettrica ELMED tra Italia e Tunisia, o al nuovo Corridoio H2 Sud per il trasporto dell’idrogeno dal Nord Africa all’Europa centrale passando per l’Italia». Per capire meglio il discorso di Meloni, vale la pena precisare che Elmed è un progetto che prevede la costruzione di un elettrodotto tra Sicilia e Tunisia, per una lunghezza complessiva di 220 chilometri, di cui 200 in cavo sottomarino. Un progetto portato avanti dalla società elettrica italiana Terna e quella tunisina Steg, col finanziamento di fondi europei e della Banca Mondiale, per garantire all’Europa energia elettrica prodotta in Nord Africa da fonti rinnovabili. Quanto al Corridoio H2 Sud, è un progetto portato avanti da un consorzio di imprese europee, fra cui l’italiana Snam, finalizzato a costruire una conduttura lunga 3300 km per trasportare idrogeno prodotto in Tunisia fino al cuore d’Europa. Viste le dichiarazioni di Meloni, c’è da aspettarsi che entrambi i progetti saranno inseriti nel piano Mattei assorbendo chissà quanti soldi dei contribuenti italiani. Da un punto di vista finanziario, il Piano è piuttosto generico. Non precisa quali progetti hanno diritto a contributi a fondo perduto, quali solo a prestiti. Si limita a dire che in un quadriennio, il Piano potrà contare su 5,2 miliardi di euro, di cui 3 attinti dal Fondo italiano per il clima e 2,5 dai fondi per la Cooperazione allo sviluppo. Inoltre asserisce di volersi avvalere della collaborazione di una serie di istituti finanziari italiani di natura pubblica come la Cassa Depositi e Prestiti, Simest, Sace e altri fondi di livello internazionale. Ma non precisa né i criteri di finanziamento né le procedure da seguire, forse per lasciare mano libera alla Cabina di regia che di volta in volta potrà decidere quale forma di aiuto assicurare e da parte di chi. Meloni ha presentato il Piano come «una cooperazione da pari a pari, lontana da qualsiasi tentazione predatoria, ma anche da quell’impostazione “caritatevole” che mal si concilia con le straordinarie potenzialità di sviluppo dell’Africa». Per sapere se è davvero così dovremo aspettare qualche anno, ma l’eccessiva attenzione ai benefici che ne può trarre l’Italia e l’eccessivo protagonismo del mondo degli affari non sono di buon auspicio. In Kenya, ad esempio, in località Mbegi ci sono già state proteste da parte dei piccoli contadini che producono ricino per Eni: i guadagni promessi non sono arrivati. Lo scrive il Financial Times dell’11 aprile 2025. I popoli del Sud del mondo sono stati depredati da secoli di colonialismo, guerre, scambio ineguale, latrocinio finanziario. Per rialzarsi hanno bisogno di opere e servizi di base pensati per loro: acqua, sanità, corrente elettrica, scuole, trasporti. Il mondo degli affari ha portato sfruttamento e miseria. Solo la solidarietà gratuita, senza aspettarsi niente indietro, può portare sviluppo umano. Non è carità, ma giustizia. -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Piano Mattei fra mito e realtà proviene da Comune-info.
