Accoglienza al collasso: tra isolamento, revoche e opacità istituzionale
Il report di Action Aid pubblicato a marzo 2025 1 ci racconta i differenti
aspetti che il sistema d’accoglienza ha vissuto nell’ultimo anno, disegnando una
cornice sistemica e chiara della cognizione corrente che tutto l’apparato
presenta.
Formato da circa 50 pagine, il rapporto tocca diversi argomenti cruciali, dalle
gare d’appalto alle condizioni che si vivono dentro i centri d’accoglienza alle
politiche migratorie che i nostri governi implementano sulle differenti
questioni.
L’INVOLUZIONE DEL SISTEMA D’ACCOGLIENZA
Il decreto-legge 20/2023, notoriamente conosciuto come decreto Cutro, ha
profondamente cambiato il modello di accoglienza, riducendo i servizi di
supporto come assistenza legale, psicologica e corsi di lingua. Questo ha
comportato un aumento delle spese per affitti e logistica, ma ha anche
deteriorato le condizioni di vita nei centri.
Oggi, le risorse sono concentrate sulla gestione degli spazi piuttosto che
sull’integrazione delle persone ospitate. I centri sono diventati più grandi,
sovraffollati e isolati, limitando le opportunità di inclusione e lavoro.
Strettamente interconnesso al decreto Cutro troviamo il capitolato 2024 voluto
dal governo Meloni, firmato dal ministro dall’interno Piantedosi. Il capitolato
ha il compito di indicare i servizi previsti per ciascuna tipologia di centro e
i costi associati.
Tra le varie criticità che il rapporto sottolinea, quelle principali sono:
* Non c’è monitoraggio né valutazione: l’ultima relazione annuale del Viminale
sull’accoglienza riguarda il funzionamento del sistema nel 2021
* Oltre la retorica sui “35 euro”, il nuovo capitolato aumenta i costi
complessivi. A crescere però sono soprattutto i costi per il funzionamento
delle strutture (affitto, trasporti, cibo). Ridotte drasticamente le spese
per i professionisti e i relativi servizi alla persona
* Vengono azzerati i servizi di informazione e orientamento legale,
orientamento al
territorio, assistenza psicologica e corsi di lingua italiana
* Nel 2023 nascono i “centri temporanei”, che forniscono solo vitto, alloggio e
assistenza sanitaria minima. Non sono previsti servizi sociali. Inoltre l’
accesso alle informazioni circa questi tipi di centri risulta molto scarno
LA GEOGRAFIA DELL’ACCOGLIENZA
Secondo i dati forniti dal ministero dell’interno, a dicembre 2023 il sistema di
accoglienza poteva ospitare poco più di 143mila persone, di cui 97.718 nei
Centri di accoglienza straordinaria (Cas), 5.010 nei centri di prima accoglienza
(3,5% – Cpa e Hotspot) e 40.311 nel Sistema di accoglienza e integrazione (Sai).
Dati alla mano, l’obiettivo di garantire un’accoglienza diffusa in piccole
strutture, con un impatto limitato sulle comunità ospitanti e una maggiore
capacità di integrazione degli ospiti, è stato gradualmente abbandonato.
Si è dato invece spazio a grandi strutture di accoglienza collettiva, con
interventi normativi che inoltre favoriscono la commistione della prima
accoglienza con il trattenimento di chi fa ingresso sul territorio italiano.
Inoltre, questo avviene in un contesto in cui nel corso dell’anno è stato fatto
un uso consistente dell’istituto che permette la revoca dell’accoglienza 2,
nonostante le molte pronunce dei tribunali 3 a tutela di persone estromesse dal
sistema e la gradualità̀ della sanzione introdotta dal decreto 20/2023.
Infatti, se nel 2022 le revoche sono state 30.500 circa e nei primi 9 mesi del
2024 poco più di 27.600, nel 2023 il dato registrato è quasi doppio, circa
50.900 revoche. Si tratta di una disposizione la cui attuazione è stata spesso
considerata discriminatoria e in conflitto con principi costituzionali e della
carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, come stabilito ad esempio
dal Tar della Liguria.
Al 31 dicembre 2023 gli ospiti dei centri di accoglienza rappresentavano lo
0,23% della popolazione residente in Italia.
