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Israele sta facendo circolare un video farlocco, di propaganda, sulla ricostruzione dello Shifa Hospital di Gaza
Gaza-InfoPal. All’inizio di questa settimana, i media israeliani hanno condotto una campagna che descriveva la ricostruzione di Gaza come in corso, mostrando filmati dell’ospedale Al-Shifa e sostenendo che era stato completamente ricostruito con importanti progetti di restauro di quanto distrutto dall’esercito israeliano. In realtà, solo una piccola parte dell’ospedale è stata effettivamente ricostruita.
Le uccisioni di Jenin sono l’ultimo esempio della politica israeliana dello “sparare per uccidere”. Video
di Simon Speakman Cordall,  Al Jazeera, 28 novembre 2025.   L’uccisione di due uomini disarmati mette in luce l’atteggiamento israeliano nei confronti di incidenti simili che non attirano l’attenzione dell’opinione pubblica interna. Questa immagine tratta da un filmato della Palestine TV del 28 novembre 2025, girato il giorno prima, mostra due palestinesi che alzano le mani in segno di resa davanti alle forze israeliane, pochi istanti prima di essere uccisi dai soldati durante un’operazione militare nella città di Jenin, nella Cisgiordania occupata da Israele [AFP] L’uccisione di due palestinesi disarmati mentre si arrendevano ai soldati israeliani nella città di Jenin, nella Cisgiordania occupata, è l’ultimo esempio di una pratica che, sebbene scioccante, non è eccezionale. I due uomini, identificati come Al-Muntasir Billah Abdullah e Youssef Asasa, avevano le braccia alzate e le camicie sollevate per mostrare che non avevano armi. Dopo che le forze israeliane hanno ordinato loro di tornare indietro verso l’edificio da cui erano usciti, hanno strisciato indietro. Sono stati poi uccisi a bruciapelo. Ripreso dalle telecamere, l’incidente di giovedì ha suscitato indignazione a livello internazionale e la promessa di un’indagine da parte dell’esercito israeliano. Ma per Itamar Ben-Gvir, ministro della Sicurezza Nazionale israeliano di estrema destra, le forze israeliane “hanno agito esattamente come ci si aspettava da loro: i terroristi devono morire”. Questo perché Israele ha da tempo una politica di “sparare per uccidere” quando si tratta di palestinesi, anche se disarmati. E anche se la ripresa delle uccisioni di Jenin ha reso il caso particolarmente eclatante, esso segue un modello di comportamento di lunga data. “La mentalità che ha portato a questo esiste da molto tempo”, ha detto Tirza Leibowitz, vicedirettrice di Physicians for Human Rights Israel. “È il risultato di anni di separazione, sottomissione e occupazione. Nel corso degli anni, la società israeliana si è semplicemente abituata a questo”. Il video mostra i soldati israeliani che sparano ai palestinesi che si arrendono a Jenin. Storia di violenza Leibowitz ha citato l’uccisione, nel gennaio 2024, della piccola Hind Rajab, di sei anni, a Gaza, che ha trascorso le sue ultime ore implorando aiuto al telefono con gli operatori umanitari, mentre era seduta in un’auto con i membri della sua famiglia già uccisi da un attacco israeliano. Rajab, insieme alla squadra di ambulanze palestinesi inviata per salvarla, è stata poi trovata morta. Un altro incidente a Gaza, che riecheggia gli omicidi di Jenin in quanto ripreso dalle telecamere, è stato l’omicidio nel marzo 2024 di due uomini disarmati, nonostante uno di loro avesse ripetutamente cercato di segnalare la sua resa. Nel 2018, c’è stato il famigerato caso di Mohammed Habali, un uomo con disabilità mentale che è stato ucciso con un colpo alla nuca mentre si allontanava dai soldati israeliani a Tulkarem. E nel 2020, Eyad al-Halaq, un palestinese affetto da autismo, stava andando alla sua scuola speciale quando è stato ucciso dalla polizia israeliana nella Gerusalemme Est occupata. Questa pratica è stata mortale anche per gli israeliani. Nel dicembre 2023, tre prigionieri israeliani erano fuggiti a Gaza. Mentre tentavano di arrendersi – uno di loro con in mano una bandiera bianca – sono stati uccisi dai soldati israeliani. Israele annuncia spesso indagini su tali incidenti, ma nella maggior parte dei casi – in particolare quando sono coinvolti palestinesi – i responsabili degli omicidi vengono lasciati liberi. Le uccisioni sono spesso giustificate come una risposta necessaria per persone ritenute una minaccia. Dopo anni di incidenti simili e poche ripercussioni, i critici sostengono che non sia sorprendente vedere continuare le uccisioni. “Avvengono nell’impunità”, ha affermato Leibowitz. “I tribunali nazionali eludono la