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Otto giovani su dieci a disagio nel proprio corpo
Otto giovani su 10 criticano il proprio corpo, più del 50% modifica il modo di vestirsi per paura dei giudizi, quasi 6 adolescenti su 10 subiscono provocazioni e prese in giro legate a peso, altezza, colore della pelle, capelli o altro. È quanto rivela l’indagine Affettività e stereotipi di genere. Come gli adolescenti vivono relazioni, genere e identità”condotta da Webboh Lab per ActionAid e realizzata attraverso i fondi 8×1000 dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, che racconta le nuove generazioni, i loro bisogni urgenti e le criticità che affrontano quotidianamente fuori e dentro la scuola. Sono 14.700 gli adolescenti tra i 14 e i 19 anni che hanno partecipato alla ricerca, divisi tra il 51% maschi, il 43% femmine e il 6% di identità fluide, non binarie o alternative, tutti uniti da una forte domanda di ascolto da parte degli adulti. La pressione estetica esercitata dai social media ha un impatto fortissimo sulla vita di ragazze e ragazzi: oltre 7 su 10 riconoscono come i corpi perfetti o ritoccati proposti online siano irreali, ma nonostante questo sempre 7 su 10 vogliono cambiare il proprio aspetto per apparire all’altezza di questi standard di bellezza irraggiungibili. Le ragazze, più dei ragazzi, sono bersaglio di aspettative rigide. All’80% degli adolescenti viene detto costantemente quali sono le cose giuste da fare “per essere maschi e femmine”. Ancora 7 su 10 non sanno a chi rivolgersi per dubbi su sesso e relazioni. Troppo spesso il porno diventa l’unica “scuola” per loro. Dalla ricerca emerge come oltre il 71% del campione abbia assistito a situazioni di derisione, di discriminazione di una persona per come si veste, si esprime o si muove, perché considerata “troppo femminile” o “troppo maschile”. Allo stesso tempo tra i più giovani c’è crescente consapevolezza critica verso i modelli di genere rigidi e giudicanti che gli vengono imposti anche online: le frasi “Alcuni/e influencer danno messaggi sbagliati su come deve essere una ragazza o un ragazzo” e “Molte canzoni e video musicali fanno sembrare normale che il ragazzo comandi” hanno forte consenso tra la maggioranza dei giovani interrogati. Aspettative digitali e giudizio sociale si intrecciano e rivelano come sia complesso lo spettro dell’esclusione e della violenza. Sono 5 i profili degli e delle adolescenti italiane che scaturiscono dall’analisi di 17 caratteristiche che riguardano stereotipi di genere, pressione sociale, emozioni, media e cultura. Un quadro variegato tra oppositori/sostenitori del cambiamento, ma anche di figure ambigue. I due gruppi più numerosi sono gli Adolescenti anti-stereotipi e i Vigili Culturali, che rappresentano insieme il 46% del campione: una generazione pronta ad accogliere la parità di genere in modo attivo, critico, empatico. “Questi giovani, si legge nel Report, rifiutano con chiarezza la violenza, la disuguaglianza morale e le imposizioni culturali e mostrano consapevolezza dei modelli tossici trasmessi da media e tradizione.” Un gruppo ampio, ma silenzioso invece – i Tradizionalisti Inconsapevoli che rappresentano il 21% del campione – aderisce a ruoli predefiniti in modo apparentemente innocuo, ma riproduce a livello personale gli stereotipi di genere della società patriarcale, sui ruoli definiti nelle relazioni tra uomo e donna. I Giustificazionisti, che rappresentano il 16% del campione, esprimono il lato più problematico, giustificando la violenza come forma d’amore, colpevolizzando le vittime, a riprova di quanto il sessismo interiorizzato sia ancora presente anche tra i più giovani. Infine, il cluster più ambiguo – i Progressisti Distorti che si attestano al 17% – dimostra quanto la cultura digitale possa generare confusione, producendo ragazzi e ragazze che rifiutano gli stereotipi più visibili (differenze nei doveri familiari e di cura, doppio standard e divisione tra maschi forti e ragazze emotive), ma legittimano quelli più gravi: credenze pericolose legate al controllo, alla violenza e al giudizio. Ma gli adolescenti di cosa vorrebbero parlare nei percorsi educativi sulla sessualità? “Al primo posto, si sottolinea nella ricerca, ci sono il consenso e il piacere (32,2%); al secondo una guida su come costruire relazioni positive (25,3%); al terzo posto un percorso su orientamenti sessuali e identità di genere (16,5%); al quarto la richiesta di informazioni su malattie sessualmente trasmissibili (9,8%) e per ultimo una riflessione sugli aspetti biologici della sessualità (5,4%)”. Ma da chi vorrebbero ricevere informazioni i nostri giovani? Per quasi la metà di ragazze e ragazzi sono gli esperti sul tema (educatori, psicologi, medici…) a dover entrare nelle scuole per fare formazione (48,2%), affiancati da persone che hanno vissuto esperienze personali su questi temi (42,2%). I docenti, col 28,5% delle risposte, sono davanti alla famiglia, che resta al 25,6% di chi ha risposto. Coetanei formati (21%) e influencer affidabili (19,6%) sono al fondo della classifica. “Dalle risposte, si legge nella ricerca promossa da ActionAid, emerge con forza la necessità di affrontare a scuola sessualità, affettività e relazioni anche come prevenzione della violenza (punteggio medio 8,25). Oltre la metà dei partecipanti al sondaggio dichiara di non sapere a chi rivolgersi nel caso di dubbi sul sesso, pur riconoscendo l’utilità dei consultori. È il porno a dare risposte per mancanza di alternative sicure. Circa 7 su 10 riconoscono che il porno influenza negativamente l’immaginario su relazioni e consenso, evidenziando la necessità di un’educazione come strumento di consapevolezza, non di censura”. Qui il Report realizzato da Webboh Lab per ActionAid:  https://s3.eu-central-1.amazonaws.com/actionaid.it/uploads/2025/09/Affettivita_e_stereotipi_di_genere.pdf Giovanni Caprio
