Tag - Editoriali

Riconvertire l’industria a fini militari per superare la crisi sistemica
ANCHE SE SI PARLA, TROPPO POCO, DELLA FINANZIARIA DI GUERRA, LA RICONVERSIONE DELL’INDUSTRIA CIVILE A SCOPO MILITARE È GIÀ UNA REALTÀ Quando si parla di economia di guerra dovremmo fare riferimento allo spacchettamento di aziende e alla loro riconversione (in toto o in parte) a produzioni militari Merita attenzione quanto sta avvenendo attorno a Iveco Group NV, ce ne hanno parlato in anteprima Bloomberger e Scenari Economici dando notizia dell’imminente cessione delle unità di difesa a Leonardo SpA, mentre la divisione specializzata nella produzione di veicoli commerciali è destinata alla multinazionale indiana Tata Motors Ltd. E l’arrivo di Leonardo è conseguenza del vivo interesse manifestato dalla multinazionale spagnola Indra, una delle aziende leader nel settore militari europeo e capace di raggiungere risultati straordinari in borsa. Qual è il valore economico della cessione di Iveco? La cessione di Iveco Defence a Leonardo spa è avvenuta per 1,7 miliardi, quella di Iveco group (senza la sezione difesa) a Tata Motors per 3,8 miliardi. Iveco in Italia ha circa 14.000 dipendenti dei 36 mila totali, conta su alcuni stabilimenti dislocati in varie parti del paese, da Torino (sede principale) a Brescia, da Suzzara (Mantova) a Foggia senza dimenticare Bolzano. Oltre 1000 dipendenti lavorano per Defence. La sede principale rimarrà a Torino, Tata ha dichiarato che non ci saranno esuberi, delocalizzazioni o chiusure di fabbriche, evidentemente questa operazione è il trampolino di lancio per l’ingresso dell’India nei mercati europei attraverso l’acquisizione, dopo la Guzzi, di un marchio rinomato. La crisi di Iveco si risolve con uno spezzatino aziendale e l’intervento diretto del Governo italiano per conservare la produzione in campo militare nel nostro paese rafforzando il polo produttivo nazionale, si parla in termini tecnici di mantenere un asset strategico sotto il controllo nazionale. Stando a Scenari Economici, l’ offerta vincente è stata quella arrivata dalla joint venture con la tedesca Rheinmetall AG per 1,6 miliardi di euro, debito incluso. Eppure anche la multinazionale spagnola si presentava con ottime credenziali soprattutto per avere attuato la riconversione di alcuni stabilimenti civili in militari come il sito produttivo di Duro Felguera a Gijón (Asturie) dove produrranno veicoli militari e carri armati d’Europa. Indra rappresentava un competitor pericoloso essendo tra le aziende leader nello sviluppo di sistemi elettronici che digitalizzano e forniscono informazioni ai veicoli corazzati e carri armati di ultima generazione, l’arrivo in Iveco di Leonardo ha evitato che sul territorio nazionale, dopo i turchi, arrivassero anche gli spagnoli. Sullo sfondo di queste acquisizioni lo scontro intestino tra paesi e multinazionali del vecchio paese per accaparrarsi le aree più ambite della produzione di armi e del mercato. E’ormai risaputo che la holding degli Agnelli, proprietaria dell’Iveco, abbia da tempo svincolato le proprie strategie dal settore automobilistico a favore di altre aree di investimento. E la sola preoccupazione del Governo italiano era quella di conservare la produzione italiana in campo militare nel nostro paese. Urgeva quindi scongiurare quanto già accaduto con Piaggio Aerospace, azienda  produttrice di sistemi ampiamente utilizzati dalle Forze armate italiane e acquistata nei mesi scorsi dal gruppo turco Baykar.  Piaggio Aerospace produce velivoli come il P.180 Avanti e sistemi aerei a pilotaggio remoto come il P.1HH HammerHead ma è uno dei punti di riferimento europei per la manutenzione degli strumenti bellici. L’aumento delle spese militari al 5% del Pil offre una occasione unica alle imprese attive nella produzione di armi, di pochi giorni fa la notizia che Fincantieri vorrebbe riconvertire due impianti produttivi civili tra i quali il cantiere di Castellammare di Stabia. E la stessa Piaggio Aeronautica annuncia la produzione di droni visto che la multinazionale turca oggi proprietaria del marchio è tra i principali esportatori degli aerei senza pilota. Chi pensava che l’Italia fosse ancora ferma dovrà ricredersi, non siamo ai livelli tedeschi con alcune aziende dell’indotto meccanico già riconvertite alla produzione dei sistemi di arma, ma decisamente avanti rispetto all’immaginario comune. E proprio dalla Germania arriva una notizia interessante ossia che in campo militare verranno reiterate le politiche di delocalizzazione già ampiamente attuate in campo civile e nel settore meccanico Rheinmetall ha lanciato una nuova rete di produzione in Romania per rafforzare il settore della difesa del Paese, per costruire nuove alleanze con aziende operanti nel settore della difesa ma in paesi nei quali il costo della forza lavoro è decisamente più basso. Le armi saranno quindi prodotte in un paese dell’est europeo che presto potrebbe diventare un distretto industriale tedesco fuori confine e sotto l’egida Nato. Poco sappiamo delle aziende militari presenti nei paesi ex Patto di Varsavia, parliamo di imprese che da anni operano a stretto contatto con multinazionali Usa e europee, in Romania produrranno veicoli da combattimento per le forze armate rumene ma anche munizioni destinate al mercato europeo. E anche in questo caso arriva il plauso del Governo locale che esulta davanti all’investimento di Rheinmetall per creare posti di lavoro e offrire il supporto tecnologico avanzato a paesi più arretrati che presto saranno interamente dipendenti dai grandi marchi smantellando magari produzioni civili a vantaggio di quelle militari
Urgent appeal: “Free Antonio Mazzeo and the crew of the Handala!”
