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Sostenere lo sciopero generale, continuiamo a costruire il movimento di classe
La crisi conclamata del Modo di produzione capitalista e di tutta la civiltà occidentale sta da tempo generando numerosi mostri ma allo stesso tempo, in continuità con la previsione di Marx, sta producendo le “armi” che ne decreteranno la fine: il movimento di classe. Lo sciopero generale del 22 settembre […] L'articolo Sostenere lo sciopero generale, continuiamo a costruire il movimento di classe su Contropiano.
La solitudine dei palestinesi – di Ahmed Frenkel
L’attacco da parte dell’esercito israeliano deciso unilateralmente dal governo Netanyahu contro Gaza City assomiglia sempre più a una sorta soluzione finale di tragica memoria. Avviene nella totale complicità e indifferenza non solo del mondo occidentale (con sporadiche eccezioni, vedi Spagna e Irlanda) ma anche del mondo arabo. In questi giorni a Bruxelles si è [...]
Molfetta, 26 settembre: Osservatorio contro la militarizzazione alla Festa di Liberazione
Il mare, segno di unione, luogo di apertura, il nostro orizzonte di Pace: a questa prospettiva dedichiamo la ventiseiesima edizione della Festa di Liberazione 2025 a Molfetta (BA). Abbiamo deciso di parlare non solo alla città, ma all’umanità stessa che ci accomuna anche oltre ciò che siamo, perché solo così potremo ricostruire Molfetta dalle fondamenta. Ecco il programma di venerdì 26 settembre: Ore 18:30 Laboratorio di lettura animata dell’albo illustrato “Il muro” di Macrì e Zanotti a cura de “La Giraffa a pois”; Ore 19:30 dibattito “I governi fanno la guerra, i popoli lottano per la pace e diritti” Interverranno: * Tony Lapiccirella Global Sumud Flottilla/Freedom Flottilla Italia * ⁠Antonio Mazzeo Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università * Vito Micunco Comitato per la Pace terra di Bari * Antonio Sasso – responsabile provinciale lavoro PRC * Contributo dello sportello medico popolare * Modera: Beppe Zanna – PRC Molfetta Ore 20:30 Cena Palestinese Ore 21:30 i concerti – IANNIS E GIORGIO il duo – KAMOKUNA Ci vediamo in Piazza Paradiso, il 26 e 27 settembre con: – Musica – Giochi in piazza – Mostre – Associazioni e comitati cittadini – Dibattiti – Cibo palestinese – Sagra della parmigiana Vi aspettiamo! Tutte le info sulla pagina Facebook.
Venegono Superiore (VA), 27 settembre 2025: “Festa antimilitarista” contro la guerra
VENEGONO SUPERIORE (VA), SABATO 27 SETTEMBRE 2025 CASTELLO DEI COMBONIANI, VIA DELLE MISSIONI, 12 La guerra è presente e orizzonte degli eventi. Nelle infinite variabili impazzite che costellano i giorni del pianeta Terra, la guerra ci sembra una costante. I dazi decisi da Trump, la narrazione mainstream a targhe alterne che per mesi ha chiuso gli occhi di fronte agli orrori in Palestina per poi svegliarsi indignata con colpevole ritardo; l’obiettivo del 5% di PIL da destinare alle spese militari (infrastrutture comprese) entro il 2035; i volenterosi europei con il cancelliere tedesco Merz che con una mano ringrazia Israele per svolgere il lavoro sporco e con l’altra guarda ai piani di investimento per gli armamenti e la ricostruzione delle zone distrutte dalla guerra. Guerra e capitale viaggiano da sempre sullo stesso binario, oggi più che mai. Ma cosa si fa durante una guerra? Abbiamo deciso di organizzare questo incontro per mettere insieme diverse esperienze, consapevoli che è grazie ai ragionamenti e alle sensibilità collettive che potremo affinare la critica e quindi l’agire. Un’occasione per ascoltare i racconti di alcune realtà in lotta contro la guerra, da diverse angolature, chi dal punto di vista della logistica e del trasporto – via mare, aria o terra – delle armi, chi della produzione delle stesse, chi delle armi nucleari, chi dello sviluppo tecno-scientifico a supporto del comparto bellico, chi della militarizzazione della scuola, chi di quella che Simone Weil definiva l’aspetto più atroce di tutti, cioè la guerra interna. Una “festa antimilitarista” per unire, alla condivisione delle lotte, un momento più conviviale. Ma la “vera festa” che ci auspichiamo è la fine della guerra e del mondo che la produce. Nel frattempo incontriamoci, discutiamo, agiamo. Comitato promotore festa antimilitarista contro la guerra
Se il mondo viene appeso all’Estonia…
Giusto il tempo di prendere informazioni, far depositare il polverone della propaganda al minuto, e proviamo a dire cosa è accaduto nel golfo di Finlandia, ovvero cosa sia in realtà “la provocazione russa” che ha portato “tre Mig nello spazio Nato sopra i cieli dell’Estonia”. Premessa necessaria: stabilito che, specie […] L'articolo Se il mondo viene appeso all’Estonia… su Contropiano.
