Il destino sospeso dei rifugiati siriani dopo la caduta di Assad

Progetto Melting Pot Europa - Sunday, September 21, 2025

Il report pubblicato dall’Agenzia Europea dell’Asilo (EUAA) 1 riporta nella prima metà del 2025 un calo del 23% delle richieste di protezione internazionale in Unione Europea. A detta dell’EUAA, questo calo sarebbe dovuto in gran parte alla diminuzione di arrivi dalla Siria.

8 dicembre 2024. Dopo tredici anni di guerra civile l’opposizione siriana, guidata dal gruppo Hayat Tahrir al-Sham, conquista Aleppo, Homs, Hama e Damasco, rovesciando il regime di Bashar al-Assad, al potere dal 2000 e ora in esilio in Russia.

Finisce così, in soli dieci giorni, una tra le guerre più lunghe e sanguinose degli ultimi anni, che ha causato più di 230mila morti tra i civili, 7 milioni di sfollati interni e 6.5 milioni di rifugiati – e di riflesso una fortissima crisi sociale e politica del sistema d’asilo europeo.

Quelli che seguono sono momenti di euforia collettiva: ad Aleppo e Damasco, ma anche nelle capitali europee (solo Germania e Svezia ospitano quasi un milione di cittadini siriani) e nel mondo, tra i quasi cinque milioni di rifugiati siriani in Turchia, Libano e Giordania.

Sin da subito si iniziano a registrare flussi di ritorno verso la Siria, in particolare dai Paesi confinanti. In soli sei mesi, 200mila tornano dal Libano 2, e quasi 500mila dalla Turchia 3 – anche se si ritiene che i numeri siano più alti, non potendo conteggiare chi fa ritorno in patria al di fuori delle operazioni UNHCR.

Nei primi giorni, l’UNHCR riporta di alcune situazioni confuse 4: i valichi di frontiera ufficiali nel nord del Libano erano chiusi, ma c’era già chi tornava scegliendo vie alternative; allo stesso tempo, migliaia di persone facevano il viaggio al contrario, fuggendo dalla Siria.

Molti dei rifugiati siriani in Libano e Turchia vivono in condizioni piuttosto precarie: la gravissima crisi economica in cui il Libano versa dal 2019 e gli attacchi di Israele negli ultimi due anni
non hanno fatto altro che acuire i sentimenti xenofobi 5 contro i 1.5 milioni di siriani nel Paese (che, con una popolazione di 5.3 milioni, è il Paese con la più alta percentuale di rifugiati al mondo).

Il Libano ospita anche 250mila rifugiati palestinesi, concentrati nel Sud del Paese, e anche per questo motivo il Governo libanese non ha mai acconsentito a costruire campi ufficiali per i rifugiati siriani 6, e la maggior parte è stata costretta a stabilirsi in accampamenti informali senza i servizi essenziali.

Le cure mediche sono garantite principalmente dall’UNHCR, che però ha già annunciato che a novembre 2025 sospenderà il programma 7 per mancanza di fondi. Dal 2015 è stato anche impedito all’UNHCR di registrare i rifugiati giunti nel Paese, rendendo più difficile l’identificazione delle persone vulnerabili e dei richiedenti asilo.

In Turchia, i siriani non sono considerati rifugiati ai sensi della Convenzione di Ginevra, e dall’inizio della guerra 3 milioni di persone hanno ottenuto solo un permesso temporaneo – per una guerra durata tredici anni.

L’Unione Europea, tramite il FRIT (Facility for Refugees in Turkey), finanzia la Turchia per garantire i servizi di base ai rifugiati nel Paese, ma le politiche del governo turco, il terremoto nel 2023, e l’insufficienza dei fondi hanno spesso reso il FRIT inefficace.

Nonostante ciò, e nonostante la caduta del regime, la scelta di tornare non è facile: l’euforia dei primi giorni viene sostituita da una cauta speranza prima e nuovi timori poi.

HTS era considerato sin dal 2015, in base alla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite 2254, un gruppo terroristico. Dal 2017 era allineato al Syrian Salvation Government, che governava la zona di Idlib, nel nord della Siria, in opposizione al regime di Assad. Dal 2021 è la fazione militare più potente tra i gruppi di opposizione.

Nel dicembre 2024 sia il governo di Assad che il SSG sono stati sostituiti dal Governo di transizione siriano, e nel gennaio 2025 il gruppo HTS è stato ufficialmente dissolto, per entrare a far parte delle istituzioni statali. Il 7 luglio 2025 gli Stati Uniti hanno revocato la designazione di organizzazione terroristica.

