Richiedenti asilo: condannata la Questura di Torino per discriminazione diretta, individuale e collettiva

Progetto Melting Pot Europa - Wednesday, August 13, 2025

“L’accesso al servizio pubblico erogato dalla Questura di Torino non solo non assicura il risultato preteso dalla legge (la formalizzazione della domanda entro il termine previsto dall’art. 26 d.lgs. n. 25/2008), ma impone anche mortificanti condizioni per gli aspiranti richiedenti asilo che non sono imposte dalle necessità prospettate (la necessità di identificare gli aspiranti richiedenti protezione internazionale)”.

E’ questo un passaggio di fondamentale importanze della sentenza n. 3818/2025 assunta il 4 agosto 2025 e pubblicata l’8 agosto, con la quale il Tribunale di Torino ha accertato che il modello organizzativo adottato dall’Ufficio Immigrazione della Questura di Torino riguardante i cittadini stranieri che intendono formalizzare la domanda di riconoscimento della protezione internazionale integra una discriminazione diretta, individuale e collettiva.

La causa, scrive l’Associazione Studi Giuridici per l’Immigrazione promotrice della class action, ha portato all’attenzione del Tribunale il fatto che a Torino, per presentare domanda di protezione internazionale, le persone migranti sono costrette a mettersi in coda per mesi fuori dagli uffici della Questura sin dalle prime ore della notte nella speranza di essere selezionate e poter così formalizzare le proprie richieste. Ogni giorno, davanti ad una platea di un centinaio di richiedenti, solo circa 10 persone possono presentare la domanda di asilo: il sistema non prevede alcuna possibilità di prenotazione e, soprattutto, non ci sono criteri trasparenti per comprendere in base a quali parametri avvenga la selezione per l’ingresso.

Per settimane, l’immagine delle lunghe code in corso Verona aveva bucato l’apatia delle notizie locali e nazionali. File interminabili di persone in attesa, documentate anche dalle telecamere, che secondo i giudici non dovevano nemmeno esistere.

L’ASGI, in un comunicato stampa, ha spiegato le ragioni per cui il Giudice ha accolto integralmente la tesi dei ricorrenti, riconoscendo in quelle code e nel sistema di accesso imposto dalla Questura una discriminazione diretta, fondata su due punti.

Da un lato, una discriminazione tra cittadini stranieri. Chi viene escluso dalla selezione mattutina, infatti, non riesce a regolarizzare la propria posizione sul territorio e si vede così negato l’accesso ai diritti sociali e sanitari garantiti per legge a richiedenti asilo e persone straniere regolarmente soggiornanti. Si crea quindi una disparità di trattamento rispetto a chi riesce, invece, a formalizzare la domanda di permesso di soggiorno.

Dall’altro, una discriminazione tra cittadini stranieri e cittadini italiani. Per questi ultimi, l’accesso ai servizi della pubblica amministrazione è sempre immediato o comunque regolato da meccanismi di prenotazione trasparenti. Non esiste alcun caso in cui a un cittadino italiano sia preclusa addirittura la possibilità di avviare una procedura amministrativa per ottenere una prestazione o il riconoscimento di un diritto da parte dello Stato.

La sentenza del Tribunale di Torino non si limita ad accertare la discriminazione: ordina alla Questura di strutturare un nuovo modello organizzativo entro quattro mesi dalla pubblicazione. Inoltre, impone alla pubblica amministrazione di provvedere, a proprie spese, alla pubblicazione per estratto della sentenza sul quotidiano La Stampa e alla pubblicazione integrale, per quattro mesi, sul sito del Ministero dell’Interno (sezione Immigrazione e asilo) e sul sito istituzionale della Questura di Torino.

Per le associazioni, questa vittoria rappresenta un tassello fondamentale nella lotta alle prassi illegittime adottate dalle Questure in tutta Italia. Stabilisce un principio chiaro: l’assenza di modelli organizzativi trasparenti e rispettosi della dignità delle persone costituisce una discriminazione diretta. Nessuna scarsità di risorse o difficoltà organizzativa può giustificare la violazione dei diritti dei migranti. Al contrario, è lo Stato che deve garantire strumenti adeguati e un’organizzazione efficiente per tutelare chi si trova sul suo territorio e ha diritto di presentare istanze alle sue amministrazioni.

Tribunale di Torino, sentenza del 4 agosto 2025