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Confermata la morte in carcere di tre padri di famiglia di Gaza
Gaza. L’Autorità per gli Affari dei Prigionieri palestinesi e la Società dei Prigionieri palestinesi (PPS) hanno comunicato la morte di tre detenuti della Striscia di Gaza nelle carceri israeliane. Secondo una dichiarazione congiunta rilasciata giovedì, i martiri sono: Taysir Saeed Al-Abed Sabbaba, 60 anni, Khamees Shukri Ashour, 44 anni, e Khalil Ahmad Khalil Haniyeh, 35 anni. La famiglia di Taysir Sabbaba è stata ufficialmente informata tramite l’organizzazione israeliana “HaMoked” in seguito alla risposta dell’esercito israeliano. Israele ha anche confermato la morte di Ashour e Haniyeh. Secondo le informazioni, Sabbaba è morto il 31 dicembre 2024, due mesi dopo il suo arresto. Ashour è morto l’8 febbraio 2024, appena un giorno dopo essere stato arrestato, e Haniyeh è morto il 25 dicembre 2024, circa un anno dopo il suo arresto. La dichiarazione ha sottolineato che tutti e tre i prigionieri hanno lasciato famiglie: Sabbaba era padre di nove figli, mentre Ashour e Haniyeh ne avevano quattro ciascuno. L’autorità e il PPS hanno sottolineato che queste morti fanno parte di una lista crescente di detenuti deceduti in custodia israeliana dall’inizio del genocidio in corso. Tra le cause figurano tortura, fame, negazione di cure mediche, violenza sessuale e maltrattamenti deliberati. Secondo la documentazione delle associazioni per i diritti dei prigionieri, il numero di detenuti deceduti dall’inizio dell’attuale guerra ha superato le 100 unità. Tra questi, 84 sono stati ufficialmente identificati, inclusi 50 provenienti da Gaza. Questo porta a 321 il numero totale di palestinesi deceduti sotto custodia israeliana dal 1967. L’Autorità dei Prigionieri e il PPS hanno ritenuto Israele pienamente responsabile delle morti e hanno esortato la comunità internazionale per i diritti umani ad agire per assicurare i leader israeliani alla giustizia per crimini di guerra. Hanno condannato la cultura dell’impunità garantita a Israele dagli Stati Uniti e da altri, un’impunità che ha raggiunto l’apice durante l’attuale genocidio. Il rapporto ha rilevato che la stragrande maggioranza dei prigionieri è trattenuta senza processo, in detenzione amministrativa arbitraria o designata come “combattente illegale”. A novembre dello scorso anno, i detenuti amministrativi erano 3.368 e quelli etichettati come “combattenti illegali” 1.205, senza contare tutti gli arrestati a Gaza.
La Società dei Prigionieri Palestinesi conferma l’aumento esponenziale degli arresti israeliani e delle punizioni collettive
Ramallah. La Società dei Prigionieri Palestinesi (PPS) ha dichiarato che le autorità israeliane stanno portando avanti campagne senza precedenti di detenzioni sistematiche dall’inizio della guerra genocida dell’occupazione, con circa 21.000 arresti in Cisgiordania, inclusa Gerusalemme, oltre a migliaia di palestinesi detenuti a Gaza. In una dichiarazione, la PPS ha affermato che le autorità israeliane stanno perpetrando ulteriori crimini sistematici contro i detenuti e le loro famiglie, che costituiscono un’estensione della guerra di sterminio. La dichiarazione ha sottolineato che le cifre quotidiane degli arresti non riflettono solo l’aumento dei numeri, ma anche l’escalation del livello dei crimini associati, in particolare le esecuzioni extragiudiziali compiute dall’esercito di occupazione. Queste uccisioni sono accompagnate da iniziative legislative nello Stato occupante per promulgare una legge che consenta la pena di morte per i prigionieri palestinesi. La PPS ha affermato che tutti i crimini attuali dell’occupazione rappresentano un’estensione della sua politica pluridecennale di presa di mira della presenza palestinese e dell’imposizione di ulteriori strumenti di repressione, controllo e sorveglianza, ma l’intensità delle violazioni è aumentata drasticamente dall’inizio dell’ultima guerra. Ha inoltre rilevato che la demolizione delle case dei prigionieri Abdul Karim Sanoubar e Ayman Ghanem, avvenuta martedì mattina, fa parte del continuo tentativo di Israele di colpire la presenza palestinese e attuare punizioni collettive. Queste operazioni sono aumentate a livelli senza precedenti dall’inizio della guerra genocida. (Fonti: PIC, Wafa, Quds News).