Restituiamo le strade ai bambini per farli giocare in libertà
Secondo i recenti dati di Unicef, in Italia la percentuale di bambini e bambine di età compresa tra i 5 e i 19 anni che vivono con sovrappeso è del 27% (dato al 2022), seppur in diminuzione rispetto al 32% di 2 anni prima. La percentuale di bambine e bambini di età compresa tra i 5 e i 19 anni che vivono con obesità è rimasta invece stabile al 10% (unicef.org/reports/feeding-profit). Oltre al problema di una non corretta alimentazione dei nostri bambini, con gli alimenti ultra-processati che stanno sostituendo sempre più spesso frutta, verdura e proteine in un momento in cui l’alimentazione svolge un ruolo fondamentale nella crescita, nello sviluppo cognitivo e nella salute mentale dei bambini, vi è anche una diffusa sedentarietà. Per l’ISTAT, nel 2024 il 62,5% della popolazione di 3 anni e più non pratica nessuno sport e i bambini di 3-5 anni fanno sport meno frequentemente. Quasi 1 minore su 5 non fa sport. Per il 30 per cento circa dei bambini dai 6 ai 10 anni la causa è la condizione economica del nucleo familiare. E comunque non tutti possono praticare sport in aree sportive all’aperto (campi sportivi, piscine, campi polivalenti), in quanto non sono presenti ovunque, così come pochi sono gli spazi per lo sport nelle scuole, con forti differenze territoriali. Per i nostri bambini è poi del tutto impossibile pensare di poter giocare per strada, poiché esse sono “piegate” all’uso e all’abuso dell’automobile. É l’auto, sempre più grande e sempre più ingombrante (in media, le nuove auto immatricolate in Europa sono 1 centimetro più larghe ogni due anni), la padrona assoluta delle nostre strade: nel 2025, il 78% degli italiani possiede almeno un’auto, una percentuale che supera di oltre il 10% la media europea. 46.5 milioni di auto che sfrecciano di giorno e di notte lungo le nostre strade, inquinando e facendo vittime (oltre 3mila morti all’anno, 51 vittime ogni milione di abitanti, un dato superiore alla media europea che si attesta a 45) e, quando ferme, vanno ad occupare tutti gli spazi pubblici possibili delle nostre città, in modo legittimo o meno (in alcune città si parcheggia anche in seconda e terza fila e sui marciapiedi). In strade “ostaggio” degli automobilisti e delle auto, è impensabile poter vedere bambini che giocano felici, che corrono o rincorrono una palla. I nostri bambini le nostre strade le attraversano soltanto in auto e anche le strade scolastiche per permettere loro di andare a scuola a piedi fanno fatica ad attecchire nel nostro Paese. Per cercare di restituire le strade e le piazze a bambini e ragazzi per farli incontrare e giocare liberamente, l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, ispirandosi alle play streets del Regno Unito, ha lanciato il progetto “Strade in gioco. Spazi sicuri di incontro e gioco libero in città per bambini e adolescenti”, destinato ai comuni tra i 10 mila e i 200 mila abitanti e densità abitativa di almeno 1.500 abitanti per chilometro quadrato. “Vogliamo rafforzare, ha sottolineato l’Autorità garante Marina Terragni, la socialità offline attraverso un’alternativa concreta alla dipendenza dagli ambienti virtuali, dall’intrattenimento passivo e dalle dinamiche negative dello spazio online. Sono gli stessi ragazzi a chiedere spazi sicuri, luoghi di disconnessione dove non si sentano giudicati”. Ai comuni, per beneficiare dei finanziamenti stanziati dall’Autorità, viene chiesto di offrire spazi e tempi per il gioco e l’incontro libero senza attività strutturate. Si tratterà di chiudere al traffico, anche solo a cadenza fissa, strade o piazze esistenti e interne ai quartieri residenziali. Luoghi con installazioni di piccoli arredi urbani (fioriere, tavoli, casette per lo scambio di giochi o libri eccetera) e con decorazioni anche di street art. Perché siano luoghi “vivi” sarà necessario coinvolgere soggetti pubblici o del terzo settore già attivi sul territorio, promuovendo anche, ove possibile, forme semplici di consultazione della comunità locale. Il bando, finanziato con 450 mila euro, è stato pubblicato sul sito dell’Autorità garante e si rivolge ai 198 comuni italiani che hanno la popolazione e la densità abitativa previste da “Strade in gioco”. Saranno finanziati 15 progetti, per un massimo di 30 mila euro ciascuno a copertura di 24 mesi di attività. “Non si tratta, ha precisato Marina Terragni, di organizzare feste, eventi occasionali o allestire parchi gioco, ma di attivare esperienze di socialità libera e spontanea, leggere e diffuse capaci di radicarsi nel territorio anche oltre la durata del progetto finanziato. Inoltre, la speranza è che esse possano divenire un modello replicato anche da altri comuni”. Qui l’Avviso pubblico “Strade in gioco” dell’Autorità garante: garanteinfanzia.trasparenza-valutazione-merito.it. Giovanni Caprio
