
E’ proibito criticare le fabbriche di armi?
Pressenza - Tuesday, November 25, 2025Si è svolta il 24 novembre presso il tribunale di Cagliari l’ennesima udienza del processo in cui è imputata per diffamazione una giovane persona sarda, da tempo impegnata nei comitati che contrastano la fabbrica di ordigni bellici RWM, che ha sede nei territori di Domusnovas ed Iglesias. Davanti al palazzo di giustizia, c’era un presidio con lo striscione STOP RWM. Dopo un’attesa di due ore, l’udienza si è concentrata sulle arringhe degli avvocati. Ma la sentenza è stata rinviata al 12 gennaio del 2026.
La RWM Italia, costola della tedesca Rheinmetal, con sede legale a Ghedi in provincia di Brescia, da circa quattro anni ha svolto ingenti lavori di ampliamento dello stabilimento, allo scopo di aumentare la propria produzione, che ultimamente si è arricchita non solo quantitativamente, ma anche diversificandosi, con la produzione di droni killer, su licenza dell’azienda israeliana Uvision. Ma l’ampliamento non era legale, per la mancanza di una valutazione d’impatto ambientale (VIA) e, in seguito ai ricorsi dei comitati, affiancati da sindacati di base e movimenti, è stato bloccato il suo utilizzo.
Al momento, dopo che la RWM ha presentato un VIA ex-post, per cercare una sanatoria posticipata, la parola passa alla Regione Sardegna, che deve decidere se firmare e permettere l’utilizzo degli impianti abusivi, o negarne l’autorizzazione. Per questo nelle ultime settimane si stanno moltiplicando non solo a Cagliari e Iglesias, ma anche in altre città e paesi, le iniziative di sensibilizzazione sul problema. Per questo sono state presentate alla presidente della Regione delle lettere circostanziate, che si aggiungono al dossier sull’imbatto ambientale e il rischio idrogeologico, già da tempo inoltrato.
Questa, in sintesi estrema, la situazione attuale, nella quale s’inquadra anche il processo che ha subito e subisce chi ha avuto il coraggio di parlare apertamente degli enormi profitti che i costruttori d’armi ricavano dalla morte e dalla distruzione. Chi ha il coraggio di mettere in discussione la catena di consenso che le grandi aziende mortifere propagano nel territorio, attraverso il ricatto occupazionale, in una subregione dai tassi di disoccupazione tra i più alti in Europa. Il tutto spesso con l’acquiescenza delle amministrazioni comunali.
Per questo, dall’aprile del 2023, ha dovuto subire due anni e mezzo di iter giudiziari, di udienze e di rinvii, con un carico economico, ma soprattutto psicoemotivo assai duro da sopportare. Oggettivamente, sembra un modo per far pagare ai giovani il loro impegno di cittadinanza attiva e dissuaderli dal continuare.
Ma i partecipanti al presidio sui gradoni del tribunale sono ottimisti: molto difficile dissuadere questi giovani e questi meno giovani, gli anziani, le famiglie coi bambini, questo movimento con molte anime che vuole rimanere coeso sull’obiettivo, quello della chiusura della fabbrica o della sua riconversione ad usi civili. Ma oggi il primo obiettivo, quello immediato è lo stop all’ampliamento illegale.
Secondo l’accusa l’attivista ha diffamato l’azienda, in quanto avrebbe “travalicato i confini della critica”. Ci chiediamo cosa possa significare. Forse che si può criticare fino a un certo confine? Ma quale confine? Forse quello del filo spinato, che qualcuno vorrebbe introiettato nelle menti.
Al contrario, è giusto rivendicare il diritto di parola e di critica in un momento importante, nella lotta per il disarmo e, in particolare, contro le produzioni di morte della RWM in Sardegna. Ci saranno presto altre iniziative.