During the night between 26 and 27 July, in international waters, the humanitarian ship Handala of the Freedom Flotilla was stopped by the Israeli armed forces. We would like to remind you that our comrade, friend and activist of the Observatory against the militarisation of schools and universities, Antonio Mezzo, was arrested last night along with other activists. We appeal to everyone to: go to this website Newscord.org, enter a few details and wait a few seconds, and an email bombing campaign will be launched to all relevant bodies, calling for the release of the Handala volunteers with the following text: To the kind attention of the Ministry of Foreign Affairs and International Cooperation, and for information to the Italian Embassy in Israel, I am writing to you as an Italian citizen deeply concerned about what has happened in the last few hours to the humanitarian ship Handala, which was stopped in international waters by Israeli armed forces (IDF), who boarded the ship with weapons, intimidating and allegedly detaining civilians on board who were engaged in a peaceful mission of solidarity with the people of Gaza. This is a serious violation of international law, the right to freedom of navigation in international waters and the fundamental human rights of those involved. I ask the Ministry to: • Take immediate action to verify the condition of the crew and passengers on board, • Demand the immediate and unconditional release of all those detained, • Publicly condemn the act committed by the IDF, which is incompatible with the principles of international and humanitarian law. Italy cannot remain silent in the face of an act of force against a civilian and peaceful mission. We ask you to act with the utmost urgency and transparency. Let’s put pressure on the authorities to secure the release of Antonio and the crew!
Appello urgente: “Liberate Antonio Mazzeo e l’equipaggio della nave Handala!”
La notte tra il 26 e col 27 luglio, in acque internazionali la nave umanitaria Handala della Freedom Flottiglia, è stata fermata dalle forze armate israeliane(qui il VIDEO). Ricordiamo la presenza sulla nave del nostro compagno, amico e attivista dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Antonio Mazzeo arrestato stanotte insieme agli altri attivisti. Ci appelliamo a tutte e tutti invitandovi a: su questo sito Newscord.org inserendo pochi dati e aspettando qualche secondo, parte un mail bombing a tutti gli organi pertinenti, per il rilascio dei volontari della Handala con questo testo: Alla cortese attenzione del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, e per conoscenza all’Ambasciata d’Italia in Israele, Mi rivolgo a voi in qualità di cittadino/cittadina italiana profondamente preoccupato/a per quanto accaduto in queste ore alla nave umanitaria Handala, fermata in acque internazionali da forze armate israeliane (IDF), che sono salite a bordo con le armi, intimidendo e presumibilmente trattenendo civili a bordo impegnati in una missione pacifica e di solidarietà verso la popolazione di Gaza. Si tratta di una grave violazione del diritto internazionale, del diritto alla libera navigazione in acque internazionali e dei diritti umani fondamentali delle persone coinvolte. Chiedo al Ministero di: • Attivarsi immediatamente per verificare le condizioni dell’equipaggio e dei passeggeri a bordo, • Pretendere il rilascio immediato e incondizionato di tutte le persone detenute, • Condannare pubblicamente l’atto compiuto da parte dell’IDF, incompatibile con i principi del diritto internazionale e umanitario. L’Italia non può tacere davanti a un atto di forza contro una missione civile e pacifica. Vi chiediamo di agire con la massima urgenza e trasparenza. Facciamo pressione perché Antonio e l’equipaggio vengano liberati!