Miserie e splendori della PA siciliana: la modernizzazione ferma al palo da decenni
Il tema della modernizzazione della pubblica amministrazione è al centro della discussione apertasi negli ultimi due decenni del secolo scorso e proseguita agli inizi del nuovo millennio, partendo dal presupposto di offrire servizi maggiormente efficienti e conformi alle reali esigenze dei cittadini, e valorizzando al contempo le lavoratrici ed i lavoratori del settore sia in termini economici che di crescita professionale. Tuttavia, il contestuale avvio di una fase storica che, a partire dai primi anni ’90, si è caratterizzata nel contesto europeo per la ossessiva e costante ricerca della compatibilità economica e del pareggio di bilancio, ha via via sottratto risorse al sistema di welfare impedendo qualsiasi concreta operazione di “ristrutturazione” dell’apparato burocratico e dei suoi modelli organizzativi che si potesse prospettare. Così, a parole, ci siamo trovati di fronte a continui proclami sulla digitalizzazione e semplificazione dei procedimenti amministrativi a cui non sono seguiti investimenti di risorse fresche indirizzate verso la modernizzazione ed il ricambio generazionale del comparto pubblico. Per quasi tre decenni, fino all’alba degli anni venti di questo secolo, il blocco del turn over e, quindi, delle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni ha di fatto impedito che si potesse realizzare ciò che caratterizza ogni moderna organizzazione, e cioè il trasferimento di conoscenze e competenze fra una generazione e l’altra, accompagnato dall’arricchimento in termini di innovazione e slancio motivazionale caratteristico delle giovani generazioni. Solo negli ultimissimi anni, le pubbliche amministrazioni, ormai ridotte all’osso in termini di personale oltre che di risorse da investire, hanno potuto riaprire la stagione concorsuale delle assunzioni, pur se in maniera limitata rispetto alle reali esigenze funzionali. Qui, però, subentra un paradosso del tutto inatteso: la fase di grande espansione della pubblica amministrazione che aveva caratterizzato la fine degli anni ’70 e quasi tutti gli anni ’80 con il miraggio del posto fisso e le accresciute possibilità di ottenerlo grazie alle leggi sull’occupazione giovanile, non trovano più riscontro in questa nuova fase storica nella quale la rincorsa al posto fisso nel pubblico impiego non è più una priorità delle generazioni più giovani, tenuto anche conto della scarsa attrattiva che offrono le pubbliche amministrazioni sia in termini di livelli retributivi che di possibilità concreta di fare carriera. E il paradosso è ancora più eclatante se si guarda a ciò che sta accadendo nella pubblica amministrazione regionale in Sicilia, dove il ricambio generazionale avviato già da un paio d’anni con l’indizione di concorsi prevalentemente rivolti a giovani laureati ha registrato già diverse centinaia di rinunce fra coloro che avevano partecipato alle prove selettive: si stima che su circa 260 assunzioni di funzionari fin qui fatte, ci sia stato un numero pari a quasi due volte di rinunciatari, con conseguenti scorrimenti di graduatoria. L’amara scoperta da parte di tanti giovani qualificati che lo stipendio di un funzionario regionale appena assunto è ben inferiore a quello di un suo pari livello di altre amministrazioni, non è più controbilanciata dall’acquisizione di un posto fisso purchessia. Per tanti giovani con la laurea magistrale in tasca ed in parecchi casi anche con l’abilitazione professionale, investire su di un lavoro che offre una retribuzione al di sotto della media nazionale, non costituisce certo un incentivo ad andare a rinverdire gli organici della Regione la quale, fra non più di cinque anni, vedrà andare in pensione la quasi totalità dei suoi dipendenti più anziani. Oggi l’organico dei dipendenti regionali è di poco superiore alle diecimila unità (ricordiamo che fra le competenze, in virtù dello Statuto, ci sono anche quelle che oltre lo Stretto vengono amministrate dallo Stato o da altri enti territoriali e che riguardano settori importanti: beni culturali, agricoltura, forestazione, politiche attive del lavoro, infrastrutture, trasporti); entro i prossimi cinque anni, quasi la metà dei dipendenti attualmente in servizio andrà in pensione per raggiunti limiti di età e contributivi. Per non parlare della platea dirigenziale che resterà quasi del tutto vuota. Vediamo ora di comprendere a grandi linee da cosa dipende questo divario retributivo con il comparto pubblico nazionale che, peraltro, è bene ricordarlo, è fra i peggio pagati d’Europa. La Regione Siciliana, in base a quanto è previsto dallo Statuto, ha potestà legislativa e regolamentare sul personale della sua amministrazione motivo per cui la contrattazione collettiva viene svolta a Palermo tramite l’Aran Sicilia, agenzia omologa a quella nazionale che stipula già i contratti dei dipendenti della Regione e degli enti collegati a partire dal quadriennio 2002/2005, dopo la riforma ordinamentale avvenuta con la legge 10 del 2000.  