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Sgomberi e morte di persone migranti: uno scandalo che non scandalizza
I fatti del 3 dicembre 2025 (ennesimo sgombero dei magazzini di Porto vecchio che stavolta ha interessato 150 persone migranti/transitanti e richiedenti asilo, e morte di Hichem Billal Magoura, cittadino algerino di 32 anni) mettono la città dinanzi a un nodo tragico. Lo sgombero è stata l’ulteriore dimostrazione di come, confrontate a problemi strutturali, le istituzioni reagiscono rispondendo ad altri criteri, e cioè a urgenze mediatiche di bassissimo profilo, da loro stesse create ad arte. Senza umanità, senza visione politica. Nel pomeriggio, poi, è stato trovato il corpo senza vita di un giovane algerino, Hichem Billal Magoura, in uno dei locali di Porto vecchio. Questa morte, per freddo e per le situazione spaventosa in cui le persone migranti vivono, segue quella di due pakistani in un caseggiato abbandonato tra i campi di Beivars (vicino a Udine) e quella di un richiedente asilo afghano (a Pordenone), tutti e tre uccisi dalle esalazioni di monossido di carbonio mentre tentavano di proteggersi dal gelo di questo già terribile autunno. Sono vittime annunciate di sciagurate politiche di accoglienza e di campagne xenofobe. Se la città e le sue istituzioni volessero ritrovare dignità, dovrebbero da subito attuare politiche diverse, sulla base del rispetto dei più elementari diritti dell’essere umano, calpestati con accanimento anche nella nostra città e nella nostra Regione. Gianluca Paciucci PRC – Trieste Rifondazione Comunista - Sinistra Europea
Ennesima operazione di sgombero in alcuni magazzini del Porto Vecchio di Trieste
Nella prima mattinata del 3 dicembre a Trieste è stato eseguito un nuovo sgombero nei magazzini del Porto Vecchio. Circa 150 persone migranti e richiedenti asilo, che da settimane dormivano in ripari di fortuna dopo essere state abbandonate in strada, sono state messe in fila, identificate e trasferite. La nuova operazione di sgombero e chiusura dei magazzini 2 e 2A del Porto Vecchio è stata disposta dal Comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico dopo gli incendi delle scorse settimane. Notizie INCENDI AL PORTO VECCHIO DI TRIESTE, SOSPETTI SU AZIONI DOLOSE Associazioni, volontarә e attivistә solidali chiedono indagini approfondite Redazione 18 Novembre 2025 La misura, denunciata da ICS – Consorzio Italiano di Solidarietà, conferma l’assenza di una strategia seria e strutturale da parte delle istituzioni: «domani, le persone che arriveranno in città, si troveranno nella medesima condizione di chi è stato allontanato oggi. Semplicemente, il problema viene spostato, non affrontato». Lo sgombero è avvenuto senza alcun coinvolgimento delle organizzazioni che in città si occupano quotidianamente di accoglienza e supporto, né dell’UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati). Per ICS questa esclusione rivela la cifra politica della gestione locale della mobilità migratoria: una gestione dettata da logiche securitarie ed emergenziali, spesso funzionali più a esigenze mediatiche che alla tutela dei diritti delle persone vulnerabili. Si produce così, ancora una volta, un’emergenza artificiale che si ripresenterà nei prossimi mesi, aggravando la responsabilità politica di chi governa. Ma ciò che l’organizzazione sottolinea come più grave è l’esclusione arbitraria di almeno quaranta persone che non si trovavano nei magazzini al momento dell’intervento e che non sono state trasferite né informate. Il fatto che nessuna istituzione abbia tentato di