questione, sostenendo che si tratta di un problema di sicurezza e che quindi non possono intervenire. Ciò crea l’onere per la comunità internazionale di porre un freno all’impunità [di Israele]”. “L’unica differenza tra questi [precedenti incidenti] e l’incidente più recente è che questa volta è stato ripreso dalle telecamere”, ha detto Leibowitz. “I gruppi israeliani per i diritti umani, come Yesh Din e B’Tselem, hanno documentato e seguito incidenti come questi per oltre un decennio, con scarsa o nessuna risposta da parte dei media o dell’opinione pubblica”. “A nessuno importa” L’uccisione di Abdullah e Asasa a Jenin difficilmente causerà uno scandalo in Israele. Le accuse di tortura, stupro e imposizione deliberata della fame hanno già perseguitato Israele durante la sua guerra genocida a Gaza, senza che l’opinione pubblica israeliana abbia reagito in modo significativo. “A nessuno importa. Nessuno è disposto a commentare”, ha affermato Aida Touma-Suleiman, membro palestinese del parlamento israeliano. “Due settimane fa, negli stessi giorni in cui l’ONU stava esaminando i casi di tortura commessi da Israele, ho cercato di presentare un disegno di legge che criminalizzasse la tortura”, ha detto. “Sono stata attaccata ferocemente da un ministro del governo che ha detto che stavo cercando di legare le mani allo Stato di Israele nel trattare con i ‘terroristi’”. “In sostanza, stava dicendo che Israele usa la tortura e deve continuare a farlo”, ha aggiunto. Tortura Le accuse di totale disprezzo per la vita dei palestinesi vanno oltre le esecuzioni a Jenin. Un rapporto presentato al comitato delle Nazioni Unite, redatto da diversi gruppi israeliani per i diritti umani, includeva prove di palestinesi sottoposti a cure mediche mentre erano ammanettati e bendati. Altri casi descrivevano palestinesi deliberatamente affamati e costretti a indossare pannolini invece di poter accedere ai servizi igienici. Tutte le accuse sono state negate da Israele. Secondo il gruppo per i diritti umani Yesh Din, tra il 2018 e il 2022 l’esercito israeliano ha ricevuto 862 denunce relative a presunti reati commessi dai soldati contro i palestinesi nella Cisgiordania occupata. A queste si aggiungono l’appropriazione di terreni, gli sfollamenti e gli attacchi da parte dei gruppi di coloni. Gli investigatori hanno avviato 258 indagini penali – circa il 30% delle accuse – ma solo 13 hanno portato a incriminazioni, che hanno coinvolto 29 soldati. Solo un caso riguardava l’uccisione di un palestinese. Ciò significa che circa l’1,5% delle denunce ha portato a un procedimento penale, e tali denunce coprivano solo una parte degli incidenti segnalati dai palestinesi. Per i casi mortali, il tasso era ancora più basso: un’incriminazione su 219 decessi segnalati all’esercito, ovvero circa lo 0,4%. Da allora, Israele ha ucciso quasi 70.000 persone a Gaza, oltre ad aver sfollato centinaia di migliaia di palestinesi. Venerdì scorso, il Comitato delle Nazioni Unite Contro la Tortura ha espresso la sua preoccupazione per le segnalazioni che indicano una “politica statale di tortura di fatto e maltrattamenti organizzati e diffusi [nei confronti dei palestinesi] durante il periodo di riferimento, una politica che si è gravemente intensificata dal 7 ottobre 2023”. La maggior parte degli israeliani può passare mesi o addirittura anni vedendo i palestinesi solo attraverso la copertura televisiva volta a suscitare paura e risentimento, ha sottolineato Shai Parnes, direttore delle relazioni pubbliche del gruppo per i diritti umani B’Tselem. Egli ha descritto un processo di apartheid e disumanizzazione che ha subito un’accelerazione dopo gli accordi di Oslo degli anni ’90, prima di essere strumentalizzato dal governo dopo l’attacco del 7 ottobre 2023 contro Israele. “Un paese non può compiere un genocidio senza che gran parte della sua società lo sostenga o sia indifferente. Ed è vero che alcune parti della società israeliana sono genocidarie, lo si può vedere nei commenti al video dei soldati a Jenin”, ha detto Parnes. “Israele non ha mai pagato alcuna pena per questo”, ha detto. “Questi crimini possono avvenire solo nell’impunità. I legislatori e i decisori politici devono essere chiamati a rispondere delle loro azioni. Ma questo non avviene. Chiunque faccia del male a un palestinese, che sia un soldato o un colono, lo fa nell’impunità”. https://www.aljazeera.com/news/2025/11/28/jenin-killings-latest-example-of-israels-shoot-to-kill-policy Traduzione a cura di AssopacePalestina Non sempre AssopacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.
