Nel cuore di Trieste, un contro-evento artistico e politico riaccende la memoria del Silos

Progetto Melting Pot Europa - Friday, August 8, 2025

Arianna Locatelli 1

L’articolo è disponibile in francese sul blog Échanges et Partenariats (E&P).

Il Silos sgomberato, oggi circondato da inferriate e comunicazioni del Comune

Il 21 giugno 2024, a Trieste è stato sgomberato il Silos, una struttura adiacente alla stazione centrale che per anni ha rappresentato un rifugio spontaneo per le persone in movimento arrivate dalla Rotta Balcanica.

Negli spazi del Silos, quest’anno, è giunto il Cirque du Soleil con lo spettacolo Alegría – In a New Light, invitato dal Comune, dal teatro Rossetti e da Coop Alleanza 3.0.

La narrazione pubblica che ha accompagnato l’evento ha descritto il Silos come un luogo di degrado da “restituire” alla città. In risposta, nei mesi precedenti all’arrivo del Circo, attivistə, cittadinə e solidali hanno scritto una lettera aperta per raccontare un’altra storia: quella di un luogo precario ma attraversato da relazioni, scambi e forme di resistenza quotidiana.

In reazione a questa narrazione parziale, nei mesi precedenti all’arrivo del Cirque du Soleil, un gruppo nutrito di cittadinǝ, attivistǝ e solidali ha deciso di scrivere una lettera aperta al Circo per raccontare un’altra storia sul luogo che avrebbe abitato per un mese, consapevoli del fatto che artiste e artisti non potevano esserne al corrente.

Notizie

Alegrìa al Silos di Trieste: lettera aperta al Cirque du Soleil

Una memoria collettiva contro la retorica della riqualificazione

27 Maggio 2025

Perché il Silos di Trieste, luogo nato dal basso come conseguenza delle inefficienze del sistema di accoglienza e di asilo italiano, nonostante le difficoltà e la precarietà, non è stato solamente un luogo di degrado e miseria.

È stato uno spazio di incontro e scambio, una casa rotta (Khandwala dal pashto) in cui cucinare, dormire, giocare a cricket, fare festa, imparare l’italiano, un rifugio in risposta alle violenze dei confini europei, un atto di riappropriazione dello spazio da parte di persone che, seppur ostacolate da un sistema escludente, hanno saputo creare un’alternativa.

In una lettera, inviata sempre dal gruppo di solidali questa volta direttamente agli artisti, si legge:

PH: Andrea Vivoda (Sabato 2 marzo 2024 centinaia di persone hanno attraversato il Silos)

Now, let’s bring you in. Close your eyes and picture a large, empty space. Imagine countless tents on the ground, furniture scattered around, strings hanging between the arches to dry clothes. Objects that represented an attempt to give meaning to that space. From the end of 2023, that intention was soon supported: solidarians began entering the Silos with speakers and board games. Where now lies the Grand Chapiteau, supporters mobilised to cut the grass and organise cricket matches. With a bit of idealism, someone planned a party. A banner outside read “Khandwala welcomes Trieste. From abandoned to welcoming places”: Silos – or Khandwala as inhabitants used to call it – invited the city to a 12-hour feast. Some cooked rice for 400 people, others ran back and forth with plates; some met for the first time, others lit fires, beat drums, or played trumpets. From that party, Silos constantly took new forms. Schools came to visit, people gathered for lunch, art and photography classes. At sunset, musicians used to sing traditional resistance songs. Some walls were painted, flags of various nations timidly appeared next to the Italian one. Paper banners were filled with poems, new words scribbling down so as not to forget. One night, even a fire breather came to perform his magic tricks. A theater workshop was suggested (though it was never held)».

In seguito allo sgombero si è parlato poco dello spazio del Silos. Nessuna alternativa è stata fornita e le richieste di attivistǝ e solidali sono rimaste inascoltate. Lo sgombero non ha rappresentato una soluzione, ma solamente un’ulteriore violenza della frontiera, un atto di rimozione ed esclusione, volto a spezzare le reti di solidarietà e a rendere ancora più invisibili le persone migranti.

Gli edifici di Porto Vecchio, occupati dopo lo sgombero del SIlos, rappresentano oggi la nuova versione di Khandwala

Oggi, a Trieste, esistono altri Silos. Il bisogno di richiedenti asilo e persone in movimento di un luogo da abitare ha spinto le persone a occupare i magazzini di Porto Vecchio, strutture adiacenti a quelle del Silos.

Queste nuove versioni di Khandwala, però, sono più problematiche e meno comunitarie perché non sono riuscite a ricreare quel clima di condivisione e festa che, a tratti, si generava nel Silos, quel senso di appartenenza nato in diversi attori e attrici che per diverse ragioni lo hanno frequentato negli anni.

Locandina per la giornata del 21

Per tutti questi motivi, per raccontare una storia diversa, si è deciso di organizzare una giornata di festa e memoria – il 21 giugno 2025, a un anno dallo sgombero – in Piazza della Libertà, luogo cardine della vita migratoria triestina, a poche centinaia di metri dal Silos, dal Grand Chapiteau del Cirque du Soleil e dai magazzini del Porto Vecchio. L’intento è stato quello di ricordare ciò che il Silos è stato e farlo rivivere per un giorno in uno spazio pubblico della città.

