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LIBANO: 4.500 LE VIOLAZIONI ISRAELIANE DEL CESSATE IL FUOCO FIRMATO NEL NOVEMBRE 2024.
L’aggressione israeliana non si ferma, nemmeno in Libano. Oggi, venerdì 19 settembre, ci sono stati ancora bombardamenti israeliani; un cittadino libanese è stato ucciso e altri tre sono rimasti feriti in un attacco di un drone israeliano nel Libano meridionale. Il drone israeliano ha preso di mira un veicolo di fronte all’ingresso dell’ospedale governativo di Tebnine, nella città di Tebnine. I primi resoconti hanno confermato la morte di una persona e il ferimento di almeno altre tre. Aerei, missili e droni israeliani colpiscono quasi quotidianamente sia il sud che l’est del Libano, le zone a maggioranza sciita; attacchi che si sono ulteriormente intensificati nelle ultime settimane, tanto che persino l’Onu nelle ultime ore ha “condannato la serie di attacchi israeliani nel sud del Libano”, definendoli “violazioni della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza. Tali azioni mettono a rischio la fragile stabilità raggiunta a novembre novembre e minano la fiducia dei civili nella possibilità di una soluzione pacifica del conflitto”, si legge nel comunicato di Unifil, la missione militare Onu schierata nel sud del Libano dal 1978 e di cui fanno parte un migliaio di soldati italiani. Dalla firma del cessate il fuoco, a fine novembre 2024, Israele colpisce quasi quotidianamente il Libano, dove continua a occupare cinque aree, dove i carri armati di Tel Aviv sono arrivati…dopo aver firmato l’accordo di cessate il fuoco. 4.500 le violazioni dell’accordo da parte israeliana in meno di un anno, mentre sul lato libanese – Hezbollah compreso – non si registra alcuna violazione. Su Radio Onda d’Urto,Mauro Pompili, giornalista freelance che vive a Beirut. Ascolta o scarica.
LIBANO: 43 ANNI FA IL MASSACRO DI SABRA E SHATILA. LA CORRISPONDENZA DA BEIRUT DELL’ASSOCIAZIONE “PER NON DIMENTICARE”
43 anni fa, tra il 16 e il 18 settembre 1982, le milizie falangiste-nazionaliste libanesi (a maggioranza cristiana maronita) e l’esercito israeliano compivano un massacro nei campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila, a Beirut, in Libano. Furono tre giorni di mattanza con almeno 3000 civili assassinati dalle milizie cristiano-falangiste libanesi coperte dall’esercito israeliano che aveva invaso il Libano tre mesi prima (da inizio giugno 1982) e assediava la capitale sotto la direzione dell’allora ministro della difesa (e poi premier) Ariel Sharon. Dopo l’evacuazione da Beirut dei combattenti dell’Olp (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) agli ordini di Arafat – prevista dagli accordi di cessate il fuoco mediati dagli Usa dopo mesi di assedio e resistenza – i profughi palestinesi erano rimasti senza alcuna protezione. La scintilla per i massacri di Sabra e Shatila fu la morte – in un attentato – del neopresidente libanese, il leader falangista cristiano di estrema destra Bashir Gemayel, salito al potere con l’appoggio dell’occupazione israeliana. I miliziani di Gemayel compirono materialmente il massacro con l’appoggio e la copertura dell’esercito israeliano, che circondò i due campi in modo da lasciare indisturbati i falangisti. In molti furono uccisi con asce e pugnali, i corpi seviziati per tre giorni e due notti consecutive, con il mondo tenuto all’oscuro di tutto. “Ce lo dissero le mosche” è l’attacco del reportage del giornalista inglese Robert Fisk, tra i primi a entrare su Sabra e Shatila, riferendosi agli insetti che assediavano il campo profughi con i corpi delle vittime in putrefazione. Su Radio Onda d’Urto, la corrispondenza da Beirut di Mirca Garuti, dell’Associazione “Per non dimenticare Sabra e Shatila” che, come ogni anno, si è recata nel settembre 2025 in Libano per partecipare alle commemorazioni del massacro. Ascolta o scarica.
Libano: proprietà e terreni civili distrutti da Israele
Amnesty International ha dichiarato oggi in una nuova ricerca che la distruzione estesa e deliberata di proprietà civili e terreni agricoli nel sud del Libano da parte dell’esercito israeliano deve essere indagata come crimine di guerra. La ricerca, intitolata “Nessun luogo dove tornare: la distruzione su vasta scala del Libano meridionale da parte di Israele”, documenta come le forze israeliane abbiano usato in 24 municipalità esplosivi collocati manualmente e bulldozer per devastare strutture civili, tra cui abitazioni, moschee, cimiteri, strade, parchi e campi da calcio. La ricerca analizza il periodo dall’inizio dell’invasione terrestre di Israele in Libano, il 1° ottobre 2024, fino al 26 gennaio 2025 e rivela che in quel lasso di tempo oltre 10.000 strutture sono state gravemente danneggiate o distrutte. Gran parte delle distruzioni sono avvenute dopo il 27 novembre 2024, data di entrata in vigore di un accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah. Le distruzioni sono state effettuate dopo che l’esercito israeliano si era assicurato il controllo delle aree, quindi al di fuori di azioni di combattimento. In tale contesto, il diritto internazionale umanitario vieta la distruzione di proprietà civili a meno che non sia richiesta da una necessità militare imperativa. Amnesty International ha rilevato che in molti casi l’ampia distruzione di strutture civili è avvenuta in apparente assenza di una necessità militare imperativa e, dunque, in violazione del diritto