SOS Humanity condanna la fine dei finanziamenti alle ONG di ricerca e soccorso da parte del governo federale tedesco
Il direttore generale di SOS Humanity, Till Rummenhohl, commenta l’interruzione del sostegno finanziario per la ricerca e il salvataggio civile da parte del Ministero degli Esteri tedesco e il riutilizzo da parte dei media di una falsa affermazione fatta dal Ministro degli Esteri Johann Wadephul nel 2023, in cui accusa le organizzazioni non governative di ricerca e salvataggio di permettere alle “bande di contrabbandieri di fare i loro affari”: “È allarmante e pericoloso quando le false affermazioni di politici tedeschi di primo piano, come l’attuale Ministro degli Esteri Johann Wadephul, diffamano senza fondamento il lavoro di salvataggio delle organizzazioni della società civile. È stato più volte dimostrato scientificamente che non c’è alcun legame tra i movimenti dei rifugiati e la presenza di navi di soccorso nel Mediterraneo. Le persone scappano attraverso il Mediterraneo centrale perché non hanno alternative per sfuggire alla guerra, alla violenza, alla discriminazione, alla mancanza di prospettive e ai cambiamenti climatici nei loro Paesi d’origine, nonché alle violazioni dei diritti umani e alle torture in Libia o in Tunisia. Il cosiddetto “fattore di attrazione” è un mito. L’affermazione di Johann Wadephul del 2023, secondo cui le organizzazioni di soccorso permettono alle “bande di trafficanti di fare i loro affari”, è fondamentalmente sbagliata. Forniamo aiuti umanitari di emergenza in base al diritto internazionale e salviamo vite umane laddove gli Stati europei non riescono ad agire. Lo sfruttamento e la violenza sono piuttosto la conseguenza della mancanza di percorsi migratori legali e sicuri verso l’Europa. Tali affermazioni diffamano – contro ogni evidenza – gli aiuti umanitari e la società civile, che da dieci anni è impegnata nella ricerca e nel salvataggio e nei diritti umani in mare. Soprattutto ora, in tempi di continuo rafforzamento dell’estremismo di destra in Europa e in Germania, abbiamo bisogno di una politica migratoria basata sui fatti e di una retorica da parte di tutti i partiti democratici che non sia basata su narrazioni di estrema destra e non promuova travisamenti ed emotività”. Informazioni sull’interruzione del sostegno finanziario da parte del Ministero degli Esteri federale  “Come SOS Humanity, non siamo sorpresi, ma indignati per il fatto che questo già modesto sostegno di 2 milioni di euro all’anno per le organizzazioni di ricerca e soccorso sia stato prematuramente cancellato dal nuovo governo federale tedesco”, afferma Till Rummenhohl, direttore generale di SOS Humanity. “In questo modo, il governo tedesco ignora una decisione del Parlamento federale tedesco del 2022,  concordata per quattro anni fino al 2026. Questo si inserisce nella tendenza europea di lasciare alla società civile il compito di salvare vite in mare e di proteggere i diritti dei rifugiati nel Mediterraneo centrale. Da dieci anni a questa parte, le organizzazioni non governative hanno colmato il vuoto di salvataggio lasciato dagli Stati europei. Più di 175.000 vite sono state salvate grazie agli impressionanti sforzi della società civile europea, con 21 ONG di soccorso che operano nel Mediterraneo centrale, 10 delle quali provengono dalla Germania. Tuttavia, nello stesso periodo, più di 21.700 vite sono state perse su questa rotta migratoria mortale. Siamo testimoni del fatto che le persone in movimento vengono continuamente lasciate morire. L’UE ha finanziato le sue politiche a porte chiuse spendendo 242 milioni di euro in dieci anni per le cosiddette Guardie Costiere libiche e tunisine e per i Centri di Coordinamento dei soccorsi, che sistematicamente conducono respingimenti illegali e commettono violazioni dei diritti umani. È assurdo che si spendano così tanti soldi per sigillare l’Europa, mentre i fondi per il salvataggio degli esseri umani sono apparentemente ancora troppo pochi. Ora servono un programma europeo di ricerca e salvataggio e percorsi migratori sicuri e legali per le persone in cerca di protezione”. Redazione Italia
Convoglio Sumud è ufficialmente partito per Rafah
