Illegittimità del trattenimento in CPR per assenza di un adeguato certificato medico attestante l’assenza di vulnerabilità psichiatricaAVV. ANTONELLO CIERVO, AVV. GENNARO SANTORO
Con decreto del 12 novembre 2025, la Corte di Appello di Roma ha disposto la
liberazione di un richiedente asilo trattenuto presso il CPR di Roma ”stante la
presumibile sussistenza di una condizione di vulnerabilità del richiedente asilo
incompatibile con il suo trattenimento presso il Centro di permanenza per i
rimpatri” e l’assenza di “un adeguato certificato medico attestante detta
compatibilità ai sensi dell’art. 3 del DM 19 maggio 2022”.
La decisione si inserisce nel filone giurisprudenziale secondo il quale
l’incompatibilità sanitaria al trattenimento in CPR non si limita alle patologie
acute o in fase di scompenso, ma si estende anche a condizioni potenziali o
pregresse che necessitino di monitoraggio specialistico continuativo. (cfr., tra
le altre, Corte di Appello di Roma, decreto del 21 marzo 2025).
LA VICENDA E LA DIFESA IN SEDE DI CONVALIDA DEL TRATTENIMENTO
Nel caso di specie, un cittadino marocchino, dopo la convalida del trattenimento
del Giudice di Pace di Roma del 4 novembre 2025, ha manifestato la volontà di
chiedere la protezione internazionale. Il successivo 12 novembre si è quindi
celebrata l’udienza di convalida innanzi alla competente Corte di Appello di
Roma.
La difesa, con una memoria di udienza e relativa documentazione, ha evidenziato
che il richiedente asilo era consumatore abituale di sostanze stupefacenti e
assuntore del farmaco antipsicotico Seroquel, la cui sospensione avrebbe potuto
comportare gravi rischi anche dal punto di vista suicidario. Per questi motivi
la difesa ha sin da subito richiesto la cartella clinica dello straniero, ha
prontamente informato il medico dell’ente gestore e l’Asl Roma 3 del possibile
stato di tossicodipendenza dell’interessato e della verosimile patologia
psichiatrica, sollecitando una nuova visita di idoneità alla vita ristretta,
come disposto dall’art. 4, comma 3 del D.M. 19 maggio 2022 (c.d. “Decreto
Lamorgese”).
Nonostante tale richiesta, nessuna risposta è pervenuta dalla Asl Roma 3, mentre
l’ente gestore si è solo riservato di effettuare una eventuale nuova visita dopo
l’esame della documentazione sanitaria. Tuttavia, alla data dell’udienza non
sono stati comunicati gli eventuali ulteriori accertamenti sanitari effettuati.
Ancora, è stata contestata l’inidoneità del primo certificato di idoneità alla
vita ristretta limitato al solo accertamento dell’assenza di malattie infettive.
Sul punto si osserva che di recente il Consiglio di Stato, con la sentenza del 7
ottobre 2025, nel dichiarare la parziale illegittimità dello schema di
capitolato di appalto CPR, per carenze relative alla tutela del diritto alla
salute e alla prevenzione del rischio suicidario, ha così stigmatizzato la
prassi – documentata anche nel caso di cui si occupa – relativa alla visita di
idoneità per il trattenimento in CPR: “Le verifiche sanitarie all’ingresso sono
sovente limitate all’accertamento dell’assenza di malattie infettive, senza
considerare disturbi psichiatrici o patologie croniche degenerative che non
possono ricevere un trattamento adeguato nelle strutture detentive. È stata
rilevata una considerevole presenza di problemi di tossicodipendenza e
psicologici tra i migranti trattenuti, il che renderebbe necessario un forte
coinvolgimento dei servizi sanitari locali a supporto dei medici dell’ente
gestore, per la fornitura di servizi specialistici. Tuttavia, persiste una
scarsa coordinazione tra le strutture sanitarie interne ai CPR e il Servizio
Sanitario Nazionale, con gravi criticità nella gestione della salute mentale e
nella somministrazione dei farmaci specialistici. In alcuni CPR, le prescrizioni
di farmaci specialistici vengono formalmente emesse da medici esterni che non
conoscono la persona, su richiesta dei medici del centro, una pratica che
solleva serie preoccupazioni, specialmente per i farmaci psicotropi e la
continuità delle terapie”.
D’altronde, l’assenza di approfondimenti sanitari era provata anche dalla
cartella clinica dell’ente gestore, costituita esclusivamente dalla scheda di
primo ingresso, che non riportava l’assunzione dell’antipsicotico Seroquel e
non conteneva informazioni essenziali per una reale presa in carico dello
straniero.