Diritti umani negati
Genova-API. Diritti umani negati. Secondo diverse organizzazioni per i diritti umani, lasciare un detenuto malato senza cure non può essere considerato un semplice “errore medico”, ma può costituire — ai sensi del diritto internazionale umanitario e della Convenzione contro la tortura — una forma di trattamento crudele o disumano, potenzialmente letale. Se comprovato, ciò potrebbe configurarsi come un crimine di guerra. Le istituzioni specializzate nella tutela dei prigionieri hanno documentato, negli ultimi mesi, decine di casi di grave deterioramento delle condizioni di salute all’interno delle carceri israeliane, denunciando quella che definiscono una politica di negligenza medica sistematica. Testimonianze di detenuti, avvocati e organizzazioni per i diritti umani riportano inoltre gravi violazioni, tra cui maltrattamenti, torture fisiche e psicologiche, minacce ai minori e presunte aggressioni sessuali. Tali organizzazioni chiedono l’apertura di indagini internazionali indipendenti per verificarne la fondatezza e garantire l’eventuale accertamento delle responsabilità. Le stesse organizzazioni attribuiscono al ministro della Sicurezza Nazionale israeliano, Itamar Ben Gvir, la responsabilità di un ulteriore irrigidimento delle condizioni detentive, citando visite a detenuti di rilievo accompagnate — secondo tali resoconti — da minacce e da un peggioramento delle condizioni di prigionia. Le istituzioni per i diritti umani rinnovano il loro appello affinché: * sia garantita assistenza medica immediata ai detenuti; * sia consentito l’accesso a commissioni internazionali di indagine; * vengano interrotte tutte le pratiche potenzialmente in violazione del diritto internazionale umanitario; * siano protetti tutti i prigionieri, incluse donne e minori, da qualsiasi forma di tortura o abuso. Lunedì, 1° dicembre 2025 Associazione dei Palestinesi in Italia (API)
Campagna globale chiede la liberazione del leader palestinese Marwan Barghouti dalla prigione israeliana
Gaza. Un’iniziativa mondiale è stata avviata per chiedere la liberazione della leader politico palestinese, Marwan Barghouti, che è stato rapito dal regime israeliano. La campagna, organizzata dalla famiglia di Barghouti con sede in Cisgiordania e sostenuta da gruppi civili britannici, cerca di porre la condizione del 66enne al centro dei prossimi negoziati per il cessate il fuoco tra il movimento di resistenza palestinese Hamas e Israele. Barghouti è ampiamente considerato uno dei principali candidati per la futura leadership palestinese e si classifica costantemente al primo posto nei sondaggi di opinione pubblica. Murales con la scritta Free Marwan, coordinati da Calum Hall, fondatore di Creative Debuts, una società di consulenza creativa e piattaforma artistica, sono apparsi in tutta Londra, mentre una grande opera pubblica è stata inaugurata anche nel villaggio di Kobar, vicino Ramallah. Una lettera che sollecita la sua liberazione, firmata da figure politiche e culturali, dovrebbe essere pubblicata la prossima settimana. Nel 2004, un tribunale israeliano ha inflitto a Barghouti cinque ergastoli più 40 anni con l’accusa di coinvolgimento in operazioni durante la seconda intifada. L’Unione Interparlamentare (IPU), un organismo internazionale, ha condannato il processo definendolo “gravemente viziato”. Nonostante le forti pressioni di Hamas e degli Stati del Golfo Persico, Israele si è rifiutato di liberarlo durante lo scambio di prigionieri seguito al cessate il fuoco di ottobre. Molti osservatori sostengono che Israele si opponga al suo rilascio perché teme la sua capacità di diventare un potente sostenitore dei diritti palestinesi. Secondo i rapporti, come Israele, anche alti esponenti di Fatah si oppongono alla liberazione di Barghouti e hanno consigliato a Tel Aviv di non includerlo in alcun accordo di scambio di prigionieri. Barghouti è stato ripetutamente tenuto in isolamento senza beni di prima necessità e ha subito quattro gravi torture dal 2023, eppure si ritiene che sia ancora in grado di assumere una leadership politica, se liberato. Gli sono state negate visite da parte della famiglia per tre anni, e i suoi avvocati lo hanno visto solo cinque volte in due anni. Al Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) è stato impedito dal regime occupante di contattarlo, in violazione del diritto internazionale. Il 15 agosto, è stato deriso e minacciato di esecuzione dal cosiddetto ministro della sicurezza israeliano, Itamar Ben-Gvir, in una registrazione video. La Knesset (il parlamento israeliano) sta ora esaminando un disegno di legge sostenuto da Ben-Gvir che consentirebbe la pena di morte per coloro che vengono condannati per aver compiuto operazioni contro coloni nei Territori Occupati, una misura che includerebbe Barghouti. (Fonti: PressTV e Quds News). Traduzione per InfoPal di F.L.
