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La Flotilla dell’umanità è in viaggio sotto un cielo stellato; le stelle, però, sono droni
Partita da Barcellona per Gaza, la Global Sumud Flotilla affronta sorveglianza militare, minacce e sostegno internazionale . Il 2 settembre, le prime barche della Global Sumud Flotilla erano partite da meno di 48 ore da Barcellona, quando, intorno alle 22:30 ora italiana, mentre navigavano a circa novant miglia nautiche dall’isola di Minorca, sono state intercettate da tre droni. Ma cos’è la Global Sumud Flotilla? È un’azione civica, nata dal basso, nell’ambito del Movimento Globale a Gaza, composta da circa cinquanta imbarcazioni civili, con a bordo attivisti provenienti da quarantaquattro paesi del mondo. L’obiettivo è creare un corridoio umanitario per Gaza, sotto assedio israeliano da mesi. Sulla flottiglia è puntata l’attenzione di quella parte di mondo che riconosce i diritti umani e il valore della vita; purtroppo, però, non soltanto di quella. La presenza dei droni sulla flottiglia è stata comunicata dall’attivista Thiago Avìla attraverso una diretta lanciata sul profilo Instagram del movimento @globalmovementtogaza. Thiago è ormai un volto noto per chi segue la causa palestinese: climattivista e militante per i diritti umani, è stato protagonista di una precedente spedizione della Freedom Flotilla, membro dell’equipaggio della barca Madleen, bloccata illegalmente dall’IDF, sempre attraverso droni e quadcopters (quadricotteri militari). Nella diretta, Thiago ha evidenziato, mettendo in allerta il resto dell’equipaggio, che i droni potevano essere lì per una ricognizione di sorveglianza ordinaria dell’autorità marittima competente su quelle acque; oppure per un attacco militare. A chi non abbia seguito attentamente gli ultimi sviluppi dell’invasione di Gaza potrebbe sembrare un’affermazione forte. Invece, la seconda ipotesi è molto plausibile. Infatti, come chi scrive sottolineava poco prima, all’enorme e commovente solidarietà che è giunta da ogni parte del globo (è notizia recente che anche Emergency sosterrà la flotta e affiancherà le imbarcazioni con natanti di supporto logistico e medico), si sono contrapposte le dichiarazioni del governo israeliano: sul Jerusalem Post di tre giorni fa, il ministro della Sicurezza nazionale israeliano, Itamar Ben-Gvir, annunciava che stava per presentare un piano al governo secondo cui «tutti gli attivisti arrestati saranno trattenuti in detenzione prolungata, a differenza della precedente prassi, nelle prigioni israeliane di Ketziot e Damon, utilizzate per detenere i terroristi in condizioni rigorose tipicamente riservate ai prigionieri di sicurezza. Non permetteremo a chi sostiene il terrorismo di vivere nell’agiatezza». Tale piano è stato considerato illegittimo da vari giuristi esperti di diritto internazionale. La relatrice speciale Onu per i territori palestinesi, Francesca Albanese, ha definito l’azione della Global Sumud Flotilla «pienamente conforme al diritto internazionale». Secondo Albanese, «ogni tentativo di fermare o intercettare le imbarcazioni nelle acque internazionali costituirebbe una violazione della libertà di navigazione sancita dal diritto marittimo». È questo il clima in cui naviga oggi la flotta per Gaza, la flotta dell’umanità. Ma torniamo ai droni, ai quadricotteri. Tutti e tutte ne abbiamo sentito parlare. Vengono usati come regalo per i bambini al compleanno, dai fotografi per i matrimoni, dalla protezione civile per la prevenzione degli incendi. Eppure, facendo una ricerca su AI Overviews, leggiamo che sono “piccoli aerei a pilotaggio remoto, utilizzati per ricognizione, sorveglianza e attacchi mirati, che offrono una maggiore protezione delle forze armate grazie alla fornitura di dati in tempo reale e riducendo la necessità per i soldati di accedere ad aree pericolose. Dotati di sensori e telecamere avanzati, questi droni possono operare di giorno e di notte e alcuni modelli sono dotati di funzionalità sull’intelligenza artificiale per l’edge computing e la navigazione avanzata. Le loro dimensioni ridotte e laità rapida di impiego li rendono ideale per le