Supervulkan / VOLUME
S    upervulkan release “VOLUME” out on November 28th 2025  composed, recorded, mixed and produced by Supervulkan – mastering by Gabriele Gramaglia. SupervulkanBase: Milano, ItalyGenre:  noise rock, post-metal, shoegaze, stoner rock LC – electric guitar, voice | SG – drums VOLUME Release: [November 28th 2025]  Tracklist 1.Notte nell’ontaneto2.Impero dei sensi3.Icaro incandescente4.Cristallomanzia5.Banshee del fuoco6.Paradísarheimt7.Mercuriocromo8.Yugen9.Spada di luce10.Sol Invictus […]
Università Estiva Parco Toledo: smilitarizzare per proteggere la vita
Lo scorso 13 settembre, nell’ambito della terza edizione dell’Università Estiva dell’Umanesimo Universalista (Parco Toledo), si è tenuta la tavola rotonda “Smilitarizzare per proteggere la vita”. Hanno partecipato come relatori Ovidio Bustillo, di Alternativas Noviolentas, Juana Pérez Montero in rappresentanza della nostra agenzia stampa Pressenza, Valentina Carvajal di Greenpeace e Inma Prieto di Mondo senza Guerre e senza Violenza, tutti membri dell’Alleanza per il Disarmo Nucleare, con i quali abbiamo potuto parlare al termine dell’evento. Ecco le loro dichiarazioni sul tema che ci ha riuniti quel giorno. Ovidio Bustillo, che coordinava la tavola rotonda, ha fornito il quadro generale. Juana Pérez Montero ha parlato del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari. Valentina Carvajal ha incentrato il suo intervento sulla campagna di denuncia del commercio di armi con Israele, nel pieno del genocidio a Gaza, mentre Inma Prieto ha chiuso la tavola rotonda parlando delle diverse forme di violenza e di come affrontarle da diversi punti di vista, in particolare quello dell’istruzione. Ha concluso il suo intervento invitando i presenti a leggere e fare proprio l’Impegno Etico elaborato dalla sua organizzazione, che potete trovare QUI. Video (in spagnolo): Álvaro Orús. Intervista: Juana Pérez Montero --------------------------------------------------------------------------------   > Come attivare i sottotitoli in italiano: > > * Far partire il video > * Cliccare sul simbolo della rotella in basso a destra (Impostazioni) > * Cliccare su Sottotitoli > * Cliccare su Inglese > * Cliccare ancora su Sottotitoli (inglese) > * Scegliere Traduzione automatica > * Tornare nel video, in cui appare la lista delle lingue disponibili > * Scegliere la lingua italiana dalla lista > > La traduzione non è perfetta, ma facilita comunque la comprensione. TRADUZIONE DALLO SPAGNOLO DI STELLA MARIS DANTE Redacción Madrid
La prima di Senza tremori a Biella
Mercoledì 26 novembre la sala “Seminari” di Città Studi a Biella era gremita in occasione del talk show “Senza tremori” organizzato nell’ambito del Festival “Mano a farfalla” dall’associazione Amici Parkinsoniani Biellesi. Sul palco come relatori Ettore Macchieraldo, Luisa Dodaro, Luciano Manicardi. Il talk è stato condotto dal giornalista Marco Cassisa, tra il pubblico il presidente di APB Eugenio Zamperone. In sala campeggiavano i tre verbi “Possiamo, dobbiamo , vogliamo…vivere” , una sorta di motto e di sprone coniato da don Giorgio Chatrian, fondatore di APB e inarrestabile nel suo mettere in pratica resistenza e resilienza dopo la diagnosi di malattia cronica, convinto che “Lady Park” si dovesse affrontare con gli strumenti dell’ironia e anche della fede per coloro che fossero credenti. Don Chatrian colpito da Parkinson nei primi anni 90, si era poi trasferito a Vigliano Biellese per terminare il suo cammino terreno nel 2023. Cassisa ha