Hamas denuncia l’uccisione e la tortura sistematiche dei detenuti palestinesi nelle prigioni israeliane
Gaza – PressTv. Il movimento di resistenza palestinese Hamas ha condannato l’uccisione e la tortura sistematiche dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane come “crimini di guerra a tutti gli effetti”, esortando la comunità internazionale ad agire. In una dichiarazione di giovedì, Hamas ha accusato Israele di aver deliberatamente trasformato le proprie strutture detentive in luoghi di uccisioni sistematiche e torture dei detenuti palestinesi. Ha sottolineato che, dall’inizio della guerra genocidaria del regime occupante contro la Striscia di Gaza assediata, nell’ottobre 2023, decine di detenuti palestinesi sono stati uccisi e molti altri sottoposti a maltrattamenti brutali nell’ambito di una campagna organizzata di repressione. Secondo Hamas, almeno 94 palestinesi sono morti mentre erano sotto custodia israeliana, dall’ottobre 2023, con sopravvissuti e gruppi per i diritti umani che riferiscono abusi scioccanti, inclusi pestaggi gravi, ustioni con acqua bollente, attacchi di cani, violenze sessuali, nonché negazione di cibo, sonno e cure mediche. “Ciò riflette un approccio criminale organizzato che ha trasformato queste prigioni in campi di sterminio diretti per eliminare la nostra gente”, si legge nella dichiarazione. Hamas ha inoltre denunciato le pratiche israeliane come “crimini di guerra a tutti gli effetti ai sensi del diritto umanitario internazionale, che rivelano la natura brutale del regime di occupazione (israeliano)”. Il gruppo di resistenza con base a Gaza ha anche esortato le Nazioni Unite, le organizzazioni internazionali per i diritti umani e la comunità globale a fare pressione su Israele affinché ponga fine a tali abusi e garantisca i diritti dei detenuti secondo il diritto internazionale. Le stime attuali suggeriscono che più di 10.000 palestinesi, tra cui donne e bambini, sono detenuti nelle prigioni israeliane. Israele ha ucciso quasi 70.000 palestinesi e ne ha feriti almeno 170.000 nella Striscia di Gaza dall’ottobre 2023, quando ha lanciato la sua guerra genocidaria contro il territorio.
Acqua bollente, attacchi dei cani e morte: 9.000 palestinesi subiscono torture nelle prigioni israeliane
Gaza – Quds News. Organizzazioni israeliane hanno rivelato che Israele sta torturando i detenuti e gli ostaggi palestinesi in condizioni orribili. Il rapporto, pubblicato da Haaretz, descrive scioccanti forme di tortura disumana nei centri di detenzione israeliani dall’inizio del genocidio a Gaza. Secondo il rapporto, le forze israeliane hanno versato acqua bollente su ostaggi palestinesi immobilizzati e bendati. I detenuti hanno affrontato condizioni climatiche estreme, pestaggi, attacchi di cani e aggressioni sessuali. Gli abusi sono avvenuti in tutte le fasi della detenzione. Almeno 94 ostaggi e detenuti palestinesi sono morti sotto tortura nelle strutture israeliane dall’inizio del genocidio. Il rapporto avverte che circa 9.000 palestinesi vivono attualmente in condizioni insopportabili. Molti sono detenuti in quella che il documento definisce condizioni “infernali”, con pochissimo o nessun controllo esterno. I gruppi hanno sottolineato che questi abusi sono sistematici e diffusi. Negligenza medica, fame, tortura fisica e psicologica sono comuni. Nonostante la gravità, pochissime indagini sono state avviate e la responsabilità rimane praticamente inesistente. Il rapporto chiede alle Nazioni Unite e agli organismi per i diritti umani di affrontare le crescenti violazioni e di proteggere la vita dei detenuti e degli ostaggi palestinesi.