raggiungerle, proprio perché le realtà del territorio non sono state coinvolte, avrà conseguenze dirette e drammatiche sulla vita di persone già estremamente vulnerabili. Notizie TRIESTE, TRASFERITE LE PERSONE MIGRANTI DAL PORTO VECCHIO Critiche dalle associazioni: «Un’operazione tardiva e inefficace» Redazione 7 Ottobre 2025 A denunciare la situazione interviene anche Linea d’Ombra. “All’improvviso, come da copione, brusco trasferimento di migranti dagli unici ripari che hanno: i miserabili anfratti di Porto Vecchio, dove pur riescono a sopravvivere con la nostra solidarietà. Ma non solo trasferimenti – scrive l’associazione – a quanto pare anche espulsioni, talora con motivazioni grottesche. A molti altri è stato semplicemente intimato di andarsene dal Porto Vecchio”. Linea d’Ombra sottolinea come dopo mesi di accoglienza “scarsa e irregolare”, lo sgombero arrivi accompagnato dagli “echi soddisfatti dei politicanti che lucrano sulla paura e sulla sofferenza”. Nel pomeriggio nella stessa area interessata dal dispiegamento improvviso e massiccio degli apparati istituzionali è stato ritrovato il corpo senza vita di un uomo algerino di 32 anni 1. Un epilogo che mostra, una volta di più, l’assenza totale di cura e tutela per quelle vite che le istituzioni continuano a trattare come un problema da rimuovere agli occhi della città. Quello che accade a Porto Vecchio non è un evento straordinario: è il prodotto di una scelta politica. E come tale, può – e deve – essere cambiato. 1. Un migrante algerino trovato senza vita all’ex Locanda 116, RaiNews (3 dicembre 2025) ↩︎
Sgombero in Porto Vecchio: almeno 40 persone escluse, nessun coinvolgimento delle organizzazioni umanitarie
Questa mattina è stata eseguita l’ennesima operazione di sgombero in alcuni magazzini del Porto Vecchio di Trieste: circa 150 persone migranti e richiedenti asilo – molte delle quali abbandonate in strada da settimane, e che in quei magazzini avevano trovato un riparo di fortuna – sono state messe in fila, identificate e trasferite. È evidente che si tratta di una misura-spot, priva di una strategia strutturale: lo sgombero non risolve affatto il problema poiché, come abbiamo già denunciato molte volte in passato, le persone richiedenti asilo e in transito che da domani arriveranno in città si troveranno nella medesima situazione. Il trasferimento è avvenuto senza alcun coinvolgimento delle organizzazioni che sul territorio si occupano di accoglienza e supporto, né dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr): un’esclusione che conferma come la gestione della crisi migratoria a Trieste segua logiche emergenziali, securitarie e dettate da urgenze mediatiche. Logiche che, ancora una volta, nulla hanno a che vedere con la salvaguardia dei diritti delle persone più vulnerabili. Il problema, creato artificialmente dalle istituzioni, non viene quindi risolto e si ripresenterà nei prossimi mesi, con una responsabilità politica sempre più pesante. Ma l’aspetto più grave è l’esclusione arbitraria di decine di persone – almeno quaranta, secondo le nostre stime – lasciate fuori dall’operazione solo perché, nel momento del trasferimento, non si trovavano nei magazzini interessati. Nessuno le aveva informate dell’intervento, nessuna istituzione ha tentato di raggiungerle: una conseguenza diretta del mancato coinvolgimento di chi lavora sul territorio e che avrà pesanti conseguenze sulla vita delle persone più vulnerabili. ICS – Consorzio Italiano di Solidarietà Redazione Friuli Venezia Giulia
Il porto di Trieste non sia al servizio della guerra e del genocidio!
