Tag - Nonviolenza

Per un Medio oriente libero da armi nucleari e da altre armi di distruzione di massa. La campagna parte da Napoli
Eirenefest Napoli 20-09-2025 Se siamo qui, oggi, è perché si è scelto di raccogliere le eredità e le proposte; se saremo qui, domani, sarà perché saremo capaci di fare memoria – informazione – futuro. Scriveva padre Alex Zanotelli, presentando un testo di Angelo Baracca (“Per la memoria, l’informazione e il futuro. Scritti per le prossime generazioni”): “Se l’umanità continuerà a camminare sulla strada che ha scelto, rischia di finire in un inverno nucleare oppure in un’estate infuocata. (…) Oggi la minaccia atomica torna a terrorizzare il mondo (…) Oggi rimangono 15.000 testate intatte nel mondo: una minaccia mortale per il futuro dell’umanità e del Pianeta. E i venti di guerra soffiano forti. (…) Baracca è l’autore di vari volumi importanti nel campo del nucleare: “A volte ritornano. L’Italia ritorna al nucleare” e soprattutto “SCRAM”, scritto insieme a Giorgio Ferrari”. Oggi siamo qui, a Napoli, terra su cui insistono le lotte e, nel contesto di questo Eirenefest, le persone, che quel grido di allarme accorato e competente (coerente) hanno lanciato. Continua padre Alex, ricordando Angelo: “Oltre a essere uno scrittore, è anche un impegnato attivista contro il nucleare. Infatti l’informazione deve portare all’azione per essere efficace. E non basta l’informazione individuale, ma deve essere collettiva”. Questo significa poter trasformare l’essere parte di, in termini di appartenenza, ad una dimensione di significato (entro e oltre l’essere religiosi, prima di tutto essendo orientati dentro un orizzonte spirituale, di ricerca del senso delle vite dell’essere donne e uomini in cammino per la costruzione di percorsi di Pace) nell’essere “parte di un grande movimento che, a gran voce, esiga che l’Italia aderisca al Trattato per l’abrogazione del nucleare (TPNA)”, quindi che, in una prospettiva di Utopia, “(l’Italia…) elimini dal proprio suolo tutto l’armamentario atomico”. Ad Angelo Baracca è stata dedicata una giornata, nel novembre 2023: eravamo a Firenze, padre Alex partecipava attraverso un suo contributo registrato ed inviato a noi, Giorgio aderiva ed era attivo sostenitore dentro la proposta di Medicina Democratica – Sez. Pietro Mirabelli, che umilmente contribuii a pro-muovere, nel luglio 2023; come scrivevo, a introduzione del testo – atti di quella giornata: “perché possano trasformarsi in proposte, perché il ricordo non sia pietra scolpita e tenuta a memoria nel tempo che cristallizza le immagini, bensì movimento collettivo che, nascendo dalla simpatia, dall’essere stati (ed ancora oggi essere) in cammino insieme, recupera le pietre e le lavora insieme”. “Uomo di scienza e di pace” e “amico e compagno di lotte”: Angelo così lo avevamo voluto ricordare, nel rappresentare due mondi e due anime: ambiti in cui il pensiero e le prassi si sono venuti contaminando e, restando nella fedeltà alla complessità della storia di Angelo, sceglievamo di tenerli insieme; Angelo negli ultimi (suoi) tempi, era attivo nell’impegno nell’appello, oggi sempre più attuale ed urgente, sempre più contingente: “fermare la guerra e imporre la pace”, consapevole di andare “verso l’apocalisse” e che l’eliminazione delle armi nucleari fosse “unico presupposto per evitarla”, “sull’orlo del precipizio”… Nel marzo 1999, scriveva: “Si pensi alla situazione della Palestina”: “una situazione di grave e sistematica violazione dei diritti individuali più elementari, oltre che di diritti collettivi, negati dalla perdurante politica israeliana di insediamento di “coloni”, e da un regime di segregazione etnica assimilabile all’apartheid” ed anche “una recrudescenza nella repressione della popolazione locale”, “un problema di esodi di massa e di “pulizia etnica” del territorio che va avanti da oltre quarant’anni”, “una serie continua e insistita di risoluzioni dell’Assemblea Generale e del Consiglio di Sicurezza dell’ONU”. Nel luglio 2020, scriveva la denuncia del rischio nucleare, rischio che oggi teniamo insieme rispetto al rischio (od alla quasi certezza, oltre l’utopia che possa invertire il senso della storia contemporanea) dello sterminio di un popolo attraverso “pulizia etnica”, utilizzo di mezzi – armi di distruzione di massa che difficilmente possono essere legittimate nell’uso pensando alla deterrenza (nucleare e non): “il processo di disarmo si è arenato e addirittura invertito, perché tutti i paesi nucleari hanno intrapreso programmi plurimiliardari di “modernizzazione” del sistema degli armamenti nucleari (avviati dal Nobel per la Pace Barack Obama!)”