Il 9 giugno in migliaia di persone hanno lasciato la capitale Tunisi verso Sousse e altre città, dove si prevede che altri si uniranno. I libici si uniranno al convoglio in seguito, una volta attraversato il confine di Ras Ajdir. Questo convoglio fa parte di un movimento globale per rompere l’assedio di Gaza e fare pressione affinché cibo e aiuti arrivino nella Striscia. La flottiglia Madleen potrebbe essere stata intercettata l’8 giugno, ma dal 9 giugno ne stanno arrivando migliaia. La Palestina è sempre stata una prova di coscienza per la nazione, ed eccoci qui a issare la bandiera della “Carovana della Resilienza” per trasformare questa prova in un atto tangibile di liberazione. Fin dal primo momento, i nostri sforzi si sono concentrati nel coordinare il lavoro congiunto per la Palestina, per costruire il meccanismo di attuazione del convoglio e garantire l’accesso al valico di Rafah, attraverso percorsi che iniziano con una pianificazione dettagliata e terminano con un coordinamento sobrio e responsabile con tutte le parti che possono facilitare il percorso del convoglio. È importante per noi della Gioventù Nazionale Araba sottolineare quattro pilastri fondamentali in questo contesto: 1. Ci impegniamo con tutti i nostri partner affinché il convoglio diventi uno strumento per rompere l’assedio di Gaza e fermare la macchina di sterminio e migrazione che minaccia l’esistenza del nostro popolo e della nostra nazione. 2. Stiamo lavorando con i nostri fratelli in Libia e in Egitto per spianare la strada al convoglio e in questa cooperazione vediamo la pietra angolare per raggiungere i suoi obiettivi. 3. Invitiamo le organizzazioni internazionali libere, i media e le potenze arabe a unire gli sforzi per denunciare i crimini dell’occupazione e la complicità della comunità internazionale nelle violazioni del diritto umanitario. 4. Il successo del convoglio rappresenta un punto di svolta nella battaglia per spezzare la volontà sionista e invitiamo tutte le forze in azione a farne un elemento determinante nell’equilibrio di forze per la liberazione della Palestina. Facciamo sapere al mondo che ogni giorno che passa sotto l’assedio di Gaza accresce la nostra determinazione e che la volontà dei giovani della nazione sarà il ponte verso la libertà. Qual è il coordinamento tra il Convoglio della Resistenza e l’iniziativa Marcia verso Gaza? Siamo partner attivi dell’iniziativa Marcia Globale verso Gaza e della Freedom Fleet e operiamo come organismo di coordinamento globale che unisce iniziative arabe e internazionali per unificare gli sforzi. Qual è la strada per raggiungere Gaza? – La strada per Kalati: Tunisia: Capitale → Susa → Sfax + Gabès → Civili → Ras Jedir (in un giorno con punti di sosta e propaganda) Libia: Strada costiera, con fermate in 4 città (3 giorni / 2 notti) Egitto: Camminiamo fino al Cairo (una notte) e poi al valico di Rafah Perché ci impediscono di entrare in Egitto? Sono in contatto con le autorità tunisine, la società civile, personalità libiche ed egiziane che sono in contatto con i loro Paesi. E speriamo vivamente in autorizzazioni e agevolazioni per questa missione umanitaria. Se non ottenessimo i permessi, il convoglio di Bash starebbe partendo e dirigendosi verso il confine egiziano, e noi chiediamo un attraversamento diretto. Il divieto è in vigore, ma questo non è un viaggio turistico, è una carovana di lotta e solidarietà, e ogni passo rappresenta una pressione internazionale sull’assedio. C’è un coordinamento con le autorità di Tunisia, Libia ed Egitto? Tunisia: Tutto procede normalmente, le nostre cose vanno bene e stiamo rispettando tutti i requisiti legali tunisini. Libia: Ottima comunicazione con la società civile e il Consiglio delle Tribù, e l’accoglienza è buona. Egitto: I tentativi di comunicazione ufficiale sono ancora in corso e non abbiamo ricevuto una risposta ufficiale. Altre carovane dal Marocco arabo? Il convoglio Bash parte dalla Tunisia, e i nostri fratelli di Marocco, Algeria e Mauritania si uniscono a noi. Libici ed egiziani dovrebbero unirsi a noi, ciascuno entro i confini del proprio Paese.   Questo il link per seguire il live tracking del convoglio https://al-soumoud-convoy.com/ SEGUITE gli account Instagram taggati @Cjapalestine @Pal.actions_tn, assicuratevi di dare visibilità a questo convoglio, che è stato per lo più ignorato dai media internazionali, e soprattutto continuate a battervi per Gaza.  Redazione Italia