unità di fanteria, sebbene la loro proliferazione, in particolare nei conflitti come quello di Gaza, abbia sollevato anche significative preoccupazioni etiche riguardo all’impatto sulla popolazione civile e al potenziale uso improprio”. Non bisogna essere esperti di ingegneria aerospaziale per capire, quindi, che i droni sono l’esempio perfetto delle tecnologie dual use, cioè di quell’insieme di dispositivi e sistemi operativi che, nati per scopo pacifico, sono oggi largamente utilizzati nelle attività belliche. Un tema che solo di recente è giunto alla ribalta della cronaca, soprattutto per l’uso che se ne sta facendo in Palestina. Che la questione sia delicata lo dimostra il fatto che l’unica base giuridica che prova a disciplinare la materia sia il Regolamento (UE) 821/2021, attraverso cui le produzioni di questi dispositivi vengono supervisionate dall’Unione Europea. I primi droni, però, da ciò che ci dicono le fonti, sono stati impiegati già nel XX secolo, in particolare dagli Inglesi nella Prima guerra mondiale. Non è un po’ tardi arrivare, solo nel 2021, all’adozione di un regolamento europeo per questa materia? Sì, lo è: se, nel secolo scorso, a Sarajevo, durante l’assedio, per sparare alla popolazione civile in mezzo alle strade venivano assoldati mercenari che si posizionavano sui tetti dei palazzi o sulle colline circostanti, nel terzo millennio il cecchinaggio avviene attraverso la tecnologia. Le testimonianze su come l’IDF usi i droni contro la popolazione civile non si contano più, da parte della stampa, dei medici, dei sanitari. La robotizzazione della sparatoria aumenta esponenzialmente la distanza tra la bocca e la vittima e, quindi, trasporta l’atto omicida verso una derivazione di disumanizzazione che non ha precedente. Così, il lavoro delle bombe intelligenti viene coadiuvato perfettamente dai droni killer. La Global Sumud Flotilla, flotta dell’umanità, naviga verso la spiaggia di Gaza che, ricordiamolo sempre, rispetto all’Italia è soltanto dall’altra parte del Mediterraneo; come per i Gazawi, anche per gli attivisti della Sumud il pericolo può arrivare dall’alto, silenzioso e imprevedibile, sotto forma di una piccola lucina nel cielo, che però non è una stella. Non c’è protezione dai droni, per i civili disarmati di Gaza come per gli equipaggi delle imbarcazioni. Forse, però, i nostri occhi possono farsi luce, diventare fari. Tenerli aperti su Gaza e sulla flottiglia può essere una missione, per chi crede che questo massacro vada fermato. La difesa del diritto alla vita dei Gazawi e della permanenza dignitosa sulla loro terra è difesa del diritto internazionale e, quindi, delle nostre stesse esistenze. Ogni cosa è connessa. Da terra, si può e si deve costruire una flotta, che attraversi tutti i paesi e che faccia pressione sui governi, come un’azione internazionalista tra i popoli, a protezione delle barche. È quello che sta facendo il GMTG in tantissime città. Seguiamola, quest’onda, portiamo i nostri corpi nelle piazze e rispondiamo numerosi alla chiamata per le flotte di terra che ci sarà il 4 settembre. Sulle pagine del GMTG ci sono tutti gli appuntamenti: a Napoli, ci vediamo alle 18:00 in Largo Berlinguer. Sosteniamo la Global Sumud Flotilla Fonti Jerusalem Post, 30 agosto 2025 – http://link https://www.jpost.com/israel-news/article-865898 La Repubblica, 1 settembre 2025 Redazione Napoli
Mozione per la pace, il rispetto del diritto internazionale a Gaza dell’IC “Lorenzetti” Sovicille (SI)
PUBBLICHIAMO CON PIACERE, SPERANDO CHE I DOCUMENTI SI MOLTIPLICHINO NELLE SCUOLE, LA MOZIONE DEL COLLEGIO DOCENTI DELL’ISTITUTO COMPRENSIVO STATALE “A. LORENZETTI DI ROSIA SOVICILLE (SI) PER LA PACE, IL RISPETTO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE E LA TUTELA DEI CIVILI NEL CONFLITTO IN CORSO A GAZA. A DISPOSIZIONE DEI DOCENTI C’È ANCHE UN DOCUMENTO CHE ABBIAMO PRODOTTO COME OSSERVATORIO CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLE SCUOLE E DELLE UNIVERSITÀ CON LO SLOGAN “NOI SIAMO DOCENTI PACEFONDAI“. Il Collegio dei Docenti dell’Istituto Comprensivo Statale “A. Lorenzetti, in occasione della riunione in data 27 giugno 2025, CONSIDERATO