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Francia: basta visti a studenti di Gaza
Con una compagna parliamo della decisione francese di non dare più possibilità a studenti di Gaza di andare in Francia con una borsa di studio, questo a causa di un tweet di due anni prima di una studente considerato antisemita.  La destra insorge e il Governo francese mette in atto una punizione nei confronti di tutta Gaza.  
Festival Alta Felicità IX edizione: molto più di un festival
Con un lungo, fragoroso, emozionante intermezzo di rumore alle 22 in punto di ieri sera per lo Sciopero dal Silenzio per Gaza indetto da Paola Caridi, Tomaso Montanari & Co, è trascorsa anche la terza serata del Festival dell’Alta Felicità che quest’anno ancor più della scorsa edizione ha registrato un’affluenza superiore a ogni aspettativa. Tantissimi gli spunti di riflessione emersi dalla quantità di incontri e dibattiti che non mancheremo di riprendere i prossimi giorni. Intanto vi proponiamo queste OSSERVAZIONI IN MARGINE DI LUCIA MALENGO Quest’anno al Festival Alta Felicità, organizzato dai NO TAV e giunto alla sua nona edizione, sono arrivati, in numero mai visto prima, giovani e meno giovani da tante parti d’Italia e da alcuni paesi europei. Questo fatto, oltre ad essere una buona notizia per chi da anni si oppone al TAV, rappresenta un interesse del tutto naturale per l’opera, che infatti è  stata definita dai proponenti “strategica” per l’Italia e per l’Europa tutta. Non per nulla i costi in continuo aumento del tunnel che dovrebbe unire Saint Jean de Maurienne con la piana di Susa sono sostenuti, oltre che da Francia e Italia, anche dalla Comunità Europea. Dunque non si tratta affatto solo di un problema della Valle di Susa ed è giusto che tutti i cittadini europei che ritengono ingiustificato questo dispendio abnorme di denaro pubblico, possano venire sul posto a rendersi conto della situazione e a manifestare il proprio dissenso. Del resto i tecnici TELT, a cui è affidata la realizzazione del tunnel di base, nella conferenza tenutasi a Susa il primo luglio scorso, hanno chiarito bene il ruolo strumentale della valle: essendo  attraversata da due strade statali, una ferrovia internazionale e un’autostrada, presenta aree già compromesse, come appunto la piana di Susa, a cui si può aggiungere qualche ettaro ulteriore per calare questa ennesima opera di interesse nazionale ed europeo, eliminando o spostando le “interferenze”, termine forse tecnico, che però suona vagamente sprezzante poiché riguarda case, strade, ferrovia locale, canali ecc. Foto di Marioluca Bariona E dunque il Festival Alta Felicità nasce come luogo di discussione  innanzitutto sull’opportunità di ampliare la compromissione del territorio,  ma estende  l’attenzione alla sostenibilità del modello di sviluppo sotteso, tenendo conto dell’attuale situazione economica, politica e ambientale nazionale e globale. Questo spiega un programma ogni anno ricco certo di musica e di spettacoli, ma soprattutto di conferenze, dibattiti, presentazione di libri e interviste su temi non immediatamente riconducibili al progetto TAV. Tutto ciò presuppone un’organizzazione piuttosto attenta e precisa, curata da intere squadre di volontari di ogni età. E in questo contesto, fin dal lancio del programma, si è annunciata,  con orari e destinazioni molto precise, una serie di “passeggiate” nei luoghi dei cantieri e in particolare è stata programmata una marcia con partenza dal campeggio del Festival per raggiungere l’area dell’attuale autoporto nella frazione Traduerivi di Susa: qui è  attivo un cantiere per lo smantellamento degli impianti di “Guida sicura” e la trasformazione della zona in luogo di stoccaggio e lavorazione dello smarino. Ebbene,  sabato 26 luglio la marcia è avvenuta come da programma e un’intera ondata di  manifestanti è entrata bellamente nel cantiere super recintato, sorvegliato e normalmente difeso dalle forze dell’ordine. Dopodiché qualcuno ha dato fuoco ad un’attrezzatura incustodita provocando una colonna di fumo nero durata un’ora circa; mentre servendosi tranquillamente del treno di linea, un altro gruppo di manifestanti ha raggiunto il cantiere più a valle, a San Didero, dove è in costruzione il nuovo autoporto e dove, pare, si erano concentrate le forze dell’ordine in tenuta antisommossa, che hanno respinto un tentativo di assalto. Durante la notte, poi, quando i manifestanti avevano ormai fatto ritorno al campeggio, qualcun altro, mettendo a rischio il boschetto circostante, ha dato fuoco alla struttura che (prima dei sigilli) ospitava il presidio No TAV di San Didero, posto esattamente davanti al cantiere attentamente sorvegliato  dalle citate truppe… L’impressione è ovviamente che si sia trattato  di una ripicca;  se fosse dimostrata,  sarebbe la prova di una situazione ampiamente sfuggita di mano. Intanto sui social fioccano post, per la verità piuttosto sgangherati, che alimentano confusione e sospetti: come mai il cantiere di Traduerivi, meta dichiarata della manifestazione, non era presidiato? Chi erano realmente i personaggi mascherati che hanno appiccato l’incendio? Chi ha incendiato (e non per la prima volta!) la casetta del presidio NO TAV di San Didero? Ci si può ancora definire No TAV considerando che nel movimento si annidano dei violenti? Come mai la statale percorsa dal corteo annunciato non era presidiata da polizia urbana o da altre forze dell’ordine? Ma, soprattutto, chi trarrà maggior vantaggio da questa confusione? Foto di Marioluca Bariona Foto di Marioluca Bariona Foto di Marioluca Bariona Foto di Marioluca Bariona Foto di Marioluca Bariona Foto di Marioluca Bariona Centro Sereno Regis