Alla ripresa della contrattazione dopo un decennio di blocco in tutto il comparto pubblico, è stato sottoscritto il nuovo contratto collettivo 2016/2018 che, secondo le direttive date dal governo regionale all’Aran, ricalca pedissequamente lo schema contrattuale delle funzioni centrali dello Stato, sia in termini giuridici che di retribuzioni tabellari. Si è poi proceduto al rinnovo con il contratto del triennio 2019/2021, anch’esso fotocopia di quello nazionale, ma tutto questo è accaduto con notevole ritardo rispetto alla firma dei contratti nazionali: si pensi che già gli statali applicano il contratto 2022/2024. Questo è già un primo motivo che determina il gap retributivo: il ritardo nell’attuare e definire la contrattazione collettiva, che spesso arriva a superare l’anno, anche a causa della tardiva approvazione dei documenti contabili-finanziari della Regione atti a garantire la copertura finanziaria, in assenza della quale sussiste l’esito negativo da parte della Corte dei Conti. Ma la forbice è destinata ad allargarsi ulteriormente a causa della differenza sostanziale fra i trattamenti accessori, cioè gli incentivi che vengono erogati al fine di migliorare il livello di efficienza dei vari assessorati. La scelta operata dalle varie strutture negli ultimi anni è stata quella di far crescere esponenzialmente l’utilizzazione del lavoro straordinario per gli uffici centrali sottraendo risorse finalizzate a incentivare il miglioramento della performance di tutti gli uffici; a questo si aggiunge la complessità burocratica dei procedimenti con cui vengono valutati i risultati attesi tale da determinare un notevole ritardo nel pagamento degli incentivi. La Regione, sempre più in difficoltà sul fronte finanziario, sta cercando di correre ai ripari su un altro fronte, introducendo altri strumenti atti ad incentivare i nuovi assunti o prossimi ad esserlo. La sfida è quella di utilizzare in maniera sempre più diffusa i modelli organizzativi che hanno conosciuto una prima pur timida diffusione durante la pandemia: il telelavoro, lo smart working e, in ultimo, il co-working. A leggere le carte, l’indirizzo politico sembra proprio andare in direzione di una maggiore diffusione di questi nuovi modelli organizzativi: ad esempio, l’ultima direttiva che il governo regionale ha dato all’Aran Sicilia per il rinnovo del contratto 2022/2024 pone l’accento proprio sulla necessità di rendere concretamente attuabili su più ampia scala tali istituti già normati con gli ultimi due contratti. Tuttavia, la teoria sembra scontrarsi con una prassi amministrativa molto più lenta a recepire le spinte innovative, frapponendo impedimenti burocratici alla concreta possibilità di introdurre questi strumenti che aiutano la semplificazione dei procedimenti e, soprattutto, responsabilizzano i funzionari attraverso un sistema basato sulla valutazione dei risultati ottenuti sugli obiettivi assegnati. La strada è ancora in salita, ma i profondi cambiamenti che interverranno nel breve periodo a causa del pensionamento di una vasta platea di dipendenti associati alla necessità di un sempre più invocato ricambio generazionale che deve essere adeguatamente incentivato, impongono alla Regione di cambiare marcia rapidamente se non vuole presto pagare lo scotto di scelte strategiche ed organizzative sbagliate che avranno inevitabilmente pesanti ricadute sui servizi da offrire ai cittadini. Redazione Sicilia
La fragilità come forza educativa: il progetto “Forza Uguale e Contraria” a Napoli
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A Quarrata, la 32ª “Marcia per la Giustizia”. Non c’è pace senza giustizia: percorsi per la risoluzione dei conflitti e la tutela dei diritti
Pubblichiamo il comunicato della Rete Radié Resch, Associazione di solidarietà internazionale, sulla 32ª “Marcia per la Giustizia” che si svolgerà a Pistoia il 6 settembre 2005. Ciao, abbiamo il piacere di invitarti a partecipare alla trentaduesima “Marcia per la Giustizia” di cui siamo tra gli organizzatori. Ti comunichiamo subito che la Marcia si farà e si terrà sabato 6 settembre, a partire dalle ore 20:30, come sempre in piazza Risorgimento a Quarrata (PT) e, come l’anno scorso, si caratterizzerà di due momenti che si intrecciano tra loro: * Un seminario giovani pomeridiano; * Una serata in piazza con uno spettacolo artistico e con l’intervento di plurimi relatori. Il continuo e costante mutamento dei tempi e delle situazioni politico-sociali impone spazi di riflessione e di confronto per le generazioni più giovani che, dal nostro punto di vista, possono e devono contribuire al dibattito pubblico con il loro punto di vista sulla realtà contemporanea e globale. Per questo motivo, dopo il successo della scorsa edizione, come organizzatori abbiamo deciso di confermare l’esperienza del “Seminario Giovani” anche per la trentaduesima Marcia per la Giustizia. I promotori della Marcia per la Giustizia sono: Associazione Casa della Solidarietà di Quarrata; Associazione Rete Radié Resch – sede di Quarrata; Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie e il Comune di Quarrata. In più, siamo inoltre lieti di aver ottenuto anche quest’anno il patrocinio della Regione Toscana. Il titolo della Marcia di quest’anno è: “Non c’è pace senza giustizia: percorsi per la risoluzione dei conflitti e la tutela dei diritti”. Programma serale della Marcia per la Giustizia A partire dalle ore 