Il drammatico protrarsi del conflitto a Gaza, con un numero intollerabile di vittime civili e la catastrofica crisi umanitaria in corso, di fronte ai quali il silenzio della comunità educante sarebbe in contrasto con la missione fondamentale della scuola di educare al rispetto reciproco, alla nonviolenza, alla giustizia, alla solidarietà e alla pace. ESPRIME la più ferma condanna per ogni forma di violenza contro le popolazioni civili e per tutte le violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale. Riteniamo inaccettabile la catastrofe umanitaria a Gaza che si sta consumando davanti ai nostri occhi. La popolazione civile di Gaza è intrappolata in un ciclo di violenza senza fine, vittima di bombardamenti indiscriminati che hanno distrutto ospedali, scuole, case e infrastrutture vitali. Decine di migliaia di persone, in maggioranza donne e bambini, sono state uccise. Centinaia di migliaia sono sfollate, affamate, private dell’accesso all’acqua potabile, alle cure mediche e a ogni forma di sicurezza. Questa strage deve finire. subito. Non esiste giustificazione strategica, politica o militare che possa legittimare la punizione collettiva di un intero popolo. La sicurezza di uno Stato non può mai essere costruita sulle macerie della vita e della dignità di un altro popolo. La violenza genera solo altra violenza, in una spirale di odio e vendetta che ipoteca il futuro di intere generazioni e allontana ogni prospettiva di pace giusta e duratura. È DOVEROSO: un cessate il fuoco immediato, permanente e incondizionato; la fine dell’assedio e la garanzia di un accesso libero e sicuro per gli aiuti umanitari; la protezione di tutte le popolazioni civili, in linea con il diritto internazionale umanitario; la liberazione di tutti gli ostaggi e dei prigionieri detenuti illegalmente; l’avvio di un autentico processo di pace sotto l’egida della comunità internazionale. Il Nostro “No” è contro tutte le guerre. La tragedia di Gaza, come quelle in Ucraina e in troppi altri angoli del mondo, non è un’eccezione, ma la tragica conferma di una verità fondamentale: la guerra è una sconfitta per l’intera umanità. È uno strumento primitivo e distruttivo che non risolve mai i conflitti, ma li alimenta, lasciando dietro di sé solo morte, traumi, povertà e devastazione ambientale. Noi ripudiamo la logica della guerra, che trasforma gli esseri umani in bersagli e le risorse del pianeta in strumenti di morte. Come sancito dall’articolo 11 della Costituzione Italiana, noi ripudiamo la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Tutto il nostro Impegno deve essere rivolto verso una Cultura della Pace che sconfigga ogni logica bellica. Questo significa Educare al dialogo, all’empatia e alla gestione nonviolenta dei conflitti, a partire dalle scuole. Non possiamo restare in silenzio. Non possiamo essere neutrali di fronte alla sofferenza. Il nostro grido è un atto di responsabilità e d’amore per l’umanità. Chiediamo ai nostri rappresentanti politici di ascoltare la voce della propria coscienza e dei propri cittadini, e di agire con coraggio per fermare la guerra a Gaza e per scegliere, sempre e ovunque, la via della pace. Un altro mondo non è solo possibile, è necessario. Costruiamolo insieme. Il Collegio Docenti dell’IC “Ambrogio Lorenzetti”
Amnesty International Regno Unito: gli arresti dei manifestanti di Palestine Action sono “fonte di profonda preoccupazione”
In risposta agli arresti di 466 manifestanti di Palestine Action avvenuti sabato 9 agosto in Parliament Square a Londra, Sacha Deshmukh, direttore esecutivo di Amnesty International UK, ha dichiarato: “Gli arresti di massa di manifestanti pacifici avvenuti in base alla legge antiterrorismo del Regno Unito sono profondamente preoccupanti. La protesta pacifica è un diritto fondamentale. È comprensibile che le persone siano indignate per il genocidio in corso a Gaza, dunque in base al diritto internazionale devono avere la possibilità di esprimere il loro orrore . I manifestanti in Parliament Square non stavano incitando alla violenza e trattarli come terroristi è del tutto sproporzionato, al punto da rasentare l’assurdo. Da