Abriendo Fronteras a Calais, l’ultima frontiera
La tappa principale dell’annuale carovana nella città simbolo delle frontiere europee. Non ci sono prati a Calais. Ogni fazzoletto di erba è stato coperto con grossi massi bianchi. Neppure i parchi pubblici sono stati risparmiati. Lo hanno fatto per impedire ai migranti di accamparsi. Hanno voluto togliere loro anche lo spazio per sistemare un sacco a pelo e passarci una notte. I sociologi francesi lo chiamano “arredo a vocazione disciplinare“; è di fatto un arredo urbano anti-povero e prolifera in tante città specialmente di frontiera, anche italiane. Calais è l’ultima frontiera per le persone migranti dirette nel Regno Unito. Una frontiera dove la Francia, di fatto, fa da «barriera preventiva», come i Paesi di transito balcanici lo fanno per l’Europa. “I migranti sono relegati e abbandonati in un ghetto, una sorta di tendopoli fatiscente senza il minimo servizio” spiega Damiana Massara, attivista torinese di Carovane Migranti. “Ogni due o tre giorni arriva la polizia e sbaracca tutto: taglia i sacchi a pelo, sequestra i cellulari, rompe tutto quello che si può rompere”. Si stima siano più di 1.800 le persone che sopravvivono in condizioni difficilissime in un’area compresa tra Calais e Dunquerke, in insediamenti informali senza accesso all’acqua, al cibo, all’assistenza sanitaria. Damiana è arrivata a Calais seguendo la Caravana Abriendo Fronteras. Le attiviste e gli attivisti spagnoli sono partiti da Irun l’11 luglio. A Parigi hanno raccolto la delegazione italiana, composta da una quindicina di persone e, dopo una partecipata manifestazione a Place de la Bastille, sono partiti per la Francia settentrionale, sino a raggiungere Calais. Dal 15 al 17 luglio il gruppo di carovanieri ha partecipato a manifestazioni di protesta, momenti di commemorazione delle morti di frontiera, azioni di denuncia e seminari formativi sulla criminalizzazione della solidarietà, sui diritti dei minori e la sorveglianza tecnologica delle frontiere. Come di consueto nei suoi viaggi verso le frontiere d’Europa, Carovane Migranti ha portato i lenzuoli della memoria: lunghi teli bianchi dove vengono ricamati i nomi delle persone migranti uccise dalle frontiere. “A Calais abbiamo aperto un nuovo lenzuolo: il primo nome è stato quello di un migrante morto nel tentativo di attraversare la Manica proprio il giorno del nostro arrivo”, racconta Damiana. Quante persone sono state uccise, non dal mare, ma dalla frontiera tra Francia e Gran Bretagna? L’anno più mortifero è stato il 2024, con 89 morti. Quest’anno siamo a quota 25. Con Carovane sono arrivati a Calais anche tre testimoni di altre frontiere assassine: Laila, la madre, e le sue due giovani figlie, Fatima e Setayesh. Il fratello di Laila, sua moglie e i loro tre figli sono stati uccisi nel naufragio di Cutro. Il corpo di uno dei ragazzi non è ancora stato trovato e Carovane Migranti ha chiesto alla Comunità Europea di attivarsi per recuperare il relitto e poter dare un nome a tutti coloro che sono periti in quella tragedia. Non è solo una questione di rispetto. Senza un corpo su cui piangere, i familiari non possono fare a meno di coltivare dolorose speranze. “A Calais abbiamo toccato con mano le conseguenze di una frontiera. Una frontiera tanto inutile quanto sanguinosa” prosegue Damiana . “Ma abbiamo trovato anche tanta solidarietà. Come quel grande magazzino gestito da un collettivo di associazioni, come Human Rights Observers, dove le attiviste e gli attivisti raccolgono materiale come sacchi a pelo, suppellettili, cellulari usati per rimpiazzare ciò che la polizia distrugge durante gli sgomberi. Poi c’è la Caritas, che ha organizzato un efficiente punto di accoglienza dei migranti, con bagni pubblici e docce, corrente elettrica, consulenza legale e informazioni.” Calais, assieme alle spiagge della Normandia, è un punto di passaggio obbligato per le rotte migratorie. Arrivano dai Paesi subsahariani, da Libia, Siria, Pakistan, Eritrea, Iran, Iraq, Kuwait, soprattutto. Un passaggio costa circa 1.500 euro. Negli ultimi tempi sono giunti anche migranti vietnamiti. “A loro i trafficanti chiedono un prezzo maggiore, perché si dice che siano i più ricchi” spiega l’attivista Marta Peradotto. Un giro d’affari milionario che ormai viaggia online. Il che dimostra quanto sia ridicolo, oltre che criminale, pensare di poter risolvere la questione migratoria alzando muri o ricorrendo a sgomberi o altre brutalità. Gommoni, barche e motori vengono messi all’asta su internet alla luce del sole. Il passaggio a Dover è diventato una merce acquistabile e vendibile online. Discorso diverso per i giubbotti di salvataggio, che sono stati praticamente messi fuori commercio. Non se ne trovano in tutta la città e le persone sono costrette a imbarcarsi anche senza questa minima protezione. E se non è criminale questo…” A Calais è evidente l’ipocrisia delle politiche migratorie europee, che esternalizzano le frontiere, reprimono la solidarietà e bloccano il diritto di migrare. “Di fronte a ciò” ha scritto Abriendo Fronteras “insistiamo sulla necessità urgente di vie legali e sicure, di una protezione reale per chi fugge dalla guerra, dalla miseria o dal saccheggio, e del riconoscimento politico delle reti di sostegno che si prendono cura delle vite che gli Stati violano”. Foto di Carovane Migranti Melting Pot Europa
Più lavoro e austerità per la Francia