E’ stata quindi eccepita l’omessa attuazione dell’art. 3, comma 4 del Decreto
Lamorgese nella parte in cui prevede la necessità di una nuova visita sulla
idoneità alla vita ristretta, così come sollecitata, anche alla luce delle
carenze organizzative e materiali del CPR di Roma Ponte Galeria.
Infine, ed in via subordinata, nel solco di quanto già accertato dalla Corte
Costituzionale con la sentenza n. 96 del 2025, si è sollecitato il Giudice della
convalida a sottoporre nuovamente dinanzi alla Consulta la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 14 co. 2 del D.lgs n. 286/1998, in
riferimento agli articoli 13, secondo comma, 24, 32 e 117, primo comma Cost., in
relazione all’art. 5, par. 1 CEDU.
LA DECISIONE
La Corte di Appello, aderendo alla tesi difensiva, ha sancito che “la richiesta
di convalida del trattenimento non può trovare accoglimento stante la
presumibile sussistenza di una condizione di vulnerabilità del richiedente asilo
incompatibile con il suo trattenimento presso il Centro di permanenza per i
rimpatri […] allo stato vi sono elementi sintomatici e gravi che inducono a
ritenere che il richiedente possa essere persona vulnerabile ai sensi dell’art.
17, comma 1 del D.lgs. n. 142/2015, in quanto affetto da gravi disturbi
psichici, incompatibili con il trattenimento […] Sul punto, non può dunque
assumere rilevanza decisiva la certificazione medica di compatibilità delle
condizioni di salute del cittadino richiedente asilo con il trattenimento presso
il CPR, là dove non sono state specificamente considerate le patologie di cui lo
stesso soffre, nè sono state effettuate apposite visite specialistiche in tal
senso, nonostante dette problematiche di salute siano state tempestivamente
segnalate dalla difesa del trattenuto sia al medico dell’ente gestore sia alla
ASL RM 3, con la conseguenza che non risulta in atti un adeguato certificato
medico attestante detta compatibilità ai sensi dell’art. 3 del DM 19 maggio
2022. […] Peraltro, ciò vale a maggior ragione alla luce dei principi espressi
dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 96/2025 del 3 luglio 2025, con la
quale, nonostante la dichiarazione di inammissibilità delle questioni sollevate,
è stata accertata l’illegittimità della disciplina del trattenimento come
disegnata dall’art. 14, comma 2, del d.lgs. n. 286 del 1998, e, in attuazione
dello stesso, dall’art. 21, comma 8, del d.P.R. n. 394 del 1999 perché carente
di elementi essenziali. […] Nel caso di specie, dunque, l’assenza di una
specifica disciplina dei modi di trattenimento, incide in concreto su un diritto
fondamentale della persona quale quello alla salute, la cui tutela allo stato è
rimessa a norme regolamentari e provvedimenti amministrativi discrezionali, con
conseguente lesione specifica di tale diritto, riscontrabile già nella fase
della convalida e che rende illegittimo il trattenimento amministrativo”.
La decisione in commento conferma (ed amplia) il principio per cui
l’accertamento sanitario costituisce una condizione ineludibile di validità del
trattenimento e deve essere effettuato prima della convalida della misura (così
già Cass., n. 15106/2017): tale valutazione deve essere approfondita e non può
trascurare la presenza di vulnerabilità psichiatriche. Sul punto si richiama
anche il decreto della Corte di Appello di Roma del 20 ottobre 2025, ove si
legge che “La valutazione delle condizioni di salute, fisica e psichica, del
trattenuto deve essere completa e adeguata allo scopo e, pertanto, esaustiva,
non potendo residuare dubbi sull’assenza di profili di vulnerabilità
nell’accezione di legge e sul rischio di aggravare le possibili problematiche di
salute già patite dal trattenuto. Tale accertamento deve logicamente precedere e
non seguire la misura del trattenimento, pena la legittimità della misura […]”.
Nella medesima decisione si afferma inoltre che: “la Questura ha depositato un
certificato medico di sanitario della Città Metropolitana di Milano, dal quale
non emerge se le condizioni di salute del trattenuto consentano la permanenza
dello stesso nel CPR, dandosi atto soltanto dell’idoneità al volo e
all’inserimento in comunità ristretta del trattenuto, pur dandosi atto che non
sono stati effettuati accertamenti strumentali o di laboratorio. Diversamente,
il fascicolo sanitario depositato dalla difesa evidenzia la necessità di un
percorso di assistenza e di vigilanza che allo stato non è possibile indicare se
praticabile nel CPR”.