Presidio alle 17 del 4 dicembre davanti all’Hotel Savoia Excelsior – Riva del Mandracchio L’Indo-Mediterranean Business Forum, convocato per il 4 dicembre a Trieste presso l’hotel Savoia-Excelsion e il 5 alla sala congressi del porto vecchio, è l’ennesimo convegno di politici, imprenditori e diplomatici – tra cui figura l’ex ambasciatore di Israele in India, Naor Gilon – per discutere del passaggio del corridoio IMEC dal porto di Trieste. Un progetto che vuole trasformare la nostra città in un porto al servizio degli interessi della NATO e di Israele, inserendola in questo modo nella filiera della guerra globale. La guerra passa per casa nostra In un momento storico segnato da guerre, instabilità e tensioni globali, Trieste dovrebbe rifiutare qualunque scelta capace di inserirla ulteriormente nel conflitto globale in via di espansione. Ci riferiamo al corridoio IMEC (Indo-Mediterranean Economic Corridor), un collegamento potenziato tra il porto di Trieste e quello di Haifa, nella Palestina occupata – un hub attraverso cui transitano anche armamenti destinati a sostenere un’occupazione che continua a provocare vittime e distruzione. La scelta italiana di partecipare a questo progetto non può essere mascherata come semplice sviluppo logistico o opportunità economica. Ci opponiamo a questo ennesimo passo verso  l’integrazione del porto di Trieste nella filiera della guerra. Trieste sia neutrale e smilitarizzata Trieste e il suo territorio sono, per il diritto internazionale, un’area neutrale e demilitarizzata. Questo status, sancito dal Trattato di Pace del 1947, è stato a lungo violato. La svolta che si vuole imprimere oggi rappresenta un ulteriore salto di qualità in questo tipo di violazione. L’esistenza di questa norma internazionale è uno strumento a cui i cittadini di Trieste possono e devono appellarsi per impedire che la città venga trasformata in un centro per la logistica di guerra. Le istituzioni sono complici di genocidio Dal governo Meloni alla giunta Fedriga, dai padroni del porto al Partito Democratico, tutti celebrano l’Imec come una grande opportunità economica. Costoro non sono che spregiudicati affaristi, intenzionati a trarre profitto dalle sofferenze del popolo palestinese, nonché degli ipocriti servi del sionismo e dell’imperialismo statunitense. In larga parte sono gli stessi soggetti che hanno osteggiato la Via della Seta cinese, a conferma che le “opportunità economiche” valgono solo quando sono collocate politicamente nel campo occidentale. Rileviamo come, inevitabilmente, la militarizzazione del porto gli toglierà peso, influenza e ruolo sul piano economico e commerciale. Fuori la guerra dal porto di Trieste! Difendiamo Trieste da chi la governa e dai processi che la spingono verso la guerra. Costruiamo una città che sia un luogo di pace e giustizia reale, per noi e per tutti i popoli. No all’Indo-Mediterranean Business Forum! Fermiamo i piani di NATO e Israele nel porto di Trieste! Assemblea cittadina per la Palestina e contro la guerra Redazione Friuli Venezia Giulia
“Capire le migrazioni internazionali”: parte la terza edizione
Si è svolta stamattina presso la Sala Paolo Alessi del Circolo della stampa di Trieste, con la presenza di Gianfranco Schiavone (presidente ICS) e della giornalista Fabiana Martini, la conferenza stampa di presentazione della terza edizione del ciclo formativo “Capire le migrazioni internazionali”. Il percorso anche quest’anno offrirà a operatori sociali, professionisti dell’informazione, realtà del mondo giuridico e cittadini un’occasione di approfondimento su temi di grande attualità legati ai movimenti migratori e alla protezione dei rifugiati. L’iniziativa prende avvio dal contesto triestino, punto di osservazione privilegiato lungo la rotta balcanica, e amplia lo sguardo alle dinamiche europee e internazionali. Il primo appuntamento, “Spostare altrove. Dal protocollo Italia-Albania