Guerra chiama guerra – dove porta il riarmo?
Sabato 20 settembre dalle ore 17 alle ore 19 presso la Sala Xenia di Riva III Novembre a Trieste si terrà il convegno “Guerra chiama guerra” Ne parliamo con: * Marc Innaro , scrittore e giornalista, già storico corrispondente RAI da Mosca, Gerusalemme e il Cairo; * Diana Bosnjak Monai, scrittrice, illustratrice, nata a Sarajevo da una famiglia multietnica e multiculturale; * Francesco Vignarca, co-fondatore di “Milex” – osservatorio sulle spese militari italian Introduce e modera il giornalista Biagio Mannino Redazione Friuli Venezia Giulia
ROMA: DOMENICA 21 SETTEMBRE ASSEMBLEA NAZIONALE “PER UN’OPPOSIZIONE SOCIALE AL GOVERNO MELONI”
Domenica 21 settembre a Roma assemblea nazionale promossa dalla Rete “A Pieno Regime – contro il ddl paura”, che vedrà la partecipazione di realtà politiche e sociali impegnate in un’ampia opposizione sociale contro le politiche del governo Meloni, l’escalation della guerra e la crescente deriva autoritaria. Presentiamo l’iniziativa con Luca Blasi, della Rete A Pieno Regime. Ascolta o scarica. Di seguito il comunicato di lancio: “Verso l’Assemblea Nazionale del 21 settembre a Roma. Domenica 29 giugno, allo Sherwood Festival, ci siamo presi un momento per riflettere su quanto costruito in questi mesi e per rilanciare. A partire dall’esperienza della Rete A Pieno Regime e dalle mobilitazioni che l’hanno attraversata, vogliamo dare vita a un autunno di lotta capace di raccogliere un’eredità importante e aprire una nuova stagione di opposizione sociale: al governo Meloni, alla guerra, all’autoritarismo. Il primo appuntamento fondamentale sarà l’assemblea pubblica nazionale di sabato 21 settembre a Roma, un momento aperto di confronto e organizzazione per tutte le soggettività che vogliono costruire un’opposizione sociale autonoma, radicale, plurale. Negli ultimi mesi si è aperta, forse per la prima volta dall’insediamento del governo, una possibilità concreta di contrasto. Il disegno di legge sicurezza, concepito come celebrazione ideologica di una svolta post-democratica, è stato costretto dal basso a un percorso accidentato fino alla sua trasformazione in decreto – uno strumento giuridicamente più debole, come confermato dalla recente sentenza della Cassazione. Non è un dettaglio tecnico, ma il risultato politico di una mobilitazione di massa, determinata e conflittuale, che ha saputo unire radicalità e capacità di costruzione. Questa mobilitazione ha mostrato che è possibile andare oltre le coalizioni di scopo: costruire convergenze vere, generare processi ricompositivi, elaborare visioni alternative alle politiche del governo Meloni. Ma la battaglia sul decreto non è conclusa. Si inserisce in un quadro più ampio, segnato da una tendenza autoritaria sempre più evidente e da un’escalation bellica globale che impatta direttamente sulle nostre vite. La guerra, oggi, non è solo una questione geopolitica: è un dispositivo di governo che produce precarietà, disuguaglianza, controllo, esclusione. Ed è sostenuto da chi ne trae profitto: governi, grandi aziende, magnati della tecnologia e della logistica, che modellano il nostro presente e i nostri territori a immagine e somiglianza delle proprie strategie di potere. Per questo è urgente costruire una visione organica di opposizione alla guerra e all’autoritarismo, capace di intrecciare lotte sociali e territoriali, indicare chiaramente chi alimenta questo sistema di dominio e sfruttamento. Un’opposizione che sappia contrastare anche il modo in cui le politiche di riarmo stanno orientando le scelte politico-economiche del governo Meloni, accelerando la demolizione definitiva della spesa sociale e sottraendo risorse a scuola, sanità, welfare e diritti. In questo