. Analizza il percorso promosso dalla campagna internazionale ICAN rispetto all’approvazione del TPAN, entrando nel merito di quanto, meglio e soprattutto con maggiore competenza e pertanto titolo a parlare rispetto a me, Giorgio Ferrari analizzerà, nelle evidenze di pericolosità di quelle “vere bombe a orologeria” rappresentate da reattori e testate nucleari e nella proposta politica specifica per la quale siamo qui. Se siamo qui, oggi, è perché riteniamo che il pensiero critico, quello insegnato dentro i luoghi dove si formano le persone, “le prossime generazioni”, ed anche nelle piazze dove si parla attraverso il megafono che amplifica riflessioni ed emozioni distopiche finalizzati a muovere le coscienze (anche attraverso quel rullo di tamburi e quel fare rumore, che, oggi, attraversa i luoghi dove si Urla per Gaza), sia ancora ancoraggio su cui anche questi Eirenefest basano le proposte di incontri – con-fronti, ancoraggio delle lotte alle basi che ne definiscono le ragioni; manifestare richiede alle persone partecipi di conoscere i perché, studiarli, confrontarli, dialogarli, se possibile anche metterli in crisi, mettersi in crisi: dobbiamo avere la Saggezza di tenere insieme e il Coraggio di mettere e mettersi in discussione. Oggi, ancora più di due anni fa, la convergenza è necessaria eppure è fondamentale mantenere i pensieri critici e orientati, non semplicemente messi accanto, ma finalizzati all’attuare proposte che non siano vuote di retorica ed orientati a plagiare le masse a-critiche e obbedienti. Scriveva Angelo Baracca nel suo testo, con il quale ho aperto queste mie brevi riflessioni (“Per la memoria, l’informazione e il futuro. Scritti per le prossime generazioni”), ricordando il proprio metodo di insegnamento, perché oggi siamo qui a fare memoria – informazione – futuro: “iniziavo i miei corsi dicendo: Le mie idee sono spesso diverse da quelle prevalenti (tanto più nel campo della scienza), io le enuncerò sempre nel modo più chiaro e senza reticenze, non intendo in alcun modo plagiarvi, ma sottoporvi a ragionare con la vostra testa: se, alla fine, arriverete a conclusioni opposte alle mie avrò comunque ottenuto il risultato, l’importante è che le idee siano vostre e non uno dei tanti stereotipi”. In un tempo come l’attuale, in cui non è facile trovare Vie, in uno spazio – tempo in cui spesso siamo stati sopraffatti da quell’impotenza derivante dal Che fare, perché la costruzione di percorsi di Pace (non di pacifismo) potesse essere sospinta verso anche solo una minima coscienza di cambiare uno scenario di Apocalisse (data dalle armi, nucleari e di distruzione di massa, particolarmente incidenti in questo), la richiesta di Giorgio Ferrari, al termine di Eirenefest (nazionale, a Roma) a giugno 2024, non poteva non essere accolta: la richiesta di mettere a disposizione conoscenza e scienza perché potesse esserci una spinta verso il governo italiano di un differente posizionamento. Oggi, nel tempo che ci separa da quel giugno 2024 (15 lunghi mesi) in una terra e per un popolo martoriato che sta subendo una pulizia etnica senza precedenti (o, se vogliamo rimettere memoria rispetto all’olocausto, anche se ogni paragone rischia – ed ha rischiato – di ridurre la portata dell’una piuttosto che dell’altra Storia, rischiando di creare una competizione tra drammi cui hanno concorso e stanno concorrendo responsabili diversi e simili perché le storie – purtroppo – si stanno in-consapevolmente ripetendo), siamo tutte e tutti coinvolti, corresponsabili, perché (sia pure giustificandoci attraverso l’impotenza – il non-potere) assistiamo e sentiamo di agire poco o di non agire. E se anche una piccola goccia possa alimentare un fiume di speranza, che sia realismo di utopie concrete, non è sovra- dimensionare la portata del messaggio di Giorgio assumerci la responsabilità di rispondere Sì a questa sua, specifica e motivata proposta, che è diventata collettiva, inizialmente con fatica eppure anche oggi con volontà che le informazioni messe a disposizione possano contribuire a spostare (o fermare) le lancette del Tempo (verso l’inverno nucleare o l’estate infuocata). Vi lascio con le parole di Samah Jabr, un messaggio di speranza, oggi forse di sola utopia: un sogno, frutto di un bisogno di ridare prospettiva al nostro continuo incessante persistente movimento dentro i movimenti di “Urla per Gaza”: “Abbracciando l’amore rivoluzionario dichiariamo che la lotta per porre fine all’occupazione della Palestina è una lotta ispirata dall’amore per l’umanità, non dall’odio – contrariamente a ciò che viene falsamente sostenuto dai nostri avversari. È una richiesta d’azione che incita le persone del mondo a unirsi non come osservatori passivi ma come partecipanti attivi nella lotta per la giustizia. (…) Sostenendo il popolo palestinese non solo contribuite alla nostra lotta, arricchite anche le vostre vite, entrando in connessione con un senso più profondo di scopo e umanità. L’amore rivoluzionario ci insegna che i nostri destini sono intrecciati, che la giustizia per uno è giustizia per tutti”. Emanuela Bavazzano   Eirenefest Napoli Eirenefest Napoli Eirenefest Napoli Cesare Dagliana
Eirenefest Napoli, “Il processo al libro”
