L’insostenibile leggerezza del Salone del libroLe parole tra noi leggere era il titolo e il tema del Salone del libro di
quest’anno. Ma ovviamente la leggerezza non era sempre sostenibile, e non solo
in termini ambientali. Seppure forse per la prima volta ci fosse uno stand,
peraltro meraviglioso, dove si sono concentrati gli incontri a tema ambientale.
Lo stand era “Il bosco degli scrittori”, di Aboca, pieno di verde e profumi, che
solo ad entrarci ti sentivi meglio, a dimostrazione di quanto abbiamo bisogno,
del verde e della natura.
Gli eventi, che fossero presentazioni, dialoghi, panel, tavole rotonde o altro,
erano come sempre tantissimi, e per la nota legge di Murphy ce n’erano almeno
tre che mi interessavano tantissimo alla stessa ora. Quindi al Salone bisogna
scegliere. Alle volte è il Salone stesso che ti fa scegliere, quando per esempio
non hai prenotato e stai in coda per ascoltare Paul Murray dalla sua viva voce
irlandese e poi ti mandano via perché tutti i prenotati si sono presentati. Of
course. Alle volte si sceglie in base a dove si è, a dove c’è meno gente, a dove
regna il silenzio.
Al Salone, si sa, il silenzio è d’oro o meglio del tutto assente. Così come sono
assenti dei punti dove ricaricare i telefoni o gli iPad, onestamente una cosa un
po’ disdicevole. Di tutti i disagi del Salone, ovvero le code ai bagni, il
guardaroba che alle 11 è già pieno, il caffè che costa 2 euro (come neppure al
più caro degli autogrill), l’aria viziata, questo del non poter caricare i
device lo trovo il più fastidioso e il più ovviabile.
Ma basta lamenti. Vi racconto chi ho visto e sentito.
JAN BROKKEN
L’Olanda era il paese ospite di questa edizione. E Jan Brokken era l’ospite
degli ospiti. Ha fatto diversi eventi, alcuni affollati come non mai, altri più
di nicchia. Io sono andata a quello della serie “Lo scrittore invisibile”, in
cui gli scrittori affrontano il tema della traduzione. Era quindi presente anche
la traduttrice Claudia Cozzi, che con il suo lavoro prezioso e – per l’appunto –
invisibile ha permesso a tutti i lettori italiani di godere delle opere di
Brokken. Il quale sembra uscito da un quadro fiammingo, e in un francese molto
pulito e vagamente esitante racconta che ha cominciato a scrivere a sette anni
in un pomeriggio piovoso in cui, non sapendo cosa fare, suo padre gli ha dato un
quadernetto blu; che usa sempre dei quaderni per appunti con la copertina blu;
che deve la sua abilità di scrittore a un incontro fortuito con Gabriel Garcìa
Marquez, da cui ha appreso tutti i segreti dei romanzi; e che da quando abita
vicino alla casa in cui ha vissuto Anna Frank è ancora più consapevole di quanto
le assenze, le persone che sono state sottratte alla vita con violenza e
ingiustizia e perversione, le assenze sono tanto vive e percepibili quanto le
presenze. Diventato famoso, almeno in Italia, per Anime baltiche, Brokken
conosce molto bene i luoghi dello sterminio, non li dimentica e non ce li fa
dimenticare. La scoperta dell’Olanda, sempre pubblicato da Iperborea, era nella
cinquina dei finalisti al Premio Strega Europeo (che poi ha vinto Paul Murray
con Il giorno dell’ape).
IIDA TURPEINEN
A proposito di finalisti allo Strega Europeo, a Torino c’erano tutti. Tra questi
sono andata a sentire Iida Turpeinen, che insieme a Dente ci svela il triste
destino de L’ultima sirena, (romanzo pubblicato da Neri Pozza) ovvero la ritina
di Steller, animale marino dichiarato estinto solo 27 anni dopo la sua scoperta,
oggetto delle attenzioni di collezionisti senza scrupoli e proto-ambientalisti,
in qualche modo simbolo del nostro rapporto con la natura. Quando la domanda
delle domande, posta da Dente, è se sia possibile scoprire qualcosa senza fare
danni. Iida Turpeinen, con il suo inglese vibrante e solo leggermente straniero,
risponde che pensa sia possibile. Anche perché a relazione tra uomo e natura nel
corso del tempo è cambiata, e quindi è un fatto culturale, non scientifico o
storico; come è cambiata nel passato, così può cambiare di nuovo. Può darsi che
tra cento o mille anni qualcuno dirà di noi, che cretini, sapevano tutto del
cambiamento climatico e non hanno fatto nulla; però intanto noi possiamo
cambiare il nostro modo di essere con la natura.
MARCO ALBINO FERRARI CON GIOVANNI COSTANTINI
Marco Albino Ferrari e Giovanni Costantini
La prima volta, al “Bosco degli scrittori” ci capito quasi per caso e ci trovo
anche degli amici. C’è Marco Albino Ferrari (Il canto del Principe, Ponte alle
Grazie) con il direttore d’orchestra e violoncellista Giovanni Costantini, e la
storia che raccontano insieme è davvero meravigliosa. Un anno prima della
tempesta Vaja, un’altra tempesta di vento abbatté l’Avez del Prinzep, l’abete
del principe, un abete bianco secolare dell’altopiano di Lavarone. Una volta
passato lo stupore e il dolore, una volta accertato che non c’erano morti e
feriti, restava cosa fare con il legno. Ci voleva qualcosa che onorasse la vita
ultracentenaria di questo abete che spiccava metri sopra gli altri e che
richiamava i turisti ad ammirarlo in silenzio. In un’assemblea che raccoglieva
tutti gli abitanti dei paesi sparsi per l’altopiano, qualcuno propose di fare
degli strumenti ad arco. Era l’idea di Giovanni Costantini: di solito questi
strumenti si fanno con l’abete rosso, ma si possono fare anche con quello
bianco. E gli strumenti musicali vivono e suonano e regalano gioia per centinaia
di anni. Il violoncello di abete bianco, nato dal Prinzep, risuona tra le panche
di legno grezzo. E ovviamente nei cuori.