Settimo giorno di navigazione per Antonio Mazzeo su Handala: bisogna far arrivare il nostro aiuto a Gaza, popolazione allo stremo
A CAUSA DELL’INSTABILITÀ DELLA RETE, ABBIAMO RICEVUTO SOLO UN AUDIO, DI CUI PUBBLICHIAMO LA TRASCRIZIONE, DA ANTONIO MAZZEO, DOCENTE, GIORNALISTA E PROMOTORE DELL’OSSERVATORIO CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLE SCUOLE E DELLE UNIVERSITÀ, AL SESTO GIORNO DI NAVIGAZIONE SU HANDALA DI FREEDOM FLOTILLA ALLA VOLTA DELLA PALESTINA. Buongiorno, settimo giorno di viaggio, oggi è il 26 luglio. Ormai sentiamo l’aria di Gaza ce l’abbiamo proprio di fronte: alla nostra destra le coste egiziane, alla nostra sinistra le coste di Cipro. Tra quattro o cinque ore dovremo esattamente raggiungere il punto in cui in meno di 20 giorni fa le forze armate israeliane hanno assaltato a mo di pirati la nave gemella dell’Handala, la Madleen. Ecco proprio perché sentiamo di stare arrivando in questa giornata caldissima ci sembra di sentire gli odori e di respirare Gaza. Di respirare questo Medio Oriente che è attraversato dai conflitti, che è attraversato dei genocidi, che è attraversato di morte. Una morte che è creata da quelle forze armate israeliane che sappiamo ci stanno aspettando. Lo sappiamo e siamo coscienti che le prossime ore saranno decisive, però siamo sereni e siamo fiduciosi. Siamo sereni perché siamo veramente, fermamente, convinti di stare dalla parte giusta, di stare facendo quello che la comunità internazionale chiede ai propri governi, che chiede ai propri stati: imporre il rispetto del diritto internazionale, del diritto umanitario. Il cibo e i vestiari devono arrivare a Gaza. Notizia di oggi, distrutti decine di camion di aiuti umanitari da parte alle forze armate israeliane, perché quel cibo perché quei farmaci si sono avariati. Mentre la gente muore di fame. mentre la gente muore di sete. vengono accatastati gli aiuti e vengono distrutti perché ormai inutili. Doppio crimine e triplo crimine dell’umanità. E ci dispiace che in questo momento il nostro governo, il governo Meloni, Crosetto, Taiani, invece di chiedere e di imporre a Israele il rispetto delle regole del diritto internazionale, consentendo all’Handala e al suo equipaggio di arrivare a Gaza, pare da come abbiamo letto da alcuni agenzie, stia trattando perché ai cittadini italiani non venga assolutamente torto un capello e vengano immediatamente imbarcati dopo essere stati illegalmente sequestrati in pieno mare e in acque internazionali vengano tranquillamente messi in un aereo e rinviati a casa. Trattare in questo modo significa legittimare gli atti di pirateria di Israele, significa legittimare che il mare nostrum il mare Mediterraneo non è più il nostro è il loro, il mare d’Israele dove possono compiere giorno per giorno gli atti più feroci, gli atti più criminali. Ecco, non ce ne frega niente della nostra incolumità, ci interessa che venga rispettato il diritto, che questa nave possa arrivare a Gaza, che gli aiuti che ci sono stati consegnati possono finire nelle mani del Popolo Palestinese. Quel Popolo Palestinese che sappiamo ci aspetta e che continua a inviarci messaggi di amore, di rispetto, di convivenza, perché sanno, sappiamo, che stiamo condividendo un momento importante, un momento che speriamo veramente possa essere quello che vogliamo.
Messaggio di Antonio Mazzeo e Antonio La Piccirella da Handala: chiediamo il rispetto del diritto internazionale
PUBBLICHIAMO IL VIDEO E LA TRASCRIZIONE DEL VIDEOMESSAGGIO DI ANTONIO MAZZEO, DOCENTE, GIORNALISTA E PROMOTORE DELL’OSSERVATORIO CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLE SCUOLE E DELLE UNIVERSITÀ, E DI ANTONIO LA PICCIRELLA, SKIPPER BARESE, AL QUINTO GIORNO DI NAVIGAZIONE SU HANDALA DI FREEDOM FLOTILLA ALLA VOLTA DELLA PALESTINA. Sono Antonio La Piccirella e siamo a bordo della Handala in missione verso Gaza. Sono Antonio Mazzeo e sono un insegnante di Messina. Siamo a bordo della Handala per portare aiuti umanitari, medicine e cibo al popolo palestinese. Siamo qui, ma non dovremmo esserci, al posto nostro dovrebbero esserci le navi del governo, le istituzioni che in due anni ancora non hanno fatto niente e non sono intervenute, quindi abbiamo preso iniziativa perché il popolo palestinese non può più aspettare. Antonio ha ragione, non dovremmo essere qui, ma soprattutto il governo italiano, quello di cui noi siamo cittadini, non avrebbe dovuto sostenere, come ha fatto in questi due anni militarmente, politicamente e economicamente lo Stato d’Israele, questo stato che ha massacrato e che continua a massacrare la popolazione di Gaza e oggi la sta ammazzando di fame e di sete Facciamo un appello al ministro degli Esteri italiano che proprio qualche giorno fa ha usato per la prima volta parole forti contro Israele. C’è solo un modo per impedire che Israele continui a massacrare il popolo palestinese, interrompendo le relazioni diplomatiche, non fornendo più le armi e soprattutto consentire e fare tutte le pressioni tra gli altri governi europei affinché questa nave la Handala della Freedom Flotilla entri, come abbiamo immaginato, a Gaza e possa finalmente rompere il blocco navale che impedisce che gli aiuti umanitari e i