Articolo di Harrison Stetler Il governo di François Bayrou riuscirà a superare il 2025? Il primo ministro francese sembrava dubitarne il 15 luglio scorso, quando con un discorso di fuoco e fiamme ha illustrato i suoi piani per un rigoroso bilancio di austerità per il 2026. Parlando martedì scorso da una tribuna intitolata Il momento della verità, Bayrou ha chiesto al parlamento francese, rimasto in stallo, di adottare un pacchetto di tagli alla spesa e aumenti delle entrate. Vuole persino eliminare due festività nazionali nel tentativo di far «lavorare di più» i francesi. Quando sarà in discussione in autunno, si prevede che questo piano deciderà il destino della carica di primo ministro di Bayrou, e aumentano le speculazioni su un possibile scioglimento dell’Assemblea nazionale – con conseguenti nuove elezioni – in caso di sconfitta. Ogni componente dell’Assemblea nazionale ha qualcosa da ridire sul progetto di bilancio di Bayrou, che si tratti di piccole intrusioni nelle linee rosse imposte dalla destra in materia di aumenti fiscali, o dei ben più drastici attacchi ai servizi pubblici e alle prestazioni sociali che la sinistra si è impegnata a bloccare. Con l’obiettivo di 40 miliardi di euro di risparmi netti per il prossimo anno fiscale, l’impulso principale del quadro di bilancio di Bayrou è quello di placare le preoccupazioni dei mercati del debito e delle istituzioni europee sulle finanze dello Stato francese. Secondo Bayrou, la Francia è con le spalle al muro. «Siamo diventati dipendenti dalla spesa pubblica», ha avvertito il primo ministro, definendo debito e deficit una «maledizione» per la società francese. Secondo lo scenario apocalittico che ha disegnato, la Francia, seconda economia dell’Eurozona, si trova ora sul ciglio di una spirale debitoria in stile greco che potrebbe presto portare alla subordinazione del paese a istituzioni finanziarie esterne. «Ogni secondo che passa, la Francia si accolla altri 5.000 euro di debito – ha detto il premier al consesso di giornalisti, deputati e funzionari governativi che hanno assistito al suo discorso – Non abbiamo altra scelta che assumerci le nostre responsabilità, poiché questa è l’ultima tappa prima del baratro». Si stima che nel 2025 il debito francese costerà oltre 55 miliardi di euro. Questa cifra è raddoppiata dal 2020, a causa dell’aumento dei tassi dei titoli di Stato francesi e dell’impennata della spesa pubblica durante la crisi del Covid-19 e del costo della vita. Il pagamento degli interessi ammonta a quasi il 10% del bilancio statale. TAGLI ALLA SPESA L’obiettivo dichiarato di Bayrou è di portare il rapporto deficit/Pil della Francia al 4,6% entro la fine del 2026, in calo rispetto al 5,8% registrato all’inizio del 2025. Si tratta comunque di un livello ben al di sopra dell’obiettivo di deficit del 3% previsto dalle regole di bilancio dell’Unione europea. Tuttavia, con l’attività economica in calo a causa delle forti turbolenze globali, vi è un rischio considerevole che un ridimensionamento della spesa pubblica possa di fatto aggravare la situazione economica del paese. Il fulcro del piano di Bayrou è una significativa riduzione della spesa pubblica, per un totale di circa 28 miliardi di euro sui 43,8 miliardi di euro di risparmi totali. Gli enti locali sono chiamati a effettuare tagli di bilancio per 5,3 miliardi di euro. Per limitare il numero totale di dipendenti pubblici impiegati dallo Stato, Bayrou auspica una graduale eliminazione di molti incarichi governativi, con un funzionario in pensione su tre non sostituito da nuove assunzioni. I pensionati e i percettori di sussidi sono particolarmente colpiti. La quota maggiore di risparmi proviene dal congelamento della spesa automatica sotto forma di erogazioni di sussidi e pensioni. Pur evitando di imporre tasse speciali ai pensionati più ricchi, il piano di Bayrou prevede un congelamento di un anno dell’adeguamento all’inflazione per tali sussidi, che dovrebbe ammontare a poco più di 7 miliardi di euro di risparmi. Non tutte le voci del bilancio statale sono destinate a essere ridotte il prossimo anno. Su espressa richiesta del presidente Emmanuel Macron, le linee guida del bilancio di Bayrou prevedono un aumento di 3,5 miliardi di euro per il Ministero della Difesa, con un ulteriore aumento di 3 miliardi di euro previsto nel 2027. Quando Macron è entrato in carica nel 2017, il bilancio della Difesa ammontava a 32 miliardi di euro. Oggi supera i 50 miliardi di euro e si prevede che salirà a 64 miliardi di euro entro il 2030. L’aumento della spesa per la difesa del prossimo anno sarà più che compensato dai 4,2 miliardi di euro di entrate statali che si stima deriveranno dalla cancellazione di due festività nazionali: il lunedì di Pasqua e la festa della Vittoria in Europa dell’8 maggio. Attaccato sia dalla sinistra che dall’estrema destra, Bayrou sta spacciando la mossa come un tentativo di «riconciliare i francesi con il lavoro». In questo modo, alimenta la falsa narrazione secondo cui il francese medio lavora considerevolmente meno dei suoi coetanei europei. Un lavoratore francese occupato lavorerà infatti cento ore in più in un dato anno rispetto al suo omologo tedesco, secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). Con undici giorni festivi, la Francia è già al di sotto della media dell’Unione europea. Linee rosse Inchiodato dall’ossessione di non aumentare le tasse della sua coalizione centrista-conservatrice, Bayrou è stato cauto nell’evitare qualsiasi cosa che potesse ricordare una nuova tassazione. Le sue proposte per nuove entrate vedrebbero la fine di alcune scappatoie, congelando allo