all’esternalizzazione delle politiche migratorie in Europa”, analizzerà le proposte orientate a trasferire al di fuori dell’Unione Europea le procedure d’asilo e le fasi di detenzione pre-rimpatrio. Un tema riacceso dall’intesa Italia-Albania, che ha sollevato perplessità da parte di giuristi e organizzazioni internazionali. Interverranno Francesco Ferri (Action Aid) e Gianfranco Schiavone (ICS). Il secondo incontro, “Trieste e i migranti e rifugiati”, si concentrerà sulle esperienze locali: dall’accoglienza diffusa, riconosciuta a livello nazionale, alle criticità che caratterizzano gli arrivi lungo la rotta balcanica. Partecipano Roberta Altin (Università di Trieste) e le operatrici Maddalena Avon e Marta Pacor. Il terzo appuntamento, “La linea del confine: il ritorno dei muri e dei confini in Europa”, approfondirà l’uso sempre più diffuso di barriere fisiche e tecnologiche alle frontiere europee e le conseguenze di queste politiche sulla sicurezza, sull’economia e sui diritti umani. Interverranno Fabio Chiusi, giornalista e autore del libro La fortezza automatica, e Caterina Bove, avvocata ASGI. Il quarto incontro, “Pluralità, convivenza e governance”, affronterà i temi legati alla diversità culturale, religiosa e identitaria. Il sociologo Stefano Allievi analizzerà gli strumenti necessari per governare questa complessità in modo informato e lungimirante. Il quinto appuntamento, “Accogliere o isolare e rinchiudere?”, proporrà una riflessione sul confine sottile che separa le politiche di accoglienza da quelle di segregazione nelle istituzioni totali. Interverranno Michele Rossi (CIAC Parma) e Peppe Dell’Acqua (Forum Salute Mentale), con un richiamo alla storia triestina del superamento dei manicomi e al simbolico viaggio di Marco Cavallo nei CPR italiani. Il sesto e ultimo incontro, previsto a giugno in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato, ospiterà la presentazione del Rapporto Migrantes sul diritto d’asilo 2025. Saranno presenti Cristina Molfetta, coordinatrice del rapporto, e Alejandro Olayo Mendez (Boston College). L’edizione di quest’anno include un focus sull’evoluzione delle politiche migratorie statunitensi e sui loro riflessi internazionali. Il ciclo formativo è promosso da ICS, ASGI, Articolo 21 e Fondazione Luchetta, in collaborazione con il Sistema Accoglienza Integrazione (SAI) di Trieste, l’Ordine dei Giornalisti del Friuli Venezia Giulia, Assostampa FVG e il Circolo della Stampa di Trieste. Gli incontri si svolgono in presenza dalle ore 17 alle ore 19 presso la Sala Alessi del Circolo della Stampa (Corso Italia 13, Trieste). L’ingresso è libero fino a esaurimento posti. È possibile iscriversi per seguire le lezioni da remoto seguendo il seguente link: https://cryptpad.fr/form/#/2/form/view/pghVv7a9QdrMRn8wWY1Xo6+wyfqTq-0bYiOU72jZI0c/ (in tal modo si riceverà il link per seguire le formazioni sulla piattaforma zoom) Non è previsto il rilascio di attestati per la partecipazione al corso. Per informazioni e domande inviare una mail a: capirelemigrazioni@virgilio.it Redazione Friuli Venezia Giulia
Presentato il libro bianco Burlo e Cattinara verso il 2030 e oltre – Un progetto sbagliato
Il libro bianco Burlo e Cattinara verso il 2030 e oltre – Un progetto sbagliato, a cura di Walter Zalukar, Marino Andolina, Laura Stabile, Paolo Radivo e Gianluca Paciucci, è stato presentato il 25 novembre durante una conferenza stampa nel palazzo del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia a Trieste. All’incontro hanno preso la parola Walter Zalukar, Marino Andolina, Paolo Radivo, i consiglieri regionali Francesco Russo e Furio Honsell, nonché Alberto Russignan. Scopo di questo libro bianco è sensibilizzare le persone e la politica al fine di rivedere un progetto datato vent’anni, concepito in era pre-pandemica e con criteri ormai obsoleti. Continuare con questo progetto andrebbe a detrimento sia