farmaci raggiungano la popolazione le bambine e i bambini di Gaza. Chiediamo pertanto il massimo di pressione nel rispetto del diritto internazionale, del diritto umanitario e del diritto alla navigazione, e se così non fosse, se Israele ripetesse quello che ha fatto con le altre precedenti imbarcazioni della Freedom Flotilla chiediamo al governo il massimo pressione perché tutti e tutte i membri di questa spedizione nonviolenta tornino immediatamente a casa comprese anche quelle persone che riteniamo più vulnerabili perché di origine araba e pertanto con lo stato di apartheid di uno stato razzista con maggiori problematiche rispetto il loro diritti umani. Grazie. Come seguire sulla mappa la nave Handala: 1) scaricare una applicazione per il tracciamento tramite AIS es. Vesselfinder 2) impostare nella lente di ricerca il nome della nave “NAVARN”, scegliere quella registrata come “pleasure craft” con bandiera inglese 3) potete leggere caratteristiche, rotta seguita, velocità, ecc. e posizione sulla mappa
Quinto giorno di navigazione per Antonio Mazzeo su Handala: restiamo umani per salvare la popolazione a Gaza
PUBBLICHIAMO IL VIDEO E LA TRASCRIZIONE DEL REPORT DI ANTONIO MAZZEO, DOCENTE, GIORNALISTA E PROMOTORE DELL’OSSERVATORIO CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLE SCUOLE E DELLE UNIVERSITÀ, AL QUINTO GIORNO DI NAVIGAZIONE SU HANDALA DI FREEDOM FLOTILLA ALLA VOLTA DELLA PALESTINA. Buongiorno, è iniziato il quinto giorno di viaggio dell’Handala, l’imbarcazione di Freedom Flotilla diretta a Gaza. Abbiamo appena superato l’appunto orientale di Creta, di fronte abbiamo dall’altra parte superato anche il confine della Libia e, di fatto, siamo ormai frontali all’Egitto, pertanto più del 50-60% del percorso da Gallipoli a Gaza è stato completato. La notte è trascorsa serenamente, ancora una volta abbiamo fatto un bagno nella Via Lattea, anche se pure stanotte abbiamo dovuto constatare il transito costante e continuo di aerei militari sulla rotta tra il Mediterraneo occidentale e il Mediterraneo orientale, soprattutto gli immancabili droni che non credo fossero per noi, non credo che fossero per l’Handala, ma dimostrano come ormai il Mediterraneo si sia ultramilitarizzato. Non c’è soltanto lo scontro in atto nel in Medio Oriente, ma c’è soprattutto la guerra all’immigrazione e ai migranti che è stata lanciata dall’Unione europea, dall’agenzia Frontex, non è un caso che proprio la parte finale di questo mare, compreso tra la Libia e la Grecia, è quello che è intensamente visitato e monitorato da questi droni, che appartengono ormai un po’ a tutte le marine e a tutte le aeronautiche dei Paesi presenti in questo bacino, ma che soprattutto vedono l’Agenzia dell’Unione europea continuare a spendere soldi e voglio ricordare che alcuni di questi droni sono di produzione israeliana, sono stati acquistati in Israele. Le notizie che arrivano da Gaza purtroppo sono sempre le stesse. Continua lo sterminio per fame della popolazione, soprattutto delle bambine e dei bambini. Ormai le grandi agenzie internazionali e centinaia di organizzazioni non governative lanciano l’allarme: morte per malnutrizione. E ieri il ministro Tajani ha avuto l’ardire di dire che è arrivata l’ora di convincere Netanyahu a cessare le proprie operazioni di morte e di guerra con Israele. Non ha spiegato come, ma comunque ha ci ha tenuto a precisare che non è certo rompendo le relazioni con Israele che si riuscirebbe a garantire l’aiuto economico e l’intervento umanitario direttamente a Gaza. Ebbene, consentitemi di dire al ministro Tajani che perlomeno un modo c’è ed è interrompere immediatamente qualsiasi relazione militare con Israele. Impedire che continuino ad arrivare armi italiane a Israele, esattamente tutto il contrario di quello che sarebbe stato affermato dal ministro Crosetto, cioè che non abbiamo trasferito armi in dopo il 7 ottobre 2023, cosa che è stata smentita da diverse inchieste giornalistiche che hanno utilizzato le fonti ufficiali, penso particolarmente quelli delle Camere di commercio e dell’Istat. E poi lo diciamo chiaramente al ministro Tajani c’è questa imbarcazione, l’Handala, che ha il dovere morale, che rappresenta la volontà dei popoli dell’America Latina, dei popoli degli Stati Uniti, dei popoli dell’Europa di rompere questo blocco navale che impedisce che impedisce che gli aiuti umanitari, i farmaci, i generi alimentari arrivino alla popolazione palestinese. Ebbene, il ministro Tajani, la Von der Leyen, i ministri del Paesi membri dell’Unione europea devono fare immediatamente una cosa: fare tutte le pressioni possibili sul governo italiano perché si permetta all’Handala di toccare il porto di Gaza. Vogliamo incontrare i cittadini di Gaza, vogliamo guardare negli occhi le donne, gli uomini, gli anziani, ma soprattutto le bambine e i bambini di Gaza. Vogliamo esprimere concretamente la nostra solidarietà e soprattutto il desiderio della comunità internazionale che il popolo palestinese abbia finalmente la pace, abbia finalmente il diritto a restare nella terra in cui sono nati ed impedire pertanto la pulizia etnica in corso in atto da parte del governo israeliano.   