internazionale umanitario. “L’esercito israeliano, con la distruzione di abitazioni, proprietà e terreni civili nel sud del Libano, ha reso intere aree inabitabili e ha rovinato innumerevoli vite”, ha dichiarato Erika Guevara Rosas, alta direttrice delle ricerche e delle campagne di Amnesty International. “Le prove che abbiamo analizzato mostrano chiaramente che le truppe israeliane hanno deliberatamente lasciato dietro di sé una scia di devastazione mentre attraversavano la regione. Il loro palese disprezzo per le comunità che hanno distrutto è ripugnante”, ha sottolineato Guevara Rosas. “Quando questi atti di distruzione sono stati commessi intenzionalmente o con imprudenza, devono essere indagati come crimini di guerra”, ha concluso Guevara Rosas. La mappa mostra la percentuale di edifici gravemente danneggiati o distrutti in ciascuna municipalità libanese lungo il confine con Israele, documentata tra il 26 settembre 2024 e il 30 gennaio 2025. Il Crisis Evidence Lab di Amnesty International ha utilizzato un’enorme quantità di prove visive, tra cui 77 video e fotografie verificati e immagini satellitari, per indagare sui danni e quantificare gli edifici gravemente danneggiati o distrutti. Le prove hanno incluso video che mostravano soldati israeliani collocare manualmente esplosivi all’interno di abitazioni, sventrare strade e campi da calcio e radere al suolo parchi e siti religiosi con i bulldozer. In alcuni video, i soldati si filmavano mentre, cantando e gridando, celebravano le distruzioni. Il Crisis Evidence Lab ha inoltre raccolto dichiarazioni diffuse dall’esercito israeliano e da Hezbollah sui loro canali ufficiali e analizzato notizie e dati raccolti da altre organizzazioni per sviluppare una cronologia e condurre un’analisi contestuale. Amnesty International ha anche intervistato 11 residenti dei villaggi di confine del sud del Libano. L’esercito israeliano ha dichiarato che parte della distruzione delle strutture civili era volta a prevenire futuri attacchi, e che alcune di esse erano state precedentemente utilizzate dai combattenti di Hezbollah per immagazzinare armi o erano situate sopra tunnel. Tuttavia, secondo Amnesty International, la distruzione estesa di proprietà civili per prevenire che una parte avversa lanci attacchi futuri non soddisfa lo standard di necessità militare imperativa previsto dal diritto internazionale umanitario, né il precedente uso di un edificio civile da parte di una parte in conflitto lo rende automaticamente un obiettivo militare. Il 27 giugno Amnesty International ha inviato alle autorità israeliane una serie di domande riguardo alle conclusioni della sua ricerca ma, al momento della pubblicazione, non ha ricevuto alcuna risposta. “OPERAZIONI LOCALIZZATE, LIMITATE E MIRATE” Quando ha iniziato la sua invasione di terra in Libano, il 1° ottobre 2024, l’esercito israeliano ha dichiarato di voler “condurre operazioni localizzate, limitate e mirate, basate su informazioni di intelligence precise, contro obiettivi e infrastrutture di Hezbollah”. Eppure, l’analisi di Amnesty International rivela una vasta distruzione lungo quasi tutti i 120 chilometri del confine meridionale con Israele. La mappa mostra la valutazione dei danni agli edifici: le strutture gravemente danneggiate o distrutte tra la fine di settembre 2024 e la fine di gennaio 2025 sono in rosso. I poligoni gialli indicano le aree di avanzata israeliana fino a gennaio 2025. Le immagini satellitari mostrano che i municipi di Yarin, Dhayra e Boustane, nel distretto di Tiro, sono stati i più colpiti, con oltre il 70 per cento dei loro edifici distrutti nel periodo analizzato. Altre sette municipalità hanno visto distrutto oltre metà del loro patrimonio edilizio. Sebbene Amnesty International non abbia potuto valutare se ciascuna delle oltre 10.000 strutture sia stata danneggiata o distrutta in modo illecito, l’organizzazione ha condotto un’analisi dettagliata dei danni e delle distruzioni inflitti dalle forze israeliane in cinque villaggi: Kfar Kila, Maroun el Ras, Odeisseh, Aita Ash-Shaab e Dhayra. KFAR KILA Secondo le immagini satellitari, tra il 26 settembre 2024 e il 27 gennaio 2025 a Kfar Kila sono stati gravemente danneggiati o distrutti oltre 1300 strutture e 54 ettari di frutteti. La maggior parte delle strutture situate entro 500 metri dal confine è stata distrutta o gravemente danneggiata. Il 28 ottobre 2024 l’esercito israeliano ha pubblicato una raccolta di video girati in città, tra cui filmati di demolizioni effettuate con esplosivi collocati manualmente, che mostravano i soldati a loro agio e in apparente controllo dell’area. Successivamente, il 14 novembre, ha diffuso un video che mostrava asserite prove di tunnel e di rinvenimento di armi, accompagnato da un’infografica della città che “raffigura[va] le localizzazioni dell’infrastruttura terroristica di Hezbollah”. L’analisi visiva dell’infografica, confrontata con riprese dal terreno e immagini satellitari, mostra chiaramente che la distruzione delle strutture civili è andata ben oltre gli edifici indicati come sedi di Hezbollah. Secondo l’analisi di Amnesty International, al 28 ottobre l’esercito israeliano aveva il controllo almeno un parziale dell’area, come testimoniato dalla presenza di giornalisti nel centro abitato. La distruzione è continuata anche dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco, il 27 novembre 2024. Un’infografica della asserita “infrastruttura