Nella lettera aperta, che ha raccolto quasi 1.500 firme in pochi giorni, si esprimeva il desiderio di una presa di coscienza collettiva sulla storia del Silos e si lanciava un invito diretto al Cirque du Soleil: portare fuori dal tendone, a disposizione di tutt3, quell’alegría promessa dal loro spettacolo.

L’invito è rimasto inascoltato dalle istituzioni e dal circo, ma l’organizzazione della giornata è proseguita con delle open call ad artistǝ locali triestinǝ per creare un Cirque du Silos durante la giornata del 21. L’organizzazione ha coinvolto la cittadinanza solidale, da attivisti a titolo personale, a volontari, persone in movimento, partiti e associazioni locali.

Cirque du Silos: la giornata del 21 giugno

Da piazza della Libertà, il 21 giugno, è passata molta gente. L’obiettivo di raggiungere un pubblico più ampio, non direttamente coinvolto nella vita migratoria e solidale, è riuscito solo in parte, ma per un giorno piazza della Libertà è tornata a vestirsi di quell’allegria che si poteva trovare nel Silos.
Senza retorica, in maniera consapevole, cittadinǝ, attivistǝ e richiedenti asilo hanno condiviso una giornata di musica, teatro, chiacchiere e memoria.

La mattina si sono svolti vari interventi di persone che per motivi diversi sono entrati a contatto con la realtà del Silos, cercando di ragionare attorno a una serie di tematiche che ad oggi più che mai risultano urgenti e attuali, non solo per Trieste ma per il sistema di asilo e accoglienza nazionale. Dopo un pranzo condiviso, si è dato avvio a una serie di laboratori artistici, performance ed esercizi teatrali che hanno coinvolto i partecipanti per tutto il pomeriggio.

La giornata si è poi conclusa con l’usuale distribuzione serale della cena in piazza della libertà. Ma per un giorno, il clima che si respirava anche durante la distribuzione, è stato caratterizzato dall’energia che si è vissuta durante tutto l’arco dell’evento, con danze condivise al centro della piazza.

Foto della giornata del 21

Tutta la giornata si è costruita attorno a una domanda semplice e urgente, che stride con la narrativa delle istituzioni e dei media sull’arrivo del Cirque du Soleil:
perché dall’Alegría promessa da municipio, Rossetti, Coop e Circo sono state escluse le persone che hanno abitato per anni il Silos?
Il progetto del Cirque si inserisce in un’ottica ormai dominante in tantissime città italiane (e non solo): quella di una riqualificazione urbana volta però alla turistificazione, che rimuove tracce considerate indesiderabili.

Con un prezzo medio di 80 euro a biglietto, lo spettacolo è rimasto inaccessibile a chi – secondo la retorica istituzionale – avrebbe vissuto in quel “degrado” tanto denunciato.
Il progetto di tale riqualificazione non parte dal basso, non va incontro alle esigenze delle persone che quello spazio lo hanno abitato.

La volontà è quella di creare una vetrina escludente, mentre a Trieste – e non solo – centinaia di Silos continuano ad esistere, come centinaia di sgomberi che non portano ad alcuna soluzione se non a ulteriore precarietà.

Reportage e inchieste

Trieste, città di frontiera

Piazza Libertà, dove il confine prende corpo

1 Luglio 2025

Nella lettera agli artisti, due dei ragazzi coinvolti nell’organizzazione hanno provato a descrivere lo spettacolo del Silos.
Consapevoli dell’estrema precarietà, partecipi della bellezza.
Bellezza che il 21 in piazza si è rivista in una giornata che ha lasciato tuttǝ soddisfattǝ e paghǝ di un’energia che si è creata spontaneamente attorno allo scambio, all’arte, ai racconti.

Concludo il racconto di questa giornata di “gioia e rivoluzione” (dal nome del gruppo organizzativo) con le parole che si leggono nella lettera agli artisti citata precedentemente:

«We’re not here to offer answers or dictate your actions. We believe artists are not inherently problem-solvers, nor should they be. We are here to share and reflect. Because before any show arrived, an art already existed here – performed daily in acts of resistance, gestures of survival, and stories shared despite the violence endured. This art wasn’t official or remembered, but it was real».

Uno spettacolo già esisteva. Uno spettacolo di resistenza, sopravvivenza, di storie intrecciate, di atti di cura e condivisione. Uno spettacolo che si tenta in continuazione di sradicare, di soffocare, di invisibilizzare. Consapevoli della necessità di lavorare su un sistema di accoglienza che sia più efficace e che non sia oggettificante, è necessario conservare la memoria di luoghi e realtà come quella del Silos, lottando per il diritto delle persone di rivendicare uno spazio, un luogo da abitare e da vivere in quanto proprio.

Uno dei laboratori artistici-teatrali organizzati lungo la giornata.«We are here to share possibilities, meanings, myths, joy. We need to return Silos its lost Alegrìa. We hope to welcome you as guests in this construction of new worlds»
  1. Mi sono laureata in antropologia culturale ed etnologia a Bologna. Sono un’attivista e una studentessa e negli ultimi anni ho girato varie città seguendo progetti di ricerca e volontariato su diverse frontiere in supporto alle persone in movimento. Attualmente lavoro per Migreurop e recentemente sono entrata nel CD di OnBorders ↩︎