Da che parte stare nella guerra?

Pressenza - Tuesday, July 8, 2025

Gli slogan del Nuovo Mondo gli tornarono in mente

con una chiarezza senza precedenti:

La guerra è pace

La libertà è schiavitù

L’ignoranza è forza.

Bothayna Al – Essa, La biblioteca del censore di libri, astoria, Milano 2025, p. 145.

 

Ricevo da una amica della nonviolenza, come una boccata d’aria libera, questo straordinario brano di Arundhati Roy: “Il sistema collasserà se ci rifiutiamo di comprare quello che vogliono vendere, le loro idee, la loro versione della storia, le loro guerre, le loro armi, la loro nozione di inevitabilità. Ricordatevi di questo: noi siamo molti e loro sono in pochi. Hanno bisogno di noi più di quanto ne abbiamo noi di loro. Un altro mondo non solo è possibile, ma sta arrivando. Nelle giornate calme lo sento respirare”[1]. Accompagnato dal suo commento: “Era il 2002, tuttavia …”.

Quel “tuttavia”, a distanza di vent’anni dalle parole di Arundhati Roy, è certamente da intendere in senso avversativo alla direzione che il mondo ha preso dal 2022 a oggi, dall’Ucraina, a Gaza, alla guerra Israele/Stati Uniti – Iran, alle tante guerre nascoste, alle nuove guerre che verranno perché non sapremo, non avremo saputo prevenirle come auspicava Virginia Woolf ne Le tre ghinee. Tuttavia, cioè non di meno, ciò nonostante, malgrado ciò, comunque, nonostante gli ostacoli siano molti e ci paiono insormontabili, continuiamo a credere che un altro mondo è possibile e a cercare “una maglia rotta nella rete / che ci stringe” (Eugenio Montale).

Considerando che scrivo all’inizio di luglio 2025, sono passati circa 3 anni e 125 giorni dall’invasione russa dell’Ucraina iniziata il 24 febbraio 2022, durante i quali per 175 volte ci siamo riuniti come amiche e amici della nonviolenza insieme ad AGITE (Coordinamento di cittadini, associazioni, enti e istituzioni locali contro l’atomica, tutte le guerre e tutti i terrorismi) per dire NO a tutte le guerre. Riprendendo Arundhati Roy, la “nozione di inevitabilità” che si/ci è imposta e a cui reagiamo è che nelle guerre bisogna scegliere da che parte stare. E che la parte scelta sia sempre quella dalla parte giusta della Storia.

Così ragiona l’uomo di governo e così ragiona il “giornalista indipendente”. Un esempio di come ragiona l’uomo di governo ci viene offerto da Paolo Gentiloni, ex membro della Camera dei Deputati, ex Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana dal 2016 al 2028, ex Commissario Europeo per gli affari economici e monetari della Commissione von der Leyen dal 2019 al 2024. Per l’autorevole statista, essere dalla parte dell’Ucraina “è il modo migliore per dire che l’Europa conta ed è baluardo di libertà”. Infatti, “sarà la guerra ucraina a decidere il destino di noi europei. Forse anche più delle percentuali della spesa militare sul Pil tra dieci anni”[2].

Un esempio di come ragiona il “giornalista indipendente” ci viene offerto da Mattia Feltri che oppone alle “logore ambizioni” delle Nazioni Unite le rinnovate e rafforzate ambizioni di coloro che se vogliono la pace preparano la guerra e che quando le guerre scoppiano sanno da che parte stare. Dopo avere irriso lo stupore del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, una delle più brillanti firme del giornalismo italiano scrive: “Ci si difende col fuoco. […] La guerra in questione è stata avviata dalla Russia, ossia da uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu – e sottolineo sicurezza – e l’ha avviata entrando coi carrarmati in un Paese sovrano. Non solo: da tre anni e mezzo la Russia dissemina l’Ucraina di mine antiuomo e, ora che l’Ucraina prova a restituire la stessa moneta, diventa un pericoloso arretramento? L’arretramento – un po’ comico e un po’ drammatico – è quello dell’Onu e del suo segretario davanti alle loro logore ambizioni”[3].

A questa “versione della storia” si oppongono le amiche e gli amici della nonviolenza che nelle guerre stanno contro la guerra e si oppongono alla regola della stessa moneta. Sono i tenaci e le tenaci di cui parla Hermann Hesse nel libro Il coraggio di ogni giorno: “Chi è tenace obbedisce infatti a un’altra legge, una legge particolare, assolutamente sacra, la legge che ha in sé stesso, il tenere a sé stesso. Contro le infamie della vita le armi migliori sono la forza d’animo, la tenacia e la pazienza. La forza d’animo irrobustisce, la tenacia diverte e la pazienza dà pace[4].

Come scriveva il grande scrittore, l’obiezione di coscienza alla guerra è “il sintomo più prezioso dei tempi” e l’espressione di “un moto serio” per la pace[5]. È sbagliato ottenere ciò che si desidera attraverso la violenza e, piuttosto che usare ingiustizia, è meglio subire un’ingiustizia: “La violenza è il male, e la nonviolenza è l’unica via per coloro che si sono destati. Non sarà mai la via di tutti, ma di coloro che vorrebbero fare la storia universale”[6].

A giudicare dallo stato attuale del mondo, dopo il primo quarto del secondo millennio, sembra che, tra tutte le attività umane, la guerra continui a essere la più facile da apprendere e da praticare, la più ricorrente e praticata. Pare che tanto i potenti e le potenti della terra quanto i popoli non imparino assolutamente nulla dalle guerre, siano esse vinte o perse.

Mentre si afferma una cultura regressiva che esalta il primato della forza naturale sulla forza culturale, mentre viene marginalizzata la diplomazia e il diritto internazionale viene sconfessato, mentre la guerra non viene neanche più giustificata come male necessario, oggi “l’obiezione di coscienza può iniziare da qui: non condividere nulla di ciò che svilisce  o vanifica il dialogo, non sostenere chi lo dileggia o lo rinnega, magari con un semplice sorriso di sufficienza, non irridere le istituzioni, soprattutto quelle internazionali. Oggi più che mai. È tempo di scegliere: forza umana o disumana, dominio o dialogo”[7].

 

[1] A. Roy, Guerra è pace, Guanda, Parma 2002; Tea, Milano 2003.

[2] P. Gentiloni, Da che parte stare in questa guerra, “la Repubblica”, martedì 1 luglio 2025, p. 27.

[3] M. Feltri, Le logore ambizioni, “La Stampa”, 1 luglio 2025, p. 1.

[4] H. Hesse, Il coraggio di ogni giorno, Milano, Mondadori, 1985, pp. 68 e 75.

[5] Ibidem, p. 46.

[6] Ibidem, p. 86. Traggo i riferimenti a Hermann Hesse dalla premessa al mio Preferirei di No. Fuori la guerra dalla storia, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2025.

[7] F. Vaccari, Il conflitto o la parola, “Avvenire”, venerdì 4 luglio 2025, p. 15.

Pietro Polito