La legge del più forte?
Assistiamo sempre più a eventi dove il Diritto Internazionale risulta sempre più
bistrattato e calpestato nella lettera e nella sostanza.
Gli ultimi esempi contro le Nazioni Unite, l’attacco a Francesca Albanese, il
sequestro in acque internazionali degli aiuti umanitari della Freedom Flottilla
sono solo la deriva e gli ultimi episodi di una situazione dove i potenti dicono
con chiarezza e spregiudicatezza: “vale la legge del più forte”.
E’ una condizione in cui ci vogliono far sentire impotenti tale è la disparità
tra le potenze militari ed economiche messe in campo e l’azione del comune
cittadino, ma anche del singolo movimento o partito e, perfino, del singolo
stato o istituzione internazionale.
Sono chiari alcuni temi che diciamo da tempo con la Marcia Mondiale per la Pace
e la Nonviolenza: serve una riforma democratica e partecipativa dell’ONU,
servono Consigli di Sicurezza tematici che abbiamo potere reale sui governi e
che riconquistino autorevolezza e capacità di regolare i conflitti
internazionali.
Ma avvertiamo anche l’esigenza di mediatori. Dove sono finiti i mediatori che
caratterizzarono alcune risoluzioni di conflitti nella seconda metà del secolo
scorso? Se per negoziare sui dazi con Trump dobbiamo affidarci alla Meloni e per
portare a un tavolo di trattative Putin speriamo in Erdogan significa che siamo
messi abbastanza male.
Il mondo è decisamente in crisi e la crisi fa nascere cose che credevamo
appartenessero al passato e fossero risolte.
La nonviolenza insegna che le cose sono risolte quando sono accettate, comprese
e superate; si tratta di un processo lungo e complesso, non è sempre un processo
lineare perché la mente è abbastanza brava ad ingannare sé stessa. Questo
processo non riguarda solo le persone ma anche gli insiemi umani, le società.
La verità è che non stiamo riflettendo sulla violenza.
La legge del più forte torna qui ben presente come possibile risoluzione dei
conflitti; sta qui ed è prima del Codice di Ammurabi, prima del Diritto Latino,
prima del Common Law, prima della Magna Charta, molto prima della Dichiarazione
Universale dei Diritti Umani. Ma se torniamo a quel prima per quale motivo
abbiamo costruito le Leggi, il Diritto Internazionale, l’ONU e l’idea di una
civile convivenza tra i popoli?
L’Umanità da tempo ha elaborato forme più intelligenti e morali di risoluzione
dei conflitti. Lo ha fatto fin dai tempi antichi, tra i popoli e le culture che
hanno praticato la compassione, la solidarietà, l’Ubuntu, la Regola d’Oro. Se
torniamo alla legge del più forte cancelliamo tutto il processo evolutivo: che
senso avrebbe la Legge, lo Stato, la Giustizia, la Democrazie, la Convivenza se
in ultima analisi chi ha la forza (economica, militare, politica) decide
nonostante tutto?
Pat Patfoort suggerisce che la risoluzione di un conflitto debba avvalersi di
una ricerca sui fondamenti su cui quel conflitto è basato, cioè sulle questioni
fondanti, culturali, esperenziali di quel conflitto, sulle credenze che
alimentano quel conflitto.
Alcune amiche dei Combattenti per la Pace mi dicevano tempo fa che la comune
esperienza che riscontrano nei loro lavori di CNV con israeliani e palestinesi è
la paura; e la loro sensazione è che sia la paura il principale sentimento che
giustifica la violenza. Però al tempo stesso la paura può essere l’elemento
comune che porta queste due martoriate società a convivere. Così come il lutto
di aver perso un parente stretto è il legame, il fondamento, delle esperienze di
riconciliazione di Parent Circle.
Perché un’altra verità ci dice che la legge del più forte può sembrare efficace
ma anche chi la esercita sa, nel profondo del suo cuore, che non è la soluzione
giusta.
Quindi in questo momento storico è della massima importanza comprendere
l’incompleta evoluzione storica verso la giustizia, verso la valorizzazione di
ogni singolo essere umano; incompleta ma profondamente necessaria.
E questa necessità comporta un’azione esterna verso la verità, la giustizia, la
riconciliazione, la nonviolenza e una contemporanea azione interna, per ognuno
di noi per riconoscere, comprendere, accettare e trasformare tutta la violenza,
tutto il pre-giudizio che è dentro di noi e fuori di noi.
Olivier Turquet