dell’ospedale per adulti sia di quello pediatrico e condannerebbe Trieste ad avvalersi di un ospedale non al passo con i tempi per i prossimi decenni. Marino Andolina ha evidenziato  che il progetto dello spostamento del Burlo a Cattinara è sbagliato e inficerà il suo ruolo di riferimento regionale e nazionale. Degenze e servizi dedicati ai bambini verranno distribuiti anche al di fuori dell’edificio principale, creando un’innaturale commistione di adulti e bambini, con disagio per i bambini e pericolo virologico per gli anziani più fragili. Nel progetto non risultano adeguati spazi per le stanze dedicate al trapianto di midollo, quindi il primo centro trapianti pediatrico d’Italia verrà chiuso e presumibilmente trasferito a Udine. Walter Zalukar ha parlato della convivenza tra cantieri e ospedale, ovvero nove anni di rischi e disagi intollerabili. La convivenza tra ospedali e cantieri di lavoro è sempre stata molto difficile ma a Cattinara ancora di più per il sovrapporsi di altre criticità. All’apertura dei cantieri nel 2017 era già iniziato il ridimensionamento degli ospedali triestini con la chiusura di reparti e taglio di posti letto. La riforma sanitaria aveva previsto per Trieste il sacrificio di 156 posti letto, da 764 a 608 cioè un calo di oltre il 20%. Nel 2018 furono eseguite le demolizioni interne dei piani dall’11 al 15 della torre medica. Nel 2020 il Covid trovò l’ospedale impreparato: pochi i posti letto rimasti e quasi tutti in stanze a due e a quattro letti, il che rendeva impossibile il contenimento del virus. Nel 2025 quattro piani rimangono inagibili. Laura Stabile ha esposto l’idea dell’ospedale del futuro con stanze tutte singole e immerso nel verde. Dieci anni fa Umberto Veronesi affermava l’esigenza di avere “ospedali che possano garantire una camera singola ad ogni malato e la possibilità di ricevere i propri cari durante tutto l’arco della giornata. Anche questa è etica. Anche questo serve a guarire. Costa ma serve”. Non si tratta però “solo” di una questione di rispetto di privacy e dignità. E’ in gioco il controllo delle infezioni: l’Italia ha il primato in Europa per le morti da infezioni da germi resistenti agli antibiotici, 11.000 morti all’anno in Italia nel periodo pre-Covid a fronte di 33.000 in tutta Europa. L’ECDC (EuropeanCentre for DiseasePreventionand Control) nelle statistiche sui fattori di rischio per le infezioni ospedaliere effettua il monitoraggio delle percentuali di letti in stanza singola negli ospedali dei diversi Paesi e purtroppo l’Italia non brilla. L’OMS considera l’edilizia ospedaliera un cardine della preparazione a future possibili pandemie. Nella pubblicazione 2023 “Hospitals of the future -A technical brief on re-thinking the architecture of hospitals” suggerisce quale migliore soluzione le stanze singole da impiegare in modo flessibile, per esempio utilizzando il secondo letto (quello dell’accompagnatore) in caso di maxiemergenze. Durante la pandemia un’importante fonte di diffusione dei contagi sono stati proprio gli ospedali e, per un’infezione respiratoria, non dare importanza al fatto che i degenti siano costretti a respirare la stessa aria ventiquattr’ore al giorno vuol dire proprio non vedere gli elefanti nella stanza. Paolo Radivo ha spiegato perchè il trasloco del Burlo a Cattinara è un devastante effetto domino ambientale. I lavori all’ospedale di Cattinara una volta finiti avranno causato l’abbattimento di almeno 554 alberi e 94 arbusti, più quelli rimossi per ampliare il depuratore fognario. La strada da Altura al polo cardiologico cancellerà poi altri 185 alberi e parecchi arbusti. Spariranno così (e in buona parte sono già sparite) piante capaci di produrre ossigeno, catturare sostanze inquinanti, smorzare il vento, mitigare il freddo d’inverno, offrire ombra e fresco d’estate, attenuare i rumori, smaltire l’acqua piovana, rassodare il terreno, migliorare la salute umana, abbellire il paesaggio, offrire un’aula verde alle vicine scuole, proteggere dall’elettrosmog, dare riparo a vari animali. In compenso avremo più cemento, asfalto, traffico, emissioni nocive e rumore. Finora delle compensazioni vegetali promesse non si è vista traccia. Una volta trasferito il Burlo, ci attendono disastri ambientali anche in via dell’Istria? Redazione Friuli Venezia Giulia