stesso modo le modifiche per l’adeguamento all’inflazione nel calcolo delle aliquote fiscali. In totale, si stima che le misure di entrata dovrebbero fruttare poco meno di 16 miliardi di euro. Eppure, anche questi modesti aggiustamenti hanno suscitato lamentele da parte di figure chiave della coalizione di Bayrou. Laurent Wauquiez, leader del partito di centro-destra Républicains all’Assemblea nazionale e tecnicamente alleato di Bayrou, chiede un bilancio 2026 che trarrebbe «il 100%» dei risparmi dai tagli alla spesa. L’elemento più importante del progetto di bilancio di Bayrou è ciò che non include. La destra e il centro spesso si lamentano del fatto che, tra i paesi Ocse, la Francia attinga alla quota più elevata del reddito nazionale sotto forma di entrate fiscali o contributi previdenziali. Eppure, questo è di per sé indicativo di un certo esaurimento del modello di tassazione e spesa alla base dello stato sociale del secondo dopoguerra, e del fatto che le vere riserve di ricchezza e reddito non vengano tassate. A giugno, il Senato ha bocciato una proposta di buon senso volta a tassare i patrimoni più consistenti del Paese. La cosiddetta «tassa Zucman», dal nome dell’economista francese Gabriel Zucman, avrebbe stabilito un’imposta del 2% sui patrimoni di valore superiore a 100 milioni di euro. La misura era stata approvata quest’inverno: grazie all’astensione del Rassemblement national di estrema destra e dei suoi alleati, il Nouveau front populaire di sinistra è riuscito a superare numericamente la coalizione di governo di Bayrou. Contando su appena milleottocento famiglie, si stimava che la tassa Zucman avrebbe generato circa 20 miliardi di euro di entrate annue. Il Senato ha bloccato l’iniziativa. OPPOSIZIONE O STABILITÀ? Tutto è pronto perché il bilancio di Bayrou incontri una forte resistenza quando verrà discusso in autunno, dopo la pausa estiva. Senza la maggioranza all’Assemblea nazionale, il premier dovrà quasi certamente ricorrere a uno speciale potere costituzionale, il famigerato articolo 49.3, nella speranza di aggirare un voto di sfiducia. Farlo, tuttavia, esporrebbe il suo governo a un voto di sfiducia potenzialmente fatale. Lo scorso dicembre, il predecessore di Bayrou, Michel Barnier, è stato destituito durante un voto di bilancio simile, avendo proposto analoghi blocchi delle erogazioni pensionistiche che avevano spinto il Rassemblement national ad appoggiare la mozione di sfiducia del Nfp. Settimane dopo, all’inizio di febbraio, l’estrema destra e il Partito socialista di centrosinistra si sono astenuti dal voto di sfiducia sul bilancio 2025 rielaborato da Bayrou. Per ora, i vertici di entrambi gli schieramenti stanno cercando di coltivare un’ambiguità strategica prima che la battaglia per il bilancio 2026 si intensifichi davvero. Il Rassemblement national rimane bloccato dalla necessità sia di apparire come una forza di opposizione, sia di evitare di alienare coloro che nel mondo aziendale anelano alla stabilità. A questa tensione si aggiunge la rabbia per la condanna per appropriazione indebita della leader di lunga data Marine Le Pen, avvenuta all’inizio di questa primavera, che allo stato attuale le impedirebbe di candidarsi alla carica per cinque anni. Questa sentenza potrebbe spingere il suo partito alla cautela, per timore di provocare uno scioglimento e elezioni anticipate che potrebbero seguire il crollo del governo Bayrou. Oppure potrebbe incoraggiare il partito a impegnarsi per aggravare la crisi francese, per rimettere insieme i pezzi in seguito. Più in generale, la leadership di estrema destra sta criticando duramente una legge di bilancio che, a suo dire, non fa abbastanza per ridurre la spesa sociale per la popolazione immigrata in Francia. «Se François Bayrou non cambia la sua legge di bilancio, voteremo la sfiducia», ha scritto Le Pen su X poco dopo il discorso del premier di martedì. Se questa volta il Rassemblement national si rivoltasse contro Bayrou, la sua ultima linea di difesa sarebbe il Parti Socialiste. Eppure, nelle ultime settimane, questa forza di centro-sinistra ha virato di nuovo verso l’opposizione, dopo il fallimento del conclave sulla riforma delle pensioni di Bayrou. Queste discussioni erano state organizzate in nome della revisione della bozza del controverso aumento dell’età pensionabile di Macron per il 2023, ma si sono presto arenate. La speranza di Bayrou ora è che le sue piccole modifiche alle scappatoie fiscali e un eccezionale contributo di «solidarietà» da parte dei redditi più alti siano sufficienti ad attirare il Partito socialista dalla sua parte. Tuttavia, il leader del partito, Olivier Faure, ha cercato di moderare queste aspettative. «Allo stato attuale, l’unico esito possibile è un voto di sfiducia», ha dichiarato Faure. Forse anche gli alleati di Bayrou sono tentati di gettare la spugna. Il premier si ritrova al minimo storico dei consensi. Nel frattempo, mentre la presidenza di Macron entra nel suo crepuscolo, i partiti della coalizione di Bayrou si contendono una posizione nella battaglia per la successione. C’è poca disciplina tra i partiti di centro in lotta. Circa il 59% dei francesi vorrebbe un nuovo primo ministro, secondo un sondaggio Ipsos pubblicato il 18 luglio. Al momento, il 44% considera un nuovo scioglimento e elezioni anticipate come la via d’uscita migliore dall’impasse. *Harrison Stetler è un insegnante e giornalista freelance. Lavora a Parigi. Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione. L'articolo Più lavoro e austerità per la Francia proviene da Jacobin Italia.