Pertanto, credo che in questo momento la cosa più importante è che ci sia una grande pressione internazionale perché l’Handala possa finalmente approdare a Gaza. Sarebbe un fatto politico importante, dimostrerebbe che di fronte all’inefficienza, di fronte all’incapacità, di fronte alla condivisione da parte dei governi delle politiche genocide d’Israele c’è esattamente una popolazione intera del pianeta che ha fatto una scelta di campo, ha scelto di stare accanto ai palestinesi e ha scelto di farlo in modo concreto, mettendoci i corpi, mettendoci i volti. Lo si sta facendo nelle piazze di tutto il mondo, lo si è fatto nelle università con le occupazioni e gli acampandos. Ebbene oggi lo si sta facendo con un’azione diretta nonviolenta. Ventuno corpi messi a disposizione del popolo palestinese per rompere l’embargo, per rompere questo blocco navale. Ecco, i governi europei, il governo statunitense, il governo australiano, il governo tunisino, il governo marocchino devono fare tutte le pressioni su Israele perché venga rispettato il diritto internazionale umanitario, perché venga rispettato il diritto della navigazione, perché vengano rispettati i più elementari diritti umani. A Gaza si sta morendo di fame, a Gaza si sta morendo di inedia, a Gaza si muore di sete. Ecco, allora se vogliamo davvero esprimere un minimo di umanità, un po’ come ci ricordava Arrigoni: restiamo umani. E, allora, per restare umani, consentite, fate in tutti i modi che Handala possa arrivare a Gaza per esprimere un gesto piccolo, ma un gesto di umanità in un luogo dove la disumanizzazione, dove la morte è diventata sovrana. Grazie. Come seguire sulla mappa la nave Handala: 1) scaricare una applicazione per il tracciamento tramite AIS es. Vesselfinder 2) impostare nella lente di ricerca il nome della nave “NAVARN”, scegliere quella registrata come “pleasure craft” con bandiera inglese 3) potete leggere caratteristiche, rotta seguita, velocità, ecc. e posizione sulla mappa
Quarto giorno di navigazione per Antonio Mazzeo su Handala: il sogno di vedere gli occhi dei bambini di Gaza
PUBBLICHIAMO IL VIDEO E LA TRASCRIZIONE DEL REPORT DI ANTONIO MAZZEO, DOCENTE, GIORNALISTA E PROMOTORE DELL’OSSERVATORIO CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLE SCUOLE E DELLE UNIVERSITÀ, AL QUARTO GIORNO DI NAVIGAZIONE SU HANDALA DI FREEDOM FLOTILLA ALLA VOLTA DELLA PALESTINA. In questi giorni in tanti mi avete chiesto perché sei partito, perché l’hai fatto, qual è il senso di questa missione. In sincerità, me lo sono chiesto tanto in questi giorni perché sono partito. Probabilmente l’ho fatto perché ero stanco di sentirmi impotente. In questi anni ho scritto tantissimo sui rapporti tra Italia e Israele e  su quanto il nostro governo ha sostenuto e sostiene il genocidio del popolo palestinese attraverso le mani di Netanyahu, delle forze armate israeliane. Ci sono però dei momenti in cui hai bisogno di metterci qualcosa in più che la testa e la tastiera, hai bisogno di metterci le mani, di metterci gli occhi, di metterci il corpo. Ecco, io ho avuto questo bisogno, soprattutto, veramente, sento questo bisogno. Sapete cosa mi piacerebbe tantissimo? È un sogno, quello di poter approdare a Gaza e guardare negli occhi le bambine e i bambini di Gaza e vedere lo stupore che vedi in tutte le bambine e i bambini del mondo quando gli appare qualcosa di strano. Ma ve lo immaginate una barca come l’Handala della Freedom Flotilla che riesce a superare il blocco militare navale d’Israele e serenamente poter approdare nelle acque di Gaza e poter dare questi giocattoli questi peluche a questi bambini. Tornerei indietro di molti anni, come quando avevo vent’anni ero a Comiso e facevo il clown per stupire e divertire i bambini e per fargli riflettere che la guerra non era lontana e che ad ognuno di noi bastava fare un piccolo gesto. Lì la storia era dei coniglietti che per impedire la realizzazione di una grande base missilistica, alla fine si mettevano d’accordo e rosicchia, rosicchia, rosicchia, si mangiavano il missile. Ecco, mi piacerebbe che anche questa storia la potessi raccontare alle bambine e ai bambini di Gaza. Questo è il senso di una missione come quella di Handala, come quella della Freedom Flottiglia, ma è una missione anche politica non è soltanto una missione umanitaria. Io credo che di politica dal basso, di metterci le mani, di sporcarci le mani e non più soltanto del sangue, ma di sporcarci le mani di fango, dell’acqua salata, di questo vento che ti lascia tanta salsedine in corpo, io penso che alla fine un senso ce l’abbiano. Andiamo avanti, veramente mi auguro di poter approdare a Gaza. Sarebbe un sogno bellissimo e credo che farebbe bene tanto alle bambine e ai bambini di Gaza, ma farebbe bene tanto, tanto a casa nostra, anche ai ragazzi e alle ragazzi di casa nostra, perché anche loro hanno bisogno di credere che ancora qualcosa è possibile fare per fermare la catastrofe climatica, per fermare i crimini globali, per fermare l’olocausto di una guerra globale totale che ci si sta preparando da mesi, da anni. Vi abbraccio e spero veramente di rivedervi presto e di potervi trasmettere la gioia attraverso i miei occhi negli occhi delle bambine e dei bambini di Gaza.