La regione in cui si registra la presenza più elevata, rispetto alla popolazione
residente, è il Molise (0,58%), mentre la Valle d’Aosta presenta l’incidenza più
bassa (0,11%).
Analizzando la capacità del sistema però è proprio nelle regioni del sud e delle
isole che si hanno più posti disponibili (49.587 ovvero il 34,7%) e, in
particolare, nel Sai.
Infatti, se nelle altre aree del paese la quota di posti nel sistema ordinario
si attesta tra il 17,3% e il 23,2% del totale, nel mezzogiorno questo dato
arriva al 43,4%.
Non stupisce dunque se tra le prime 10 province per quota di posti nel Sai solo
una non si trova in regioni del mezzogiorno. Si tratta di Bologna che, oltre ad
avere più posti nel Sai (56,28%) che nel Cas, è anche il territorio che offre
più posti nel sistema ordinario in termini assoluti (2.137).
Al secondo posto Catania con 1.842 posti nel Sai, che rappresentano il 91,3%
dell’accoglienza sul territorio.
Ma se dal punto di vista della distribuzione di posti tra Cas e Sai sono le
regioni del mezzogiorno a rappresentare un esempio positivo, lo stesso non si
può dire quando si parla di grandi centri di accoglienza straordinaria.
La capienza media dei Cas, infatti, risulta di appena 10,7 posti nelle regioni
del nord est, salendo a 14,6 nel nord ovest e a 16,6 al centro. Nelle regioni
del mezzogiorno invece supera i 36 posti per centro.
UN SISTEMA CHE NON TUTELA. L’ACCOGLIENZA DELLE PERSONE VULNERABILI
Per quanto riguarda i minori stranieri non accompagnati (Msna) la normativa
prevede strutture governative di prima accoglienza e strutture di secondo
livello che coincidono in via prioritaria con il sistema Sai. In presenza di
arrivi consistenti e ravvicinati di Msna, i prefetti possono attivare strutture
di accoglienza temporanee esclusivamente dedicate ai minori (ovvero i Cas
minori, di cui all’articolo 19 del d.Lgs. 142/2015).
In precedenza, in caso di indisponibilità di posti nel sistema pubblico, il
minore era temporaneamente accolto dal comune in cui si trovava (fatta salva la
possibilità̀ di trasferirlo in altro comune in considerazione del suo superiore
interesse).
Adesso, con il decreto 133/2023 e la circolare del ministero dell’interno n. 94
del 17 gennaio 2024 si è stabilita l’inversione del criterio: in assenza di
posti Sai, prima di sollecitare l’ente locale, si deve verificare la possibile
collocazione in Cas minori.
Un’altra strada perseguita, specialmente per i minori che arrivano in Italia
come ultra sedicenni, è quella di inserirli in centri d’accoglienza per adulti.
Questo, sottolinea il ministero del lavoro, segnala una grave discrepanza tra il
trattamento nei centri di prima accoglienza rispetto ai Cas per adulti. Nel
primo caso è previsto per i Msna un tempo massimo di permanenza di 45 giorni,
trascorsi i quali devono essere collocati nel Sai.
Nei Cas adulti però questo tempo si triplicherebbe. Un periodo decisamente
troppo lungo anche considerando coloro che nel frattempo compiono i 18 anni, i
quali vedono cessata l’accoglienza, perdendo persino la possibilità̀ di fruire
della maggiore tutela che invece è garantita a chi, nella stessa identica
situazione, ha trovato accoglienza nel Sai.
Tutto questo avviene in un contesto in cui le presenze complessive in centri
destinati ai Msna passano da circa 2.500 nel 2018 a oltre 6.800 nel 2023. Questa
crescita è avvenuta anche grazie ad un aumento delle presenze nel Sai e questa è
certamente una buona notizia.
Al contempo però bisogna registrare nel 2023 una crescita del 177% delle
presenze in Cas per Msna rispetto all’anno precedente.
Per quanto riguarda la condizione femminile all’interno del circuito
dell’accoglienza, è solo grazie al rapporto annuale del Sai 4 che conosciamo il
totale delle donne accolte nel sistema nel corso del 2023 (13.874) e grazie alle
informazioni fornite dal Servizio Centrale a ActionAid e Openpolis abbiamo il
dato relativo alla presenza di donne nel sistema al 31 dicembre dello stesso
anno (8.683).