Abriendo Fronteras a Calais, l’ultima frontiera
Non ci sono prati a Calais. Ogni fazzoletto di erba è stato coperto con grossi massi bianchi. Neppure i parchi pubblici sono stati risparmiati. Lo hanno fatto per impedire ai migranti di accamparsi. Hanno voluto togliere loro anche lo spazio per sistemare un sacco a pelo e passarci una notte. I sociologi francesi lo chiamano “arredo a vocazione disciplinare“, è di fatto un arredo urbano anti-povero e prolifera in tante città specialmente di frontiera, anche italiane. Calais è l’ultima frontiera per le persone migranti dirette nel Regno Unito. Una frontiera dove la Francia, di fatto, fa da «barriera preventiva», come i Paesi di transito balcanici lo fanno per l’Europa. PH: Carovane Migranti «I migranti sono relegati e abbandonati in un ghetto, una sorta di tendopoli fatiscente senza il minimo servizio – spiega Damiana Massara, attivista torinese di Carovane Migranti -. Ogni due o tre giorni arriva la polizia e sbaracca tutto: taglia i sacchi a pelo, sequestra i cellulari, rompe tutto quello che si può rompere». Si stima siano più di 1.800 le persone che sopravvivono in condizioni difficilissime in un’area compresa tra Calais e Dunquerke, in insediamenti informali senza accesso all’acqua, al cibo, all’assistenza sanitaria. Damiana è arrivata a Calais seguendo la Caravana Abriendo Fronteras. Le attiviste e gli attivisti spagnoli sono partiti da Irun l’11 luglio. A Parigi hanno raccolto la delegazione italiana, composta da una quindicina di persone e, dopo una partecipata manifestazione a Place de la Bastille, sono partiti per la Francia settentrionale, sino a raggiungere Calais. > Visualizza questo post su Instagram > > > > > Un post condiviso da Caravana Abriendo Fronteras (@caravanaabriendofronteras) Dal 15 al 17 luglio il gruppo di carovanieri ha partecipato a manifestazioni di protesta, momenti di commemorazione delle morti di frontiera, azioni di denuncia e seminari formativi sulla criminalizzazione della solidarietà, sui diritti dei minori e la sorveglianza tecnologica delle frontiere. Come di consueto nei suoi viaggi verso le frontiere d’Europa, Carovane Migranti ha portato i lenzuoli della memoria: lunghi teli bianchi dove vengono ricamati i nomi delle persone migranti uccise dalle frontiere. «A Calais abbiamo aperto un nuovo lenzuolo: il primo nome è stato quello di un migrante morto nel tentativo di attraversare la Manica proprio il giorno del nostro arrivo», racconta Damiana. PH: Carovane Migranti Quante persone sono state uccise, non dal mare, ma dalla frontiera tra Francia e Gran Bretagna? L’anno più mortifero è stato il 2024, con 89 morti. Quest’anno siamo a quota 25. Con Carovane sono arrivati a Calais anche tre testimoni di altre frontiere assassine: Laila, la madre, e le sue due giovani figlie, Fatima e Setayesh. Il fratello di Laila, sua moglie e i loro tre figli sono stati uccisi nel naufragio di Cutro. Il corpo di uno dei ragazzi non è ancora stato trovato e Carovane Migranti ha chiesto alla Comunità Europea di attivarsi per recuperare il relitto e poter dare un nome a tutti coloro che sono periti in quella tragedia. Non è solo una questione di rispetto. Senza un corpo su cui piangere, i familiari non possono fare a meno di coltivare dolorose speranze. «A Calais abbiamo toccato con mano le conseguenze di una frontiera. Una frontiera tanto inutile quanto sanguinosa – prosegue Damiana -. Ma abbiamo trovato anche tanta solidarietà. Come quel grande magazzino gestito da un collettivo di associazioni, come Human Rights Observers, dove le attiviste e gli attivisti raccolgono materiale come sacchi a pelo, suppellettili, cellulari usati per rimpiazzare ciò che la polizia distrugge durante gli sgomberi. Poi c’è la Caritas, che ha organizzato un efficiente punto di accoglienza dei migranti, con bagni pubblici e docce, corrente elettrica, consulenza legale e informazioni.» PH: Carovane Migranti Calais, assieme alle spiagge della Normandia, è un punto di passaggio obbligato per le rotte migratorie. Arrivano dai Paesi subsahariani, dalla Libia, Siria, Pakistan, Eritrea, Iran, Iraq, Kuwait, soprattutto. Un passaggio costa circa 1.500 euro. Negli ultimi tempi sono giunti anche migranti vietnamiti. «A loro i trafficanti chiedono un prezzo maggiore, perché si dice che siano i più ricchi – spiega l’attivista Marta Peradotto -. Un giro d’affari milionario che ormai viaggia online. Il che dimostra quanto sia ridicolo, oltre che criminale, pensare di poter risolvere la questione migratoria alzando muri o ricorrendo a sgomberi o altre brutalità. Gommoni, barche e motori vengono messi all’asta su internet alla luce del sole. Il passaggio a Dover è diventato una merce acquistabile e vendibile online. Discorso diverso per i giubbotti di salvataggio, che sono stati praticamente messi fuori commercio. Non se ne trovano in tutta la città e le persone sono costrette a imbarcarsi anche senza questa minima protezione. E se non è criminale questo…». A Calais è evidente l’ipocrisia delle politiche migratorie europee, che esternalizzano le frontiere, reprimono la solidarietà e bloccano il diritto di migrare. «Di fronte a ciò – ha scritto Abriendo Fronteras – insistiamo sulla necessità urgente di vie legali e sicure, di una protezione reale per chi fugge dalla guerra, dalla miseria o dal saccheggio, e del riconoscimento politico delle reti di sostegno che si prendono cura delle vite che gli Stati violano». PH: Caravana Abriendo Fronteras
La legge Duplomb un grave attacco delle destre francesi a tutto il mondo vivente