terroristica” situata a Kfar Kila, pubblicata dall’esercito israeliano (in alto) e immagini satellitari che mostrano in rosso i dati sugli edifici gravemente danneggiati o distrutti (in basso). Fonte: IDF tramite YouTube e Google Earth. Amnesty International ha inoltre documentato la distruzione di un campo da calcio all’inizio del novembre 2024. Mentre demolivano il campo con un escavatore, i militari israeliani hanno anche inciso una stella di David, simbolo ebraico, in un’area adibita a parcheggio, ulteriore prova della natura non necessaria della distruzione. Zeinab*, che aveva lasciato Kfar Kila alla fine del 2023 in seguito a precedenti bombardamenti aerei israeliani, vi era tornata per la prima volta nel novembre 2024. Ha raccontato: “Non riesco a descrivere la distruzione massiccia, la devastazione totale…Non riuscivo a trovare la mia casa, né altre abitazioni. Ho trovato macerie, distruzione e pietre a terra”. MAROUN EL RAS A Maroun el Ras, tra il 29 settembre 2024 e il 30 gennaio 2025, sono state distrutte o gravemente danneggiate complessivamente 700 strutture. L’esercito israeliano ha continuato a distruggere parti del villaggio fino a gennaio 2025, due mesi dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco. Tra le strutture distrutte illegalmente vi era il cosiddetto “Giardino iraniano”, che comprendeva un campo da calcio e un parco giochi. Un video pubblicato sui social media l’8 ottobre 2024 mostrava soldati issare la bandiera israeliana tra le rovine del giardino. Nei giorni successivi, altri video mostravano un bulldozer che radeva al suolo la vegetazione e abbatteva i pali della luce e un escavatore che abbatteva una statua.   Fotogrammi di video pubblicati sui social media mostrano soldati israeliani mentre issano la bandiera israeliana e distruggono vegetazione, infrastrutture e una statua presso il Giardino iraniano, a Maroun el Ras. ODEISSEH In questa località, tra il 26 settembre 2024 e il 27 gennaio 2025 sono state gravemente danneggiate o distrutte più di 580 strutture, tra cui una moschea e un cimitero. L’esercito israeliano ha continuato a demolire parti di Odeisseh fino a metà gennaio 2025, quando era già in pieno controllo dell’area. Otto video pubblicati sui social media il 27 novembre mostravano la demolizione di decine di edifici con esplosivi collocati manualmente, tra cui la casa della famiglia Baalbaki. Le immagini satellitari mostravano che l’abitazione era stata distrutta tra il 21 e il 23 ottobre, insieme ad altre 12 strutture e a oltre due ettari di frutteti circostanti. AITA ASH-SHAAB Tra il 26 settembre 2024 e il 30 gennaio 2025 l’esercito israeliano ha distrutto 1.000 edifici, molti dei quali con esplosivi collocati manualmente e bulldozer. Ampie aree del villaggio, comprese quattro moschee, sono state rase al suolo tra il 13 e il 25 ottobre. Un video, pubblicato sull’account privato di un soldato il 23 ottobre, mostrava truppe che saltavano e cantavano in ebraico “Che il vostro villaggio bruci”, mentre escavatori radevano al suolo gli edifici. Fotogrammi di video pubblicati sui social media mostrano escavatori che distruggono edifici e la bandiera israeliana issata su una cisterna ad Aita Ash-Shaab. Il 29 ottobre l’esercito israeliano ha diffuso una mappa di Aita Ash-Shaab che indicava con puntini rossi diversi siti definiti “localizzazioni terroristiche”, senza specificarne la natura. La distruzione si è estesa ben oltre quei punti. Le demolizioni sono avvenute a ondate successive, fino al 18 gennaio 2025, quindi in pieno periodo di cessate il fuoco. Hajj Muhammad Srour, sindaco di Aita Ash-Shaab, ha dichiarato: “La distruzione di oggi è indescrivibile e senza precedenti… Si ha l’impressione che non vi fosse altro scopo se non quello di causare gravi danni, come se qualcuno volesse seminare il caos…Abbiamo perso tutte le proprietà civili, fatte di case, terreni agricoli, mezzi di sostentamento, negozi, ristoranti…Le piazze, i luoghi d’incontro davanti ai negozi in ogni quartiere, il campo da calcio per bambini e ragazzi…tutto scomparso”. DHAYRA Tra il 4 ottobre 2024 e il 30 gennaio 2025 264 edifici, pari al 71 per cento delle strutture della municipalità, sono stati distrutti. Sono stati rasi al suolo anche quasi 18 ettari di terreni agricoli. Le forze israeliane hanno continuato a distruggere parti di Dhayra fino a metà gennaio 2025. Il 13 ottobre 2024 un giornalista israeliano ha pubblicato un video che mostrava l’uso di esplosivi collocati manualmente per distruggere la moschea Ahel El-Quran, alla periferia del centro abitato. Le immagini satellitari hanno confermato che la moschea e diverse strutture vicine sono state distrutte tra l’11 e il 13 ottobre. Un fotogramma di un video pubblicato sui social media mostra, in basso a destra, soldati israeliani mentre assistono alla distruzione, tramite esplosivi collocati manualmente, di una vasta area di Dhayra, nel sud del Libano. Le abitazioni di Adiba Finsh, 66 anni, e dei suoi sei figli sono state distrutte. Ha raccontato ad Amnesty International: “Israele ha fatto saltare tutto. Hanno filmato l’esplosione. Anche le case… Hanno fatto un video in cui contano da cinque a uno e, al momento dell’esplosione, gridano: ‘Wow! Evviva!’