La devastante situazione nelle carceri israeliane
Ma’an. La Commissione per gli Affari dei Prigionieri palestinesi e il Club dei Prigionieri palestinesi, sulla base di decine di visite sul campo condotte dalle loro squadre legali nel novembre 2025, hanno rivelato un aumento senza precedenti di torture, maltrattamenti e carestie nelle carceri e nei centri di detenzione israeliani, in quello che hanno descritto come uno “sterminio prolungato” di detenuti palestinesi. In una dichiarazione congiunta rilasciata giovedì 27 novembre, la Commissione e il Club dei Prigionieri hanno segnalato il continuo uso di scosse elettriche, proiettili ricoperti di gomma, la negazione di cure mediche e le aggressioni sistematiche ai danni di prigionieri malati e feriti, oltre all’epidemia di scabbia in diverse carceri, con centinaia di casi registrati. Le squadre legali hanno potuto visitare diversi detenuti di Gaza trattenuti nella sezione sotterranea “Rakeft” del carcere di Ramle. Le équipe hanno trasmesso testimonianze strazianti sul trattamento subito dai detenuti dal momento dell’arresto, durante gli interrogatori e, in seguito, durante la loro detenzione nella sezione sotterranea chiusa. Per quanto riguarda la questione delle donne e dei minori detenuti, la situazione e le condizioni di prigionia sono rimaste sostanzialmente invariate. Nel mese di novembre, sono stati registrati numerosi atti repressivi sistematici nei loro confronti e donne e minori detenuti sono stati sottoposti a varie forme di abuso. Le prigioniere hanno descritto dettagli duri e degradanti che riflettevano la politica di privazione e negazione praticata nei loro confronti dall’amministrazione penitenziaria. Le prigioni visitate includevano: Negev, Ofer, Damon, Shatta, Megiddo, Gilboa, il campo di Ofer (Gilad), il carcere di Ganot (ex Ramon e Nafha) e la sezione di Rekefet del carcere di Ramle. La Commissione e il Club per i Prigionieri palestinesi hanno sottolineato che questo aggiornamento giunge in un momento in cui l’occupazione sta rapidamente tentando di promulgare una legge per giustiziare i prigionieri palestinesi, una delle leggi più pericolose che abbia mai tentato di imporre. Nel bel mezzo della guerra di sterminio in corso nelle carceri e nell’ambito di una serie di leggi che prendono di mira la presenza palestinese, l’occupazione, che per decenni ha perpetrato esecuzioni extragiudiziali attraverso una serie di politiche, tra cui le uccisioni lente che hanno colpito centinaia di prigionieri, sta lavorando per legalizzare e sanzionare ufficialmente le esecuzioni. Campo di Gilad e Sezione Rekafet: testimonianze terrificanti. Le squadre legali hanno confermato che nel campo di Gilad sono state osservate ripetute scosse elettriche, i prigionieri costretti a dormire su duri letti di ferro, oltre a fame e umiliazioni costanti. Nella sezione sotterranea di Rekafet del carcere di Ramle, le organizzazioni hanno documentato testimonianze scioccanti di detenuti di Gaza riguardanti percosse, privazione del sonno, negazione di cure mediche, restrizioni alla preghiera e fornitura di pasti scarsi. Prigione del Negev: la tortura continua e i prigionieri muoiono. La prigione del Negev continua a registrare gravi violazioni, tra cui l’uso di proiettili di gomma all’interno delle celle e nel cortile, la negazione di cure mediche e il peggioramento dei casi di scabbia. I prigionieri vengono inoltre lasciati morire di fame e le loro razioni alimentari vengono ridotte nonostante una sentenza della Corte Suprema israeliana che impone pasti migliori. L’epidemia di scabbia continua, e il sistema carcerario la sta trasformando