contesto, produrre opposizione sociale significa trasformare le nostre pratiche, generare conflitto, ma anche confrontarsi con ciò che accade nei palazzi del potere, smascherarne i meccanismi e sabotarne le narrazioni. Davanti al crollo imminente della democrazia liberale, serve un’alternativa concreta, radicale, capace di sfidare le macerie e accendere un futuro. Le tante realtà che attraversano la Rete A Pieno Regime saranno presenti nel prossimi mesi in diversi appuntamenti politici in tutta Italia. L’obiettivo è quello di rafforzare le connessioni esistenti, ampliare le dinamiche di convergenza e costruire insieme lo spazio politico necessario per affrontare la fase che ci attende. Tutto questo ci conduce a domenica 21 settembre, quando ci ritroveremo a Roma per una grande assemblea nazionale. Un momento decisivo per condividere prospettive,strumenti e alleanze contro la guerra, il governo Meloni e la deriva autoritaria.”
La geografia sa da che parte stare?
Articolo di Gaia Florese Gambase Di solito si pensa che lo studio della geografia sia limitato a memorizzare le capitali internazionali e a identificare le coltivazioni di barbabietole da zucchero. Nonostante, sin dai banchi di scuola, la disciplina venga presentata perlopiù in questo modo, a livello scientifico la geografia si occupa in realtà di temi diversi e complessi, come le relazioni fra i fenomeni sociali e i territori, l’educazione ambientale, le catene globali del valore, le disuguaglianze socio-spaziali, le riconfigurazioni urbane e rurali nei processi globali, o il ruolo delle dinamiche economiche e geopolitiche. Tuttavia, come disciplina moderna, la geografia è stata soprattutto uno strumento coloniale e militare per l’Occidente, sia attraverso la ragione cartografica, sia attraverso la costruzione di una visione egemonica del mondo, per il controllo e il dominio dei territori. Se da una parte esiste un’ampia produzione scientifica di geografie critiche e decoloniali, dall’altra, la relazione tra geografia, potere e disegno del mondo continua a godere di ottima salute – un esempio, tra altri, gli accordi fra il Politecnico di Torino e l’agenzia europea Frontex per la produzione di materiale cartografico utile per monitorare le rotte migratorie. Questi approcci differenti alla disciplina sono entrati in conflitto tra loro durante il XXXIV Congresso Geografico Italiano, svoltosi a Torino tra il 3 e il 5 settembre. Se di solito questi eventi hanno carattere perlopiù istituzionale, questa edizione del Congresso è stata caratterizzata da una mobilitazione contro le scelte del comitato scientifico e organizzativo, che ha deciso di aprire il Congresso lasciando parola, tra altri, a Michael Storper, geografo esperto di disuguaglianze socio-spaziali che negli ultimi anni ha fatto parlare di sé per le sue posizioni in merito al genocidio a Gaza e alla solidarietà verso la Palestina.  L’ASSEMBLEA «NO COMPLICITY IN GENOCIDE»  È il 2024, il campus dell’Ucla (University of California – Los Angeles), viene occupato dalle acampadas animate dalle mobilitazioni studentesche in solidarietà alla Palestina. Un gruppo di oltre 300 persone del corpo docente afferenti all’Università statunitense, incluso Storper, firma una lettera che esprime una ferma condanna delle occupazioni studentesche, definendole terroristiche e «pro-Hamas». La stessa lettera contiene attacchi espliciti anche alla componente del corpo docente solidale con il movimento studentesco, e una netta critica al movimento Bds (Boycott, Disinvestment, and Sanctions), presentato come intrinsecamente violento, antisemita e lesivo della libertà di parola e di pensiero. Lo stesso docente risultava già firmatario di un appello del 2023 in cui si chiedeva all’Ateneo di prendere misure contro le prime iniziative in supporto alla Palestina, con argomentazioni simili a quelle appena elencate.  