. Io guardo questo video ogni giorno. E ogni volta dico a quell’uomo che gridava: ‘Sì, davvero una grande impresa…’”. RACCOMANDAZIONI “Data la portata della distruzione operata dall’esercito israeliano, molte persone del sud del Libano non hanno più nulla a cui tornare. Le autorità israeliane devono fornire riparazioni tempestive, complete e adeguate a tutte le vittime, singole persone o intere comunità, delle violazioni del diritto internazionale umanitario e dei crimini di guerra. Tali riparazioni devono essere estese anche alle famiglie di coloro che sono stati danneggiati dalla condotta illecita di Israele”, ha concluso Guevara Rosas. Il governo libanese dovrebbe esplorare immediatamente tutte le vie legali possibili, comprese l’istituzione di un meccanismo nazionale di riparazione e la richiesta di risarcimenti alle parti in conflitto. Dovrebbe inoltre valutare la possibilità di attribuire alla Corte penale internazionale la giurisdizione per indagare e perseguire i crimini previsti dallo Statuto di Roma commessi sul territorio libanese. Tutti gli Stati dovrebbero sospendere immediatamente i trasferimenti di armi e ogni altra forma di assistenza militare a Israele, dato il rischio significativo che tali armi possano essere utilizzate per commettere o facilitare gravi violazioni del diritto internazionale. -------------------------------------------------------------------------------- * I nomi contrassegnati con l’asterisco sono stati cambiati. Amnesty International
Notizie dal Medio Oriente
Gaza Il capo di stato maggiore dell’esercito israeliano ha approvato il piano operativo per procedere all’occupazione di Gaza. La stampa di Tel Aviv riporta che mancano all’appello circa 15-20 mila riservisti che non hanno risposto alla chiamata e il governo pensa a far un appello alle comunità ebraiche nel mondo di arruolare mercenari per combattere a Gaza. I paesi complici non hanno mai contrastato un simile comportamento di loro cittadini che si sono arruolati per i crimini a Gaza. Ricordiamo che i combattenti internazionalisti italiani, che avevano difeso Kobane contro l’assedio dell’Isis, al loro ritorno sono stati indagati. Le operazioni militari sul terreno sono concentrate su Hay Zeitoun, nella parte orientale di Gaza città. Dopo i bombardamenti intensi con l’artiglieria e i caccia, le demolizioni delle case con robot carichi di esplosivi, è iniziata l’avanzata delle truppe che costringono gli abitanti a sfollare. Obiettivo è la deportazione. Nella giornata di ieri, sono arrivati negli ospedali i corpi di 47 uccisi e 226 feriti. Il totale delle vittime dall’inizio dell’aggressione è di 61.944 persone uccise e 155.886 ferite. Sono mille i bambini palestinesi di Gaza che hanno subito l’amputazione di almeno un arto dall’inizio dell’anno. Negli ospedali non ci sono le possibilità di interventi riabilitativi e mancano gli antidolorifici. Molti dei bambini sono stati operati senza anestesia e alcuni sono morti a causa delle cancrene. Tutte le richieste di cure all’estero, presentate tramite l’OMS o la CRI, sono state rifiutate dall’esercito israeliano. Cisgiordania Rastrellamenti dell’esercito con decine di arresti. I più gravi sono avvenuti nella provincia di el-Khalil e Ramallah. Almeno 57 gli attivisti palestinesi arrestati nella giornata di ieri. I coloni ebrei israeliani hanno attaccato ieri 16 villaggi della Cisgiordania, con l’obiettivo di impossessarsi dei terreni agricoli e di pascolo di proprietà palestinese. A nord di Ramallah hanno issato capanne di legno per la creazione di una nuova colonia ebraica. L’esercito ha istituito un posto di guardia fisso a protezione dell’occupazione illegale. Israele Manifestazioni in Israele contro la politica di Netanyahu. Secondo gli organizzatori hanno partecipato nella capitale Tel Aviv più di mezzo milione di cittadini e in tutto il paese più di 2 milioni. Sono state bloccate strade e piazze, svolti raduni davanti al ministero della guerra e sedi governative e di fronte alle abitazioni dei ministri. Hanno partecipato politici dell’opposizione, il segretario del sindacato e migliaia di artisti, professori universitari e intellettuali. Una mobilitazione senza precedenti indetta dai familiari degli ostaggi. L’unico neo è che nella piattaforma non c’è neanche il minimo accenno agli oltre 61 mila palestinesi uccisi e all’uso criminale della fame come strumento di guerra, che sta decimando migliaia di bambini. Libano L’inviato speciale USA, Barrack, è arrivato a Beirut. Le pressioni della Casa Bianca sono indirizzate al paese occupato e non agli aggressori israeliani. Dopo aver ottenuto la decisione di disarmare Hezbollah, con il rischio di una guerra civile interna, Barrack nell’incontro con il presidente della Repubblica libanese, Aoun, ha sottolineato la necessità di avviare trattative con Israele per la designazione dei confini e le relazioni diplomatiche. Chiede insomma al governo di Beirut la resa totale, prima del ritiro dell’esercito israeliano dal sud Libano occupato. Israele, nel frattempo, continua a violare la tregua impunemente e infrangere la sovranità territoriale libanese con attacchi e sorvoli dei caccia. Solidarietà del mondo della musica La cantante statunitense Lana Del Rey ha espresso la sua solidarietà alla Palestina, sottolineando di seguire da vicino quanto sta accadendo al popolo palestinese sotto l’occupazione israeliana. L’artista ha sottolineato la difficoltà di assistere all’uccisione di vittime innocenti in crimini di guerra. Ha sottolineato che, nonostante le critiche previste, non poteva rimanere in silenzio di fronte a quanto stava accadendo. Ha ricordato al pubblico la sua posizione