in un ulteriore strumento di tortura e abusi. Il numero di casi è aumentato drasticamente ed è ora impossibile da tracciare. Persino i prigionieri, per i quali il gruppo legale ha ottenuto un ordine di trasferimento per le cure nella clinica, vengono spostati solo limitatamente dall’amministrazione carceraria. Sono costretti a firmare documenti che dichiarano di aver ricevuto cure, quando in realtà non ricevono alcuna assistenza medica. Al contrario, subiscono abusi e umiliazioni durante il trasferimento in clinica. I prigionieri hanno anche confermato la continuazione degli abusi sistematici durante il “controllo di sicurezza” (conteggio), durante il quale sono costretti a inginocchiarsi con le mani sopra la testa e poi ad abbassarle. Ogni prigioniero è costretto a sedersi in una piccola area designata all’interno della propria cella e, se ne esce, è sottoposto a percosse e abusi. I prigionieri hanno denunciato una recente repressione dopo il ritrovamento di una busta di plastica in una delle celle. I prigionieri sono stati aggrediti, picchiati ed è stato negato loro l’accesso al cortile del carcere. Le loro sofferenze sono peggiorate con l’arrivo dell’inverno e il freddo sempre più intenso, soprattutto di notte, mentre l’amministrazione penitenziaria continua a negare loro coperte e indumenti adeguati. La pratica della fame continua ad aumentare, con ulteriori riduzioni della quantità di alimenti. Nonostante una sentenza della Corte Suprema israeliana che impone di rivedere la questione del cibo fornito a prigionieri, il sistema carcerario ha ignorato la decisione e, di fatto, ha ulteriormente ridotto le razioni alimentari. Carcere di Ofer: epidemia diffusa di scabbia e retate in aumento. A novembre, decine di prigionieri sono stati visitati nel carcere di Ofer, uno dei più importanti, che ospita migliaia di detenuti palestinesi. Secondo numerose testimonianze, la scabbia è stata un argomento di discussione importante, soprattutto dopo la sua diffusa epidemia, persino nella sezione destinata ai minori. Il rapporto ha rilevato che, nonostante l’amministrazione penitenziaria affermi di fornire un trattamento a base di unguento e capsule, la realtà è ben diversa. Il tubetto di unguento distribuito a decine di prigionieri non è sufficiente, poiché ogni prigioniero necessita di più di un tubetto per ricevere cure adeguate. A causa della diffusione della malattia e della formazione di foruncoli, i prigionieri non sono in grado di stare in piedi, muoversi o dormire. L’epidemia a questo livello è dovuta a una serie di pratiche del sistema carcerario, in particolare: privare i detenuti di indumenti e articoli per l’igiene personale adeguati, indebolire il loro sistema immunitario a causa della fame, impedire loro di prendere aria fresca o luce solare e continuare a isolarli in celle sovraffollate. Oltre al rischio di epidemie, gli abusi persistono: repressioni e perquisizioni sistematiche, durante le quali vengono sparati proiettili di gomma e vengono utilizzati cani poliziotto. A novembre, una cella è stata perquisita dopo che l’amministrazione carceraria ha scoperto che i detenuti avevano borse che usavano per bloccare le finestre aperte da cui entrava freddo estremo. La situazione delle detenute nel carcere di Damon. Nel carcere di Damon, oltre 50 detenute sono sottoposte a perquisizioni corporali, negligenza medica e privazione dei beni di prima necessità; alcune sono affette da cancro. Sono inoltre sottoposte a isolamento, pressione psicologica e proibizione delle visite dei familiari. Diverse detenute hanno parlato delle dure e difficili condizioni sopportate