Pubblichiamo una rassegna stampa di quotidiani francesi sul disegno di legge del parlamentare di destra (Les Républicains) Laurent Duplomb che mira all’abolizione delle misure restrittive imposte all’attività agricola. “La Commissione Europea – scrive uno dei giornalisti in rassegna – ha intentato causa alla Francia per il mancato rispetto degli standard sanitari relativi ai nitrati nelle acque e per aver messo in pericolo la sua popolazione. La legge propone di espandere gli allevamenti senza terra, i cui effluenti sono la principale fonte del problema”. La legge reintroduce, in nome del liberismo econonico totalizzante, una deregolamentazione dei sistemi produttivi agricoli che – senza le misure  di tutela della salute – colpirà inesorabilmente la qualità della vita dei “cittadini-consumatori”, grazie a quel mix di consulenze tecniche agli agricoltori che spianeranno la vendita dei prodotti nocivi causa di malattie mortali, cancro in primis[accì]   Fleur Breteau, il nuovo volto della lotta contro i pesticidi: “Incarno le conseguenze di un sistema che sta andando a rotoli” HTTPS://WWW.MEDIAPART.FR/JOURNAL/FRANCE/180725/FLEUR-BRETEAU-NOUVEAU-VISAGE-DU-COMBAT-CONTRE-LES-PESTICIDES-J-INCARNE-LES-CONSEQUENCES-D-UN-SYSTEME-QUI-P Eliminare gradualmente tutti i pesticidi e sensibilizzare l’opinione pubblica sull'”epidemia” di cancro: questo è l’obiettivo del collettivo Cancer Anger, attraverso nuovi metodi d’azione. Abbiamo incontrato la fondatrice, che ha fatto irruzione nell’Assemblea Nazionale l’8 luglio durante il voto sulla legge “Duplomb”. Fleur Breteau, senza capelli né sopracciglia, con il viso ancora segnato dal calvario della malattia e delle sue cure, ha assistito martedì 8 luglio da uno dei balconi del Palais-Bourbon al voto formale sul disegno di legge del senatore Laurent Duplomb (deputato destra di Les Républicains), legge che ufficialmente “mira ad abolire le restrizioni all’attività agricola”. Fleur Breteau, quarantenne e fondatrice del collettivo Cancer Colère, è stata invitata da rappresentanti eletti di sinistra ad assistere al voto, insieme ad altri membri della società civile. Dopo l’adozione del disegno di legge da parte dei deputati delle destre e dei loro delegati del partito applaudita, Fleur Breteau ha gridato: “Siete gli alleati del cancro e lo faremo sapere!“. In risposta, come riportato dai giornalisti presenti, una risata ha riempito l’Aula. Questo è ciò che la maggioranza delle destre ha saputo opporre allo sgomento e all’indignazione di questa giovane donna e, attraverso di lei, alla preoccupazione della società civile e di tutte le comunità scientifiche coinvolte: ilarità disinvolta, cinismo sprezzante e virilità da ultrà. Il clamore di Fleur Breteau non può essere compreso se ci limitiamo a spiegare per cosa hanno votato i deputati. Soprattutto, dobbiamo spiegare contro chi hanno votato. Hanno votato, ovviamente, contro tutte le associazioni per la protezione dell’ambiente in Francia, ma non c’è da stupirsi. Soprattutto, hanno votato contro ventidue società scientifiche mediche, la Lega contro il cancro, gli amministratori e il personale dell’Agenzia nazionale per la sicurezza sanitaria, il terzo sindacato agricolo francese, la Fondazione per la ricerca medica, venti mutue, gruppi mutualistici e la Federazione delle mutue francesi, che rappresenta diversi milioni di assicurati, il Consiglio scientifico del CNRS, la Federazione delle autorità per l’acqua potabile e centinaia di medici e ricercatori che hanno firmato editoriali e lettere aperte intuitu personae.   Realtà solubile Anche le organizzazioni di ricerca hanno rotto il silenzio: una situazione senza precedenti. L’Istituto di Ecologia e Ambiente del CNRS ha dichiarato di “deplorare profondamente l’adozione di questa legge miope e le sue gravi conseguenze per l’ambiente, che ignora la salute e il benessere della popolazione, [così come] il ruolo delle specie selvatiche nella produzione agricola”. “La comunità scientifica non è stata ascoltata”, ha concluso l’Istituto con una frase così eufemistica da far sorridere.   LA LEGGE DUPLOMB RAPPRESENTA UN GRAVE ARRETRAMENTO DELLA SANITÀ PUBBLICA Il disegno di legge del senatore dell’Alta Loira ha quindi scatenato una mobilitazione senza precedenti per portata e diversità, che ha coinvolto molti settori della società. Ma questa coalizione di fatto – la cui nascita è anche motivo di speranza – ha incontrato, in risposta alle sue sfide, solo un vuoto terrificante di argomentazioni. L’adozione della legge Duplomb rappresenta un momento di rottura democratica senza precedenti. I fatti sono stati considerati secondari, la realtà del mondo fisico dissolta negli interessi particolari di una piccola minoranza di agricoltori. Nessun dibattito è stato quindi possibile, né all’esterno né all’interno dell’Aula. Inoltre, come possiamo rispondere a Laurent Duplomb quando afferma che le siepi si stanno espandendo, quando il tasso della loro scomparsa (oltre 23.000 chilometri all’anno) è raddoppiato dal 2017? Come possiamo rispondere quando afferma che il cambiamento climatico è in realtà benefico per la sua regione?   Privatizzazione di un bene comune A questo livello di inversione della realtà, qualsiasi dibattito democratico è impossibile. La Commissione Europea ha intentato causa alla Francia per il mancato rispetto degli standard sanitari relativi ai nitrati nelle acque e per aver messo in pericolo la sua popolazione. La legge propone di espandere gli allevamenti senza terra, i cui effluenti sono la principale fonte del problema.   