
Riconvertire l’industria a fini militari per superare la crisi sistemica
Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università - Friday, August 1, 2025Anche se si parla, troppo poco, della Finanziaria di Guerra, la riconversione dell’industria civile a scopo militare è già una realtà
Quando si parla di economia di guerra dovremmo fare riferimento allo spacchettamento di aziende e alla loro riconversione (in toto o in parte) a produzioni militari
Merita attenzione quanto sta avvenendo attorno a Iveco Group NV, ce ne hanno parlato in anteprima Bloomberger e Scenari Economici dando notizia dell’imminente cessione delle unità di difesa a Leonardo SpA, mentre la divisione specializzata nella produzione di veicoli commerciali è destinata alla multinazionale indiana Tata Motors Ltd.
E l’arrivo di Leonardo è conseguenza del vivo interesse manifestato dalla multinazionale spagnola Indra, una delle aziende leader nel settore militari europeo e capace di raggiungere risultati straordinari in borsa.
Qual è il valore economico della cessione di Iveco?
La cessione di Iveco Defence a Leonardo spa è avvenuta per 1,7 miliardi, quella di Iveco group (senza la sezione difesa) a Tata Motors per 3,8 miliardi. Iveco in Italia ha circa 14.000 dipendenti dei 36 mila totali, conta su alcuni stabilimenti dislocati in varie parti del paese, da Torino (sede principale) a Brescia, da Suzzara (Mantova) a Foggia senza dimenticare Bolzano.
Oltre 1000 dipendenti lavorano per Defence. La sede principale rimarrà a Torino, Tata ha dichiarato che non ci saranno esuberi, delocalizzazioni o chiusure di fabbriche, evidentemente questa operazione è il trampolino di lancio per l’ingresso dell’India nei mercati europei attraverso l’acquisizione, dopo la Guzzi, di un marchio rinomato.
La crisi di Iveco si risolve con uno spezzatino aziendale e l’intervento diretto del Governo italiano per conservare la produzione in campo militare nel nostro paese rafforzando il polo produttivo nazionale, si parla in termini tecnici di mantenere un asset strategico sotto il controllo nazionale. Stando a Scenari Economici, l’ offerta vincente è stata quella arrivata dalla joint venture con la tedesca Rheinmetall AG per 1,6 miliardi di euro, debito incluso.
Eppure anche la multinazionale spagnola si presentava con ottime credenziali soprattutto per avere attuato la riconversione di alcuni stabilimenti civili in militari come il sito produttivo di Duro Felguera a Gijón (Asturie) dove produrranno veicoli militari e carri armati d’Europa.
Indra rappresentava un competitor pericoloso essendo tra le aziende leader nello sviluppo di sistemi elettronici che digitalizzano e forniscono informazioni ai veicoli corazzati e carri armati di ultima generazione, l’arrivo in Iveco di Leonardo ha evitato che sul territorio nazionale, dopo i turchi, arrivassero anche gli spagnoli. Sullo sfondo di queste acquisizioni lo scontro intestino tra paesi e multinazionali del vecchio paese per accaparrarsi le aree più ambite della produzione di armi e del mercato.
E’ormai risaputo che la holding degli Agnelli, proprietaria dell’Iveco, abbia da tempo svincolato le proprie strategie dal settore automobilistico a favore di altre aree di investimento.
E la sola preoccupazione del Governo italiano era quella di conservare la produzione italiana in campo militare nel nostro paese.
Urgeva quindi scongiurare quanto già accaduto con Piaggio Aerospace, azienda produttrice di sistemi ampiamente utilizzati dalle Forze armate italiane e acquistata nei mesi scorsi dal gruppo turco Baykar.
Piaggio Aerospace produce velivoli come il P.180 Avanti e sistemi aerei a pilotaggio remoto come il P.1HH HammerHead ma è uno dei punti di riferimento europei per la manutenzione degli strumenti bellici.
L’aumento delle spese militari al 5% del Pil offre una occasione unica alle imprese attive nella produzione di armi, di pochi giorni fa la notizia che Fincantieri vorrebbe riconvertire due impianti produttivi civili tra i quali il cantiere di Castellammare di Stabia. E la stessa Piaggio Aeronautica annuncia la produzione di droni visto che la multinazionale turca oggi proprietaria del marchio è tra i principali esportatori degli aerei senza pilota.
Chi pensava che l’Italia fosse ancora ferma dovrà ricredersi, non siamo ai livelli tedeschi con alcune aziende dell’indotto meccanico già riconvertite alla produzione dei sistemi di arma, ma decisamente avanti rispetto all’immaginario comune.
E proprio dalla Germania arriva una notizia interessante ossia che in campo militare verranno reiterate le politiche di delocalizzazione già ampiamente attuate in campo civile e nel settore meccanico
Rheinmetall ha lanciato una nuova rete di produzione in Romania per rafforzare il settore della difesa del Paese, per costruire nuove alleanze con aziende operanti nel settore della difesa ma in paesi nei quali il costo della forza lavoro è decisamente più basso. Le armi saranno quindi prodotte in un paese dell’est europeo che presto potrebbe diventare un distretto industriale tedesco fuori confine e sotto l’egida Nato. Poco sappiamo delle aziende militari presenti nei paesi ex Patto di Varsavia, parliamo di imprese che da anni operano a stretto contatto con multinazionali Usa e europee, in Romania produrranno veicoli da combattimento per le forze armate rumene ma anche munizioni destinate al mercato europeo. E anche in questo caso arriva il plauso del Governo locale che esulta davanti all’investimento di Rheinmetall per creare posti di lavoro e offrire il supporto tecnologico avanzato a paesi più arretrati che presto saranno interamente dipendenti dai grandi marchi smantellando magari produzioni civili a vantaggio di quelle militari