Agosto 2025. A poche settimane dal XXXIV Congresso Geografico Italiano, un gruppo di geografi e geografe – perlopiù persone precarie – venute a Torino per l’evento, vengono a conoscenza di queste informazioni. Il gruppo si riunisce sotto il nome di Assemblea Geografa per chiedere chiarimenti al comitato organizzatore del Congresso, sottolineando che affidare l’apertura dell’evento al professor Storper, durante il perpetuamento di un genocidio, rischia di trasmettere un messaggio politicamente e moralmente problematico. Lo stesso gruppo nota che, fra le Università di provenienza dei relatori e relatrici delle presentazioni, figura anche un’affiliazione alla Hebrew University of Jerusalem, nota per la sua complicità con il complesso militare-industriale israeliano. Come ampiamente documentato da numerose organizzazioni, l’Università ha infatti una storia profondamente intrecciata con l’occupazione militare israeliana. Il suo campus principale, sul Monte Scopus, si trova a Gerusalemme Est – territorio palestinese occupato illegalmente anche secondo il diritto internazionale – e parte del campus è stato ampliato dopo il 1967 su terre espropriate a famiglie palestinesi. Per questi motivi è stata indicata dalla Palestinian Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel (Pacbi) come una delle istituzioni attivamente complici del sistema di occupazione, colonizzazione e apartheid. A questa richiesta di chiarimenti, il Comitato organizzatore risponde confermando l’invito al professor Storper e raddoppiando la sua presenza, con l’aggiunta della tavola rotonda Political activism and academic freedom in times of crisis, a cui invita una persona – preferibilmente precaria – in rappresentanza dell’Assemblea Geografa. Il processo collettivo, forte dell’adesione all’appello di oltre 100 persone partecipanti al Congresso, rifiuta la proposta di prendere parte alla tavola rotonda, ritenuta non orizzontale, squilibrata dal punto di vista delle relazioni di potere e fuori fuoco rispetto ai temi politici sollevati dal programma dell’evento. Ecco perché, in alternativa, si decide di disertare l’apertura del Congresso e la plenaria con la presenza di Storper convocando l’assemblea «No complicity in genocide».  L’intento di questa assemblea, introdotta da un intervento sui rapporti profondi e sempre più chiari tra Università e militarizzazione e da contributi di rappresentanti della campagna Bds, è stilare una mozione, in linea con altre associazioni scientifiche, affinché l’A.Ge.I (Associazione dei Geografi Italiani) applichi le linee guida del boicottaggio accademico e si dissoci da ogni complicità con il genocidio. Nel corso dell’assemblea, partecipata da oltre 150 persone, alcune di queste decidono di andare ad ascoltare la plenaria in cui era presente Storper e riportano, indignate, alcuni contenuti. In quell’aula, interrotto da qualche fischio, Storper rilascia dichiarazioni gravi. Come testimoniano alcune registrazioni, l’accademico ribadisce la sua adesione al contenuto delle lettere sopracitate; critica l’ossessione da parte dell’Occidente per i crimini di Israele, menzionando un doppio standard; tenta di delegittimare la solidarietà alla causa palestinese con argomentazioni deliranti riguardo al trattamento riservato da parte di Hamas alle persone queer. Queste dichiarazioni scatenano l’indignazione dell’Assemblea Geografa che, in modo spontaneo, chiama un’azione di contestazione nelle fasi conclusive del suo intervento. Alcune persone con striscioni irrompono nell’aula: al grido di «Palestina Libera» e «Fuori i sionisti dall’Università» si pone fine a un