6#S Milano, in piazza pro-Leonka: simbolo della riappropriazione comune degli spazi sociali

Pressenza - Wednesday, August 27, 2025

Da un inserto locale milanese del Corsera riprendo degli spunti di approfondimento sul tema dei centri sociali e la politica. Dal pezzo emergono chiaramente le contraddizioni storiche, gli strappi e le toppe sui buchi, malamente rabberciati. Mi interessa perché in tutta la faccenda proprio lo sgombero di Casa Pound (in sé e per sé adesso non più procrastinabile) non c’entra niente. Eppure è la sola ideuzza su cui si ritrova uno schieramento che è insieme largo, ma ridotto all’osso. L’assenza di riferimento preciso (non c’è un equivalente milanese attuale per casa Pound o una traduzione lineare tra Roma e Milano) rende quel significante (“si sgomberi anche il covo dei fascisti”) una parola d’ordine, una password, un significante padrone… personalmente qui mi pare una scorciatoia, ma per fortuna non vivo da quelle parti.

 

«In corteo per il Leonka oppure sarà assist a Sala?»

I tormenti dei centri sociali

Il dibattito del movimento sulla manifestazione del 6 settembre

Essere o non essere antagonisti

 

Dopo lo choc per lo sgombero e la grande chiamata alla piazza per il prossimo 6 settembre con l’ambizione di un corteo nazionale a Milano per «gli spazi sociali», a sinistra della sinistra (intesa quella che appoggia la giunta Sala) tira già aria agitata. La stura al dibattito l’ha data una riflessione di «Off topic», realtà che ruota intorno al centro occupato «Piano terra» di via Confalonieri all’Isola.

Più che un appello, un contributo critico per affrontare «questioni politiche fondamentali verso il corteo». Da un lato c’è la voglia, o la necessità, di riportare al centro il tema della partecipazione e la rivendicazione degli spazi sociali occupati, dall’altro il pericolo all’orizzonte di trasformare il corteo in una «resa» alla normalizzazione della lotta sociale mediata dalla «legalizzazione» del nuovo Leonka, percorrendo la via del bando per l’area di via San Dionigi.

 

Gli «scrupolosi pignoli»

Non è questione da poco per il movimento, perché seppure fiaccato da un costante drenaggio di militanza, in gioco c’è la sua stessa esistenza. Alcuni «scrupolosi pignoli» (copyright del giornale autogestito Zic di Bologna) negli ultimi anni già non consideravano il Leoncavallo «un reale soggetto antagonista», ma un centro «che, in qualche modo, si sarebbe “compatibilizzato”» con il «suo vecchio imprinting divorato da una stagione politica finita e che difficilmente si potrà riaprire». Duri e puri o no, nella lunga marcia di preparazione al 6 settembre, il tema esiste. Perché tra i militanti antagonisti c’è il timore di ritrovarsi a sfilare in una piazza «politica» più che ribelle e il rischio concreto di fare da «sponda» alla giunta Sala. Modello che, come ricorda ancora «Off topic», porta con sé anche una sorta di accettazione di altri temi politici, come la commistione tra la giunta Sala e i «palazzinari», come emersa dalla recente inchiesta della procura: «Negli ultimi 15 anni di governo arancio-grigio Pisapia-Sala ci sono stati più sgomberi in città (non solo di centri sociali) che nei 20 precedenti di centrodestra; in secondo luogo, proprio con i voti dell’attuale destra si stava per approvare il Salva-Milano che interveniva a tutela del contesto perfetto per cui oggi il Leo è stato sgomberato».

Per questo «o inseriamo lo sgombero nell’attuale fase politica non solo nazionale, ma anche specificatamente milanese, oppure rischiamo di sfilare a sostegno della giunta Sala e delle forze politiche che la compongono e sostengono».

 

L’eredità No Expo

Non è un caso che lo slogan scelto per la manifestazione sia ben più ampio: «Giù le mani dalla città». Tra i centri sociali milanesi le anime sono diverse. L’area anarchica, ad esempio, è da decenni lontana dalla «deriva» moderata del Leonka. Lo stesso vale per altre realtà ben più attive nel sostegno alle lotte sociali. Le posizioni sono complesse e come sempre articolate. Come già era accaduto nel 2015 dopo gli scontri No Expo che hanno lasciato insanabili spaccature nel movimento. Da qui l’idea di chiarirsi prima di scendere in piazza: «Se questo corteo vuole catalizzare una indignazione, anche tardiva, ma esistente, potenzialmente radicale e che non si può negare verso percorsi popolari in grado davvero di riprendersi la città, e non farsi strumentalizzare da interessi altri, estranei alla stessa galassia relazionale che ruotava attorno a via Watteau — scrive ancora Off topic —, allora crediamo sia urgente sciogliere ogni ambiguità».

 

Il modello Milano

In queste giorni, sempre a sinistra della sinistra, s’è fatto largo anche il tema del doppio sgombero: «Quando il governo farà lo stesso con CasaPound a Roma?». Su questo è intervenuto uno dei politici più vicini al movimento, Luciano Muhlbauer: «Vorrei dire sommessamente che le continue richieste di sgombero di CasaPound che inondano i social sono una grandissima ca…ata. Lo so che queste richieste sono frutto della giusta rabbia nei confronti di un governo che protegge gli amici e aggredisce gli oppositori, ma non ci portano da nessuna parte, se non in un vicolo cieco». Il Leonka, benché annacquato, resta un simbolo. Soprattutto per la destra che ha ottenuto finalmente lo «scalpo» dello storico nemico. Ma anche per chi, da sinistra, ragiona su un modello di città e sui suoi spazi sociali che — secondo buona parte del movimento — non possono prescindere dal ricorso all’occupazione o meglio alla «riappropriazione» dei luoghi. Già con l’esperienza della giunta Pisapia (più dentro l’humus della sinistra-sinistra) le cose non andarono bene. Il modello Sala è ben più indigesto. Basterà il ricordo del Leonka che fu (o il suo triste commiato) a ricompattare il movimento?

 

Redazione Italia