durante gli interrogatori prima di essere trasferite nel carcere di Damon, dove alcune sono state interrogate per oltre un mese. Tra le questioni più importanti sollevate, le esigenze specifiche delle detenute sono state la grave carenza di assorbenti igienici e la necessità di un ginecologo per affrontare numerosi problemi di salute aggravati dalle oppressive condizioni di detenzione e dall’indebolimento del sistema immunitario dovuto alla fame. Nelle loro testimonianze, le prigioniere hanno anche descritto le gravi difficoltà psicologiche che affrontano nelle oppressive condizioni di isolamento, considerate una delle misure più pericolose e impattanti sulla loro salute mentale. Questo peso è aggravato dal continuo diniego delle visite dei familiari, soprattutto per le madri che sono state sradicate dalle loro case e separate dai loro figli. Dati statistici. A novembre 2025, il numero di prigionieri nelle carceri israeliane superava i 9.250, tra cui 1.242 condannati, più di 50 donne, 350 minori, 3.368 detenuti amministrativi e 1.205 classificati come “combattenti illegali”. Il numero di martiri all’interno del movimento dei prigionieri dall’inizio della guerra di sterminio è salito a oltre 100. La Società per i Prigionieri palestinesi e il Club dei Prigionieri palestinesi hanno invitato la comunità internazionale ad aderire al parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia sull’illegalità dell’occupazione, a condurre un’indagine internazionale sui crimini di tortura e di esecuzioni extragiudiziali, a respingere il progetto di legge che autorizza l’esecuzione dei prigionieri, a deferire tali crimini alla Corte Penale Internazionale, a imporre sanzioni all’occupazione e a consentire alle organizzazioni internazionali, in particolare alla Croce Rossa, di accedere alle carceri senza restrizioni.
AMO: il leader Abbas al-Sayyid è sottoposto a gravi abusi nell’isolamento di Megiddo
Gaza – PIC. L’Ufficio Media dei Prigionieri (AMO) ha accusato l’amministrazione carceraria israeliana di aver commesso “gravi violazioni” contro il detenuto veterano e leader della resistenza Abbas al-Sayyid, che è tenuto in isolamento in condizioni dure e degradanti. In una dichiarazione rilasciata martedì, l’AMO ha affermato che testimonianze legali hanno documentato chiari segni di aggressione fisica su al-Sayyid, 59 anni, tra cui un’estrema perdita di peso, lividi, gonfiore agli occhi e profonde tracce lasciate dalle manette metalliche. Secondo il gruppo, è stato trascinato incatenato in modo umiliante mentre veniva portato nella sala colloqui. Le testimonianze indicano, inoltre, che il 4 novembre 2025 al-Sayyid è stato picchiato durante il trasferimento in tribunale, sia quando è stato prelevato dall’isolamento sia mentre si trovava nella cella di attesa, come parte di una politica mirata ai leader di spicco del movimento dei prigionieri palestinesi. L’AMO ha affermato che il trattamento riservato ad al-Sayyid equivale a un “assassinio lento”, condotto lontano dal controllo pubblico, in diretta violazione del diritto umanitario internazionale e delle Convenzioni di Ginevra, che proibiscono la tortura e i maltrattamenti dei detenuti. Il gruppo ha avvertito che la vita di al-Sayyid è gravemente a rischio e ha ritenuto le autorità israeliane pienamente responsabili della sua sicurezza. Ha esortato il Comitato Internazionale della Croce Rossa e le organizzazioni internazionali per i diritti umani a intervenire immediatamente, ad avviare un’indagine urgente e a inviare squadre di ispezione per visitare al-Sayyid e monitorare le condizioni all’interno delle carceri israeliane.