del 2018, quando si ritirò da un festival musicale a Tel Aviv a seguito delle indicazioni del movimento per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS). Del Rey ha concluso il suo messaggio sottolineando di aver studiato a fondo la questione palestinese per esprimersi con consapevolezza, aggiungendo: “È triste vedere la mancanza di soluzioni nonostante la lunga durata del conflitto, ma pensiamo sempre a cosa possiamo fare per sostenere gli oppressi”. BDS Con una decisione coraggiosa, il primo cittadino di Bari, Vito Leccese, è riuscito a fare quello che aveva promesso. Israele non parteciperà alla imminente Fiera del Levante in quanto Stato genocida e non gradito. Il sindaco aveva rivolto un appello pubblico agli organizzatori. Che poco fa è stato accolto su tutta la linea da una delle più importanti fiere italiane. “Per una comunanza di vedute etiche e politiche la Nuova Fiera del Levante ha espresso da subito una netta presa di distanza dalle atrocità del genocidio in corso contro il popolo palestinese” ha fatto sapere. Solidarietà in Italia con la Palestina I sanitari prendono una chiara posizione contro il genocidio. “Il nostro obiettivo, come Sanitari per Gaza, è far prendere posizione a tutte le Istituzioni contro il genocidio in corso e boicottarne ogni forma di complicità. Perché fermi il genocidio, Israele dovrà percepire l’isolamento e la pressione politica ed economica da parte della comunità internazionale”. Migliaia di iniziative locali vengono organizzate per chiedere il blocco dell’esportazione di armi a Israele e di rompere il blocco degli aiuti a Gaza. Si diffonde l’impegno dei Comuni italiani a rompere ogni relazione con le istituzioni e aziende israeliane, oltre al riconoscimento simbolico dello Stato di Palestina. Il governo delle destre guarda dall’altra parte. Ogni giorno in piazza del Duomo di Milano, dal 16 giugno, si tiene un flash-mob silenzioso con lettura di poesie contro il genocidio compiuto da Israele a Gaza. ANBAMED
Intensificazione dell’aggressione israeliana in Libano: nuovi attacchi aerei colpiscono la Bekaa e le zone di confine
Libano. Le forze di occupazione israeliane hanno intensificato i loro attacchi sul territorio libanese, prendendo di mira la valle della Bekaa e le zone di confine in una nuova violazione del cessate il fuoco, uccidendo civili e diffondendo il terrore tra gli studenti. All’alba di martedì, l’esercito israeliano ha lanciato una serie di attacchi aerei contro diverse località nella valle della Bekaa, nel Libano orientale. Secondo un comunicato ufficiale, l’esercito israeliano ha preso di mira quelle che ha definito posizioni di Hezbollah legate alle “capacità offensive” del gruppo nella zona di Khreibeh. Gli attacchi, si legge, miravano a ostacolare i presunti sforzi delle forze Radwan di Hezbollah di espandere la loro infrastruttura militare. Contemporaneamente, diversi attacchi aerei israeliani hanno colpito varie aree della valle della Bekaa, accompagnati da intensi sorvoli di aerei da guerra israeliani. I media libanesi hanno trasmesso filmati che mostrano l’entità della distruzione provocata dai bombardamenti a Khreibeh e nelle zone circostanti. > Israel is carrying out attacks on the Bekaa region in eastern Lebanon under > the pretext of targeting Hezbollah weapons and activity. > pic.twitter.com/T5Op0uP8Y0 > > — The Cradle (@TheCradleMedia) July 15, 2025 In un’ulteriore violazione del cessate il fuoco, lunedì i caccia israeliani hanno effettuato nuovi attacchi aerei nel Libano orientale, scatenando il panico tra i civili, in particolare tra gli studenti impegnati negli esami ufficiali. Secondo Al-Akhbar, tre missili sono esplosi nei pressi della scuola secondaria di Shmistar, proprio nell’ultimo giorno di esami, terrorizzando gli studenti e interrompendo lo svolgimento delle prove. Altri attacchi hanno colpito le periferie di Wadi Em Ali, vicino al villaggio di Beit Mshik, mentre i jet israeliani sorvolavano a bassa quota la regione della Bekaa. L’esercito israeliano ha dichiarato che gli attacchi erano diretti contro presunti campi della “Forza Radwan” di Hezbollah, accusando il gruppo di mantenere depositi di armi e personale nell’area. Lunedì sera e di nuovo martedì mattina, le forze israeliane hanno aperto un intenso fuoco dalla loro base radar, prendendo di mira le periferie della cittadina di Shebaa, nel sud del Libano. Gli attacchi si inseriscono nell’ambito delle continue aggressioni israeliane nella zona di confine. Nel frattempo, il ministro della Difesa israeliano Yisrael Katz ha lanciato nuove minacce contro il Libano, affermando che Hezbollah sta lavorando per sviluppare le proprie capacità offensive tramite le unità Radwan, e avvertendo che Israele non esiterà a intensificare le operazioni militari all’interno del territorio libanese. L’aggressione israeliana contro il Libano è iniziata l’8 ottobre 2023 ed è degenerata in una guerra su vasta scala il 23 settembre 2024, provocando la morte di oltre 4.000 libanesi e il ferimento di circa 17.000. Nonostante il cessate il fuoco entrato in vigore il 27 novembre 2024, Israele ha compiuto quasi 3.000 violazioni, uccidendo almeno 223 persone e ferendone altre 509. Le forze israeliane continuano inoltre a occupare cinque colline di confine invase durante l’ultima offensiva, nonostante il ritiro da alcune aree del sud. (Fonti: PC, Quds News, The Cradle). Traduzione per InfoPal di F.L.
Fino a dove? Fino a quando?