tempo critichiamo la legge antiterrorismo britannica in quanto eccessivamente generica e formulata in modo vago, oltre a costituire una minaccia alla libertà di espressione. Questi arresti dimostrano che le nostre preoccupazioni erano fondate. Invece di criminalizzare i manifestanti pacifici, il governo dovrebbe concentrarsi sull’adozione di misure immediate e inequivocabili per porre fine al genocidio perpetrato da Israele ed eliminare qualsiasi rischio di complicità del Regno Unito.” Appello alla moderazione Prima della protesta di sabato 9 agosto Amnesty ha scritto a Sir Mark Rowley, commissario della polizia metropolitana, mettendo in guardia contro l’arresto dei manifestanti pacifici che si sarebbero radunati a centinaia. La lettera sottolinea che arrestare persone solo per aver esposto messaggi come “Mi oppongo al genocidio. Sostengo Palestine Action” violerebbe gli obblighi internazionali del Regno Unito di rispettare il diritto alla libertà di espressione e alla riunione pacifica. Amnesty ha sottolineato che qualsiasi ulteriore arresto per questi motivi violerebbe il diritto internazionale sui diritti umani, secondo cui i discorsi di protesta possono essere criminalizzati solo se incitano alla violenza, all’odio o alla discriminazione. Nel caso della protesta del 9 agosto, tenere in mano un cartello e dichiarare pacificamente il proprio sostegno a Palestine Action non può essere considerato un esempio di incitamento.   Amnesty International
I bambini di Gaza sono i nostri figli!
Il 27 luglio 2025, in acque internazionali, l’esercito israeliano ha assaltato la nave Handala, battente bandiera tedesca e parte della Freedom Flotilla, diretta verso Gaza con aiuti umanitari. Ventuno civili disarmati sono stati sequestrati e deportati con la forza in Israele. Nessun carico di armi, nessun atto ostile. Solo un tentativo – pacifico e dichiarato – di portare medicine, beni essenziali, solidarietà a una popolazione stremata da mesi di bombardamenti, assedi e totale isolamento. L’Europa ha reagito? I governi occidentali hanno protestato? I parlamentari italiani hanno detto una parola? No. Silenzio. Imbarazzo. Complicità. E se su quella nave ci fossero stati gli aiuti per i figli dei nostri parlamentari? Se quei pacchi fossero stati destinati ai bambini di Montecitorio, alle figlie dei nostri senatori, ai nipoti di chi oggi siede nei banchi delle commissioni Esteri e Difesa? Se a Gaza si trovassero i loro cari, costretti a bere acqua contaminata, a curarsi senza anestesia, a dormire sotto le tende tra le macerie? Sarebbero ancora così cauti, così muti, così attenti a “non sbilanciarsi”? Il sequestro della Handala è un atto di pirateria di Stato, un’aggressione militare contro civili pacifisti, contro il diritto internazionale, contro la stessa idea di umanità. Eppure, il crimine si consuma nell’indifferenza. I bambini di Gaza sono i nostri figli. Non è uno slogan buonista. È una chiamata alla responsabilità. Perché se continuiamo a dividere il mondo in “figli nostri” e “figli degli altri”, in vite che contano e vite sacrificabili, allora non abbiamo imparato nulla dalla Storia. Allora siamo ancora immersi in una logica coloniale, razzista, disumana. Chi oggi tace davanti a questo atto di violenza contro civili, è complice. Chi legittima il blocco totale della Striscia di Gaza, è responsabile. Chi rimuove il volto dei bambini palestinesi dai telegiornali e dalle coscienze, è colpevole. Per questo oggi lanciamo un appello, chiaro, netto, non negoziabile: I BAMBINI DI GAZA SONO I NOSTRI FIGLI! Lo sono per chi crede nel diritto, nella giustizia, nella dignità umana. Lo sono per chi non accetta che la punizione collettiva diventi normalità. Lo sono per chi ha il coraggio di guardare oltre le bandiere, oltre gli schieramenti, oltre la paura di esporsi. La nave Handala non è stata fermata solo da soldati. È stata tradita anche dal nostro silenzio. Siamo ancora in tempo per cambiare rotta. Perché un giorno, quei bambini – se sopravvivranno – ci chiederanno: dov’eravate mentre ci bombardavano, ci affamavano, ci cancellavano? Che cosa risponderemo? Patrizia Carteri
La legge del più forte?