Le comunicazioni durante i primi giorni di governo transitorio sono state rassicuranti: il portavoce ha assicurato che tutte le religioni saranno libere nella nuova Siria, a inizio 2025 è stata approvata una nuova costituzione, transitoria, e nel nuovo governo insediatosi a marzo sono rappresentate quattro minoranze etniche e religiose (un alawita, un druso, una donna cristiana, e un curdo).

Sono stati fatti importanti passi avanti: a dicembre 2024 l’aeroporto di Damasco ha riaperto i voli internazionali, e le sanzioni imposte al governo di Assad e ai membri di HTS sono state progressivamente allentate e sollevate.

A marzo 2025 rappresentanti del governo siriano hanno per la prima volta preso parte alla Conferenza per il supporto al futuro della Siria 8, insieme ai capi di Stato dell’UE.

Sulla linea suggerita da diversi gruppi che monitorano lo stato di diritto in Siria – quali Human Rights Watch e il Syria Justice and Accountability Centre – i leader dell’Unione Europea hanno confermato la propria collaborazione nella ricerca delle 150mila persone scomparse nelle prigioni di Assad, e nella ricostruzione del Paese.

A settembre 2025, sono 1.2 milioni i siriani rientrati a casa, una cifra che secondo l’UNHCR potrebbe raggiungere i 2 milioni entro fine anno; il 93% degli sfollati interni intende rientrare nel proprio luogo d’origine e ventritrè distretti potrebbero vedere la propria popolazione raddoppiare.

Tuttavia, la tensione è ancora alta. A dicembre Israele ha sferrato diversi attacchi nel sud e sulla costa, la Turchia ha bombardato Kobani, a nord, e si sono registrati episodi di violente vendette private. Infatti, dopo l’apertura delle prigioni del regime, tra cui Sednaya – tristemente nota tra i siriani come “macelleria umana”, dove decine di migliaia di oppositori politici sono stati uccisi e torturati – manca ancora un processo ufficiale per individuare i responsabili.

Il 6 marzo un gruppo di fedeli di Assad ha organizzato un attacco a Latakia, sulla costa, e come rappresaglia le forze governative uccidono più di 1400 alawiti 9 (etnia di appartenenza della famiglia Assad e quella maggiormente rappresentata nell’esercito prima del 2024). A giugno, 22 persone sono uccise in un attacco in una Chiesa di Damasco, e ci sono stati episodi di intimidazione contro la minoranza cristiana.

A luglio, degli scontri tra drusi e beduini a Suwayda, nel sud, sono degenerati dopo l’intervento dell’esercito siriano e di Israele, e da allora la città è sotto assedio. L’annuncio del meccanismo scelto per le elezioni parlamentari 10 conferma una difficile convivenza tra i vari gruppi etnici: il Presidente – Ahmet al-Sharaa, leader di fatto di HTS – nominerà direttamente 1/3 del Parlamento, nonché il Comitato Elettorale che poi eleggerà i restanti 2/3.

Infine, secondo IOM 11 l’ostacolo più grande ad un rientro sicuro e dignitoso per i cittadini siriani è la drammatica situazione economica del Paese.

Il 90% della popolazione dipende da aiuti umanitari, le infrastrutture (compresa la rete elettrica, idrica, i servizi sanitari, e le possibilità di documentare e reclamare i propri diritti) sono insufficienti e un flusso così importante di rientri, contemporaneo ad un profondo taglio dei fondi dell’UNHCR a causa degli USA, potrebbe causare una nuova crisi umanitaria.

La ripresa del settore agricolo e dei mercati è lenta, e così la costruzione di nuove abitazioni e le operazioni di rimozione di ordigni esplosivi in aree abitate da civili (si stima che 2/3 della popolazione siano a rischio di essere colpiti da esplosivi, e 8 campi su 10 sono contaminati).

Nella prima metà del 2025 solo 13mila siriani hanno richiesto protezione internazionale in Europa – un sesto rispetto agli 85mila nello stesso periodo dell’anno precedente. Anche qui i siriani si stanno interrogando sulla possibilità di fare ritorno (anche se in misura minore, solo il 20% secondo l’UNHCR 12 ).