20:30, come sempre in piazza Risorgimento a Quarrata (PT), la serata prevederà: * Dalle ore 20:30 alle ore 21, dal palco allestito in piazza, ci sarà la prima parte dello spettacolo artistico del Laboratorio Accademico Danza. * Dalle ore 21 alle ore 23, sempre dal palco in piazza, ci saranno gli interventi di don Luigi Ciotti (fondatore Gruppo Abele e Libera), don Mattia Ferrari (Cappellano di Mediterranea Saving Humans) Giovanni Bombardieri (Procuratore della Repubblica di Torino), Tommaso Pastore (Capo Centro Operativo della Direzione Investigativa Antimafia di Torino), Marialuisa Rovetta (Figlia di Alessandro Rovetta, vittima innocente delle mafie), Antonella Lombardo (Direttore artistico Laboratorio Accademico Danza e Presidente DanceLab Armonia) e i e le portavoce del Seminario Giovani (sintesi del laboratorio pomeridiano dei giovani). Questi illustri ospiti svilupperanno i loro contributi a partire dal tema “ Non c’è pace senza giustizia: percorsi per la risoluzione dei conflitti e la tutela dei diritti”. * Dalle ore 23 alle ore 23:15 ci sarà la seconda parte dello spettacolo artistico del Laboratorio Accademico Danza. Come ti abbiamo anticipato, per l’intero pomeriggio di sabato 6 settembre si terrà un Seminario Giovani. Il seminario è rivolto a tutti i ragazzi e a tutte le ragazze dai 14 ai 30 anni, è completamente gratuito e si svolgerà sempre sabato 6 settembre, dalle 14.30 alle 19:30, al Circolo Arci Parco Verde di Quarrata (Via Galigana, 417, Quarrata). Anche i giovani che parteciperanno al seminario svilupperanno il proprio approfondimento a partire dal tema “Non c’è pace senza giustizia: percorsi per la risoluzione dei conflitti e la tutela dei diritti”. Le riflessioni e le conclusioni che emergeranno dal Seminario saranno riportate sul palco di piazza Risorgimento, dove i giovani partecipanti apriranno il dibattito serale della Marcia per la Giustizia. Nel corso del seminario sarà possibile ascoltare e confrontarsi con alcuni dei protagonisti del dibattito serale. Quest’anno parteciperanno al seminario Giovanni Bombardieri (Procuratore della Repubblica di Torino), don Mattia Ferrari (Cappellano di Mediterranea Saving-Humans), Marialuisa Rovetta (figlia di Alessandro Rovetta, vittima innocente delle mafie) e Tommaso Pastore (Capo Centro Operativo della Direzione Investigativa Antimafia di Torino). In sintesi, il programma del seminario è: * Dalle 14:30 alle 15:00 ci sarà l’accoglienza dei giovani; * Dalle 15:00 alle 18:30 ci sarà un laboratorio sul tema “Non c’è pace senza giustizia: percorsi per la risoluzione dei conflitti e la tutela dei diritti” in dialogo con Giovanni Bombardieri, don Mattia Ferrari, Marialuisa Rovetta e Tommaso Pastore; * Dalle 18:30 alle 19:30 verrà offerta un’apericena. Per partecipare al seminario, basta inviare un’e-mail a rete@rrrquarrata.it o chiamare il numero 0573-750539 auspicabilmente (per facilitare l’organizzazione del seminario) entro mercoledì 3 settembre comunicando il nome, il cognome e l’età. Per qualsiasi informazione, è inoltre possibile chiamare il numero 0573-750539 o inviare un’e-mail a rete@rrrquarrata.it Infine, se vuoi, puoi scaricare i seguenti documenti cliccando sul titolo qui sotto: * Il Manifesto della Marcia per la Giustizia * La locandina del seminario giovani della Marcia; * L’invito ai giovani a partecipare al seminario della Marcia. Con l’occasione, ti chiediamo di aiutarci a diffondere la notizia dell’evento a cui ti invitiamo a partecipare. L’unione fa la forza. Nella speranza di incontrarti sabato 6 settembre a Quarrata, ti salutiamo con i nostri più cari saluti di pace. Ass. Casa della Solidarietà di Quarrata (PT) e Rete Radié Resch – sede di Quarrata (PT). Redazione Italia
Disarmiamo le scuole
L’OSSERVATORIO CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLE SCUOLE E DELLE UNIVERSITÀ, IN COLLABORAZIONE CON ALTRE ASSOCIAZIONI E ORGANIZZAZIONI, HA MESSO A PUNTO UNA SERIE DI CAMPAGNE PER L’AVVIO DEL NUOVO ANNO SCOLASTICO ALL’INSEGNA DELLA PACE E DELLA RESISTENZA NELLE SCUOLE. Istruzione, formazione, inclusione, autonomia, crescita personale e, soprattutto, far sì che ragazze e ragazzi possano presentarsi al mondo adulto come cittadine e cittadini: questi sono i compiti fondamentali della scuola italiana. In tutti gli ordini e gradi di scuola il personale scolastico deve contribuire al raggiungimento di questi obiettivi. E deve farlo subito con consapevolezza, perché è sotto gli occhi di tutti come le tragedie del secolo scorso, il colonialismo, la Prima e la Seconda guerra mondiale, il genocidio di gruppi di persone riconducibili a categorie razziali, culturali, etniche e religiose, si stiano ripresentando oggi. Per opporsi alla deriva militarista della nostra società, in vista dell’inizio del nuovo anno scolastico l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università promuove alcune pratiche per una campagna di resistenza e di pace all’interno delle scuole con le seguenti iniziative: – Un minuto di silenzio il primo giorno di scuola per le vittime del genocidio a Gaza promossa da La Scuola per la pace Torino e Piemonte, Docenti per Gaza e Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università. Clicca qui. – Esposizione permanente in tutte le scuole della bandiera della pace. – Raccolta di firme sul documento “Noi siamo docenti Pacefondai” messo a punto dal gruppo scuola dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università da sottoscrivere da parte di tutto il personale scolastico a inizio anno per assumere un preciso indirizzo didattico pacifista e, al tempo stesso, esprimere una dichiarazione d’intenti per rifiutare che i propri studenti e le proprie studentesse svolgano attività che prevedano la partecipazione diretta o indiretta con le Forze Armate. Clicca qui per la petizione su Change.org. – Campagna promossa dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università per sottoscrivere da parte dei genitori a inizio anno scolastico un documento da consegnare alle rispettive scuole per rifiutare che i propri figli e le proprie figlie svolgano attività che prevedano la partecipazione diretta o indiretta delle Forze Armate. Clicca qui per scaricare il documento. FIRMA LA PETIZIONE SU CHANGE.ORG. Ricordiamo che associazioni e singol3 possono inoltre contribuire economicamente alla vita dell‘Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università con donazioni a carattere volontario diventando sostenitori/sostenitrici qui IBAN: IT06Z0501803400000020000668 Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Giù le mani dalla città! Milano con il Leoncavallo
Verso l’assemblea pubblica del 2 Settembre e il corteo del 6 Settembre In difesa degli spazi pubblici e sociali autogestiti, contro la gentrificazione, per il diritto all’abitare, contro la speculazione edilizia, il saccheggio delle olimpiadi Milano Cortina e i padroni delle città! Vogliamo costruire un grande corteo il 6 Settembre per un’altra Milano e per tutte le città sempre più segnate da zone rosse, limitazioni, biglietti di ingresso, selezioni obbligate. Lo sgombero del Leoncavallo è una evidente conseguenza delle trasformazioni avvenute a Milano a partire dal piano urbanistico. Modello che si vorrebbe estendere altrove. Ma è anche vendetta del potere contro chi prova a resistere. La mano del governo è calata sul vecchio Leo, nel 50esimo anno della sua storia, per avviare la campagna elettorale della destra, a trazione Fratelli d’Italia, verso le prossime elezioni comunali. È una legalità fatta di odio verso chi è stranier@ e/o espuls@, pover@, una legalità che porta all’isolamento sociale chi vive disabilità e fragilità psicologiche. Che giustifica la violenza fino alla tortura e al genocidio. Gli spazi sociali, culturali, artistici, autogestiti o no, occupati o no, dell’associazionismo sono l’antitesi del fascismo di governo, così come il conflitto sociale, che vede nell’occupazione uno strumento di livellamento delle sempre più crescenti differenze sociali, un fondamento del dibattito democratico di un paese e delle città. Noi abbiamo un’altra idea di città e di mondo che da cinquant’anni a oggi è cambiata e si è fatta anche transfemminista, intersezionale, antiabilista, una città a tutela delle agricolture contadine e dei loro territori aggrediti, per l’accesso al cibo come nutrimento culturale. La manifestazione attraversa le date del festival antirazzista Abba Vive dal 5 al 7 Settembre al Parco Sempione. Un evento che rappresenta la memoria viva delle nuove generazioni antirazziste e decoloniali che sono il futuro di Milano. Costruiamo un corteo che tenga insieme generazioni diverse ed esperienze politiche differenti. La città orizzontale contro il verticalismo del potere. Martedì 2 Settembre Assemblea Cittadina – ore 20:30 Camera del Lavoro di Milano Sabato 6 Settembre Corteo Nazionale – concentramento ore 14:00 P.ta Venezia Adesioni a segreteria@leoncavallo.org Redazione Italia
6#S Milano, in piazza pro-Leonka: simbolo della riappropriazione comune degli spazi sociali
Da un inserto locale milanese del Corsera riprendo degli spunti di approfondimento sul tema dei centri sociali e la politica. Dal pezzo emergono chiaramente le contraddizioni storiche, gli strappi e le toppe sui buchi, malamente rabberciati. Mi interessa perché in tutta la faccenda proprio lo sgombero di Casa Pound (in sé e per sé adesso non più procrastinabile) non c’entra niente. Eppure è la sola ideuzza su cui si ritrova uno schieramento che è insieme largo, ma ridotto all’osso. L’assenza di riferimento preciso (non c’è un equivalente milanese attuale per casa Pound o una traduzione lineare tra Roma e Milano) rende quel significante (“si sgomberi anche il covo dei fascisti”) una parola d’ordine, una password, un significante padrone… personalmente qui mi pare una scorciatoia, ma per fortuna non vivo da quelle parti.   > «IN CORTEO PER IL LEONKA OPPURE SARÀ ASSIST A SALA?» > > I TORMENTI DEI CENTRI SOCIALI > > IL DIBATTITO DEL MOVIMENTO SULLA MANIFESTAZIONE DEL 6 SETTEMBRE > > ESSERE O NON ESSERE ANTAGONISTI   Dopo lo choc per lo sgombero e la grande chiamata alla piazza per il prossimo 6 settembre con l’ambizione di un corteo nazionale a Milano per «gli spazi sociali», a sinistra della sinistra (intesa quella che appoggia la giunta Sala) tira già aria agitata. La stura al dibattito l’ha data una riflessione di «Off topic», realtà che ruota intorno al centro occupato «Piano terra» di via Confalonieri all’Isola. Più che un appello, un contributo critico per affrontare «questioni politiche fondamentali verso il corteo». Da un lato c’è la voglia, o la necessità, di riportare al centro il tema della partecipazione e la rivendicazione degli spazi sociali occupati, dall’altro il pericolo all’orizzonte di trasformare il corteo in una «resa» alla normalizzazione della lotta sociale mediata dalla «legalizzazione» del nuovo Leonka, percorrendo la via del bando per l’area di via San Dionigi.   