Assistiamo sempre più a eventi dove il Diritto Internazionale risulta sempre più bistrattato e calpestato nella lettera e nella sostanza. Gli ultimi esempi contro le Nazioni Unite, l’attacco a Francesca Albanese, il sequestro in acque internazionali degli aiuti umanitari della Freedom Flottilla sono solo la deriva e gli ultimi episodi di una situazione dove i potenti dicono con chiarezza e spregiudicatezza: “vale la legge del più forte”. E’ una condizione in cui ci vogliono far sentire impotenti tale è la disparità tra le potenze militari ed economiche messe in campo e l’azione del comune cittadino, ma anche del singolo movimento o partito e, perfino, del singolo stato o istituzione internazionale. Sono chiari alcuni temi che diciamo da tempo con la Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza: serve una riforma democratica e partecipativa dell’ONU, servono Consigli di Sicurezza tematici che abbiamo potere reale sui governi e che riconquistino autorevolezza e capacità di regolare i conflitti internazionali. Ma avvertiamo anche l’esigenza di mediatori. Dove sono finiti i mediatori che caratterizzarono alcune risoluzioni di conflitti nella seconda metà del secolo scorso? Se per negoziare sui dazi con Trump dobbiamo affidarci alla Meloni e per portare a un tavolo di trattative Putin speriamo in Erdogan significa che siamo messi abbastanza male. Il mondo è decisamente in crisi e la crisi fa nascere cose che credevamo appartenessero al passato e fossero risolte. La nonviolenza insegna che le cose sono risolte quando sono accettate, comprese e superate; si tratta di un processo lungo e complesso, non è sempre un processo lineare perché la mente è abbastanza brava ad ingannare sé stessa. Questo processo non riguarda solo le persone ma anche gli insiemi umani, le società. La verità è che non stiamo riflettendo sulla violenza. La legge del più forte torna qui ben presente come possibile risoluzione dei conflitti; sta qui ed è prima del Codice di Ammurabi, prima del Diritto Latino, prima del Common Law, prima della Magna Charta, molto prima della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Ma se torniamo a quel prima per quale motivo abbiamo costruito le Leggi, il Diritto Internazionale, l’ONU e l’idea di una civile convivenza tra i popoli? L’Umanità da tempo ha elaborato forme più intelligenti e morali di risoluzione dei conflitti. Lo ha fatto fin dai tempi antichi, tra i popoli e le culture che hanno praticato la compassione, la solidarietà, l’Ubuntu, la Regola d’Oro. Se torniamo alla legge del più forte cancelliamo tutto il processo evolutivo: che senso avrebbe la Legge, lo Stato, la Giustizia, la Democrazie, la Convivenza se in ultima analisi chi ha la forza (economica, militare, politica) decide nonostante tutto? Pat Patfoort suggerisce che la risoluzione di un conflitto debba avvalersi di una ricerca sui fondamenti su cui quel conflitto è basato, cioè sulle questioni fondanti, culturali, esperenziali di quel conflitto, sulle credenze che alimentano quel conflitto. Alcune amiche dei Combattenti per la Pace mi dicevano tempo fa che la comune esperienza che riscontrano nei loro lavori di CNV con israeliani e palestinesi è la paura; e la loro sensazione è che sia la paura il principale sentimento che giustifica la violenza. Però al tempo stesso la paura può essere l’elemento comune che porta queste due martoriate società a convivere. Così come il lutto di aver perso un parente stretto è il legame, il fondamento, delle esperienze di riconciliazione di Parent Circle. Perché un’altra verità ci dice che la legge del più forte può sembrare efficace ma anche chi la esercita sa, nel profondo del suo cuore, che non è la soluzione giusta. Quindi in questo momento storico è della massima importanza comprendere l’incompleta evoluzione storica verso la giustizia, verso la valorizzazione di ogni singolo essere umano; incompleta ma profondamente necessaria. E questa necessità comporta un’azione esterna verso la verità, la giustizia, la riconciliazione, la nonviolenza e una contemporanea azione interna, per ognuno di noi per riconoscere, comprendere, accettare e trasformare tutta la violenza, tutto il pre-giudizio che è dentro di noi e fuori di noi. Olivier Turquet
Gruppo dell’Aja a Bogotà. 12 paesi contro Israele e Petro contro la NATO
Al vertice del Gruppo dell’Aja tenutosi dal 15 al 16 luglio a Bogotà, in Colombia, 12 paesi hanno deciso di implementare misure molto nette contro il genocidio del popolo palestinese, per tagliare ogni legame con Israele e per sostenere l’azione legale per rendere finalmente i sionisti responsabili dei propri crimini. […] L'articolo Gruppo dell’Aja a Bogotà. 12 paesi contro Israele e Petro contro la NATO su Contropiano.