Gaza Humanitarian Foundation Amnesty International ha accusato la falsa società umanitaria, formata da mercenari statunitensi, GHF di essere uno strumento di morte per gli affamati palestinesi. Amnesty International ha pubblicato un rapporto in cui accusa la GHF di fungere da ulteriore strumento nella campagna di genocidio israeliana. La comunità internazionale non solo non è riuscita a fermare la campagna di genocidio, ma ha anche permesso a Israele di scoprire nuovi modi per minare la vita dei palestinesi a Gaza e calpestare la loro dignità umana, ha affermato Agnès Callamard, segretaria generale dell’organizzazione. Amnesty International ha accusato Israele di continuare a usare la fame sui civili come arma di guerra contro i palestinesi nella Striscia di Gaza. L’organizzazione internazionale ha affermato che le testimonianze di operatori sanitari e sfollati rivelano un quadro orribile di fame acuta e disperazione a Gaza. Dichiarazione che è stata completamente ignorata dai media, scorta mediatica del genocidio. Come al solito l’ufficio stampa di Netanyahu, ricercato per crimini di guerra, ha tirato fuori la stantia accusa di antisemitismo che non commuove più nessuno, visti i crimini compiuti dai soldati israeliani contro i civili palestinesi. Cisgiordania Il genocidio israeliano contro i palestinesi della Cisgiordania assume le vesti della deportazione di massa e della segregazione razziale. Il numero delle colonie ebraiche è cresciuto durante il governo attuale del 40%. Lo rileva il rapporto statistico di Tel Aviv. Gli avamposti non autorizzati dal governo (ma da questo sostenuti e protetti, NdR) sono passati da 128 a 178. Anche le costruzioni nuove nelle colonie sono cresciute enormemente, mentre continuano le demolizioni delle case dei palestinesi. Sono state approvate le costruzioni di 41.709 nuove case durante l’attuale governo. Un numero che supera i dati dei 6 anni precedenti (2017-2022). Libano Israele bombarda a suo piacimento il territorio libanese senza nessuna reazione internazionale. È la nuova Germania del Medio Oriente. Ieri un bombardamento a sud della capitale e stamattina un drone ha lanciato un missile contro una casa abitata a Shabaa, nel sud. Un contadino e sua moglie sono stati uccisi sul colpo e la casa distrutta. Siria Un plotone di paracadutisti israeliani ha fatto un’incursione a sud della capitale siriana, ha attaccato una casa, ucciso tre persone e poi è ripartito sugli elicotteri che lo avevano trasportato. La nuova padrona della regione mira all’espansionismo non solo territoriale ma anche di influenza e controllo militare. Nel sud della Siria, le truppe israeliane sono avanzate nelle zone rurali delle due province di Daraa e Quneitra. Sono state cacciati i contadini siriani dalle loro terre con il pretesto di misure di sicurezza. L’obiettivo vero è il controllo del letto del fiume Litany, una fondamentale fonte idrica per Siria e Libano. Per la Palestina Presidio domani, domenica 6 luglio, a Sigonella, in Sicilia. Tantissime sigle, partiti, sindacati, associazioni e comitati hanno indetto una manifestazione contro il genocidio in Palestina. Hanno scritto: È arrivato il momento che il popolo della pace in Sicilia riprenda la Lotta e la Resistenza con una nuova, grande mobilitazione popolare per fermare le micidiali spirali guerrafondaie, alimentate dai criminali aumenti delle spese militari e dai paralleli tagli alle spese sociali. Continua a Milano l’azione giornaliera di flash-mob in piazza Duomo contro il genocidio a Gaza. L’8 luglio serata #NoBavaglio a Roma. Il 9 luglio, presidio davanti al Municipio di Torino in occasione della discussione della mozione sul boicottaggio di Israele. Continua in tante città lo sciopero della fame a staffetta contro il genocidio. Abbiamo oramai concluso la 7a settimana di digiuno per Gaza. Oggi, sabato 5 luglio, prosegue per la 51a giornata l’azione nonviolenta di sciopero della fame per 24 ore a staffetta. L’azione continuerà nei prossimi giorni con la partecipazione di altri gruppi, fino al cessate il fuoco definitivo. Gli iscritti sono tantissimi e, secondo le disponibilità espresse, costruiremo il calendario con l’elenco dei partecipanti di tantissime città italiane, europee e arabe. Se volete partecipare nei prossimi giorni, scrivete un messaggio di posta elettronica con nome, cognome, città di residenza, professione (facoltativa), data prescelta (anche più di una, volendo) e un pensiero che pubblicheremo con l’elenco generale di tutti gli aderenti. Le adesioni vanno inviate esclusivamente a: mailto:anbamedaps@gmail.com Vi chiediamo di scattare una vostra foto con un cartello “IO DIGIUNO X GAZA”. Una lunghissima galleria di immagini che trasformeremo in un mosaico di solidarietà. Mandateci le foto a anbamedaps@gmail.com e pubblicatele sui vostri account social.   ANBAMED
MEDIO ORIENTE: ISRAELE DA’ FUOCO ALLA REGIONE. ATTACCHI MULTIPLI CONTRO L’IRAN, RAID PURE IN LIBANO E PALESTINA. TEHERAN: “E’ UNA DICHIARAZIONE DI GUERRA”
Israele dà fuoco all’intero Medio Oriente. Dalle prime ore di venerdì 13 giugno sono iniziati intensi attacchi israeliani in Iran con almeno 200 caccia contro impianti nucleari e militari, fabbriche di missili balistici, oltre ad abitazioni private. Non vengono fornite, per ora, notizie su (più che probabili) vittime civili. Tra i morti accertati il numero uno delle Guardie Rivoluzionarie Hossein Salami e il capo di stato maggiore delle forze armate, Mohamamd Bagheri. Deceduto pure Ali Shamkhani, il consigliere politico del leader iraniano Ali Khamenei, che invece non sarebbe stato raggiunto dall’attacco multiplo e tutt’ora in corso. Oltre 100 i luoghi colpiti. Esplosioni nell’impianto di arricchimento dell’uranio, siti militari, abitazioni private di esponenti di esercito e Guardie Rivoluzionarie; attacchi, a ondate, che stanno ancora proseguendo. “La risposta è un diritto legale e legittimo dell’Iran”, dice Teheran. Tel Aviv, in attesa della risposta iraniana, dispone lo stato di emergenza e richiama migliaia di riservisti. Riunioni d’in tutte le capitali, da Roma a Washington, che dice di