Gli «scrupolosi pignoli» Non è questione da poco per il movimento, perché seppure fiaccato da un costante drenaggio di militanza, in gioco c’è la sua stessa esistenza. Alcuni «scrupolosi pignoli» (copyright del giornale autogestito Zic di Bologna) negli ultimi anni già non consideravano il Leoncavallo «un reale soggetto antagonista», ma un centro «che, in qualche modo, si sarebbe “compatibilizzato”» con il «suo vecchio imprinting divorato da una stagione politica finita e che difficilmente si potrà riaprire». Duri e puri o no, nella lunga marcia di preparazione al 6 settembre, il tema esiste. Perché tra i militanti antagonisti c’è il timore di ritrovarsi a sfilare in una piazza «politica» più che ribelle e il rischio concreto di fare da «sponda» alla giunta Sala. Modello che, come ricorda ancora «Off topic», porta con sé anche una sorta di accettazione di altri temi politici, come la commistione tra la giunta Sala e i «palazzinari», come emersa dalla recente inchiesta della procura: «Negli ultimi 15 anni di governo arancio-grigio Pisapia-Sala ci sono stati più sgomberi in città (non solo di centri sociali) che nei 20 precedenti di centrodestra; in secondo luogo, proprio con i voti dell’attuale destra si stava per approvare il Salva-Milano che interveniva a tutela del contesto perfetto per cui oggi il Leo è stato sgomberato». Per questo «o inseriamo lo sgombero nell’attuale fase politica non solo nazionale, ma anche specificatamente milanese, oppure rischiamo di sfilare a sostegno della giunta Sala e delle forze politiche che la compongono e sostengono».   L’eredità No Expo Non è un caso che lo slogan scelto per la manifestazione sia ben più ampio: «Giù le mani dalla città». Tra i centri sociali milanesi le anime sono diverse. L’area anarchica, ad esempio, è da decenni lontana dalla «deriva» moderata del Leonka. Lo stesso vale per altre realtà ben più attive nel sostegno alle lotte sociali. Le posizioni sono complesse e come sempre articolate. Come già era accaduto nel 2015 dopo gli scontri No Expo che hanno lasciato insanabili spaccature nel movimento. Da qui l’idea di chiarirsi prima di scendere in piazza: «Se questo corteo vuole catalizzare una indignazione, anche tardiva, ma esistente, potenzialmente radicale e che non si può negare verso percorsi popolari in grado davvero di riprendersi la città, e non farsi strumentalizzare da interessi altri, estranei alla stessa galassia relazionale che ruotava attorno a via Watteau — scrive ancora Off topic —, allora crediamo sia urgente sciogliere ogni ambiguità».   Il modello Milano In queste giorni, sempre a sinistra della sinistra, s’è fatto largo anche il tema del doppio sgombero: «Quando il governo farà lo stesso con CasaPound a Roma?». Su questo è intervenuto uno dei politici più vicini al movimento, Luciano Muhlbauer: «Vorrei dire sommessamente che le continue richieste di sgombero di CasaPound che inondano i social sono una grandissima ca…ata. Lo so che queste richieste sono frutto della giusta rabbia nei confronti di un governo che protegge gli amici e aggredisce gli oppositori, ma non ci portano da nessuna parte, se non in un vicolo cieco». Il Leonka, benché annacquato, resta un simbolo. Soprattutto per la destra che ha ottenuto finalmente lo «scalpo» dello storico nemico. Ma anche per chi, da sinistra, ragiona su un modello di città e sui suoi spazi sociali che — secondo buona parte del movimento — non possono prescindere dal ricorso all’occupazione o meglio alla «riappropriazione» dei luoghi. Già con l’esperienza della giunta Pisapia (più dentro l’humus della sinistra-sinistra) le cose non andarono bene. Il modello Sala è ben più indigesto. Basterà il ricordo del Leonka che fu (o il suo triste commiato) a ricompattare il movimento?   Redazione Italia
E anche per il prossimo anno scolastico per tante famiglie le spese saranno insostenibili
Manca ancora qualche settimana per la riapertura delle scuole, ma già c’è chi inizia a fare i conti di quanto le famiglie italiane dovranno accollarsi per l’acquisto dei libri di testo e del corredo scolastico. Le proiezioni dell’Adoc (Associazione per la Difesa e l’Orientamento dei Consumatori) per il 2025 mostrano un aggravio significativo della spesa, che continua a erodere il potere d’acquisto delle famiglie, già messe a dura prova dal contesto economico attuale. Per l’anno scolastico 2025/2026 si prevedono aumenti che peseranno gravemente sui bilanci familiari, con il costo medio dei libri per la scuola media (primo anno) che si attesta a 355,23 euro, mentre per le scuole superiori (primo anno) si prevede un costo medio di 552,69 euro. A queste spese si aggiunge il costo del kit scuola, stimato in 132,30 euro. Considerando un singolo studente al primo anno, la spesa totale stimata per un figlio che frequenta la prima media nel 2025 raggiungerà circa 487,53 euro. Per un figlio iscritto al primo anno di una scuola superiore nel 2025, il costo totale stimato sarà di circa 685 euro. A