CARLA MADEIRA
Ed ecco un’altra finalista dello Strega Europeo (ve l’avevo detto che c’erano
tutti), l’autrice brasiliana più amata nel suo paese, ma anche in Europa e qui
da noi. Al Salone la presenta Chiara Valerio. Ed è una conversazione densa,
solida, senza preliminari e senza giri di parole. Del resto in Preludio (Fazi
editore) ci sono due figli, due gemelli, che vengono chiamati Caim e Abel dal
padre, per fare dispetto alla madre. C’è Vedina che, in quella che sembra una
giornata come le altre, fa qualcosa che non pensava di poter fare. C’è
l’ambiguità della famiglia e dell’amore, quello che viene tolto e quello che
viene dato. E a differenza che nella vita, in cui non riusciamo a trovare il
tempo e l’energia per chiederci che cosa ci sia dietro la cattiveria o dietro la
disperazione, nei romanzi il tempo per quel che viene prima dell’atto, il tempo
per il preludio esiste. Sia Carla Madeira che Chiara Valerio hanno studiato
matematica, e concludono sottolineando come tanto i simboli quanto le parole
sono modi per esprimere la nostra soggettività, e diventano soggettivi nel
momento in cui li si usano. Una bella riflessione da portarsi a casa.
JACQUES ATTALI
L’avevo cominciato prima del Salone, il saggio Conoscenza o barbarie, Storia e
futuro dell’educazione (Fazi editore). Jacques Attali era insieme a Enrico
Galiano, e chi meglio di loro due poteva conversare sull’educazione. A partire
da quello che serve e servirà davvero, cioè “imparare a imparare”. È probabile
che nel futuro non si vivrà facendo un solo mestiere, ma se ne cambieranno
molti; anche ora ci sono persone che cambiano mestiere più volte nella vita, ma
tra non molto lo dovranno fare tutti. E imparare a imparare presuppone la
pazienza, la tenacia. Bisogna resistere al fallimento, che è un inevitabile
passaggio nel processo di apprendimento, e bisogna avere la pazienza e la
tenacia di continuare, di insistere. Le tecnologie che usiamo non contemplano la
pazienza, per questo va insegnata… con pazienza. E poi bisogna avere amore per
se stessi, e fiducia nelle proprie possibilità. Perché secondo Attali non ci
sono limiti a quello che possiamo studiare. Il nostro mondo è fatto di
contraddizioni estreme, l’oscurantismo tecnologico e una enorme massa di
conoscenze condivise. Non sarà facile trovare un equilibrio tra queste
contraddizioni, ma non è neppure impossibile. Saranno lo spirito critico, che si
coltiva soprattutto con la lettura, e la grinta, la forza di voler superare i
nostri limiti, a traghettarci nel futuro.
GUIDO SARACCO E CLAUDIA PASQUERO
Ritorno al “Bosco degli scrittori”, a rinfrescarmi e respirare un’aria che non
sia quella viziata del Lingotto. Ora ci sono due professori, e il tema è
“Sopravvivere al clima”. Claudia Pasquero (suo un contributo del volume Come sta
la terra? Il Castoro) parte da un esempio: nessuno si è preoccupato dei danni
della caccia alle balene quando non c’era più bisogno dell’olio di balena,
finché un ricercatore aveva quasi per caso intercettato il suono che questi
cetacei emettevano sott’acqua, un suono che era un canto e un linguaggio;
improvvisamente le balene ci sono diventate vicine, amiche, abbiamo sentito il
bisogno di proteggerle. La stessa narrazione deve essere trovata per tutti i
problemi legati al cambiamento climatico, commenta Guido Saracco (autore con
Maurizio Ferraris di Tecnosofia, Laterza). Se ci mettiamo in relazione con il
mondo naturale in un modo diverso da come abbiamo fatto finora, certamente
potremo trovare delle soluzioni che neppure immaginavamo.
JEAN GIONO
Per qualche ragione ignota, Il canto del mondo di Jean Giono non era mai stato
pubblicato in Italia. Ci ha pensato ora l’editore Settecolori, che non potendo
ovviamente invitare l’autore ha chiamato il traduttore Leopoldo Carra e il
giornalista Carlo Grande, che conosce molto bene non solo l’opera di Giono ma
anche quella Provenza aspra, montuosa e per niente turistica che il grande
scrittore francese racconta. Carlo Grande ha anche incontrato, tempo fa, a
Manosque, la moglie e la figlia di Giono. Il canto del mondo è un manifesto
ecologista ante litteram, un romanzo sinestesico, un racconto che celebra il
sacro presente nella natura. Molti di noi conoscono Jean Giono come l’autore di
L’uomo che piantava gli alberi, spesso considerato un libro per ragazzi e
utilizzato nelle scuole per comunicare la forza della natura, la tenacia
dell’uomo e la possibilità della rinascita. Il canto del mondo è anch’esso un
romanzo che ci indica la strada: ci si può salvare solo vivendo in armonia con
la natura, obbedendo e rispettando le sue leggi. Il libro uscirà presto in
edizione numerata.
Posso concludere con la stessa frase che avevo scritto dopo un altro Salone del
libro: la cultura, la lettura, i libri sono molto di più e molto di meno di
quello che si pensa.
Sono esattamente il valore che gli diamo noi.
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