non essere coinvolta nei raid. Quasi impossibile anche solo pensarlo: “daremo una risposta decisa – dice al riguardo l’Iran – ai selvaggi attacchi del nemico sionista, condotti con l’aiuto diretto degli Usa. Una dura punizione attende Israele; l’attacco è una dichiarazione di guerra”. Durante l’attacco Netanyahu non era dentro Israele, ma a bordo del suo aereo presidenziale, alzatosi in volo per precauzione, mentre la Giordania fa sapere di avere intercettato missili e droni entrati nello spazio aereo di Amman. Probabile si tratti di droni iraniani, intercettati da Tel Aviv fuori dal proprio spazio aereo, occupando così quello giordano. Al momento una vera risposta iraniana non c’è ancora stata: Teheran ha chiesto una riunione urgente del Consiglio di sicurezza Onu. L’aggressione israeliana all’Iran ha porotato diverse compagnie aeree – come Emirates e Qatar Airways – hanno sospeso i voli verso Iran, Iraq, Giordania e Libano, dove l’aviazione israeliana ha condotto diversi raid aerei nel sud, prendendo di mira Hasbaya, Bint Jbeil, Jezzine, Tiro. Segnalata 1 vittima e scuole chiuse. Stop ai voli per Israele, invece, da parte di Air France. Restano quindi ancora nelle galere israeliane, a Givon, gli ultimi 3 attivisti della Freedom Flotilla, rapiti in acque internazionali dalla Marina israeliana, che avrebbe dovuto essere deportati oggi: Marco Van Rennes (Paesi Bassi), Pascal Maurieras e Yanis Mhamdi (entrambi francesi). L’aggiornamento a Radio Onda d’Urto sull’Iran ancora con il giornalista Michele Giorgio, corrispondente da Gerusalemme de Il Manifesto, direttore di Pagine Esteri e nostro collaboratore. Ascolta o scarica PALESTINA – Tel Aviv attacca quindi Iran e Libano, mentre prosegue il genocidio impunito in Palestina. Ieri 110 morti e 500 feriti, stamattina altre decine di vittime in raid nella striscia di Gaza meridionale e centrale; colpite Deir El Balah, Nuseirat, Gaza City, la tendopoli di Al-Maghazi e Khan Younis, dove è arrivato l’ennesimo ordine di evacuazione contro un ospedale, il Nasser. Non arrivano notizie invece dal nord, che è però oggetto di attacchi continui. Il genocidio israeliano a Gaza, in corso dall’ottobre 2023, ha causato finora almeno 55.207 vittime palestinesi documentate e oltre 127.821 feriti. Migliaia di vittime sono tuttavia rimaste intrappolate sotto le macerie, inaccessibili alle squadre di emergenza e di protezione civile a causa degli attacchi israeliani, che hanno provocato anche lo stop a internet e alle reti cellulari, rendendo ancora più difficile capire cosa accade sul terreno nella Striscia di Gaza. La corrispondenza da Gaza di Emanuele Crespi, responsabile operazioni umanitarie per conto dell’ong Action Aid.  Ascolta o scarica Cisgiordania Occupata: anche qui Israele, coperto dall’Occidente, spinge sull’acceleratore dell’occupazione totale. Un 40enne ucciso a Jenin, mentre oggi chiusi tutti i checkpoint a Betlemme e Gerico; permane l’assedio militare contro la Città Vecchia di Nablus, seconda città della West Bank. Di fatto, 3 milioni di palestinesi sono assediati da esercito e coloni. L’aggiornamento a Radio Onda d’Urto sulla Palestina ancora con il giornalista Michele Giorgio, corrispondente da Gerusalemme de Il Manifesto, direttore di Pagine Esteri e nostro collaboratore. Ascolta o scarica EUROPA – Lato internazionale. L’Assemblea generale dell’Onu ha adottato nella notte la risoluzione presentata dalla Spagna assieme alla Palestina. 149 paesi chiedono un cessate il fuoco immediato, incondizionato e permanente, la liberazione di tutti gli ostaggi, e il rispetto del diritto internazionale umanitario. 12 i contrari, tra cui Usa e Israele. Europa: migliaia di persone ieri sera, giovedì 12 giugno, a Parigi per accogliere gli attivisti transalpini deportati da Israele dopo l’assalto in acque internazionali contro la Madleen della Freedom Flotilla. Tra loro l’europarlamentare francopalestinese di La France Insoumise, Rima Hassan. “Altre barche sono già pronte a partire”, ha detto la Hassam. Domani, sabato, nuovo corteo a Parigi per la Palestina e contro l’occupazione sionista. BRESCIA – Infine da Brescia, città da dove trasmettiamo; sabato 14 giugno, ore 18 dalla metro San Faustino, corteo provinciale per la Palestina con il Coordinamento Palestina e l’adesione della Marcia Antirazzista della Valcamonica e del Collettivo Gardesano Autonomo. “Non possiamo tacere, non servono le ipocrizie occidentali e dei paesi arabi reazionari, servono boicottaggio e sanzioni contro il regime di Israele”, le parole d’ordine di lancio del corteo bresciano. L’intervista su Radio Onda d’Urto con Alfredo Barcella, dell’Associazione di Amicizia Italia – Palestina e del Coordinamento Palestina di Brescia. Ascolta o scarica
MESOPOTAMIA: BEIRUT E ANP VOGLIONO DISARMARE LA RESISTENZA PALESTINESE NEI CAMPI PROFUGHI IN LIBANO
In questa puntata di Mesopotamia – Notizie dal Vicino Oriente, ci siamo concentrati sulle pressioni dell’Anp e del governo libanese per il disarmo della resistenza palestinese nei campi profughi in Libano. Il prossimo incontro tra il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mahmoud Abbas, e i vertici del governo libanese, previsto per il 19 maggio, avrà come tema centrale la proposta di disarmare, anche con l’uso della forza, i gruppi della resistenza palestinese attivi nei campi profughi del Paese dei Cedri. La proposta trova il sostegno di attori regionali e internazionali, in primis Arabia Saudita e Stati Uniti, ma ha suscitato preoccupazione e opposizione in diverse aree del mondo arabo. L’iniziativa si inserisce in un contesto storico delicato per il Libano, segnato da un anno e mezzo di conflitto con Israele e dal ridimensionamento della forza militare del movimento sciitta Hezbollah. Gli appelli al disarmo delle fazioni palestinesi sono una questione di lunga data che ancora oggi divide un paese già frammentato su diversi temi, tra i quali proprio la relazione con i palestinesi, la loro lotta per l’autodeterminazione e, di conseguenza, la loro presenza massiccia in Libano, che dura sin dalla Nakba del 1948. Cosa significa, oggi, parlare di disarmo della resistenza palestinese in Libano? Quali potrebbero essere le conseguenze di una mossa simile? Ne abbiamo parlato con il giornalista palestinese Bassam Saleh e con Giovanni Sorbello, dell’associazione umanitaria e di solidarietà internazionale “Il Faro sul Mondo”, attiva in Libano dal 2012. Ascolta o scarica