19 Settembre 2025, Eirenefest Napoli – Presidio Permanente di Pace Il primo laboratorio di apertura: “Il processo al libro” La prima giornata dell’Eirenefest – edizione napoletana 2025, ospitata dal Presidio Permanente di Pace presso la Libreria IoCiSto, si è aperta con un’immagine potente: il sangue di San Gennaro. Le parole di saluto e presentazione hanno richiamato questo simbolo senza sapere che poche ore prima il vescovo di Napoli lo aveva legato al sangue innocente dei bambini di Gaza. Una coincidenza che ha reso la riflessione ancora più incisiva: la pace non è un miracolo da attendere, ma una responsabilità che ci tocca da vicino, nella carne viva delle vittime. Dopo questa apertura, la mattina si è accesa con il laboratorio “Il processo al libro”, condotto da Pietro Varriale, educatore e formatore di Global Districts, insieme a Serena Dolores Correrò, operatrice del progetto. L’iniziativa si inserisce nel percorso di WeWorld, organizzazione internazionale che da cinquant’anni lavora per i diritti di donne, bambini e persone ai margini; con Global Districts punta a superare le barriere che ostacolano la cittadinanza attiva delle nuove generazioni. Il laboratorio ha avuto la forza del teatro partecipato: i presenti, divisi in gruppi, hanno interpretato ruoli inediti — pubblica difesa, accusa, giuria, giudici — mettendo in scena un vero processo a tre libri. Due dei testi scelti, “Mediterraneo” di Armin Greder e “Io non sono razzista ma…” di Marco Aime, hanno fatto da specchio a due ferite brucianti del nostro tempo: la tragedia dei migranti nel Mediterraneo e la violenza del razzismo. Il momento più commovente è arrivato quando la difesa di due libri è stata affidata a una ragazza di appena 14 anni: voce incerta, pensieri forti. In quella fragilità si è fatta strada una forza che ricordava l’eco delle giovani vittime delle guerre evocate in apertura: voci che chiedono di essere ascoltate, nonostante tutto. Di fronte a lei, l’accusa era impersonata da adulti — rappresentanti di associazioni, volontari, operatori sociali — chiamati a indossare i panni di chi nega il dramma del Mediterraneo o legittima la discriminazione razziale. La dinamica ha prodotto un ribaltamento sorprendente: difendere il giusto è apparso difficile e faticoso, mentre accusare con argomenti razzisti e nazionalisti ha offerto una sorta di liberazione catartica, permettendo di esprimere odio e frustrazione senza pagarne le conseguenze. Qui è emersa la valenza psicoanalitica del laboratorio: il gioco di ruolo ha messo i partecipanti di fronte alle proprie ombre, mostrando come l’identificazione con l’aggressore possa attrarre e, al tempo stesso, destabilizzare; un passaggio che costringe a misurarsi con i lati oscuri della convivenza civile. L’esperienza ha confermato che l’educazione alla pace non può essere solo predicazione: deve passare attraverso il corpo, la voce, la possibilità di sentire dentro di sé anche la parte avversa. È in questo attraversamento che si sviluppano consapevolezza critica e capacità di scelta. La giornata si è chiusa con un clima di forte partecipazione: emozione, riso liberatorio, consapevolezze nuove. In questo spazio, anche piccolo e quotidiano come una libreria di quartiere, i libri si sono rivelati non solo oggetti da leggere, ma strumenti di confronto, specchi delle contraddizioni del presente e catalizzatori di immaginazione collettiva. È proprio questo il cuore dell’Eirenefest e del Presidio di Pace: fare della parola scritta e condivisa un terreno comune di resistenza e di costruzione. Seguendo lo slogan scelto per il festival dal Presidio, “ la pace è un cantiere aperto”, il primo mattone è stato posato. Stefania De Giovanni
Intervento di Giorgio Canarutto al convegno Peace TO Gaza a Torino
Intervento di Giorgio Canarutto al convegno Peace TO Gaza del 18 settembre 2025 presso la Sala delle Colonne del palazzo del Comune di Torino. In corsivo quanto detto a braccio. -------------------------------------------------------------------------------- Sono Giorgio Canarutto, appartengo alle organizzazioni ebraiche Laboratorio Ebraico Antirazzista, Mai Indifferenti, Gruppo Studi Ebraici; parlo a titolo personale. Ricordo che circa 20 anni fa in questa sala o in una qui vicino si celebrava il gemellaggio tra la città di Torino e le città di Haifa e di Gaza. Credo che questo possa voler dire una maggiore responsabilità della città di Torino riguardo a Gaza. Israele si presenta come rappresentante dell’ebraismo ma io considero l’ebraismo una cosa diversa. Avevo imparato che Hillel avesse detto che per riassumere l’ebraismo mentre si sta su una gamba sola fosse “Non fare agli altri quello che non vorresti che fosse fatto a te. In Cisgiordania villaggi beduini sono distrutti e i loro abitanti cacciati; l’anno scorso insieme all’organizzazione Center for Jewish Non Violence ho vissuto per una decina di giorni nel villaggio beduino di Umm Al-Khair. Awdah Hathaleen, il capo villaggio, è stato ucciso da un colono quest’anno a fine luglio. L’assassino, filmato mentre sparava, è stato in carcere un solo giorno e in detenzione domiciliare per pochi altri; questa settimana questa medesima persona, Yinon Levy, al comando di altri, ha interrotto l’approvigionamento di acqua ed elettricità del villaggio e ha posato nuove case container per i coloni in modo da circondare Umm Al-Khair. Senza acqua, senza spazio, Umm-Al-Khair non può sopravvivere. A Tulkarem pochi giorni fa sono stati arrestati senza motivo centinaia di abitanti. In questi giorni Israele ha cominciato a distruggere Gaza City. Centinaia di migliaia di persone spesso non hanno i mezzi per scappare né una destinazione da raggiungere; il ministro della difesa di Israele Israel Katz esulta dicendo “Gaza brucia”. Il livello di sofferenza e