La Francia è incapace di ridurre l’uso di pesticidi. La legge reintroduce il mix di consulenza tecnica agli agricoltori e vendita dei prodotti (come ha sempre fatto la Monsanto-Bayer). Le popolazioni di uccelli, impollinatori e quasi tutti gli artropodi sono crollate a un ritmo vertiginoso negli ultimi trent’anni. Le riserve di acqua potabile non conformi stanno esplodendo a causa dei metaboliti dei pesticidi. La legge riapre la porta a sostanze vietate, tra le più pericolose mai sintetizzate dall’uomo. Suoli, fiumi e falde acquifere si stanno prosciugando a causa del riscaldamento globale. I giganteschi bacini che monopolizzano le risorse e inaridiscono i territori sono ora di “importante interesse pubblico”. Come può la privatizzazione di un bene comune, attuata a costo di distruggere l’ambiente e il paesaggio, essere considerata di “importante interesse pubblico”? Il testo della legge non solo riflette un’immagine speculare della realtà, ma sovverte anche il significato stesso delle parole. A coronamento di tutto ciò, un decreto, emanato il giorno del voto, sottopone di fatto il lavoro dell’Agenzia francese per l’alimentazione, l’ambiente e la salute e la sicurezza sul lavoro (ANSES) a un’influenza politica, imponendole l’ordine delle sue priorità di competenza. Tutto ciò si inserisce in un quadro programmatico più ampio: il sostegno all’agricoltura biologica crolla, le aree gestite senza apporti di sintesi sono in declino e le agenzie idriche, responsabili della gestione locale delle conseguenze delle negligenze statali, sono indebolite.   LA LEGGE DUPLOMB ILLUSTRA LA TENDENZA A CEDERE AL RISCHIO DI FABBRICARE I TUMORI E LE MALATTIE CRONICHE CHE SI RIVELERANNO NEI PROSSIMI TRENT’ANNI Come afferma Maxime Molina, Presidente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione per la Ricerca Medica, ci sono tutti i presupposti per iniziare a creare i tumori e le malattie croniche dei prossimi trent’anni. La Francia di Emmanuel Macron si avvicina sempre di più all’America di Donald Trump.   La petizione contro la legge Duplomb ha superato il milione di firme sul sito web del Parlamento HTTPS://WWW.MEDIAPART.FR/JOURNAL/FRANCE/200725/LA-PETITION-CONTRE-LA-LOI-DUPLOMB-DEPASSE-LE-MILLION-DE-SIGNATURES-SUR-LE-SITE-DE-L-ASSEMBLEE Di fronte al successo senza precedenti della petizione che chiedeva l’abrogazione del disegno di legge, la Presidente dell’Assemblea, Yaël Braun-Pivet, si è dichiarata “favorevole” all’organizzazione di un dibattito parlamentare sul merito di questa legge. Ma non prima dell’inizio dell’anno scolastico, e la sua revisione è fuori discussione. Un successo senza precedenti, nel corso di un fine settimana estivo. Poco prima delle 18:00 di domenica 20 luglio, una petizione che chiedeva l’abrogazione della legge Duplomb, e in particolare la sua contestatissima proposta di reintrodurre un insetticida, ha raggiunto un milione di firme sul sito web del Parlamento. L’affluenza è eccezionale, poiché sabato era stata raggiunta la soglia delle 500.000 firme, consentendo un dibattito parlamentare sul merito di questa legge, ma non la sua revisione. La petizione è stata lanciata il 10 luglio, due giorni dopo l’adozione del disegno di legge da parte del senatore repubblicano Laurent Duplomb, da Eléonore Pattery, studentessa magistrale di 23 anni in qualità e apprendista presso la SNCF. Da venerdì, ha riscosso un successo senza precedenti grazie alla sua attiva diffusione sui social media e negli ambienti di sinistra. Anche personalità come l’attore Pierre Niney e lo scrittore Nicolas Mathieu hanno offerto il loro sostegno. In un post su Instagram pubblicato sabato, la vincitrice del Premio Goncourt 2018 ha denunciato i politici che credono di “gestire il Paese come un’azienda, secondo obiettivi di governance ed efficienza, che non hanno più nulla a che fare con le elezioni o la rappresentanza nazionale”. Nel testo introduttivo della sua petizione, Eléonore Pattery denuncia una legge che “rappresenta un’aberrazione scientifica, etica, ambientale e sanitaria”. “Rappresenta un attacco frontale alla salute pubblica, alla biodiversità, alla coerenza delle politiche climatiche, alla sicurezza alimentare e al buon senso”, scrive la studentessa, che si definisce una “futura professionista della salute ambientale”. La legge, che non è ancora stata promulgata, contiene significativi ostacoli ambientali: la reintroduzione di un insetticida che uccide le api (neonicotinoide), la compromissione dell’indipendenza dell’Agenzia francese per la salute e la sicurezza alimentare, ambientale e del lavoro (ANSES), la facilitazione della costruzione di allevamenti intensivi e mega-stagni e l’indebolimento della protezione delle zone umide. Un dibattito non appena il Parlamento riprenderà i lavori La Conferenza dei Presidenti dell’Assemblea Nazionale deve ora decidere se organizzare un dibattito. Ad oggi, nessuna petizione nella storia della Quinta Repubblica è mai stata discussa in Aula. E anche se si tenesse un dibattito, questo non innescherebbe una revisione sostanziale della legge, tanto meno la sua abrogazione. Domenica, su Franceinfo, la Presidente dell’Assemblea Nazionale Yaël Braun-Pivet si è dichiarata “ovviamente favorevole” all’organizzazione di un dibattito di questo tipo. “Il popolo francese ha firmato questa petizione. Possiamo organizzare un dibattito su questo tema non appena il Parlamento riprenderà i lavori”, ha dichiarato. La prossima Conferenza dei Presidenti dell’Assemblea è prevista per metà settembre. Ma Yaël Braun-Pivet ha sottolineato che questo dibattito “non può in nessun caso annullare la legge approvata”, che, a suo dire, “salverà un certo numero di nostri agricoltori”. “Ora spetta al Consiglio Costituzionale pronunciarsi sulla legge e sulla sua legalità”, ha proseguito. “L’11 luglio, i deputati di sinistra hanno presentato ricorso al Consiglio Costituzionale. In questa fase, questa è l’opzione più realistica per impedirne la promulgazione.” “La petizione non può portare all’abrogazione della legge all’inizio dell’anno scolastico, ed è perfettamente normale”, ha affermato il Presidente dell’Assemblea. “Non possiamo avere una legittimità opposta; la rappresentanza nazionale e il Senato si sono pronunciati…” “Grazie a voi, la voce