La legge del più forte?

Pressenza - Sunday, July 27, 2025

Assistiamo sempre più a eventi dove il Diritto Internazionale risulta sempre più bistrattato e calpestato nella lettera e nella sostanza.

Gli ultimi esempi contro le Nazioni Unite, l’attacco a Francesca Albanese, il sequestro in acque internazionali degli aiuti umanitari della Freedom Flottilla sono solo la deriva e gli ultimi episodi di una situazione dove i potenti dicono con chiarezza e spregiudicatezza: “vale la legge del più forte”.

E’ una condizione in cui ci vogliono far sentire impotenti tale è la disparità tra le potenze militari ed economiche messe in campo e l’azione del comune cittadino, ma anche del singolo movimento o partito e, perfino, del singolo stato o istituzione internazionale.

Sono chiari alcuni temi che diciamo da tempo con la Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza: serve una riforma democratica e partecipativa dell’ONU, servono Consigli di Sicurezza tematici che abbiamo potere reale sui governi e che riconquistino autorevolezza e capacità di regolare i conflitti internazionali.

Ma avvertiamo anche l’esigenza di mediatori. Dove sono finiti i mediatori che caratterizzarono alcune risoluzioni di conflitti nella seconda metà del secolo scorso? Se per negoziare sui dazi con Trump dobbiamo affidarci alla Meloni e per portare a un tavolo di trattative Putin speriamo in Erdogan significa che siamo messi abbastanza male.

Il mondo è decisamente in crisi e la crisi fa nascere cose che credevamo appartenessero al passato e fossero risolte.

La nonviolenza insegna che le cose sono risolte quando sono accettate, comprese e superate; si tratta di un processo lungo e complesso, non è sempre un processo lineare perché la mente è abbastanza brava ad ingannare sé stessa. Questo processo non riguarda solo le persone ma anche gli insiemi umani, le società.

La verità è che non stiamo riflettendo sulla violenza.

La legge del più forte torna qui ben presente come possibile risoluzione dei conflitti; sta qui ed è prima del Codice di Ammurabi, prima del Diritto Latino, prima del Common Law, prima della Magna Charta, molto prima della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Ma se torniamo a quel prima per quale motivo abbiamo costruito le Leggi, il Diritto Internazionale, l’ONU e l’idea di una civile convivenza tra i popoli?

L’Umanità da tempo ha elaborato forme più intelligenti e morali di risoluzione dei conflitti. Lo ha fatto fin dai tempi antichi, tra i popoli e le culture che hanno praticato la compassione, la solidarietà, l’Ubuntu, la Regola d’Oro. Se torniamo alla legge del più forte cancelliamo tutto il processo evolutivo: che senso avrebbe la Legge, lo Stato, la Giustizia, la Democrazie, la Convivenza se in ultima analisi chi ha la forza (economica, militare, politica) decide nonostante tutto?

Pat Patfoort suggerisce che la risoluzione di un conflitto debba avvalersi di una ricerca sui fondamenti su cui quel conflitto è basato, cioè sulle questioni fondanti, culturali, esperenziali di quel conflitto, sulle credenze che alimentano quel conflitto.

Alcune amiche dei Combattenti per la Pace mi dicevano tempo fa che la comune esperienza che riscontrano nei loro lavori di CNV con israeliani e palestinesi è la paura; e la loro sensazione è che sia la paura il principale sentimento che giustifica la violenza. Però al tempo stesso la paura può essere l’elemento comune che porta queste due martoriate società a convivere. Così come il lutto di aver perso un parente stretto è il legame, il fondamento, delle esperienze di riconciliazione di Parent Circle.

Perché un’altra verità ci dice che la legge del più forte può sembrare efficace ma anche chi la esercita sa, nel profondo del suo cuore, che non è la soluzione giusta.

Quindi in questo momento storico è della massima importanza comprendere l’incompleta evoluzione storica verso la giustizia, verso la valorizzazione di ogni singolo essere umano; incompleta ma profondamente necessaria.

E questa necessità comporta un’azione esterna verso la verità, la giustizia, la riconciliazione, la nonviolenza e una contemporanea azione interna, per ognuno di noi per riconoscere, comprendere, accettare e trasformare tutta la violenza, tutto il pre-giudizio che è dentro di noi e fuori di noi.

Olivier Turquet