Non vi è dubbio che l’Autorità giudiziaria stia sempre più valorizzando il
contenuto precettivo dell’art. 3 del Decreto Lamorgese, soprattutto con
riferimento alla inderogabile necessità di una visita olistica ed esaustiva di
primo ingresso dello straniero trattenuto. Viene tuttavia da domandarsi come sia
possibile verificare le ipotesi di incompatibilità per vulnerabilità
psichiatrica se sistematicamente le prime visite sull’idoneità sono effettuate
in assenza di uno psichiatra.
Accanto a questa sistematica violazione della norma rilevante – oltre che
dell’art. 32 della Costituzione -, si riscontra, nella prassi, la mancata
attivazione della nuova visita sulla idoneità del trattenimento allorquando
sopravvengano fatti nuovi (come nel caso di tentativi di suicidio o di gesti
anticonservativi e autolesionistici). Su questo aspetto, appare opportuno
ricordare come sempre la sentenza del Consiglio di Stato del 7 ottobre 2025 ha
dichiarato la parziale illegittimità dello schema di capitolato di appalto CPR,
per carenze relative alla tutela del diritto alla salute e alla prevenzione del
rischio suicidario. In particolare, il Collegio, parimenti a quanto denunciato
in vari report dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della
libertà personale, “concorda con la necessità che il capitolato impugnato sia
reso più conforme alle seguenti disposizioni della direttiva ministeriale del
2022:- art. 3, comma 4, con riferimento alla necessità di una nuova valutazione
della ASL, in caso emergano elementi che possano determinare l’incompatibilità
con la vita in comunità ristretta e alla possibilità che gli stranieri vengano
alloggiati in stanze di osservazione su disposizione del medico”. Ad oggi lo
schema di capitolato non è ancora stato emesso: ciò nonostante, sempre la stessa
sentenza citata rammenta che, nelle more della nuova attuazione, deve essere
attuato quanto prescritto, in via diretta, dalla disposizione per ultimo citata,
aggiungendo anche (fine punto 5.1. in diritto) che “Resta fermo, peraltro, che i
gestori dei Centri devono rispettare quanto previsto dalla direttiva
ministeriale, anche qualora le relative disposizioni non siano esplicitamente
richiamate nel capitolato di gara”.
Dunque, anche in attesa del nuovo schema di capitolato, la disposizione da
ultimo richiamata è da ritenersi cogente e, nell’esperienza quotidiana dei CPR
viene frequentemente disattesa.
Soffermando l’attenzione al solo Centro di Roma Ponte Galeria, basti considerare
che a seguito di accesso parlamentare dello scorso 27 maggio, dalla
consultazione del registro eventi critici risultavano “66 eventi critici
registrati in appena tre mesi, di cui 44 atti anticonservativi come tentativi di
impiccagione, ingestione di oggetti e autolesionismo. Nonostante questo, «non
sono previsti protocolli di prevenzione del rischio suicidario» e in diversi
casi non è stato disposto il ricovero in Pronto soccorso”.
Pur in assenza di dati ufficiali con riferimento alle nuove visite sull’idoneità
che dovevano conseguire ai 44 gesti anticonservativi trascritti nel registro
eventi critici, può affermarsi che nella stragrande maggioranza dei casi le
stesse non hanno avuto luogo, come del resto accertato anche dalla magistratura
ordinaria A titolo esemplificativo, la Corte di Appello di Roma, con decreto del
7 luglio 2025, ha disposto l’immediata liberazione di un trattenuto rilevando
dubbi in relazione alla sua vulnerabilità, avendo manifestato segni di disagio
psichico anche prima dell’ingresso nel CPR, posto che la visita psichiatrica era
stata fissata successivamente alla convalida, nonostante lo stesso avesse già
commesso atti autolesivi prima ancora dell’ingresso nel CPR. Tale pronuncia –
non isolata – viene richiamata in quanto evidenzia con chiarezza come
l’assistenza sanitaria e psicologica all’interno del Centro di Roma Ponte
Galeria sia del tutto insufficiente e come, di fatto, il trattenimento avviene
anche nei confronti di persone inidonee alla vita ristretta. Senza la
possibilità, neanche nel corso del trattenimento, che vi sia, in via sistematica
e tempestiva, una nuova visita sull’idoneità. Sembra dunque possibile sostenere
senza possibilità di essere smentiti che il divieto di trattenere persone con
vulnerabilità psichiatrica nel Cpr di Roma Ponte Galeria è quasi sempre
assicurato solo a seguito di intervento dell’Autorità giudiziaria e non è invece
garantito, in via ordinaria, sistematica e tempestiva, dall’Autorità sanitaria.
Corte di Appello di Roma, decreto del 12 novembre 2025