del popolo risuona un po’ più forte”, ha dichiarato Eleonore Pattery sul suo account Linkedin sabato pomeriggio, chiedendo di “raggiungere un milione di firme”. “È il momento di rivoluzionare il mondo oggi, di costruire la pace di domani”, ha esortato. Questo non mi ispira molto; significa che l’opposizione si sta facendo sentire. Laurent Duplomb commenterà il successo della petizione domenica. “Grazie alla vostra mobilitazione, l’Assemblea Nazionale dovrà nuovamente discutere questo disegno di legge, che mette in pericolo il nostro pianeta e la nostra salute!” ha reagito La France Insoumise, in un messaggio su X trasmesso dal suo leader Jean-Luc Mélenchon. “Di fronte alle lobby, siamo milioni: l’ecologia sta reagendo”, si è congratulata la segretaria nazionale degli Ecologisti, Marine Tondelier, per X, mentre l’ex ministra e deputata di Génération Écologie, Delphine Batho, ha chiesto a Emmanuel Macron di “non promulgare” la legge. Il leader dei parlamentari socialisti, Boris Vallaud, aveva chiesto sabato che la petizione fosse iscritta all’ordine del giorno dell’Assemblea per consentire un dibattito. L’autore della legge, il senatore repubblicano Laurent Duplomb, ha espresso il suo disappunto su Franceinfo. “Non mi ispira molto, significa che l’opposizione sta parlando”, ha detto. Aggiungendo: “Dietro, ci sarà sicuramente un dibattito organizzato all’Assemblea Nazionale per dire quello che diciamo da sei mesi”. Il parlamentare ha espresso preoccupazione per la “concorrenza sleale” che si verificherebbe per gli agricoltori qualora il testo, che consente la reintroduzione di un pesticida vietato in Francia ma autorizzato in Europa, non venisse attuato. Su BFMTV, ha poi attaccato “i firmatari di petizioni che non si preoccupano della redditività delle attività economiche”. Arnaud Rousseau, presidente della FNSEA, il principale sindacato agricolo fortemente favorevole alla legge Duplomb, ritiene che l’agricoltura francese “scomparirà” se le verranno imposti “standard più elevati” rispetto a quelli dei suoi vicini europei. Aberrazione La petizione chiede anche “una revisione democratica delle condizioni in cui è stata adottata la legge Duplomb”. In Parlamento, è stata accelerata con una mozione preliminare di reiezione, presentata dal suo stesso relatore, Julien Dive (LR), che si era espresso a favore del disegno di legge. Il deputato ha giustificato la sua decisione denunciando “l’ostruzionismo” della sinistra, che aveva presentato diverse migliaia di emendamenti. La mancanza di un vero dibattito in aula è una delle argomentazioni avanzate dai deputati che hanno presentato ricorso al Consiglio Costituzionale. Il disegno di legge ha finalmente trovato la maggioranza in Assemblea l’8 luglio. Ma, fuori dal Palais Bourbon, i suoi oppositori si sono mobilitati. Anche al suo interno. Dalla tribuna pubblica, Fleur Breteau, membro esperto di media del collettivo Cancer Anger, si è rivolta ai deputati: “Siete alleati del cancro e lo faremo sapere”. » Al contrario, è stata fermamente difesa dalla FNSEA (Federazione Nazionale dei Sindacati Agricoli) e dai Giovani Agricoltori, venuti a manifestare davanti al Palais Bourbon con i loro trattori. “Dovrebbe esserci una discussione su questa petizione, perché no. Ma ricominciare tutto da capo sarebbe una grande perdita di tempo e una sconfitta per il mondo agricolo”, ha dichiarato sabato all’AFP Quentin Le Guillous, segretario generale dei Giovani Agricoltori. Oggi “passiamo da un problema all’altro”, ha commentato Christian Convers, segretario generale del Coordinamento Rurale. La Confédération paysanne (Confederazione Agricola) ha osservato che la legge Duplomb “non è affatto sostenuta dalla società, vista la velocità con cui vengono raccolte le firme” sulla petizione. “Speriamo davvero di poter avere un dibattito democratico”, ha sottolineato il suo portavoce, Thomas Gibert.   TRADUZIONE DI TURI PALIDDA   Redazione Italia
Georges Ibrahim Abdallah liberato dopo quarant’anni di detenzione
La corte d’appello di Parigi, oggi giovedì 17 luglio, ha deciso a favore della liberazione di George Abdallah. Il militante libanese, condannato nel 1987 per un presunta “complicità in omicidi terroristici”, lascerà il carcere di Lannemezan (negli Alti Pirenei) e sarà espulso verso Beirut il 25 luglio. A 74 anni, […] L'articolo Georges Ibrahim Abdallah liberato dopo quarant’anni di detenzione su Contropiano.
Verso la notte nucleare, “volenterosamente”
Un deciso passo avanti verso la guerra mondiale, ma blaterando di “pace”. Il vertice tra Emmanuel Macron e Keir Starmer ha partorito il mostro che era in incubazione da molti mesi, ma che non usciva allo scoperto perché senza la collaborazione dominante degli Stati Uniti non sembrava avere nessuna chance […] L'articolo Verso la notte nucleare, “volenterosamente” su Contropiano.
I portuali francesi impediscono l’imbarco delle armi destinate a Israele
Grande vittoria dei portuali del Golfo di Fos: sono riusciti a impedire l’imbarco di munizioni e mitragliatrici sulla nave Contship ERA della compagnia ZIM, diretta in Israele. A Genova, la nave farà scalo sabato mattina per un rifornimento tecnico. I portuali francesi ci hanno comunque chiesto di sorvegliarla per assicurarci che sia effettivamente vuota. Il lavoro portato avanti in questi anni dai portuali genovesi, ai quali si sono poi aggiunti greci, marocchini e oggi i francesi, dimostra che il coordinamento sta dando risultati concreti. Il presidio inizialmente previsto per le 15:00 di venerdì è sospeso: invitiamo tutte e tutti a partecipare alla conferenza stampa venerdì 6 giugno, alle ore 18:00 presso Music For Peace (sala Vick) e al presidio di sabato mattina, dalle ore 8:00, al Varco di Ponte Etiopia. Unione Sindacale di Base Porto di Genova Unione Sindacale di Base