invitato i tre relatori a esprimere il loro punto di vista cercando di dar corpo a una terza Erre oltre a quelle di Resistenza e Resilienza ovvero quali Reazioni – individualmente e collettivamente -potessero essere messe in campo per affrontare con efficacia la malattia. Manicardi, monaco di Bose dal 1981 e priore dal 2017 al 2022 e autore di diversi libri anche sul rapporto dell’uomo con la sofferenza e la malattia, ha sottolineato l’importanza della dimensione collettiva nell’affrontare la sofferenza individuale. La presenza di associazioni e gruppi di supporto nel caso di malattie neurodegenerative come Parkinson e Alzheimer serve a evitare quel senso di solitudine e quindi spesso di depressione che può accompagnare la comunicazione della esistenza della malattia in una persona. Manicardi ha anche citato Nietsche in relazione anche alla sua salute molto precaria. Il grande filosofo aveva interpretato la malattia addirittura come trampolino verso la creatività ritenendo che il dolore corporeo e la sofferenza potessero essere intesi come l’acquisizione di una capacità introspettiva più accurata insieme alla visione più chiara della realtà esteriore. Quindi in qualche modo, se affrontata nel modo corretto la malattia come opportunità che altrimenti non ci sarebbe data. Nietzsche, a tal proposito, in Ecce Homo aveva affermato «La malattia mi ha dato il diritto di cambiare tutte le mie abitudini». Luisa Dodaro ha narrato la sua esperienza personale di vicinanza al padre a cui nel 2008 era stato diagnosticato il Parkinson. Era stata lei stessa ad accorgersi per prima dei sintomi un giorno in cui, alla guida dell’auto, aveva visto la mano del padre nel sedile passeggero tremare e lo aveva dapprima interpretato scherzosamente come sintomo di paura per la guida della figlia. Il padre non si era perso d’animo e aveva cercato di continuare con le sue attività, mettendosi addirittura anche a giocare a tennis, attività sportiva che non aveva mai praticato prima. Con la scomparsa della mamma a inizio 2020 Luisa che è psicoterapeuta, psicologa, supervisore EMDR, vicepresidente dell’Associazione Parkinsoniani del Canavese, maestra di yoga, era entrata così nei panni della cargiver in quel durissimo primo anno della pandemia e fino alla morte del padre per Covid un anno dopo. Aveva scoperto il grande potere delle risate, come fonte di tutte quelle altre “ine” che sono fonte di benessere, ricordando che nel Parkinson è in gioco una degenerazione progressiva dei neuroni dopaminergici che rilasciano proprio la dopamina. E a sua volta la dopamina interviene oltre che nella regolazione dei movimenti anche in quella dell’umore. La dott.ssa Dodaro ha ricordato con emozione il ruolo del presidente dell’Associazione Parkinsoniani Canavese Silvano Chiartano, presente in sala che, a sua volta colpito da Parkinson, nonostante avesse già più di 60 anni con la sua bicicletta percorreva spesso 20 km per venire a trovare il signor Dodaro. Quindi il sostegno di amici, parenti e associazioni di supporto è fondamentale. Ettore Macchieraldo ha esordito spiegando che nonostante il Parkinson sia una brutta tegola che ti piomba in testa il modo per affrontarlo sia quello di non abbandonare le attività ma anzi se si riesce potenziarle. E’ quello che lui ha fatto consapevole di avere una sorta di timer interno che lo sprona a impegnarsi in tantissimi campi sfruttando al massimo il tempo presente. E nel fare questo non dimentica la dimensione collettiva, l’obiettivo di fare del bene oltre