Gruppo per i diritti: Israele intensifica il rapimento di donne e ragazze palestinesi con il pretesto dell’“istigazione sui social media”
Palestina occupata – PressTv. Un’organizzazione palestinese per i diritti umani ha avvertito che, nelle ultime settimane, le forze di occupazione israeliane hanno notevolmente intensificato la loro campagna di rapimenti contro donne e ragazze palestinesi con l’accusa di “istigazione sui social media”. Il Centro Palestinese per la Difesa dei Prigionieri, in una dichiarazione rilasciata lunedì, ha descritto la misura come un apparente tentativo di reprimere le voci che denunciano le azioni israeliane. Ha aggiunto che oltre 600 donne sono state detenute dall’inizio della guerra a Gaza, nell’ottobre 2023. Il centro ha sottolineato che 48 donne rimangono attualmente sotto custodia israeliana, con più di 40 detenute con l’accusa di istigazione digitale. Tra loro, dodici sono trattenute in detenzione amministrativa senza processo. Il gruppo per i diritti ha riportato che le persone prese di mira erano madri di combattenti della resistenza, attiviste sociali e studentesse universitarie. Le autorità israeliane hanno citato post sui social media che documentavano le loro azioni o mostravano immagini di martiri come giustificazione per classificare tali contenuti come istigazione. Le detenzioni sono avvenute durante aggressive operazioni notturne, caratterizzate da incursioni nelle case, danni alle proprietà, ammanettamento e bendaggio delle detenute, seguiti dal loro trasporto in condizioni umilianti con veicoli militari. Il rapporto ha rivelato che le donne incarcerate nella prigione di Damon sopportano gravi difficoltà, come cibo insufficiente, sorveglianza continua tramite telecamere, mancanza di cure mediche, controlli di sicurezza degradanti e brutali attacchi da parte di unità speciali, che includono percosse, gas, ammanettamento e l’ulteriore umiliazione di essere filmate. Il centro ha inoltre riportato il rapimento di diverse adolescenti con accuse simili, citando i nomi di Sally Sadaqa e Hanaa Hammad. Ha menzionato anche il caso di Tahani Abu Samhan, rapita mentre era incinta e che ha perfino partorito durante la sua detenzione. Inoltre, ha richiamato l’attenzione sul caso di Fidaa Assaf, una paziente oncologica privata di cure mediche adeguate. Il Centro Palestinese per la Difesa dei Prigionieri ha sottolineato che queste violazioni rappresentano una preoccupante intensificazione degli attacchi contro donne e ragazze, come parte di più ampi sforzi per sradicare la popolazione palestinese. Tali azioni violano apertamente il diritto internazionale stabilito per proteggere le donne in contesti di conflitto, ha osservato. Il centro ha evidenziato l’urgente necessità del rilascio di tutte le detenute e della cessazione delle detenzioni legate a opinioni personali o attività online. Ha invitato le organizzazioni internazionali a intensificare gli sforzi, assumersi le proprie responsabilità e garantire che Israele sia ritenuto responsabile delle continue violazioni contro le donne palestinesi.
Testimonianze rivelano gravi abusi nel carcere di Ofer; l’isolamento di Abu Al Hayja è visto come un lento assassinio
Jenin-PIC. La Commissione per gli Affari dei prigionieri e degli ex prigionieri ha rivelato nuove testimonianze di tre palestinesi nel carcere di Ofer, documentando condizioni di detenzione descritte come “tra le più dure”, che vanno dalla negligenza medica alle aggressioni fisiche, fino alle incursioni quotidiane nelle celle. Secondo l’avvocato della commissione, in un rapporto pubblicato domenica, il prigioniero Ahmed Adel Harish, di Beitunia, a ovest di Ramallah, detenuto dal 31 agosto 2025, soffre di forti dolori allo stomaco che si ritiene siano causati da un’infezione batterica, eppure riceve solo antidolorifici. Ha notato che il medico è spesso in ritardo di ore e a volte non si presenta affatto, mentre chiama deliberatamente i prigionieri in modo provocatorio da dietro la finestra, dicendo: “Chi vuole morire?” Harish ha anche riferito che la sua stanza è stata perquisita collettivamente dopo che i soldati avevano rotto un tagliaunghie, a cui hanno fatto seguito aggressioni ai prigionieri  portati fuori in cortile e tenuti in ostaggio per ore. Anche una soldatessa è stata portata dentro con il pretesto di