Incontro sull’avanzata delle estreme destre in Europa
Sabato 29 alle 18.00 presso la Casa del popolo “A.Gramsci” Via Ponziana 14 – Trieste (1° piano): incontro “L’avanzata dell’estrema destra in Europa e nel mondo. Opporci al neofascismo e difendere la Costituzione”. Organizzano Rifondazione Comunista e i/le Giovani Comunisti/e. Partecipano Gianluca Paciucci (segretario PRC-Trieste), Marco Canciani (responsabile antifascismo GC), Alessandra Kersevan e Piero Purich (storici e saggisti), Paolo Bertolozzi (segretario nazionale GC) e Rita Scapinelli (responsabile antifascismo PRC). Gianluca Paciucci PRC-Trieste Rifondazione Comunista - Sinistra Europea
Porte vecchio e migranti: dichiarazioni inacettabili del sindaco e dell’attuale amministrazione
Il Partito della Rifondazione Comunista (Trieste) ritiene che quanto minacciato dall’attuale amministrazione comunale in merito alla situazione migranti e al Porto vecchio sia da condannare. Dopo anni di proclami sprezzanti e di aperta ostilità, essi annunciano che verranno messi cartelli in Porto vecchio per impedire l’accesso a chi lì cerca un rifugio (in un autunno già freddissimo e a ridosso dell’inverno…) e che inoltre sono allo studio provvedimenti per chi vi sarà sorpreso in comportamenti contrari al pubblico decoro. I responsabili di questi comportamenti potrebbero essere soggetti a multe, ad allontanamenti di 48 ore che potranno essere estesi a un intero anno, fino a incorrere in provvedimenti penali (in caso di recidività). I “comportamenti contrari al decoro” sarebbero cercare un riparo per la notte (questa amministrazione comunale non ha messo a disposizione nemmeno un letto per i “transitanti”), espletare i bisogni fisici (questa amministrazione comunale non ha provvisto gli spazi frequentati dalle persone migranti nemmeno un bagno pubblico), e poi ubriachezza molesta e accattonaggio. Sono provvedimenti ottocenteschi contro i poveri, segno di chiusure ideologiche. Il capitale vuole che arrivino “braccia” (per lavorare nella ristorazione o nei cantieri…), e invece continuano a giungere “persone”, corpi, intelligenze. Rifondazione Comunista sa che tutto questo inciderà drammaticamente sulla vita quotidiana di persone già in forte sofferenza. La città, secondo qualcuno/a, sarebbe minacciata da un’invasione – che non c’è. Ma se invece ci fosse un’accoglienza decente e il rispetto dei diritti umani elementari, non migliorerebbe anche la situazione complessiva del vivere nella nostra città? E non migliorerebbe persino la “sicurezza” di cittadine e cittadini, e quella delle persone migranti, non migliorerebbe anche il “decoro”? E invece le vie che sindaco e amministrazione praticano sono la distruzione di spazi (sala Tripcovich, tra i tanti), l’apertura di parcheggi a sostegno del consumismo natalizio (quando in molte città si scoraggia l’uso dei mezzi privati), lo spreco di denaro pubblico per le luminarie, la vendita di enormi aree ai privati per farne ulteriori luoghi della circolazione di merci e denaro, e la repressione (DASPO urbano, etc.), infine. Essi inoltre lasciano nel più completo abbandono luoghi ancora in buone condizioni (pensiamo all’ex mercato coperto di via Gioia). Ci sembra che arretratezza politica e durezza di cuore si uniscano in tutte le affermazioni di membri eminenti dell’attuale amministrazione. Chiamiamo ad azioni politiche tutte le forze e i movimenti progressisti per fermare queste ripetute pratiche di non accoglienza e respingimento di chi cerca soluzioni alla propria difficile vita. Gianluca Paciucci PRC-Trieste   Rifondazione Comunista - Sinistra Europea