Audizione in Commissione Parlamentare su scenari futuri in campo militare e ruolo NATO
Alla Commissione Difesa del Senato è stato udito il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Luciano Portolano, Video – Forze armate, audizione del generale Portolano: 39 missioni in atto, cambiare dinamiche di impiego “Strade sicure” L’analisi del Generale non è banale, anzi dovremmo abituarci ad ascoltare e leggere valutazioni di questo genere il cui obiettivo è l’aumento della spesa militare per costruire quel nuovo modello per le Forze Armate italiane reso indispensabile dai nuovi scenari e dal fatto che l’ultima riforma risale a 30 anni fa con la fine dell’esercito di leva e l’arrivo di quello professionale. Tra gli argomenti più gettonati l’aumento dei militari in ogni forza armata, una riserva da cui attingere sul modello israeliano, maggiori investimenti in campo tecnologico e infrastrutturale in sintonia con i piani regionali della NATO e al nuovo Piano Militare di Difesa Nazionale. Le nuove linee guida operative sono da tempo oggetto di discussione, ma seguono in fondo alcune direttive già note che vanno dall’ammodernamento complessivo degli strumenti e delle infrastrutture fino alle tecnologie per rispondere alle minacce ipersoniche, spaziali e cibernetiche, dalla attenzione verso le aree strategiche (ad esempio l’Africa) fino all’utilizzo di tecnologia quantistica e intelligenza artificiale e a tale scopo urge in tempi rapidi uno specifico reclutamento di figure altamente specializzate che operino in ambito duale, civile e militare e ad alto valore scientifico. E se aumenteranno sensibilmente le spese militare servirà prima razionalizzarle sempre nell’ottica di favorire quei fari guida già esplicitati dal Ministero della Difesa ossia prontezza, reattività e capacità decisionale in tempi ridotti. Laddove si parla di valorizzazione del personale le soluzioni potrebbero essere molteplici come un sistema di carriere e livelli retributivi in deroga alle norme che regolano il personale alle dipendenze dello Stato, favorire in questo modo nuove assunzioni, paghe decisamente maggiori, un welfare allargato e magari sconti sugli anni previdenziali per assicurare la massima pensione a un età di gran lunga inferiore ai comuni mortali. E quanto maggiore sarà il richiamo alla sicurezza tanto più agevolato sarà il compito dei Governanti nel giustificare trattamenti di miglior favore alle forze armate creando quel giusto mix tra paura, rassegnazione e una sorta di senso del dovere che spinge da tempo gli italiani a perdere ogni valutazione critica dell’esistente. Sarebbe invece utile riflettere su quante strade potremmo rifare o quanti ospedali riaprire solo con i fondi destinati al “ringiovanimento dei ranghi” e alla “valorizzazione delle competenze” La domanda alla quale non viene risposto è cosa intendiamo fare davanti a un esponenziale aumento delle spese militari, alla sempre maggiore confusione alimentata tra tecnologie duali e civili. Quanto costerà l’ammodernamento, o efficientamento, del sistema militare italiano e quali aziende ne trarranno beneficio? Stiamo parlando di sistemi di ultima generazione e come è arduo discernere ormai tra tecnologie civili e militari è impresa impossibile separare strumenti difensivi da quelli offensivi giusto a ricordare che alcune delle categorie interpretative dei pacifinti sono nel frattempo prive di senso e per questo inutilizzabili. Quando ad esempio si parla di sensori radar e sistemi di allerta, di tecnologie di spionaggio è possibile ipotizzare un uso interno, in chiave repressiva e non solo l’utilizzo a fini militari classici. E in questi scenari la guerra spaziale, il settore cyber acquisteranno ruoli sempre più rilevanti Sorvoliamo sui singoli programmi di ammodernamento, andiamo invece a chiudere sull’aumento dei soldati di professione e la nascita di una riserva attorno a 35.000 unità con funzioni operative, territoriali e specialistiche (e verranno a parlarci di valorizzazione del capitale umano anche per giustificare quei trattamenti diseguali in termini salariali e previdenziali di cui parlavamo precedentemente) Un passaggio a nostro avviso rilevante sarà quello di dotare l’Europa di un comando operativo unificato e credibile, capace di pianificare e condurre operazioni militari complesse al di fuori del quadro NATO: Video – Forze armate, audizione del generale Portolano: 39 missioni in atto, cambiare dinamiche di impiego “Strade sicure” In fondo stiamo facendo solo i conti con quanto prevedeva la Bussola Strategica Europea, quel documento strategico stupidamente ignorato dai pacifinti nostrani anche se anticipava molte delle decisioni oggi al centro dell’attenzione mediatica. Federico Giusti, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Solidarietà a Luigi Borrelli: stop alla militarizzazione e al commercio di armi