distruzione è insostenibile allo sguardo, figuriamoci per le persone che vi vivono. I massimi organismi sanitari a livello mondiale hanno detto che c’è fame a Gaza. Dopo che una quantità di studiosi di fama internazionale l’aveva affermato, anche una commissione dell’ONU ha detto in questi giorni che a Gaza è genocidio. Con quali parole descrivere quello che Israele fa a Gaza se non pulizia etnica e genocidio? La volontà di cacciare i palestinesi da Gaza è stata dichiarata fin dall’inizio. Leggo che il ministro Smotrich ha detto che Gaza sarebbe un ottimo investimento immobiliare. Israele dichiara il diritto di distruggere perché si sentirebbe vittima. (I progetti immobiliari farebbero pensare ad altro). “Siamo vittime dell’olocausto, vittime del 7 ottobre”. Il 7 ottobre è una cosa enorme, l’olocausto è una cosa enorme. Ma l’oppressione dei palestinesi viene prima del 7 ottobre e i palestinesi non sono responsabili dell’olocausto. C’è un tentativo di far passare i palestinesi come responsabili dell’olocausto al posto dei tedeschi e magari degli italiani. La Germania oggi è tra i più acritici e inflessibili sostenitori di Israele, proprio perché non venga troppo rinvangato il suo passato nazista. In Germania vengono arrestati quelli che sventolano la bandiera palestinese, in Germania è stata annullata la premiazione del film No Other Land perché avrebbero dovuto premiare il regista palestinese Basel Adra oltre a quello Israeliano Yuval Abraham. La destra, e Israele in questo ambito, con il suo linguaggio violento riesce spesso a zittire le voci democratiche. C’è un fascismo globale che avanza, pensiamo a Putin, a Trump e a Netanyahu, e dobbiamo prepararci alla resistenza. Se i nostri governi sono inerti, deve rispondere la società civile. Oggi c’è la Flottilla, le auguro buon vento, ha una funzione politica, come ha detto Enzo che mi ha preceduto ha l’obbiettivo di far intervenire i nostri governi; a fine luglio le parrocchie hanno suonato le campane per Gaza, so che anche la chiesa valdese è attiva sull’argomento. Il cardinale Pizzaballa e il suo omologo greco-ortodosso Teofilo III hanno annunciato che Israele aveva sollecitato ad andarsene da Gaza, invece ci resterà, il cardinale Zuppi, a Monte Sole, ha letto i nomi di 18000 bambini uccisi a Gaza. Le organizzazioni ebraiche Mai Indifferenti e LeA cui appartengo tengono manifestazioni a Milano tutte le settimane con cartelli su cui è scritto ad esempio “Voci ebraiche dicono stop al genocidio”. In una conferenza Zoom organizzata dal Gruppo Studi Ebraici il rabbino Joseph Levi, purtroppo senza più incarichi ufficiali, dicendo che Israele a Gaza non sta rispettando gli insegnamenti dell’ebraismo, ha ricordato Deuteronomio 20:10: “Quando ti avvicinerai ad una città per combattere contro di essa dovrai offrirle la pace”. Devono parlare le voci palestinesi e con piacere vedo che domani parlerà qui Omar Bargouthi, credo anch’io a questo punto che si debba passare alle sanzioni, sabato pomeriggio ci sarà una manifestazione regionale per Gaza qui a Torino indetta da organizzazioni per il BDS. Tutti i sabati[1] grandi folle in Israele scendono in piazza contro il governo, per la liberazione degli ostaggi e, anche se in misura minore, per la fine del massacro a Gaza. Israele, con Netanyahu ed il suo governo, mostra di volere essere il solo padrone tra mare e Giordano. In manifestazioni pro Palestina non è sempre chiaro che si dia valore ad una presenza ebraica in quel territorio.  Tra sionismo e antisionismo vorrei che si andasse al di là di queste parole, vorrei che si dicesse chi è che ha diritto di viverci e con quali diritti. Al centro degli obiettivi secondo me si dovrebbe dire che non importa se con due stati, una confederazione di stati od uno stato solo, i due popoli devono vivere sotto il chiaro principio di libertà e uguaglianza. Partiti arabi e arabo ebraici come Balad e Hadash sembrano essere più aperti ad un futuro condiviso che gran parte dei partiti ebraici. Condivido i principi di una coalizione chiamata CAPI che mi hanno segnalato. È composta da più di 60 organizzazioni, movimenti, attivisti ebrei e palestinesi che si ritrovano sotto questi principi: finire la guerra[2], un accordo di scambio di tutti i prigionieri da entrambe le parti, una soluzione politica sostenibile, la fine della persecuzione politica e razzista e piena uguaglianza civile e nazionale per tutti. Concludo citando il direttore d’orchestra israeliano Ilan Volkov che ha interrotto il suo concerto alla BBC e ha detto: “Israeliani, ebrei e palestinesi, non siamo capaci di fermare questo da soli. Vi chiedo, vi imploro tutti di fare qualsiasi cosa sia in vostro potere per fermare questa follia.” [1] Un’amica israeliana mi ha avvisato che dopo che Netanyahu ha ripreso gli attacchi su Gaza le manifestazioni ci sono tutti i giorni [2] Lo stesso direttore il 19 settembre è stato arrestato mentre partecipava ad una marcia al confine della Striscia, Etan Nechin su X: “Israeli conductor Ilan Volkov, who last week called for an end to the war during a London concert, was arrested at a demonstration on the Gaza border against the war. “Stop the genocide. It’s ruining everything. Stop it now.” https://t.co/7gzi8eCrF9” / X   Redazione Torino