queste cifre vanno aggiunti i costi per i dizionari specifici, come quelli di latino e greco, indispensabili per alcuni indirizzi di studio: si stima che un dizionario di latino possa costare tra 75 e 100 euro, mentre un dizionario di greco tra 100 e 133 euro. L’analisi ADOC estesa all’intero ciclo di studi obbligatori (8 anni di scuola) rivela un onere cumulativo ancora più consistente per i soli libri di testo. Per la scuola media, i costi per i libri sono di 355,01 € per il 1° anno, 157,66 € per il 2° anno e 149,94 € per il 3° anno, per un totale di 662,61 € per l’intero ciclo. Per la scuola superiore, la spesa per i libri è di 552,35 € per il 1° anno, 232,63 € per il 2° anno, 375,95 € per il 3° anno, 352,80 € per il 4° anno e 348,39 € per il 5° anno, per un totale di 1.862,12 € per i cinque anni. Complessivamente, la spesa totale per i soli libri di testo per 8 anni di scuola dell’obbligo è proiettata a 2.524,73 €. A queste cifre devono aggiungersi i costi per i dizionari e il materiale tecnico specifico di alcuni indirizzi, che possono incrementare ulteriormente l’onere per le famiglie. “Ogni anno, sottolinea Anna Rea, Presidente di ADOC Nazionale, con l’avvicinarsi della riapertura delle scuole, migliaia di famiglie si trovano di fronte a un’autentica stangata. I prezzi dei libri di testo continuano a crescere, mettendo a dura prova i bilanci familiari, soprattutto quelli delle fasce meno abbienti. Sempre più genitori sono costretti a barcamenarsi tra gruppi WhatsApp, chat di quartiere e mercatini dell’usato nel tentativo di recuperare libri scolastici usati a prezzi accessibili, pur di non svenarsi all’inizio dell’anno. Siamo consapevoli degli sforzi compiuti da Stato, Regioni e Comuni attraverso bonus e agevolazioni, che rappresentano un tentativo di alleviare questo carico economico e garantire il diritto allo studio. Tuttavia, queste misure, seppur importanti, sono spesso insufficienti a colmare il divario e a garantire pari opportunità per tutti. Serve di più. Non possiamo permettere che si creino studenti di serie A e di serie B, dove le possibilità di ‘riuscire nella vita’ siano condizionate dalla capacità economica delle famiglie. Tutti i ragazzi e le ragazze devono avere le stesse opportunità di formazione e crescita, indipendentemente dal reddito familiare.” L’ADOC lancia alcune proposte concrete per affrontare questa emergenza: 1. Detrazione fiscale del 19% per l’acquisto dei libri di testo. 2. Promozione dello sharing e del riuso, incoraggiando e sostenendo tutte le iniziative di condivisione e riutilizzo dei libri di testo, come mercatini dell’usato e piattaforme di scambio, aiutando così non solo il portafoglio delle famiglie, ma promuovendo anche una cultura della sostenibilità. 3. Sviluppo del digitale e biblioteche solidali, promuovendo, laddove possibile e appropriato, l’adozione di materiali didattici digitali, che possono contribuire a ridurre i costi e sostenendo e ampliando parallelamente le reti di ‘biblioteche solidali’, dove i libri possono essere presi in prestito gratuitamente o a costi simbolici. L’Associazione per la Difesa e l’Orientamento dei Consumatori lancia infine un appello alle case editrici “affinché mostrino responsabilità sociale evitando di rivedere al rialzo, ogni anno, i listini. È essenziale che il costo dell’educazione non diventi un privilegio.” Qui per approfondire: https://adocnazionale.it/31916-2/. N.B.: MOLTE SCUOLE DANNO I LIBRI (IN GENERE, COPIE OMAGGIO FORNITE AI DOCENTI) IN COMODATO D’USO AGLI STUDENTI CHE NE FANNO RICHIESTA E NUMEROSI COLLETTIVI STUDENTESCHI ALLESTISCONO MERCATINI DELL’USATO CON VOLUMI A METÀ PREZZO, PRIMA DELL’INIZIO DELLE LEZIONI, M SI TRATTA DI PALLIATIVI; QUELLA CHE DOVREBBE CAMBIARE È LA LOGICA CHE DALLA CULTURA E DALL’EDUCAZIONE INTENDE SPREMERE PROFITTO (N.D.R.) Giovanni Caprio
Progetto orchestrale Symphonic Peace
BIRZEIT UNIVERSITY, The Edward Said National Conservatory of Music, RETE PER LA PACE RIVIERA DEL BRENTA promuovono Symphonic PEACE Il progetto orchestrale Symphonic Peace unisce intorno a sé ragazze e ragazzi, di età compresa tra i 13 e i 20 anni, provenienti da diverse realtà musicali che desiderano vivere la loro passione e competenza musicale in un’esperienza di gruppo dal forte valore educativo e umano: questi giovani formeranno, con la guida di docenti esperti e musicisti professionisti, un’orchestra impegnata con prove d’insieme e momenti di confronto via streaming con musicisti provenienti da realtà diverse dalle nostre. A coronamento del percorso di affinamento delle tecniche concertistiche, il gruppo si esibirà pubblicamente in una serata musicale, in condivisione con l’Al Kamandjati Students Orchestra di Ramallah. Conoscere attraverso le relazioni è il metodo di lavoro che guida tutti i progetti di Rete per la Pace – Riviera del Brenta. Attraverso la musica si possono costruire relazioni orizzontali, in cui ciascuno è necessario e prezioso per arrivare ad un risultato, frutto del lavoro di tutti. Valorizzando quindi il contatto e lo scambio, Rete per la Pace – Riviera del Brenta propone questo progetto orchestrale residenziale per vivere un’esperienza di conoscenza e arricchimento reciproco. 29|30|31 Agosto Via Venezia, 131 Oriago (Ve) Iscrizioni e contatti: symphonicpeace25@gmail.com Redazione Italia