che a se stesso anche ad altri che si trovino nelle stesse situazioni. Il campo in cui spazia l’impegno di Ettore è veramente multiforme: consigliere comunale di Roppolo, di Movimento Lento e del CTV Biella e Vercelli, collaboratore dell’Agenzia di stampa Pressenza e di Varieventuali, socio della Cooperativa ZAC di Ivrea, animatore di comunità, coordinatore di progetti, falegname, formatore di autocostruzione attraverso laboratori di falegnameria dentro e fuori la scuola, già presidente del Circolo Tavo Burat di Pro Natura, coordinatore del progetto “Imparare Facendo”, promotore delle local march for Gaza. Insomma un impegno a 360° che lo ha portato nel 2025 a realizzare un progetto ambizioso: un trekking lungo il Cammino d’Oropa insieme ad altre persone visitate da mister PK. e amici sostenitori. Successivamente si è spinto ancora più lontano camminando nelle ultime tappe della Via Francigena dal Viterbese a Roma. Alla base la consapevolezza, toccata con mano sulla propria pelle, di quanti benefici possa dare l’immersione nell’ambiente naturale e il movimento, meglio se lento e fatto con spirito di condivisione. Il pomeriggio si è quindi concluso proprio con la visione del documentario “Senza Tremori” per la regia di Grazia Licari, un documento filmato emozionante anche per i contributi che si sono potuti ascoltare da camminatori affetti da Parkinson così come da amici sostenitori tra cui anche due statunitensi che hanno raccontato la loro storia di umana partecipazione e solidarietà. Ci saranno altri appuntamenti per vedere il filmato e poterne parlare insieme: il 18 dicembre alle 20.45 in Biblioteca a Viverone con Alberto Conte di Movimento Lento e Mario Clerico di Tessere la salute, il 9 gennaio alle 21:00 allo ZAC di Ivrea ci sarà il reading di Simonetta Valenti e le canzoni di Alessandro Centolanza e il 22 gennaio, sempre la sera, a Milano presso la Baia del Re nel quartiere Stadera ci sarà Vittorio Agnoletto, medico del lavoro, a parlare dei fattori di rischio che portano all’insorgere della malattia. Vi consiglio di andare a uno di questi appuntamenti, ma se volete iniziare a vedere il filmato o trovate caricato sui canali youtube degli Amici Parkinsoniani Biellesi e del Festival mano a farfalla   Giuseppe Paschetto
Colonialismo di insediamento sionista nella Cisgiordania occupata: aumento esponenziale delle violenze di coloni e soldati israeliani. Video
Cisgiordania-InfoPal. Mentre il fragile cessate il fuoco nella Striscia di Gaza è quotidianamente violato dal regime fanatico, guerrafondaio e suprematista di Tel Aviv, anche la Cisgiordania continua a essere aggredita dal colonialismo di insediamento sionista attraverso politiche di sfollamento forzato, furto di risorse, uccisioni e violenze di soldati e coloni. Pulizia etnica, olicidio ed ecocidio sono all’ordine del giorno in tutta la Cisgiordania e a Gerusalemme. Le forze israeliane hanno lanciato un assalto su larga scala nella Cisgiordania settentrionale occupata, imponendo il coprifuoco, bloccando le strade e dispiegando forze militari. L’autorità di occupazione israeliana (IOA) ha emesso un ordine militare per sradicare tutti gli alberi piantati su vaste aree di terreno di proprietà palestinese nella città di Zububa, nella provincia di Jenin. La Commissione per la Colonizzazione e la Resistenza al Muro ha dichiarato martedì che l’IOA intende spianare con i bulldozer circa 59 dunum di terreno alberato nella città con diversi pretesti, descrivendo la misura come “aggressione contro i