Arrestate attiviste di Ultima Generazione in sciopero della fame per Gaza
Quattro donne di Ultima Generazione sono state arrestate questa mattina a Montecitorio, mentre annunciavano l’inizio dello sciopero della fame affinché il governo Meloni riconosca il genocidio dei palestinesi. Le forze dell’ordine con due auto della polizia le hanno circondate e poi le hanno prese di peso, nonostante si trattasse di un’azione di protesta nonviolenta. Trovo scandaloso questo spiegamento di forze contro quattro donne pacifiche che manifestano solidarietà alla Global Sumud Flotilla, movimento di resistenza civile nonviolenta che è partito ieri dalle coste siciliane per rompere il blocco criminale agli aiuti umanitari per Gaza. Voglio esprimere tutto il mio rammarico, la mia apprensione e lo sconcerto che ho provato di fronte ad una sproporzionate repressione della polizia, che voleva impedire anche il lavoro dei giornalisti, allontanando chi si avvicinava per documentare l’arresto delle 4 donne. Oltre alle tre in sciopero della fame, è stata arrestata anche quella che documentava la protesta con video e foto. Al momento le quattro donne si trovano ancora nel commissariato Trevi. “Ho deciso di unirmi allo sciopero e a privarmi del cibo, perché non riesco più a tollerare ciò che sta succedendo a Gaza” ha dichiarato Alina, madre di tre figli. Ora basta! Non continuerò la mia vita come se nulla fosse. Metto il mio corpo a disposizione e andrò avanti con lo sciopero della fame a oltranza; il mio impegno è per la Flotilla e per la Palestina, affinché riesca nella sua missione, le persone partite tornino a casa senza un graffio e il governo riconosca che le atrocità che stanno succedendo a Gaza sono un genocidio! Invito chiunque lo desideri a unirsi: c’è ancora speranza, possiamo e dobbiamo ancora agire.” Rayman
Apre la caccia: al via una nuova stagione di massacri
Nel diffondere questo appello della federazione Pro-natura, ricordiamo che, oltre alla strage insopportabile dei nostri fratelli piumati e impellicciati, la pratica della caccia comporta una diffusione allargata e legale del possesso di armi che corrobora un immaginario e un agire sempre più mortifero  Nonostante l’opinione pubblica sia sempre più contraria all’attività venatoria, domenica 21 settembre si apre ufficialmente la stagione di caccia. Ufficialmente, perché in realtà, tra piani di abbattimento e preaperture agli uccelli migratori, si spara ormai tutto l’anno. Invece di tutelare quel che resta della fauna selvatica italiana, si concede ai cacciatori di sparare sempre di più, anche a specie a rischio di estinzione, come la pernice bianca, il gallo forcello e la coturnice. E che dire della cosiddetta “caccia in deroga”, che consente alle Regioni di approvare piani di abbattimento (ma sarebbe più opportuno parlare di sterminio) di uccelli più piccoli della cartuccia che porrà fine alla loro vita, quali ad esempio storni e fringuelli? Negli ultimi mesi sono state approvate alcune modifiche alla legislazione venatoria, tutte in senso estensivo. Ma non basta: al momento sono in discussione in Parlamento ulteriori proposte di modifica, che peggiorerebbero ulteriormente la situazione, con effetti devastanti su quel che resta della biodiversità e della fauna selvatica italiana. Si prevede, ad esempio, la proroga della fine della stagione venatoria a febbraio, quando la maggior parte delle specie sono già occupate con la riproduzione. Non solo, si amplia la possibilità di utilizzare richiami vivi, favorendo in questo modo la cattura di migliaia di esemplari, i quali, se sopravvivono, passeranno poi il resto dei loro giorni confinati in anguste gabbiette. E poi ancora riduzione della superficie destinata a protezione ambientale, esclusione del mondo scientifico dalla gestione dell’attività venatoria, limiti ai controlli, possibilità di cacciare sui demani pubblici, e così via per un elenco che potrebbe essere lunghissimo. Per non parlare della caccia sui valichi montani, dove transitano gli uccelli durante la migrazione. L’Unione Europea vieta esplicitamente tale pratica, ma il nostro Governo, con un escamotage vergognoso, è riuscito ad aggirare tale proibizione nell’ambito della legge sulla montagna approvata alcuni giorni orsono. È ora di dire basta a queste ignobili concessioni al mondo venatorio. La Federazione Nazionale Pro Natura invita tutti i cittadini a far sentire la loro voce contraria nei confronti di una pratica violenta, anacronistica e causa di profondi dissesti ambientali. FEDERAZIONE NAZIONALE PRO NATURA (info: segretario@pro-natura.it)   Redazione Italia
La libreria IoCiSto ospita l’Eirenefest, “Le parole di Pace”