Questo sta avendo profondi risvolti anche sul sistema d’asilo europeo. Senza siriani, la Germania non è più il primo Paese di destinazione, e da dicembre le autorità di diversi Paesi europei hanno sospeso l’analisi delle richieste asilo dei cittadini siriani.

Si è creato così un limbo giuridico: nei Paesi che non hanno sospeso l’esame delle domande, il tasso di riconoscimento è crollato dal 90% al 17% tra gennaio e giugno 2025; in Germania 40mila richiedenti sono stati colpiti dalla decisione, insieme ai 669mila siriani che hanno un permesso di residenza temporaneo, da rinnovare regolarmente (ogni tre anni per chi ha ricevuto protezione internazionale, e annualmente per chi è tutelato dal rimpatrio); incidentalmente, già a dicembre gli ospedali avvisavano che senza i medici siriani il sistema sanitario tedesco sarebbe crollato 13.

La Svezia ha sospeso i procedimenti il 9 dicembre, rinnovando questa decisione l’11 giugno; la sospensione è stata revocata l’11 settembre.

A giugno infatti l’EUAA ha pubblicato una guida aggiornata sulla situazione nel Paese, evidenziando il delinearsi di nuovi agenti di protezione e di persecuzione, e il peggioramento della situazione per alcune minoranze (cristiani, alawiti, drusi, altri gruppi dell’opposizione, sostenitori di Assad o coloro ritenuti tali).

L’UNHCR ha inizialmente ritenuto questa sospensione accettabile, purché fosse garantito che anche i cittadini siriani potessero accedere le procedure d’asilo, ricevendo gli stessi diritti e lo stesso supporto degli altri richiedenti asilo. In particolare, l’UNHCR aveva sottolineato quanto fosse essenziale che nessuno venisse forzosamente rimpatriato 14 in osservanza del principio di non-refoulement.

Quelle dell’UNHCR sono state però raccomandazioni vuote. In base alle ricerche dell’European Council on Refugees and Exiles (ECRE) 15, nonostante le autorità turche descrivano tutti i ritorni come “volontari, sicuri, dignitosi e regolari”, molti dubitano di ciò, considerando anche che solo nel 2024 la Turchia aveva deportato 141mila persone in una zona del nord della Siria ritenuta “sicura” dalle autorità.

Approfondimenti/Reportage e inchieste

I centri di rimpatrio finanziati dall’Unione Europea in Turchia

L’inchiesta di Lighthouse Reports: abusi, violenze e deportazioni forzate

Rossella Ferrara 26 Marzo 2025

Preoccupazioni simili si hanno in Libano, dove tutti i partiti politici ritengono che i siriani devono tornare in patria “con urgenza” 16; alcuni hanno addirittura chiesto di facilitare la loro partenza via mare verso l’Europa.

Ma i rimpatri forzati partono anche dall’Europa. In Bulgaria, nel campo di Harmanli, sin dal 13 dicembre i richiedenti siriani sono stati sottoposti a lunghi interrogatori, e alcuni costretti a formare documenti attestanti la propria volontà di fare ritorno in patria. In base alle indagini di No Name Kitchen (NNK) 17, simili notizie arrivano dalla Serbia, mentre le autorità austriache stanno preparando un piano di rimpatrio di massa e in Olanda la polizia di frontiera ha in alcune occasioni minacciato i richiedenti siriani di deportazione.

Interrogatori nel campo di Harmanli, Bulgaria (No Name Kitchen)

La chiara volontà di limitare il più possibile l’accesso all’asilo per i siriani, e la stanchezza dell’Europa nei confronti della situazione in Siria è lampante se si pensa che anche prima della caduta del regime diversi Paesi europei – tra cui l’Italia – avevano proposto di normalizzare le relazioni con Assad per facilitare il ritorno dei cittadini siriani, adducendo che alcune zone della Siria potessero dirsi sicure.

Nel 2024, 4100 siriani hanno preso parte al programma di “rimpatri volontari” organizzato da Cipro, che Ursula von der Leyen ha definito “il campione europeo dei rimpatri” 18; le autorità cipriote avevano sospeso l’analisi delle richieste d’asilo dei siriani durante la primavera, dopo un’impennata nel numero di arrivi, e li avevano trattenuti nella buffer zone tra Cipro e la zona occupata dalla Turchia.

La stessa Commissione europea ad agosto 2024 aveva implementato misure economiche per permettere ritorni “sicuri, volontari e dignitosi”.