Ci vediamo al cinema Le Colisee
-------------------------------------------------------------------------------- Immaginate un angolo di Beirut dove il cuore pulsante dell’arte e della cultura possa tornare a battere, anche durante i momenti più difficili. Un vecchio cinema nel quartiere di Hamra, da tempo silenzioso, sta per risorgere come un faro di creatività e inclusività. Questo è il nostro sogno: riportare in vita il Cinéma Le Colisee, trasformandolo in uno spazio culturale e artistico accessibile a tutti, anche in tempi di emergenza. Sostenendo le attività del nostro partner Tiro Association for Arts, vogliamo offrire un rifugio sicuro per l’arte e la cultura, che diventa uno strumento di cura e coesione per la comunità di Beirut. Il nuovo Teatro Nazionale Libanese, che sostituirà il Cinéma Le Colisee, non solo darà voce agli artisti emergenti provenienti dalle regioni periferiche, ma offrirà anche la possibilità di immergersi in una vasta gamma di attività culturali senza barriere economiche. Il nostro obiettivo è rendere Beirut un punto di incontro per la cultura e l’arte, stimolando collaborazioni artistiche e creando opportunità di lavoro per i giovani e le giovani libanesi. In un contesto segnato dalla guerra, l’arte diventa un mezzo per ricostruire il tessuto sociale della città, offrendo uno spazio di incontro e di espressione per tutti e tutte. Perché il Cinéma Le Colisee è così speciale? Location iconica: situato nel cuore di Hamra Street, un tempo punto di riferimento della vita cinematografica di Beirut. Nuovo equilibrio culturale: il progetto collegherà le sale cinematografiche dal sud (Tiro) al nord (Tripoli), passando per Beirut, creando una rete culturale senza precedenti. Un luogo per tutti e tutte: offrirà educazione artistica e opportunità di espressione personale a bambini, bambine, giovani e comunità emarginate. Comunità e coesione: attraverso festival, workshop e seminari, sarà stimolato l’impegno comunitario e la coesione sociale. Cosa faremo? Ristrutturazione completa (impianti elettrici, poltrone, servizi igienici, pittura, idraulica e falegnameria); nuove attrezzature (installazione di attrezzature audio e di illuminazione per offrire esperienze indimenticabili); spazi di Socializzazione (spazio caffè e biblioteca per favorire lo scambio e la coesione sociale). Tiro Association for Arts (TAA) è un’organizzazione non governativa libanese fondata per incoraggiare le comunità locali ad avvicinarsi all’arte e alla cultura come strumento per rappresentare e superare le attuali divisioni tra comunità. Basata anche su un forte apporto del volontariato di giovani di diversa estrazione sociale, economica, culturale, religiosa ed etnica, TAA vuole costituire un movimento alternativo di cambiamento sociale nel paese, riaprendo spazi culturali, offrendo corsi di formazione a prezzi bassi e accessibili a tutti, diffondendo l’arte e sostenendo la scena culturale, teatrale e artistica libanese TAA nasce nel 2018 a Tiro, ponendosi come primo obiettivo il restauro del Cinema Rivoli, che oggi rappresenta, con il nome di Teatro Nazionale Libanese il primo teatro e cinema della città a fornire attività artistiche e culturali indipendenti e gratuite e che funziona da catalizzatore per gli artisti dell’area. Un’esperienza molto simile si è poi riprodotta a Tripoli, dove nel 2022 il TAA ha riabilitato il Cinema Empire, il più antico della città, riaperto dopo trent’anni di chiusura sotto il nome di Teatro Nazionale Libanese, creando opportunità di lavoro per giovani artisti, fornendo uno spazio gratuito per eventi culturali e promuovendo legami più forti tra le comunità del Sud e del Nord del Libano. Il restauro e la riapertura dei teatri, sia a Tiro che a Tripoli, sono stati realizzati attraverso una mobilitazione comunitaria che ha creato gruppi eterogenei e inclusivi di persone di tutte le età che ora usufruiscono dell’offerta culturale gratuita e partecipano a corsi di arti sceniche, oltre che ai festival artistici locali e internazionali, incentrati su teatro, cinema e musica che TAA organizza negli spazi recuperati. Come già sperimentato a Tripoli e a Tiro TAA, ha recentemente ottenuto la gestione del vecchio Cinema Le Colisèe, ad Hamra, con l’ambizioso obiettivo di riaprirlo. -------------------------------------------------------------------------------- Per sostenere il progetto Riapriamo il cinema Le colisee a Beirut -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Ci vediamo al cinema Le Colisee proviene da Comune-info.
LIBANO: NONOSTANTE LA (FINTA) TREGUA ISRAELE CONTINUA A BOMBARDARE. IL PUNTO DA BEIRUT CON IL GIORNALISTA PASQUALE PORCIELLO
Il Libano continua a vivere un periodo di grande incertezza, tra la crisi politica ed economica interna e la costante minaccia di aggressioni israeliane. Nonostante la tregua firmata tra Hezbollah e Israele il 27 novembre 2024, i bombardamenti israeliani non si sono mai fermati. “Parlare di tregua è improprio”, afferma ai microfoni di Radio Onda d’Urto il giornalista Pasquale Porcello. Israele, infatti, continua a bombardare il sud del paese e a occupare villaggi libanesi, utilizzandoli come avamposti militari. L’accordo di novembre 2024 è stato di fatto unilaterale e non ha mai fermato la guerra. Nel frattempo il Libano è nel pieno delle elezioni municipali con una crescente disillusione popolare e sull’orlo del collasso economico. L’inflazione, la svalutazione della moneta e il dramma dei risparmi congelati stanno devastando la classe media libanese, mentre il sistema bancario crolla sotto il peso della corruzione e della gestione clientelare. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto l’approfondimento con il giornalista Pasquale Porciello, in collegamento da Beirut. Ascolta o scarica