Ostacolare le navi di ricerca e soccorso causa centinaia di morti in mare
32 organizzazioni chiedono l’immediata cessazione dell’ostruzionismo sistematico contro le operazioni di ricerca e soccorso (SAR) delle ONG da parte dello Stato italiano. Soltanto nell’ultimo mese, le navi delle ONG sono state fermate tre volte a causa di accuse basate sul Decreto Piantedosi. Una di esse, la nave di monitoraggio “Nadir” gestita da RESQSHIP, è stata fermata due volte di seguito. Dal 2023, 29 navi di ONG sono state sequestrate nonostante vari tribunali italiani abbiano riconosciuto l‘illeggitimità della detenzione delle navi delle ONG. Tenere deliberatamente lontane le organizzazioni non governative di ricerca e soccorso dal Mediterraneo centrale causa innumerevoli morti in mare lungo una delle rotte migratorie più letali al mondo.  Le organizzazioni criticano il fatto che allontanare deliberatamente le organizzazioni non governative di ricerca e soccorso dal Mediterraneo centrale causi innumerevoli morti in mare su una delle rotte migratorie più letali al mondo. Nonostante i numerosi appelli lanciati dalle organizzazioni SAR, le imbarcazioni delle ONG continuano ad essere arbitrariamente detenute a causa del Decreto Piantedosi approvato nel gennaio 2023 e inasprito dalla conversione in legge del Decreto Flussi nel dicembre 2024. Nell’ultimo mese, “Nadir” e “Sea-Eye 5” – due delle imbarcazioni più piccole, rispettivamente gestite da RESQSHIP e Sea-Eye – sono state detenute con l’accusa di non aver rispettato le istruzioni delle autorità. Ad entrambi gli equipaggi sono stati assegnati porti distanti per sbarcare i sopravvissuti e sono stati invitati a procedere con trasbordi selettivi dei naufraghi sulla base di criteri di vulnerabilità, nonostante il fatto che un’adeguata valutazione delle vulnerabilità richieda un ambiente sicuro e non possa essere condotta a bordo di una imbarcazione subito dopo un salvataggio. “L’introduzione di ostacoli legali e amministrativi ha un obiettivo evidente: tenere le navi SAR lontane dalle aree operative, limitando drasticamente la loro presenza attiva in mare”, critica Janna Sauerteig, esperta politica di SOS Humanity. “Senza la presenza delle risorse e degli aerei delle ONG, più persone annegheranno durante la fuga attraverso il Mediterraneo centrale e le violazioni dei diritti umani, così come i naufragi, avverranno nell’indifferenza generale.” Da febbraio 2023, le imbarcazioni delle ONG sono state oggetto di 29 fermi amministrativi, per un totale di 700 giorni trascorsi in porto invece di salvare vite umane in mare. Le stesse navi hanno trascorso altri 822 giorni in mare per raggiungere porti assegnati a distanze ingiustificabili, per un totale di 330.000 chilometri di navigazione. Misure che inizialmente riguardavano solo le navi SAR delle organizzazioni non governative sono ora estese anche alle imbarcazioni più piccole con un ruolo di monitoraggio. Le ONG sono inoltre costrette a spendere una gran quantità di tempo e risorse per contestare la restrittiva legislazione italiana e i fermi amministrativi arbitrariamente imposti. Negli ultimi mesi, alcuni tribunali italiani – a Catanzaro, Reggio Calabria, Crotone, Vibo Valentia e Ancona – hanno riconosciuto attraverso le loro sentenze l’illegittimità dei fermi amministrativi nei confronti delle imbarcazioni di soccorso delle ONG, annullando di conseguenza le relative sanzioni. Nell’ottobre 2024, il Tribunale di Brindisi ha richiesto alla Corte costituzionale italiana di valutare la compatibilità del Decreto Piantedosi, convertito in legge nel febbraio 2023, con la Costituzione. L’8 luglio 2025 la Corte ha ribadito che il diritto marittimo internazionale non può essere aggirato da norme punitive e discriminatorie e che qualsiasi decisione contraria ad