Le immagini e i racconti giunti dalle prigioni del regime dopo l’8 dicembre hanno dimostrato quanto l’Unione Europea è disposta a compromettersi pur di rimpatriare più richiedenti asilo possibile.

La storia dei siriani riflette una triste immagine del sistema d’asilo europeo. Durante la crisi del 2015, sono stati accolti e il loro status di rifugiati riconosciuto, ma solo dopo essere fuggiti dalla Siria, essere sopravvissuti al mare, ai Balcani, e alle infinite frontiere europee.

Ma per loro l’Unione Europea ha sperimentato per la prima – e unica – volta il meccanismo della ricollocazione, per una redistribuzione più equa tra gli Stati Membri. È stata l’immagine di un bambino siriano, Alayn Kurdi, che ha scosso il mondo. Erano i siriani che hanno partecipato alla “freedom march” da Budapest alla Germania, portando alla sospensione del sistema Dublino.

Ma è sulle loro spalle che è crollato il sistema europeo, e su di loro sono state sperimentate le politiche europee più dure, come quelle di esternalizzazione e gli hotspot.

La “marcia della libertà” sulle autostrade ungheresi, 2015 PH: MP

Nel 2025, il futuro della Siria è incerto. Per ora, rimpatri forzati non sarebbero sicuri né rispettosi della dignità umana: le violazioni dei diritti fondamentali non sono cessate, e l’infrastruttura del Paese non è pronta per un afflusso massiccio di rientri.

La somma che diversi Paesi europei hanno offerto ai siriani per fare ritorno a casa (1700 € a famiglia in Germania, 900 € a testa in Olanda) non possono risolvere i profondi problemi strutturali che cinquant’anni di dittatura e quattordici di guerra civile hanno causato al tessuto sociale del Paese.

Secondo il Syria Justice and Accountability Centre, per partecipare ad una ricostruzione sostenibile e duratura in Siria, l’Unione Europea dovrebbe astenersi dall’incoraggiare rimpatri di massa e dal definire aree del Paese come sicure; permettere ai siriani di fare ritorno senza perdere il proprio status protetto, per controllare le condizioni delle proprie abitazioni e ricucire i rapporti con la propria comunità; incoraggiare la formazione di un nuovo sistema giudiziario; e partecipare alla ricostruzione – fisica e sociale – del Paese.

  1. Latest Asylum Trends. Mid-Year Review 2025 (September 2025) – European Union Agency for Asylum (EUAA) ↩︎
  2. UN says over 200,000 Syrian refugees return from Lebanon, Arab News (2 settembre 2025) ↩︎
  3. More Syrians return home from Turkey, Infomigrants (15 agosto 2025) ↩︎
  4. Syria: UNHCR comment on asylum processing suspension and returns (dicembre 2024) ↩︎
  5. Lebanon’s shift from safe haven to hostile country for Syrian refugees, BBC (27 maggio 2024) ↩︎
  6. Syrian refugees in Lebanon: the search for universal health coverage, National Center for Biotechnology ↩︎
  7. UNHCR announces end of healthcare support for Syrian refugees in Lebanon, L’Orient Today (maggio 2025) ↩︎
  8. 2025 Brussels IX Conference on ‘Supporting the future of Syria and the region’, European Council ↩︎
  9. Violations against civilians in the coastal and western- central regions of the Syrian Arab Republic (January-March 2025), Human Rights Council (agosto 2025) ↩︎
  10. Joint Position Paper Regarding the Temporary Electoral System for the Syrian Parliament, Syria Justice and Accountability Centre (settembre 2025) ↩︎
  11. New Report: Challenging Economy and Unemployment Main Obstacles for Syria Returnees, IOM (maggio 2025) ↩︎
  12. Intentions and perspectives of Syrian refugees and asylum-seekers in Europe, UNHCR (maggio 2025) ↩︎
  13. German health system would struggle without Syrian doctors, InfoMigrants (dicembre 2024) ↩︎
  14. Syria: UNHCR comment on asylum processing suspension and returns, UNHCR (dicembre 2024) ↩︎
  15. Report sulla Turchia, Luglio 2025 ↩︎
  16. Syrian Refugees in Lebanon: Crisis of Return, Lebanese Center for Policy Studies (LCPS) ↩︎
  17. EU States crack down on Asylum Seekers after al-Assad’s fall, NNK (dicembre 2024) ↩︎
  18. More than 1,000 Syrian children have left Cyprus this year, Cyprus Mail (29 agosto 2025) ↩︎