Si è svolta ieri venerdì 19 settembre nella libreria IoCiSto nel cuore del Vomero a Napoli, per la prima volta dopo Roma, la prima giornata dell’Eirenefestival del libro per la Pace e la non Violenza. Sostenuto dal Presidio di Pace Iocisto, il Festival nelle tre giornate napoletane vuole riflettere sul valore della parola, del libro, del confronto, del dibattito come potente strumento di dialogo e di disarmo in tempi segnati da odio e conflitti. La Pace non è gratuita, ma è un cantiere aperto in continua costruzione, è impegno civile di ciascuno e Eirenefestival porta a Napoli scrittori, attivisti di Pace, docenti, giornalisti, religiosi che attraverso incontri, presentazioni e Tavole Rotonde aprono a significativi spazi di confronto. Si è iniziato con un laboratorio di poesie. Una giornata molto partecipata quella di ieri, piena di emozioni e confronti, con un programma nutrito di laboratori, dibattiti e nuove uscite editoriali che hanno suscitato nei presenti un interrogarsi sull’ essere persone oggi in un momento drammatico per l’umanità, sul dovere di ciascuno di non voltarsi dall’altra parte ma scegliere di dare il proprio contributo alla costruzione della Pace. E qui le persone hanno scelto la via della parola per tentare di costruire un mondo più umano, pacifico, giusto. Nel pomeriggio un momento di grande emozione. La presentazione del libro di poesie “Con nome e cognome” di Maria La Bianca, raccolta di poesie civili ma anche di amore, che la scrittrice ha voluto dedicare ai bambini di Gaza e a tutti i bambini vittime di guerra, edito da Multimage. L’autrice palermitana lo ha proposto attraverso un’esperienza laboratoriale suggestiva e coinvolgente: i presenti sono stati invitati a scegliere ognuno un breve verso poetico tratto dall’opera, che la scrittrice aveva riportato su tanti foglietti scrupolosamente curati nel taglio e nella grafica e sistemati sospesi lungo un filo nella sala che ospitava il laboratorio. Ogni lettura di versi ricordava, evocava un momento, una memoria, una vittima. Le persone hanno scelto ognuna un foglietto e hanno potuto essere protagoniste con rispetto e cuore aperto di quel dolore evocato. Quella vittima, ricordata da quel verso, è stata reinterpretata e la sua memoria ha “rivissuto” attraverso la lettura: cosa è accaduto quel giorno? C’era una data e un numero di pagina su ogni foglietto che ha rimandato il lettore a un ricordo, a una esperienza di dolore, a uno stupro, a una violenza, a un conflitto, a un sopruso. “Stupro”, “Primo Maggio”, “Dio è morto”, “Lampedusa”, “Striscia di Gaza”, “Bambini in gabbia” “Bambini di Gaza” e tante altre le poesie lette, i cui versi hanno emozionato. Versi che sono potentemente civili ma anche pieni di amore. Di un amore non nel senso romantico o lirico, ma esplorato nelle sue implicazioni più ampie nell’intreccio con le ingiustizie, il dolore nella memoria delle vittime. Al centro di questo libro, come spiega l’autrice, c’è la voce delle vittime, di chi viene dimenticato nella narrazione ufficiale, “fotografato” solo come elemento di cronaca per poi essere avvolto dall’oblio del silenzio. Qui nel libro ogni vittima ha un “Nome e Cognome”, non è parte di una statistica ma è persona “viva” con la sua storia e la sua dignità. Il laboratorio intenso, emozionale, che ha toccato momenti di commozione, non è stato un “palco” ma un cerchio, un cerchio dove ogni voce è stata accolta, ogni parola ha avuto un senso Maria la Bianca ha usato la Poesia per attraversare la memoria di tanti conflitti, per dare voce al dolore ma senza alimentare mai alcun odio per trasformare l’esperienza della conoscenza di quei conflitti in consapevolezza civile. Senza paura di toccare ferite sociali, è stato un invito alla responsabilità a cui chiunque è chiamato. Qui la Poesia ha dimostrato di poter essere testimonianza, impegno civile, memoria, anche se questo suscita e ha suscitato letture dolorose di forte impatto emotivo e morale; poesia civile capace di smuover coscienze ma non per questo meno lirica e delicata. I versi letti non erano denunce astratte, ma ognuna identificata, con un volto, con un “nome e cognome”; questo per evitare che l’anonimato potesse consumare la memoria. Al “Nome e cognome” si aggiunge “quasi sempre l’amore” che suggerisce che l’Amore è presente come guida, come sfondo anche se accompagnato dalla rabbia e dal dolore. Davvero si è avvertito qui in questo laboratorio quanto la Poesia sia capace, pur con la gentilezza specifica del linguaggio poetico, di indignare, di inorridire, ma anche di evocare speranza e invitare alla consapevolezza. I presenti hanno vissuto un’esperienza di forte impatto: quelle vicende sono diventate collettive perchè ognuno si è fatto specchio di quella sofferenza. Sicuramente era l’obiettivo immaginato dalla scrittrice che però non è mai caduta nel sentimentalismo facile, ma ha saputo suscitare, seppure con delicatezza, un sentimento di rabbia e di indignazione, un invito ad un impegno civile. A conclusione il dibattito vivo e ricco di spunti di riflessione che simbolicamente può essere sintetizzato dalla riflessione sempre attuale di Albert Einstein: “La Pace non può essere mantenuta con la forza, può essere raggiunta solo con la comprensione” “Ci sono piccoli semi tra i solchi delle bombe e sbaglia chi pensa non crescerà un bosco”. Il verso che ci apre alla Speranza. Il Festival continua oggi a partire dalle ore 15.45 con una Tavola Rotonda sul disarmo nucleare e mediorientale con l’intervento di padre Alex Zanotelli. Lucia Montanaro
Sciopero della fame per Gaza