esso deve essere pertanto considerata illegale e illegittima. La mancata assistenza è reato In base al diritto marittimo internazionale, ogni comandante ha l’obbligo di prestare soccorso a persone che si trovino in situazione di pericolo in mare. Allo stesso modo, ogni Stato che gestisce un Centro di coordinamento del soccorso (RCC) è tenuto per legge a facilitare e avviare senza ritardo le operazioni di salvataggio. Quello a cui oggi assistiamo non è tanto un fallimento dello Stato, ma una serie di violazioni deliberate: l’occultamento di informazioni su casi di soccorso, il coordinamento con la cosiddetta Guardia Costiera libica per eseguire respingimenti illegali anche in acque maltesi, e le omissioni da parte di Frontex mentre osserva naufragi e intercettazioni violenti senza intervenire. “Queste pratiche costituiscono una chiara violazione della Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS), della Convenzione internazionale sulla ricerca ed il salvataggio marittimo, della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) e del principio di “non refoulement”. Quando gli Stati ostacolano le operazioni di salvataggio invece di facilitarle, non stanno applicando la legge, la stanno violando. “Ciò di cui abbiamo bisogno è un programma europeo di ricerca e soccorso, nonché vie legali e sicure per raggiungere l’Europa”, chiede Janna Sauerteig. Le organizzazioni chiedono l’immediata abrogazione dei decreti “Piantedosi” e “Flussi” e il rilascio della nave di monitoraggio  Nadir. Inoltre, chiedono che gli Stati membri dell’UE soddisfino il loro dovere di soccorrere le persone in mare e rispettino il diritto internazionale. Firmatari:  * Association for Juridical Studies on Immigration (ASGI) * borderline-europe, Human rights without borders e.V. * Captain Support Network * Cilip | Bürgerrechte & Polizei * CompassCollective * CONVENZIONE DEI DIRITTI NEL MEDITERRANEO * EMERGENCY * European Center for Constitutional and Human Rights (ECCHR) * Gruppo Melitea * iuventa-crew * LasciateCIEntrare * Maldusa project * Médecins Sans Frontières * MEDITERRANEA Saving Humans * MEM.MED Memoria Mediterranea * migration-control.info project * MV Louise Michel project * Open Arms * RESQSHIP * r42 Sail And Rescue * Refugees in Libya * Salvamento Marítimo Humanitario (SMH) * SARAH-Seenotrettung * Sea-Eye * Sea Punks e.V * Sea-Watch * SOS Humanity * SOS MEDITERRANEE * Statewatch * Tunisian Forum for Social and Economic Rights FTDES * United4Rescue * Watch the Med Alarm Phone Redazione Italia
Il diritto e la giustizia, internazionali
Il diritto internazionale è sempre stato una terra ambigua, non a caso s’è sempre portato dietro una discussione secolare sulla sua stessa esistenza. Predica l’eguaglianza strutturale e formale degli stati e poi ne legittima in mille modi la gerarchia tra egemoni e canaglie. Mira alla repubblica mondiale contro la sovranità […] L'articolo Il diritto e la giustizia, internazionali su Contropiano.
Il caso Bertulazzi
Ci sono stati tempi in cui la prigione non è stata l’unico modo per epurare una condanna. L’esilio è stato per molti secoli il destino imposto ai trasgressori. Si considerava l’esilio, lo sradicamento come una pena, una pena senza ritorno, una rottura totale del corso della vita di una persona […] L'articolo Il caso Bertulazzi su Contropiano.
Nordio sapeva tutto per tempo sul caso Almasri
Il ministero della Giustizia era stato informato per tempo di un atto urgente da firmare per evitare l’inefficacia dell’arresto di Osama Almasri, criminale libico ricercato dalla Corte Penale Internazionale dell’Aja per crimini contro l’umanità come carceriere di migranti. Ora la situazione del governo si complica. Con la fine delle indagini […] L'articolo Nordio sapeva tutto per tempo sul caso Almasri su Contropiano.