Incendi al Porto Vecchio di Trieste, sospetti su azioni dolose
Trieste – Almeno cinque incendi in una settimana nei magazzini dismessi del Porto Vecchio di Trieste, dove decine di persone migranti trovano riparo. La zona è infatti nota per essere uno dei luoghi dove le persone sono costrette a vivere molti mesi prima di riuscire a fare richiesta di asilo e accedere al sistema di accoglienza. Notizie TRIESTE, TRASFERITE LE PERSONE MIGRANTI DAL PORTO VECCHIO Critiche dalle associazioni: «Un’operazione tardiva e inefficace» Redazione 7 Ottobre 2025 Le prime ricostruzioni della stampa locale hanno parlato di fuochi accesi per scaldarsi, lasciando intendere che la colpa fosse degli “abitanti”, ma le testimonianze raccolte da volontarә e attivistә solidali nell’area portuale raccontano una storia diversa, che punta verso possibili azioni dolose. Gli episodi più recenti risalgono al 10 e al 13 novembre, ma chi vive stabilmente negli edifici segnala altri tre casi: roghi appiccati sotto la pensilina del varco automobilistico, davanti agli ingressi del piano terra e al quarto piano del magazzino, dove sono bruciati indumenti, sacchi a pelo e scarpe di alcune persone che vi dormivano. Un ultimo tentativo sarebbe stato sventato sul retro del magazzino 2A da due cittadini afghani, che riferiscono di aver messo in fuga due individui mentre tentavano di incendiare materiale da costruzione. Nella notte tra il 15 e il 16 novembre si sono verificati altri tre tentativi, alle 20:00, all’1:00 e alle 3:00. Secondo quanto riportato da chi dorme nell’edificio, in queste occasioni sono state allontanate persone estranee che si aggiravano nei magazzini fino all’ultimo piano, cercando di appiccare fuochi in stanze vuote. Tutto ciò è stato ricostruito da volontarә e attivistә solidali insieme alle associazioni ICS – Ufficio Rifugiati Onlus, Linea d’Ombra Odv e No Name Kitchen che denunciano come gli elementi raccolti, perciò, mettono in discussione l’ipotesi dell’incidente. «In almeno due occasioni il fuoco è stato acceso al piano terra dei magazzini, in luoghi dove le persone migranti non dormono», spiegano in un comunicato congiunto. Inoltre, «le temperature attuali sono ancora miti e non richiedono l’accensione di fuochi per scaldarsi». Un dato significativo riguarda la frequenza degli episodi: «Lo scorso inverno si è verificato un solo incendio nei magazzini, mentre ora gli episodi registrati sono cinque in una sola settimana». A questo si aggiungono le testimonianze raccolte, «che raccontano di alcune presenze sospette nelle ore in cui sono divampati gli incendi». I vigili del fuoco sono intervenuti due volte, accompagnati dai carabinieri, ma non sono state raccolte dichiarazioni da chi vive nelle strutture. Nel frattempo, le persone che dormono nei magazzini hanno organizzato turni di sorveglianza notturna, affiancate da cittadini solidali che presidiano l’area per prevenire nuovi roghi. Nella nota stampa, si chiede di «accertare con urgenza se si tratti di incendi dolosi e, in tal caso, se possano essere prefigurati i reati di danneggiamento, incendio doloso nonché tentate lesioni o tentato omicidio». Il documento sottolinea che «la gravità dell’incendio ha – in almeno un caso – messo in pericolo l’incolumità e la vita delle persone che trovavano rifugio all’interno dei magazzini». Secondo associazioni, volontarә e attivistә, «appare infatti plausibile l’azione di individui che mirano a fomentare allarme sociale, alimentando narrazioni che criminalizzano le persone migranti». La richiesta è quella di un’indagine accurata che faccia chiarezza sulle dinamiche e sulle responsabilità degli episodi, in un contesto in cui le persone migranti sono «costrette a dormire nei magazzini del Porto Vecchio» a causa di quelle che vengono definite «inadempienze istituzionali».