momento vergognoso. GEOGRAFIE CRITICHE E BOICOTTAGGIO ACCADEMICO Ma perché l’Associazione dei Geografi Italiani e il comitato scientifico del Congresso più importante della disciplina in Italia non sono riusciti a prendere una chiara e netta posizione rispetto al genocidio? Perché è servito un gruppo di persone, in maggioranza vulnerabili dal punto di vista lavorativo, per avanzare la richiesta minima di riconoscere come un genocidio ciò che avviene in Palestina per mano di Israele? Gli strumenti epistemologici non mancano. Tra questi, le numerosissime pubblicazioni e prese di posizioni scientifiche in merito, come quella dell’International Association of Genocide Scholars (Iags) che, con una risoluzione di agosto 2025, ha dichiarato che le politiche israeliane e le azioni a Gaza ricadono nella definizione legale di genocidio. Considerati i molteplici posizionamenti in merito, continuare a sostenere che la parola genocidio sia divisiva e possa generare opinioni contrastanti è grave e rimanda, in realtà, a nodi politici e di accumulo di potere all’interno dell’accademia contemporanea che si estendono ben oltre questo evento scientifico. In questo modo, la complicità accademica al genocidio non si esplica soltanto con il sostegno materiale, ma anche nella validazione epistemica di posizioni e figure come quella di Storper, cui si è deciso di affidare l’apertura di un congresso scientifico. Nel panorama dell’accademia contemporanea, infatti, si nota una profonda reticenza a sostituire – o trasformare – i termini del potere scientifico con quelli del posizionamento politico. Se da una parte abbiamo assistito all’emergere di «saperi critici» e al loro affermarsi dentro i quadri di finanziamento del ministero nazionale e comunitario, dall’altra questa dimensione critica rimane estremamente vuota di contenuti quando si tratta di prendere un posizionamento politico, o di trasformare le modalità e i luoghi stessi attraverso i quali si costruisce conoscenza. Quindi, nonostante l’impianto accademico di stampo conservatore, positivista e neutrale sia stato superato a livello scientifico, l’impianto istituzionale che supporta la ricerca piega questi concetti a logiche di mercato, in linea con la crescente aziendalizzazione dell’Università neoliberale che delegittima i saperi critici, soprattutto fra le scienze sociali, seguendo l’agenda militare e industriale che co-finanzia tali progetti in linea con le agende internazionali sul riarmo.  Ecco perché non è un caso che la maggior parte delle mobilitazioni sul boicottaggio accademico emerga da chi rifiuta un modello di università antico e «critico» soltanto quando questo non significa perdere privilegi, sodalizi e finanziamenti. Il genocidio diventa allora un’opinione di cui dibattere attorno a una tavola rotonda, e chi porta avanti forme di boicottaggio e prese di posizioni radicali un promotore della censura della «libertà accademica».  Invece, in questo momento storico, il boicottaggio è uno degli  strumenti più potenti che, come accademiche, possiamo utilizzare per fare emergere i nodi di accumulo della militarizzazione progressiva della società, e per contestare la complicità del sapere accademico nel legittimare morte, guerra e colonialismi contemporanei.  Ciò che è avvenuto a Torino è uno spartiacque importante, di certo all’interno della disciplina geografica. Ha fatto emergere le gerarchie di potere, gli strumenti collettivi possibili per prendere posizione, ma anche il tipo di saperi e di Università che vogliamo costruire, vivere e attraversare in questo momento storico. Di certo, l’Assemblea Geografa non è sola in questo processo. Mentre la Global Sumud Flottilla sta percorrendo lo spazio marittimo costruendo contro-geografie di solidarietà e attraversamento, il 13 settembre si è tenuta a Roma l’assemblea «La conoscenza non marcia» per contrastare la militarizzazione di Università e scuole, a cui hanno aderito moltissime associazioni e collettività scientifiche che non vogliono rendersi complici del genocidio in corso.  