ricevere denunce, dopodiché Harish è stato convocato e punito per la sua denuncia con un ordine di detenzione amministrativa o misure umilianti. Il prigioniero Naji Sharif Mahmoud Awadallah, di 24 anni, anche lui di Beitunia e detenuto dal 28 agosto 2025 con un ordine amministrativo di quattro mesi, ha fornito un resoconto simile, descrivendo il campo come estremamente duro: percosse continue, perquisizioni e attacchi quotidiani, cibo scarso, nessuna igiene e privazione sistematica del sonno togliendo i materassi alle 6 del mattino. Il prigioniero Ezzedine Ahmed Khudour, di 20 anni, di Biddu, a nord-ovest di Gerusalemme, soffre per  una ferita al piede per la quale era in cura prima del suo arresto, ma non riceve alcun farmaco o controllo medico da 70 giorni. Ha confermato che le celle mancano delle necessità di base, costringendo i prigionieri a bere acqua dal rubinetto del bagno per l’assenza di bicchieri. Khudour è un ex prigioniero che è stato arrestato di nuovo il 2 settembre 2025. La commissione ha affermato che queste testimonianze riflettono un pericoloso deterioramento della situazione umanitaria all’interno del campo di Ofer, rinnovando gli appelli per un intervento urgente e la fine delle continue violazioni contro i prigionieri. Isolamento di Jamal Abu Al-Hayja. L’ufficio stampa al-Asra ha confermato che il continuo isolamento del prigioniero e leader Jamal Abu al-Hayja, di 66 anni, nonostante il peggioramento della sua salute, rappresenta “una chiara insistenza in una politica di vendetta e di lento assassinio contro un simbolo del movimento dei prigionieri”. In una dichiarazione di domenica, l’ufficio ha osservato che l’occupazione ha rifiutato di rilasciare Abu al-Hayja in ogni accordo di scambio di detenuti e lo imprigiona dal 28 agosto 2002, con una condanna a nove ergastoli più 20 anni. L’ufficio ha ritenuto l’occupazione pienamente responsabile della sua vita, sottolineando che la continua imposizione di misure severe nei suoi confronti, nonostante l’età e il peggioramento delle sue condizioni, costituisce un pieno atto di lenta uccisione e una palese violazione delle Convenzioni di Ginevra, che richiedono protezione per i prigionieri, in particolare per i malati e gli anziani. Ha inoltre esortato le organizzazioni internazionali per i diritti umani e umanitarie a intervenire con urgenza per ottenere il rilascio di Abu Al-Hayja, porre fine alle sofferenze dei prigionieri malati e garantire la loro protezione legale e umanitaria all’interno delle carceri. Biografia di Sheikh Jamal Abu Al-Hayja. Riporta PIC: “Sheikh Jamal Abu Al-Hayja è un uomo istruito e un libero pensatore, con una laurea in lingua e storia araba e un diploma in arabo. “Ha perso suo figlio Hamza, martire, nel 2014, mentre suo padre, sua sorella e suo fratello sono morti durante la sua prigionia e gli è stato negato di dare loro l’estremo saluto. “Leader di Hamas, ha partecipato sia alla prima che alla seconda Intifada e ha svolto un ruolo di primo piano in diverse operazioni di resistenza che hanno causato vittime israeliane, tra cui l’attacco al ristorante Sbarro e l’operazione Nahariya nel 2001. L’occupazione lo ha accusato di coinvolgimento in altre operazioni e si è rifiutata di includerlo negli accordi di scambio dei prigionieri. “Nel marzo 2002, è sopravvissuto a un tentativo di assassinio, riportando ferite da schegge e un proiettile esplosivo che gli ha causato l’amputazione della mano sinistra. È stato ricercato fino al suo arresto, nell’agosto 2002, quando è stato sottoposto a duri interrogatori durati mesi e a torture, seguiti da quasi dieci anni di isolamento. “Sheikh Jamal Abu Al-Hayja è un’enciclopedia vivente di lotta, giustizia negata e vita pacifica. L’occupazione ha preso gran parte della sua vita e le vite dei suoi figli; sua moglie si è ammalata di cancro senza che lui potesse starle accanto o dirle addio. “I suoi figli sono stati arrestati ripetutamente e la sua famiglia ha sopportato profondi sacrifici per la dignità della patria. Il ciclo di arresti continua a circondare lui e la sua casa, mentre la detenzione amministrativa consuma gli anni dei suoi figli e figlie. “Nonostante tutto, rimane saldo, incrollabile e resiliente, affrontando le tempeste della vita con forza incrollabile per un quarto di secolo”. Traduzione per InfoPal di Edy Meroli