Incendi in Porto Vecchio, circostanze sospette: cittadin* e associazioni chiedono un’indagine accurata
Trieste, 17 novembre – Nell’ultima settimana si sono verificati diversi incendi all’interno dell’area di Porto Vecchio. Alcune testate locali hanno attribuito l’origine dei roghi a fuochi “di fortuna” accesi da persone migranti per riscaldarsi. Le informazioni raccolte sul posto e le testimonianze di chi vive negli edifici indicano, però, una dinamica differente: come appare dalle evidenze raccolte finora, diversi episodi presentano caratteristiche compatibili con l’ipotesi di incendi dolosi, appiccati con l’intento di danneggiare chi, a causa delle inadempienze istituzionali, è costretto a dormire nei magazzini dismessi dell’area portuale. Gli incendi riportati dalla stampa risalgono al 10 e al 13 novembre. Ma chi abita nell’edificio segnala almeno cinque episodi nell’arco dell’ultima settimana: uno sotto la pensilina del varco automobilistico; due davanti agli ingressi al piano terra, in punti non utilizzati da chi vive stabilmente nell’edificio; uno al quarto piano, in una stanza dove trovavano riparo alcune persone (qui sono bruciati indumenti, sacchi a pelo e scarpe, senza alcuna traccia di un fuoco improvvisato per cucinare o scaldarsi); un ultimo episodio sul retro del magazzino 2A, dove qualcuno avrebbe tentato di incendiare materiale da costruzione, in particolare tubi in plastica corrugata. Quest’ultimo tentativo è stato bloccato da due persone afghane, che raccontano di aver messo in fuga due individui le cui intenzioni non parevano né la solidarietà, né la ricerca di un riparo. Nella sola notte tra 15 e 16 novembre sono stati segnalati altri tre tentativi di incendio, avvenuti intorno alle 20:00, all’1:00 e alle 3:00 del mattino. Chi dorme stabilmente nell’edificio riferisce di aver allontanato anche in questa occasione persone estranee che, aggirandosi nei magazzini, erano arrivate fino all’ultimo piano e cercando di appiccare fuochi all’interno di stanze vuote. Diversi elementi rendono fragile la ricostruzione del “fuoco accidentale”: in almeno due occasioni il fuoco è stato acceso al piano terra dei magazzini, in luoghi dove le persone migranti non dormono; le temperature attuali sono ancora miti e non richiedono l’accensione di fuochi per scaldarsi; lo scorso inverno si è verificato un solo incendio nei magazzini, mentre ora gli episodi registrati sono cinque in una sola settimana. A questo si aggiungono le testimonianze raccolte, che raccontano di alcune presenze sospette nelle ore in cui sono divampati gli incendi. I vigili del fuoco sono intervenuti due volte insieme a personale dell’Arma, senza che venissero raccolte dichiarazioni da chi vive nelle strutture coinvolte. Nel frattempo le persone costrette a dormire nei magazzini del Porto Vecchio hanno iniziato turni di sorveglianza notturna, affiancate da cittadine e cittadini solidali, che si sono organizzati per mantenere una presenza attiva nella zona al fine di scoraggiare altri possibili incendi dolosi. Alla luce della natura ripetuta e delle modalità degli episodi, le associazioni firmatarie ritengono necessario accertare con urgenza se si tratti di incendi dolosi e, in tal caso, se possano essere prefigurati i reati di danneggiamento, incendio doloso nonché tentate lesioni o tentato omicidio, dal momento che la gravità dell’incendio ha – in almeno un caso – messo in pericolo l’incolumità e la vita delle persone che trovavano rifugio all’interno dei magazzini. Appare infatti plausibile l’azione di individui che mirano a fomentare allarme sociale, alimentando narrazioni che criminalizzano le persone migranti. Volontariɜ e attivistɜ solidali Linea d’Ombra Odv ICS – Ufficio Rifugiati Onlus No Name Kitchen Redazione Friuli Venezia Giulia