Il duo di geografe Gibson-Graham si chiedeva: «In che modo il nostro lavoro può aprire nuove possibilità? Che tipo di mondo vogliamo contribuire a costruire? Quali possono essere gli effetti di un avanzare teorizzazione piuttosto che un’altra?» Di che tipo di Università vogliamo essere parte? Nel contesto del Congresso Geografico Italiano, chi ha preso parte alla mobilitazione ha deciso da che parte stare: quella del sapere critico e libero, ma soprattutto posizionato contro il genocidio. *Gaia Florese Gambase è l’anagramma di Assemblea Geografa, una firma collettiva scelta da chi scrive, da una parte per incorporare le forme di distribuzione collettiva di co-autorialità, dall’altra per scorporare forme di individualizzazione nel contesto accademico, e dai testi, e dai processi. L'articolo La geografia sa da che parte stare?  proviene da Jacobin Italia.
Parma, 19 settembre: Democrazia a Scuola, incontro con Osservatorio militarizzazione
Venerdì 19 settembre, alle ore 17.15, nella Sala conferenze dell’Assistenza Pubblica in via Gorizia 2/A a Parma si terrà un incontro pubblico sul tema “La democrazia a scuola e nelle università. Una rivoluzione necessaria”, organizzato da Parma Città Pubblica APS e dal Movimento 5 Stelle di Parma. Come insegnanti e studenti che credono nella scuola disegnata dalla nostra Costituzione riteniamo urgente interrogarci sulla situazione del nostro sistema educativo, nel quale appaiono sempre più compressi gli spazi di confronto e dibattito democratico e sempre più lontane dai valori di pace, inclusione, non violenza, dialogo e cura le indicazioni imposte dall’alto per condizionare la didattica e impedire il pensiero critico. Le politiche economiche neoliberiste assunte dall’Italia negli ultimi trent’anni hanno portato alla creazione della scuola-azienda attraverso una serie di riforme degli ordinamenti scolastici e dei programmi. Il linguaggio economico è entrato nella valutazione con l’introduzione dei concetti di debito e credito; nell’organizzazione della scuola con l’offerta formativa; nell’accento sullo studente come individuo e lavoratore che costruisce il proprio curriculum. Come questi cambiamenti hanno inciso nella concezione e nella pratica della scuola, dell’università e dell’educazione come bene comune? Quali le prospettive future? Può esistere una scuola veramente democratica senza un nuovo modello economico? Fino a che punto siamo disposti ad accettare che la militarizzazione e l’ideologia della guerra, della competizione e dell’esclusione entrino a scuola e in università? Per discuterne Roberta Roberti e Silvia Delitala dialogheranno con alcuni ospiti provenienti dal mondo della politica e dell’educazione: la senatrice Barbara Floridia (Movimento 5 Stelle), la professoressa Vincenza Pellegrino, docente di Sociologia e membro dell’Osservatorio paritetico docenti e studenti contro la normalizzazione della guerra e per la pace di UNIPR, Antonino Cento e Annachiara Galli, rappresentanti delle associazioni studentesche universitarie UDU e SSU, Serena Tusini dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università e il Dott. Alessandro Monchietto del Movimento per la Biodiversità neurologica Neuropeculiar. Il mondo della scuola e la cittadinanza tutta sono invitati a partecipare.
#stopthegenocideingaza🇵🇸 Antonio Mazzeo: Da #Israele all'Italia, quando la #Scuola va alla #guerra #freepalestine🇵🇸 https://www.youtube.com/watch?v=ZCzbn-FF4tc&t=20s