L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università esprime piena solidarietà a Luigi Borrelli per quanto gli è stato notificato il 9 Luglio dalla GDA Handling (https://www.aeroportobrescia.it/it_it/gda-handling). La GDA Handling ha inviato una nuova contestazione a Luigi Borrelli, delegato USB, eletto nella RSU dell’azienda e Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, accusandolo di rendere note informazioni riservate e di aver raccontato del clima di repressione che sta subendo da tempo da parte dell’azienda. Luigi è stato già sanzionato più volte dalla stessa azienda con multe e giorni di sospensione e sempre con la stessa motivazione legata alla movimentazione di materiale bellico. A Luigi viene anche contestato di aver rivendicato il rifiuto di movimentare le armi durante un Convegno promosso da USB e dal Centro Giuridico Abdel Salam – Ceing lo scorso 11 giugno, convocato proprio per discutere delle tutele giuridiche di lavoratori e delegati che si rifiutino di collaborare ad attività connesse con la guerra (clicca qui). Su quanto è avvenuto sempre all’aeroporto di Brescia a giugno l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università ha già denunciato la folle pretesa della Commissione di Garanzia di revocare lo sciopero atto a bloccare la movimentazione di materiale bellico (clicca qui). L’Osservatorio esprime dunque la sua solidarietà a Luigi Borrelli e a tutti/e i/le lavoratori/lavoratrici che si stanno mobilitando presso l’aeroporto: lottare contro la guerra e il genocidio è dovere di ogni sindacato; bloccare il trasporto delle armi è legittimo. Altresì l’Osservatorio esprime preoccupazione per l’aumento di azioni repressive ed intimidatorie verso i lavoratori/lavoratrici dei diversi comparti da parte delle aziende e/o dei vertici dirigenziali. I modi per ostacolare il crescente dissenso dei lavoratori e delle lavoratici a tutti i livelli della società e presso ogni luogo di lavoro (scuola, aziende, uffici, etc.) non si contano ormai più: censura di notizie, regole restrittive, punizioni, isolamento, ridicolizzazioni, fake news. Come la scuola che vogliamo non deve essere un laboratorio di guerra e invasa da militari, anche i nostri aeroporti, le nostre stazioni, le nostre strade e i nostri porti devono essere luoghi di convivenza e pratiche di una cultura di pace. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Come si può parlare di guerra e pace nelle scuole? Cominciamo da una Semantica di Pace
PUBBLICATO SULLA RIVISTA LA LANTERNA IL 15 LUGLIO 2025 PUBBLICATO SU WWW.AGORASOFIA.COM IL 16 LUGLIO 2025 Affermare al giorno d’oggi che non ci sia abbastanza clamore intorno ai temi della guerra e della pace potrebbe risultare completamente fuori contesto, dal momento che quasi quotidianamente si viene letteralmente bombardati, sia attraverso i maggiori media mainstream sia attraverso i canali social, da immagini e notizie relative a conflitti armati in corso e a proteste che cercano, in nome di un qualche richiamo al pacifismo, di contestare quella barbarie. Una simile sovraesposizione alla guerra e alla pace, tuttavia, necessita di uno sfondo di comprensione, di un contesto significativo in cui inserire i fatti, di una ermeneutica scevra da condizionamenti e prese di posizione preventive. Quel contesto storicamente imparziale e logicamente argomentato non può che essere costruito nelle scuole, cioè nei luoghi deputati all’insegnamento di orizzonti simbolici caratterizzati dalla solidarietà, dalla cooperazione, dall’accoglienza e non dal mero apprendimento di procedure, competenze tecniche e posture flessibili in linea con il mercato del lavoro. Ma, se così stanno le cose, se nelle scuole ancora insegnano docenti in carne e ossa che progettano la didattica, che adottano una sorta di immaginazione utopistica per prevedere delle finalità per il loro insegnamento, allora la loro responsabilità è totale in riferimento al bagaglio di valori che si viene a determinare nella realtà a partire dai contesti educativi. Ora, prendendo come riferimento l’universo simbolico che è scaturito dalle parole degli studenti e delle studentesse che sono intervenuti/e nelle varie occasioni in cui abbiamo portato in pubblico o nelle scuole le questioni denunciate dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, possiamo affermare con qualche grado di certezza che essi/esse già mostrano in maniera altamente preoccupante una sorta di normalizzazione della guerra e una preoccupante rassegnazione davanti al fatto che si tratterebbe di un fenomeno necessario nello sviluppo storico. La sovraesposizione mediatica a immagini di guerra e il coinvolgimento politico del nostro Paese in vari scenari bellici con annessa legittimazione mediatica ha generato, in sostanza, un’idea della guerra come tratto ineluttabile, connaturato all’umanità e alla quale non serve opporsi. Dai loro discorsi sembra quasi che sia stata riesumata una sorta di impostazione ideologica riconducibile al filosofo tedesco Hegel, il quale tendeva a rimarcare verso i primi dell’Ottocento, nell’apoteosi della boria della cultura tedesca, l’idea che la guerra fosse lo strumento naturale per l’evoluzione degli Stati. Davanti a questa condizione piuttosto diffusa, a questo mondo dato per scontato da parte dei/delle più giovani, forse sarebbe il caso di mettere da parte, per il momento, la critica del reale, l’analisi delle circostanze per cui ci sono le guerre attuali, in Palestina come in Ucraina e negli altri cinquantasei scenari mondiali. Se non altro, forse emerge la necessità, quantomeno, di affiancare a quelle analisi geopolitiche un lavoro più profondo di tipo antropologico, o addirittura ontologico, sulla guerra come destino dell’umanità e portare nelle scuole una concreta proposta didattica di pace, che ragioni storicamente e logicamente sulla necessità di ricorrere in maniera obbligata al conflitto armato per la risoluzione delle controversie nazionali o internazionali.   