Roma, 20 settembre 2025 Questa mattina tre persone supportate da Ultima Generazione – Beatrice (32 anni), Alina (36 anni) e Serena (39 anni) – hanno iniziato uno sciopero della fame a oltranza. Si sono presentate alle 9.45 davanti alla Camera dei Deputati in piazza di Montecitorio con una richiesta chiara: il Governo Meloni deve riconoscere ufficialmente il genocidio in corso in Palestina da parte di Israele e deve garantire protezione e ritorno in sicurezza per le persone italiane imbarcate nella Flotilla. Queste richieste sono in linea con quelle del grande sciopero nazionale del 22 settembre, a cui Ultima Generazione dà sostegno. Subito sono arrivate le forze dell’ordine che hanno sequestrato i cartelli delle tre persone con scritto “Meloni riconosca il genocidio. Sciopero della fame 1°giorno”, per poi restituirli. L’inizio dello sciopero era stato programmato nel momento in cui la Global Sumud Flotilla fosse stata bloccata dalla marina israeliana. Tuttavia, l’accelerazione del genocidio con l’invasione di terra a Gaza, unita alla vigliaccheria del governo italiano, che dopo due anni di stragi inizia timidamente a contestare i piani israeliani senza alcun atto concreto, hanno spinto le attiviste ad agire subito. Piani che sono chiari, come dichiarato dallo stesso ministro israeliano Smotrich: massacrare quanti più palestinesi possibile, cacciare i sopravvissuti, radere al suolo Gaza e speculare sui suoi terreni. “Ho deciso di unirmi allo sciopero e di privarmi del cibo, perché non riesco più a tollerare ciò che sta succedendo a Gaza – dichiara Alina, madre di tre figli. Ora basta! Non continuerò la mia vita come se nulla fosse, metto il mio corpo a disposizione e andrò avanti con lo sciopero della fame a oltranza, il mio impegno è per la Flotilla e per la Palestina, affinché riesca nella sua missione e affinché le persone partite tornino a casa senza un graffio e che il governo riconosca che le atrocità che stanno succedendo a Gaza sono un genocidio! Invito chiunque lo desideri ad unirsi: c’è ancora speranza, possiamo e dobbiamo ancora agire.” IL GOVERNO MELONI DEVE RICONOSCERE IL GENOCIDIO Il genocidio in corso a Gaza è già stato riconosciuto da diversi organismi internazionali: la Commissione indipendente d’inchiesta delle Nazioni Unite ha pubblicato un’analisi legale di 72 pagine che definisce inequivocabilmente genocidaria la guerra condotta da Israele. Eppure il governo Meloni non ha ancora compiuto un atto formale di riconoscimento. Non è solo una mancanza di coraggio politico: è una scelta che implica complicità diretta. Perché è importante chiamarlo genocidio? Usare la parola genocidio non è retorica. È una categoria giuridica precisa che ha conseguenze enormi: Sul piano internazionale, la Convenzione ONU sul genocidio obbliga tutti gli Stati firmatari a prevenire il genocidio e a non esserne complici. La Corte Internazionale di Giustizia ha già riconosciuto un “rischio plausibile” di genocidio a Gaza, imponendo quindi obblighi anche all’Italia. Sul piano nazionale, la Legge italiana n. 962 del 1967 (“Punizione del crimine di genocidio”) recepisce questi principi nel nostro ordinamento: anche la complicità in genocidio è punita dal nostro codice penale. Voi che avete pronunciato la parola genocidio — Meloni, Tajani — non potete limitarvi alla retorica. Non accettiamo plausi verbali né usi strumentali del termine. Se lo avete detto, dimostrate di crederci: agite ora, perché la parola genocidio non è uno slogan ma un dovere giuridico e morale che impone responsabilità e interventi immediati. LE ULTIME CONFERME DI COMPLICITÀ DI QUESTO GOVERNO Il governo italiano non è un osservatore neutrale. La Camera ha appena rinnovato il memorandum di cooperazione militare con Israele, mentre i deputati di Fratelli d’Italia si sono astenuti e la Lega ha persino votato contro una risoluzione europea – già timidissima – di condanna. Arianna Meloni ha addirittura accusato la Flotilla di “strumentalizzare” il dolore di Gaza. In tutto questo, non riconoscere formalmente il genocidio equivale a mantenere e consolidare la complicità italiana: politica, economica e militare. La Flotilla esiste proprio perché i nostri governi sono marci. Alina, Beatrice e Serena, con i loro corpi e il loro sacrificio, sono lì a ricordarcelo e non si fermeranno fino a quando il governo italiano non avrà riconosciuto il genocidio in Palestina, agendo di conseguenza, e fino a quando le persone italiane presenti sulle imbarcazioni non saranno tornate sane e salve. Ultima Generazione sosterrà tutte le persone che sceglieranno lo sciopero della fame come forma di resistenza nonviolenta e di pressione sul governo italiano. BASTA SEPARARE IL BUSINESS DALLA POLITICA: BOICOTTIAMO Siamo già 53.000 ad aver scelto questa forma di resistenza attiva, unendoci in una mobilitazione che va oltre gli aiuti umanitari – pur necessari – e mira a compiere un atto politico concreto contro il genocidio in corso. Il boicottaggio colpisce direttamente le aziende italiane che continuano a esportare in Israele, scegliendo il profitto invece di assumersi la responsabilità di non essere complici. Continuare a commerciare significa sostenere, anche indirettamente, un sistema di violenza e oppressione: ecco perché la complicità economica non può più essere tollerata. L’obiettivo è duplice: incidere sugli interessi economici che alimentano l’occupazione e tentare di forzare il blocco navale imposto da Israele – a bordo delle barche ci sono anche persone di Ultima Generazione. Gli Stati europei restano legati a interessi militari ed energetici e non intervengono: spetta a noi cittadini agire, anche da casa propria, attraverso il boicottaggio. Come ricorda Francesca Albanese, in Quando il mondo dorme: “Il sistema che reprime i Palestinesi è lo stesso a cui apparteniamo noi.” Questo passa attraverso i supermercati, che vendono prodotti coltivati su terre sottratte ai palestinesi, mentre in Italia comprimono i piccoli agricoltori, trasformando la spesa quotidiana in un lusso. Siamo già in 53.000. Unisciti anche tu: https://vai.ug/boicottaggio?f=cs Ultima Generazione