terreni e le risorse agricole palestinesi”. La Commissione ha osservato che negli ultimi mesi l’occupazione israeliana ha emesso molti ordini simili contro terreni in tutta la Cisgiordania, citando come pretesti preoccupazioni per la sicurezza e la necessità di proteggere le strade dei coloni. La Commissione ha espresso la convinzione che queste misure facciano parte di una politica più ampia volta a espandere il controllo israeliano su più aree e a indebolire l’attività agricola palestinese in Cisgiordania. Tubas. L’esercito di occupazione israeliano ha annunciato mercoledì mattina l’avvio di un’operazione militare su larga scala nella città di Tubas, nella Cisgiordania settentrionale, e nelle vicine città di Tammun, Tayasir e Aqqaba, affermando che la sua presenza nell’area potrebbe durare diversi giorni. Secondo funzionari locali e fonti dei media, un vasto spiegamento di truppe israeliane con bulldozer ha preso d’assalto Tubas e altre città della provincia e ha saccheggiato diverse abitazioni, durante i sorvoli di elicotteri e droni. I bulldozer israeliani hanno iniziato a distruggere strade e a bloccare gli ingressi con cumuli di terra e detriti, mentre gli elicotteri hanno aperto il fuoco a intermittenza per seminare il panico tra i residenti locali. Le scuole e gli asili locali di Tubas e di altre aree colpite hanno dovuto sospendere le attività didattiche fino a nuovo avviso. Fonti locali hanno riferito che l’operazione ha comportato intensi sorvoli di elicotteri Apache e aerei da ricognizione, che hanno aperto il fuoco con mitragliatrici. Le fonti hanno aggiunto che le forze di occupazione israeliane (IOF) hanno bloccato le strade principali dell’intera provincia di Tubas con cumuli di terra e pietre, isolandola dalle altre aree della Cisgiordania. Le IOF hanno iniziato a effettuare violente incursioni nelle abitazioni, arrestando cittadini e impedendo alle ambulanze di circolare nelle strade della provincia, suscitando timori tra i residenti sulla loro sicurezza e libertà di movimento. Alcune famiglie hanno riferito di essere state costrette a lasciare le proprie case sotto la minaccia delle armi per far posto ai soldati israeliani, che le usano come postazioni militari. Il governatore di Tubas ha dichiarato che l’esercito israeliano ha dichiarato il coprifuoco nel suo governatorato a partire dalle 4:00 di oggi fino a nuovo avviso. L’esercito israeliano ha giustificato la sua operazione sostenendo che si tratta di una mossa preventiva contro presunti atti di terrorismo. Nel frattempo, il governatore Ahmed al-Asaad afferma che non ci sono persone ricercate nel suo governatorato, avvertendo che il regime israeliano cerca di imporre un nuovo fatto compiuto militare in Cisgiordania. Nablus. Un colono israeliano è stato ripreso mentre sradicava piantine di ulivo da un terreno di proprietà palestinese nei pressi del villaggio di Majdal Bani Fadel, a sud-est di Nablus. Hebron/al-Khalil. Oggi, coloni israeliani hanno aggredito una famiglia palestinese dopo aver fatto irruzione nella loro fattoria, a est della città di Yatta, a sud di Hebron/al-Khalil. Oggi le forze di occupazione israeliane hanno lanciato gas lacrimogeni verso le case dei residenti palestinesi del villaggio di Arab Al-Rashayda, a sud della Hebron occupata. Gerusalemme. Un filmato circolante mostra un autista di autobus palestinese di Gerusalemme aggredito e insultato verbalmente da un gruppo di coloni israeliani mentre era al lavoro, la scorsa notte. (Fonti: PIC, Quds News, Telegram).
