Riconvertire l’industria a fini militari per superare la crisi sistemica
ANCHE SE SI PARLA, TROPPO POCO, DELLA FINANZIARIA DI GUERRA, LA RICONVERSIONE
DELL’INDUSTRIA CIVILE A SCOPO MILITARE È GIÀ UNA REALTÀ
Quando si parla di economia di guerra dovremmo fare riferimento allo
spacchettamento di aziende e alla loro riconversione (in toto o in parte) a
produzioni militari
Merita attenzione quanto sta avvenendo attorno a Iveco Group NV, ce ne hanno
parlato in anteprima Bloomberger e Scenari Economici dando notizia
dell’imminente cessione delle unità di difesa a Leonardo SpA, mentre la
divisione specializzata nella produzione di veicoli commerciali è destinata alla
multinazionale indiana Tata Motors Ltd.
E l’arrivo di Leonardo è conseguenza del vivo interesse manifestato dalla
multinazionale spagnola Indra, una delle aziende leader nel settore militari
europeo e capace di raggiungere risultati straordinari in borsa.
Qual è il valore economico della cessione di Iveco?
La cessione di Iveco Defence a Leonardo spa è avvenuta per 1,7 miliardi, quella
di Iveco group (senza la sezione difesa) a Tata Motors per 3,8 miliardi. Iveco
in Italia ha circa 14.000 dipendenti dei 36 mila totali, conta su alcuni
stabilimenti dislocati in varie parti del paese, da Torino (sede principale) a
Brescia, da Suzzara (Mantova) a Foggia senza dimenticare Bolzano.
Oltre 1000 dipendenti lavorano per Defence. La sede principale rimarrà a Torino,
Tata ha dichiarato che non ci saranno esuberi, delocalizzazioni o chiusure di
fabbriche, evidentemente questa operazione è il trampolino di lancio per
l’ingresso dell’India nei mercati europei attraverso l’acquisizione, dopo la
Guzzi, di un marchio rinomato.
La crisi di Iveco si risolve con uno spezzatino aziendale e l’intervento diretto
del Governo italiano per conservare la produzione in campo militare nel nostro
paese rafforzando il polo produttivo nazionale, si parla in termini tecnici di
mantenere un asset strategico sotto il controllo nazionale. Stando a Scenari
Economici, l’ offerta vincente è stata quella arrivata dalla joint venture con
la tedesca Rheinmetall AG per 1,6 miliardi di euro, debito incluso.
Eppure anche la multinazionale spagnola si presentava con ottime credenziali
soprattutto per avere attuato la riconversione di alcuni stabilimenti civili in
militari come il sito produttivo di Duro Felguera a Gijón (Asturie) dove
produrranno veicoli militari e carri armati d’Europa.
Indra rappresentava un competitor pericoloso essendo tra le aziende leader nello
sviluppo di sistemi elettronici che digitalizzano e forniscono informazioni ai
veicoli corazzati e carri armati di ultima generazione, l’arrivo in Iveco di
Leonardo ha evitato che sul territorio nazionale, dopo i turchi, arrivassero
anche gli spagnoli. Sullo sfondo di queste acquisizioni lo scontro intestino tra
paesi e multinazionali del vecchio paese per accaparrarsi le aree più ambite
della produzione di armi e del mercato.
E’ormai risaputo che la holding degli Agnelli, proprietaria dell’Iveco, abbia da
tempo svincolato le proprie strategie dal settore automobilistico a favore di
altre aree di investimento.
E la sola preoccupazione del Governo italiano era quella di conservare la
produzione italiana in campo militare nel nostro paese.
Urgeva quindi scongiurare quanto già accaduto con Piaggio Aerospace, azienda
produttrice di sistemi ampiamente utilizzati dalle Forze armate italiane e
acquistata nei mesi scorsi dal gruppo turco Baykar.
Piaggio Aerospace produce velivoli come il P.180 Avanti e sistemi aerei a
pilotaggio remoto come il P.1HH HammerHead ma è uno dei punti di riferimento
europei per la manutenzione degli strumenti bellici.
L’aumento delle spese militari al 5% del Pil offre una occasione unica alle
imprese attive nella produzione di armi, di pochi giorni fa la notizia che
Fincantieri vorrebbe riconvertire due impianti produttivi civili tra i quali il
cantiere di Castellammare di Stabia. E la stessa Piaggio Aeronautica annuncia la
produzione di droni visto che la multinazionale turca oggi proprietaria del
marchio è tra i principali esportatori degli aerei senza pilota.
Chi pensava che l’Italia fosse ancora ferma dovrà ricredersi, non siamo ai
livelli tedeschi con alcune aziende dell’indotto meccanico già riconvertite alla
produzione dei sistemi di arma, ma decisamente avanti rispetto all’immaginario
comune.
E proprio dalla Germania arriva una notizia interessante ossia che in campo
militare verranno reiterate le politiche di delocalizzazione già ampiamente
attuate in campo civile e nel settore meccanico
Rheinmetall ha lanciato una nuova rete di produzione in Romania per rafforzare
il settore della difesa del Paese, per costruire nuove alleanze con aziende
operanti nel settore della difesa ma in paesi nei quali il costo della forza
lavoro è decisamente più basso. Le armi saranno quindi prodotte in un paese
dell’est europeo che presto potrebbe diventare un distretto industriale tedesco
fuori confine e sotto l’egida Nato. Poco sappiamo delle aziende militari
presenti nei paesi ex Patto di Varsavia, parliamo di imprese che da anni operano
a stretto contatto con multinazionali Usa e europee, in Romania produrranno
veicoli da combattimento per le forze armate rumene ma anche munizioni destinate
al mercato europeo. E anche in questo caso arriva il plauso del Governo locale
che esulta davanti all’investimento di Rheinmetall per creare posti di lavoro e
offrire il supporto tecnologico avanzato a paesi più arretrati che presto
saranno interamente dipendenti dai grandi marchi smantellando magari produzioni
civili a vantaggio di quelle militari