Buon vento a Sumud Flotilla
Pubblichiamo il video del quinto giorno di navigazione per Stefano Bertoldi, docente e attivista dell’Osservatorio contro la militarizzazione militarizzazione delle scuole e delle università, a bordo della Global Sumud Flotilla verso Gaza. Il docente, giornalista e attivista, fa un resoconto quotidiano della missione umanitaria. In poche parole il racconto della navigazione che porterà il gruppo di imbarcazioni con attiviste ed attivisti di diversa nazionalità verso Gaza, con loro un carico di aiuti, messaggi di pace e speranza per il popolo palestinese martoriato da lunghi e devastanti bombardamenti. Flotilla aggiornamento 5   Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Chiamata per il Weekend di azione globale BDS 18-21 settembre
Il 18 settembre il Gruppo BDS (Boicottaggio, Disinvestimenti, Sanzioni) ha effettuato alcune azioni di boicottaggio a Milano nell’ambito del “Global Weekend of Action” (GWA) indetto dal BNC in tutto il mondo per il periodo 18-21 Settembre 2025. La data del 18 settembre ha un forte significato, dato che è la scadenza fissata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite come termine ultimo in cui Israele deve porre fine all’occupazione illegale e all’apartheid nei Territori Palestinesi Occupati. È importante ricordare che anche in questo caso Israele, in completo spregio e violazione del diritto internazionale, non ha rispettato la sentenza come peraltro più volte avvenuto con risoluzioni ONU sin dal 1948 dimostrando ancora una volta di essere uno “stato canaglia”. Per ricordare l’importanza della sentenza della CIG il BDS ha voluto mettere in atto delle azioni di disobbedienza civile che ricordino alle istituzioni italiane che l’Italia non vuole e non può essere complice di un genocidio. Come parte delle nostre azioni abbiamo messo in atto un “percorso delle complicità” che si è sviluppato a partire da una breve occupazione della sede del Parlamento Europeo, alle sedi di alcune banche complici di finanziare l’esercito israeliano, ed infine un intervento nel Consiglio Comunale di Palazzo Marino, dove abbiamo voluto ricordare alla Giunta ed ai Consiglieri che Milano, Città Medaglia d’Oro della Resistenza, non può più essere complice di uno stato genocidario. Ricordiamo che tutti possono partecipare con azioni di boicottaggio e disobbedienza civile per fermare il genocidio del popolo palestinese per mano dell’entità sionista di Israele. Alcuni esempi includono: * Bloccare, occupare o comunque interrompere il funzionamento di autostrade strategiche, ponti, porti, strutture di aziende complici nel settore delle armi, della tecnologia, dei media, della finanza e altro; * Proteste di massa e azioni pacifiche di disturbo presso sedi governative (ad esempio ministeri del commercio, dei trasporti o degli affari esteri) o parlamenti, chiedendo che rispettino i loro obblighi legali ai sensi del diritto internazionale. Trovate altre proposte di azioni sul sito BDS: https://bdsitalia.org/index.php/la-campagna-bds/comunicati/2964-weekend-di-azione-globale-18-21-settembre Il boicottaggio massiccio e capillare di tutti noi può bloccare l’apartheid di Israele! Andrea De Lotto
Obiezione di coscienza da parte di 170 persone che lavorano presso l’Istituto Superiore di Sanità
170 lavoratrici e lavoratori dell’istituto superiore di sanità presentano obiezione di coscienza: mai al servizio della guerra, mai complici di genocidio Ieri, giovedì 18 settembre, USB PI ISS ha consegnato al Direttore generale dell’Istituto Superiore di Sanità l’obiezione di coscienza di 170 lavoratrici e lavoratori, ricercatori, tecnici e personale amministrativo, che si rifiutano di partecipare o collaborare a progetti e attività che abbiano scopi bellici o dual-use e di collaborare a qualsiasi titolo con enti, istituzioni e aziende israeliani. Lavoriamo in un istituto che persegue la tutela della salute pubblica e ogni giorno contribuiamo con la nostra professionalità e con le nostre competenze a questo obiettivo, riteniamo che questa nostra funzione non sia compatibile con progetti che abbiano finalità belliche e con la collaborazione con uno Stato come Israele responsabile di genocidio. Per questo abbiamo presentato l’obiezione di coscienza, inoltre chiediamo a Presidente e Direttore Generale di interrompere qualsiasi rapporto con istituzioni scientifiche e con aziende israeliane e lunedì parteciperemo allo sciopero generale e alla manifestazione che si terrà a Roma. Unione Sindacale di Base