Dowo on the door / Dowo vs the Flawless socks
Dowo on the door release “Dowo vs the Flawless socks” out on November 28, 2025  Dowo on the doorBase: Palermo, Italy Genre: power pop, punk rock Dowo vs the Flawless socksRelease: [November 28, 2025] Tracklist 1.Swept under the carpet2.Mr Bada** against Flawless socks3.Delicious songs4.The copywriter5.Fu** the system (and I hope something […]
Video e materiali del Convegno del 4 novembre dell’Osservatorio contro la militarizzazione
Alla fine, il Convegno dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università previsto per il 4 novembre si è svolto ugualmente con circa 600 persone collegate durante tutto lo svolgimento dell’evento e, accogliendo le richieste che ci sono pervenute da tante persone, abbiamo deciso di mettere a disposizione il materiale pubblicato e i video dei singoli interventi. I lavori, coordinati da Serena Tusini, sono stati aperti da Roberta Leoni, docente e Presidente dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, la quale, oltre a spiegare le vicissitudini relative alla pretestuosa repressione che ha colpito il Convegno, ha illustrato in quali termini l’Osservatorio parla del fenomeno della militarizzazione delle scuole, a partire dai protocolli con il Ministero della Difesa per terminare con le continue celebrazioni e ricorrenze militaristiche, compresa quella del 4 novembre. Marco Meotto, docente di storia e filosofia in un Liceo torinese, nella sua relazione dal titolo Sguardi coloniali. Il genocidio nella didattica della storia ha descritto il fenomeno del genocidio andando alle sue radici e illustrando la sua marca evidentemente occidentale, un’opzione politica strutturale che ha lo scopo di eliminare, assimilare forzatamente e confinare in territori marginali chi si ritiene estraneo alla propria cerchia e in ciò il dispositivo militare risulta estremamente necessario. Qui le slide utilizzate da Marco Meotto per illustrare il suo intervento. Sguardi coloniali_SLIDEDownload A seguire, Antonio Mazzeo, docente e peace researcher, è tornato sull’attualità con la relazione dal titolo Genocidio crimine collettivo. Verso l’israelizzazione della società italiana? in cui ha messo in evidenza il coinvolgimento dell’Italia con la nostra Marina Militare e l’industria bellica di Stato, cioè Leonardo SpA, con l’entità sionista di Israele, ma anche con l’export di armi in tutto il mondo, aggirando di fatto la legge 185/1990 che don Tonino Bello aveva a gran voce reclamato. Cristina Donattini, docente bolognese e attivista del BDS Italia, ha chiarito gli scopi e i metodi delle campagne di boicottaggio, disinvestimento e sanzionatorie nei confronti di Israele e della sua economia, un metodo di lotta nonviolenta che si oppone alla censura, che è sempre governativa perché agisce a partire dal possesso stabile del potere, a differenza del boicottaggio, che parte dal basso e non ha potere bensì forza sociale. La posizione cattolica, costante nei convegni dell’Osservatorio, è stata affidata a don Andrea Bigalli, docente presso la Facoltà Teologica dell’Italia Centrale e referente di Libera Toscana, il quale nella sua relazione dal titolo La libertà delle coscienze e il significato della disobbedienza ha invitato i/le docenti e gli/le uditori/trici a prestare maggiore attenzione alla comunicazione perché diventa sempre più necessario contrastare l’onda negativa che si sta alzando, invitando talvoltaa a tralasciare i canali generalisti dell’informazione per pensare ad una controinformazione. Infine, ricorda Bigalli, non bisogna dimenticare che la guerra è ciò che di più classista ci sia; infatti, la dichiarano i ricchi per farla fare ai poveri. Centrale per l’Osservatorio è anche trattare la questione palestinese senza tentativi di appropriazione culturale, per cui l’invito rivolto a Mjriam Abu Samra, ricercatrice e attivista italopalestinese, è servito per tracciare nella sua relazione dal titolo Critica decoloniale dell’accademia neoliberale: la conoscenza non marcia, il perimetro delle pratiche decoloniali che si stanno svolgendo all’interno delle università, nelle quali si è levata una forte voce critica, organizzata in un movimento d’opinione e d’azione sotto lo slogan La conoscenza non marcia, sostenuto anche dall’Osservatorio. Per completare il quadro del mondo dell’istruzione, è sempre importante ascoltare la voce di chi fruisce dei processi educativi e formativi, per cui Tommaso Marcon, studente del collettivo OSA, nella sua relazione ha focalizzato l’attenzione sulle finalità della scuola di oggi, che ormai non forma più, ma addestra, addomestica, sanzionando il conflitto, che, invece, è il sale della democrazia. Leonardo Cusmai, infine, studente universitario di Cambiare Rotta, si è soffermato sui processi repressivi in atto, evidenziando il disegno che passa dal ddl Gasparri al ddl sicurezza e termina con i processi di militarizzazione, da leggere tutti nel quadro di una retorica nazionalista/sovranista alleata del complesso militare-industriale, a cui l’università è completamente asservita.