
Gaza, segnali importanti dalla società civile israeliana e non solo
Pressenza - Saturday, June 7, 2025Le principali associazioni e movimenti palestinesi in Italia hanno preso una posizione radicalmente critica rispetto alla manifestazione di oggi a Roma indetta dai partiti del centro-sinistra. Critiche condivisibili le quali, come riporta il quotidiano Domani in un articolo, evidenziano come ci si concentri esclusivamente su Netanyahu e il suo governo, ignorando che Gaza è “sotto assedio da 17 anni”, che da sempre “il popolo palestinese vive in un regime di segregazione razziale, che lo Stato israeliano ha costruito un’intera architettura giuridica e militare basata sulla negazione dell’altro”, aggiungendo che “una tregua senza giustizia non è che una interruzione temporanea dell’orrore”. Orrore che va ricondotto a ben prima del massacro del 7 ottobre da parte di Hamas, a decenni di colonizzazione e occupazione illegittima dei territori.
Decenni in cui la società israeliana gradualmente si è ulteriormente involuta, con la conseguenza che l’attuale esecutivo è il naturale processo di queste dinamiche. Una parabola che il saggio di Daniel Bar-Tal, professore emerito di Psicologia politica all’università di Tel Aviv, pubblicato recentemente da Franco Angeli con il titolo “La trappola dei conflitti intrattabili” sottotitolo “Il caso israelo-palestinese”, analizza con precisione e dati alla mano; “…periodici sondaggi di opinione mostrano che la maggior parte del pubblico ebraico-isrealiano è d’accordo con affermazioni come:” Qualsiasi mezzo è lecito nella lotta di Israele contro il terrorismo palestinese (circa il 70%) o “tutta l’attività militare avviata da Israele è giustificata” (circa il 55%).
Orientamenti evidenziati dalle varie tornate elettorali, tenendo presente che, come spiega Bar-Tal “negli anni Ottanta circa il 40% (comunque una minoranza ndr), si identificava con la sinistra e nel 2019, secondo la stessa ricerca condotta dallo stesso istituto, solo il 15% si identificava come tale. La destra ha notevolmente aumentato il suo potere nel corso degli anni e nel 2020 oltre il 60% degli ebrei in Israele ha sostenuto la destra”.
C’è da tenere presente che quando si parla di sinistra israeliana ci si riferisce a quella laburista, le cui politiche, quando ha governato, hanno perpetrato l’occupazione, non ostacolando la graduale espansione dei coloni nei territori palestinesi. Gli stessi “Accordi di Oslo” sono stati uno specchietto per le allodole, e la tripartizione nelle aree “A, B e C”, non ha sostanzialmente mutato l’assetto territoriale, anzi.
Daniel Bar-Tal cita un sondaggio tra gli elettori laburisti del 2019 condotto dal quotidiano Haaretz dove seppure l’80% si dichiarava favorevole ai due Stati, solo il 41% si opponeva a qualsiasi annessione, mentre un 46% era favorevole all’annessione dell’Area C”.
Tale scenario dopo il 7 ottobre è peggiorato drasticamente, e in questo anno e mezzo il contrasto al genocidio condotto dal governo israeliano è ricaduto principalmente sulle associazioni di base come Combatants for Peace, da anni attive contro l’occupazione.
Questo fino a poco tempo fa, perché di fronte alla sistematica distruzione di Gaza e dei suoi abitanti, finalmente ci sono ampi segnali che anche la granitica opinione pubblica israeliana e la società civile stiano dando indicazioni importanti, fino alle ormai numerose prese di posizione dei riservisti e anche di autorevoli esponenti del mondo militare.
Sul fronte dei movimenti di base, l’8 e il 9 maggio a Gerusalemme si è tenuto il People’s Peace Summit indetto da 60 gruppi sia israeliani che palestinesi, un evento che Pressenza ha ampiamente raccontato sin dai suoi preparativi, purtroppo ignorato o quasi, dalla maggior parte delle testate giornalistiche nazionali, ma questa purtroppo non è una novità.
Così come sono aumentate le marce e manifestazioni con una crescente partecipazione, fino alla clamorosa iniziativa del movimento Standing together raccontata, unica testata, ieri dall’inviato di Avvenire Nello Scavo, che ha visto alcune migliaia di israeliani e arabo-israeliani dare vita ad una marcia fino ai valichi della Striscia di Gaza per portare cibo alla stremata popolazione palestinese.
Insomma, sembra che finalmente la protesta stia uscendo dalla stretta cerchia dei gruppi di base per estendersi a settori sempre più ampi di Israele. Nonostante le acrobazie di Netanyahu si parla con insistenza della possibilità di elezioni politiche anticipate, anche se, come abbiamo fatto notare, un cambio di governo sarà in parte inutile se non si andrà alla radice della questione e soprattutto se nel resto del mondo non si riuscirà a costringere i criminali governi che sostengono e finanziano la politica genocida israeliana a interrompere qualunque tipo di partnership con lo Stato sionista, imponendo la stessa cosa ai grandi marchi industriali, come a suo tempo avvenne con il Sudafrica dell’apartheid.