Da queste informazioni si evince un ricambio più lento in confronto agli uomini
(40.638 accolti nell’anno a fronte di 22.312 presenze al 31 dicembre). Le donne,
in altri termini, restano per un periodo più lungo all’interno dei progetti di
accoglienza e di accompagnamento all’autonomia. Un elemento da tenere ben
presente per una programmazione efficace.
I dati disponibili evidenziano inoltre una crescita particolarmente sostenuta
delle presenze femminili nei centri Sai. Una tale evoluzione è il risultato
degli ampliamenti della rete, prima a seguito della crisi afghana e poi di
quella ucraina, che ha portato nel paese soprattutto donne (e minori).
Inoltre, il decreto legge 133/2023 individua tutte le donne richiedenti asilo
come “vulnerabili”, di fatto convogliando la loro accoglienza nei centri del
Sai, creando le premesse per una possibile “femminilizzazione” del sistema.
Il potenziale protagonismo della rete Sai nell’accoglienza delle donne migranti
può certamente offrire loro percorsi di accoglienza di maggiore qualità̀.
Tuttavia il rischio è che a fronte di un numero insufficiente di posti nel Sai,
ritorni in campo l’accoglienza straordinaria, con i connessi problemi di doppi
standard che vedrebbero alcune migranti ricevere i servizi di accoglienza
previsti dalla legge attraverso il circuito Sai, mentre altre, con i medesimi
titoli, potrebbero restare incastrate nel circuito dei Cas, se non addirittura
in quello dell’accoglienza temporanea.
Inoltre, risulta opportuno avviare un’ampia riflessione sul concetto di
vulnerabilità̀.
Da una parte è positivo che almeno le donne trovino accoglienza nel Sai, al
contempo però affermare che tutte le donne siano “vulnerabili”, oltre a
evidenziare un approccio paternalistico, significa equiparare le loro diverse
situazioni con il rischio che i casi effettivamente più vulnerabili non siano
poi riconosciuti come tali.
CONCLUSIONI
Dal 2018, il progetto “Centri d’Italia” denuncia gravi difficoltà nell’accesso
ai dati sul sistema di accoglienza per migranti, dovute a un sistematico
ostruzionismo da parte del Ministero dell’Interno.
Nonostante sentenze favorevoli (Tar e Consiglio di Stato), mancano trasparenza e
collaborazione. Le leggi che impongono la redazione e pubblicazione del Piano
Nazionale Accoglienza e di una relazione annuale al Parlamento non vengono
rispettate.
L’ultima relazione risale al 2022 (dati del 2021).
Il Viminale spesso nega o fornisce informazioni incomplete, frammentarie o non
utilizzabili. Nemmeno le richieste ordinarie o le vittorie legali garantiscono
l’accesso ai dati. Il ministero sostiene spesso di non disporre delle
informazioni, nonostante ne abbia l’obbligo per legge.
La trasparenza è sistematicamente ostacolata, in violazione del Freedom of
Information Act (FOIA 5) e delle linee guida ANAC.
Le richieste di accesso non vengono né accolte né riformulate, contravvenendo ai
doveri di legge verso la società civile, le ONG e la stampa.
Il sistema di accoglienza soffre di mancanza di visione, pianificazione e
valutazione. A questo si aggiungono nuove normative (DL 145/2024) che
introducono automatismi per l’accesso ai servizi, discriminando chi arriva via
terra e penalizzando chi non presenta tempestivamente domanda d’asilo, anche se
vulnerabile. Queste misure appaiono in contrasto con le direttive europee e
rischiano di escludere le persone più fragili.
In generale, il quadro complessivo evidenzia un approccio repressivo, privo di
analisi e programmazione, che mina il funzionamento del sistema di accoglienza e
la tutela dei diritti fondamentali.
1. Scarica il rapporto ↩︎
2. Si veda: La revoca dell’accoglienza dei richiedenti asilo. Scheda ASGI –
Ottobre 2024 ↩︎
3. Contrastare le prassi illegittime di Questura e Prefettura: giurisprudenza e
formazioni, Asgi ↩︎
4. Consulta il rapporto ↩︎
5. Cos’è il FOIA ↩︎