E tutto ciò, ovviamente, sempre con il dubbio che parlare di guerra, come di violenza e di male assoluto, nelle scuole possa essere, paradossalmente, un modo per portare all’attenzione degli studenti e delle studentesse un tema che, invece di rimanere fuori dalla storia, riesca ancora inspiegabilmente, in un clima di irrazionalismo diffuso, ad affascinare le giovani generazioni in cerca, forse, di affermazione, di riscatto, di macabra attrazione nei confronti del deprecabile pur di salire alla ribalta e ottenere notorietà. Davanti ad un simile scenario assiologico riteniamo che studiare la Pace come tema e, di conseguenza, insegnare la pace come argomento specifico sia necessario. Si tratta di un assunto che deriva da un inconfutabile dato storico, giacché dopo ogni guerra inizia il periodo di ricostruzione e di pacificazione, che spesso è anche più lungo della occorrenza della guerra, ma evidentemente il nostro gusto per l’orrido, per il torbido, sopravanza quello per la bellezza, che senza alcun dubbio viene distrutta durante la guerra. Ci siamo mai chiesti come mai nei manuali di storia in uso nelle scuole all’interno dei capitoli l’accento venga posto, con dovizia di particolari, sulla follia della guerra? Come mai ci sono ricercatori e storici che conoscono ogni dettaglio militare e decidono di corredare i nostri manuali di paragrafi interi su tecniche di guerra, materiale bellico utilizzato e scoperte militari devastanti per l’umanità? Il fatto che gli studenti e le studentesse conoscano i minimi dettagli sulle vicende di guerra obbedisce solo ad una esigenza informativa? Qual è la ricaduta educativa della sovrabbondanza di un lessico costellato di semantica di guerra e violenza? E ancora, come mai si parla di Prima, Seconda Guerra mondiale e non di Prima, Seconda Pace mondiale, che pure sono esistite, ma non godono di una consistenza ontologica prima che semantica? Sarà mai che questo eccesso di conoscenza e di ricerca inerente al tema della guerra e delle sue peculiarità sia funzionale, malgrado l’esimio lavoro degli storici di professione, alla sua normalizzazione, alla sua presenza costante all’interno dell’universo delle possibilità umane di gestione dei conflitti? Insomma, a noi pare che la sproporzione tra una “semantica di guerra” e una “semantica di pace” all’interno dei progetti educativi e dei programmi scolastici in generale, almeno dalle scuole secondarie di primo grado in poi, sia abbastanza evidente. Tutto ciò determina, in qualche modo, la costruzione di un universo simbolico nelle menti degli studenti e delle studentesse che dà consistenza ontologica alla guerra e non alla pace, mentre quest’ultima viene, nella migliore delle ipotesi, ritenuta un’appendice momentanea dell’urgenza distruttiva della guerra, percepita come connaturata all’essere umano. In realtà, non solo sappiamo con chiarezza dalla storia, dall’antropologia, dalla sociologia e dalla psicologia, che le cose non stanno proprio così, cioè che la guerra irrompe nella storia in un momento preciso, vale a dire quando le popolazioni sono diventate stanziali e si è pensato di cominciare a occupare la terra e dichiararla di proprietà esclusiva secondo una prima forma di appropriazione indebita ante litteram. Ma ciò che sappiamo con altrettanta certezza è che vi è una galassia sconfinata di studi, di teorie, di pratiche della pace, perlopiù coltivata dai Centri Studi, associazioni, circoli culturali, organizzazioni non governative, che, però, non trova dignità accademica, non trova investimenti, a differenza della galassia degli studi e delle pratiche di guerra, che incontrano gli interessi di industrie belliche che fatturano miliardi. Ad ogni modo, la semantica della pace va coltivata a partire dal lessico che utilizziamo quotidianamente. Come educatori ed educatrici che assumono l’impegno politico e civico di presentarsi come “docenti pacefondai”, si può avviare una grande rivoluzione lessicale con un piccolo sforzo consapevole orientato alla smilitarizzazione del linguaggio: mai più militanti, ma attiviste/i; mai più concentramento, ma incontro; mai più in trincea o in prima linea, ma a disposizione. Si tratta di una piccola e costante attenzione lessicale che porta con sé una più grande rivoluzione semantica, di senso, un cambiamento di prospettiva che genera nuovi orizzonti di nonviolenza, che è quello di cui la scuola e l’umanità hanno bisogno e su cui don Tonino Bello ci ammoniva tempo fa: «Smilitarizziamo il linguaggio, spesso così intriso di assurde categorie belliche, che dà l’impressione di un agghiacciante bollettino di guerra. Preserviamo i nostri ragazzi, che hanno sempre più come principale referente lo schermo televisivo, dalle trasfusioni di violenza che essi metabolizzano paurosamente» (A. Bello, Convivialità delle differenze Meridiana, Molfetta 2006, p. 51). Michele Lucivero, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università