Soldati israeliani, rifiutatevi di obbedire!

Pressenza - Friday, May 30, 2025

Da mesi, Gaza è sottoposta ad un fuoco costante. Bombe che cadono, edifici che crollano e corpi che si adunano. Non si tratta di “attacchi chirurgici”, ma di distruzione massiccia. Non sono “danni collaterali”, ma bambini, madri, anziani, intere famiglie, che rimangono schiacciati ed uccisi sotto tonnellate di cemento. Con freddezza. Quello che sta accadendo a Gaza ha tutte le caratteristiche di un crimine contro l’umanità di dimensioni tali da poter parlare di genocidio.

Il governo israeliano di estrema destra giustifica i suoi attacchi in nome della lotta contro Hamas. Ma le cifre parlano un’altra lingua. Più di 50.000 morti, secondo le stime più recenti – la maggior parte dei quali civili – e più di 110.000 feriti. Ospedali bombardati. Giornalisti presi di mira. Quartieri interi cancellati dalla mappa. Come si può giustificare tutto questo? Possiamo ancora parlare di “difesa” o di lotta contro Hamas, quando non facciamo altro che distruggere, sfollare e uccidere in massa?

Le ONG, le agenzie delle Nazioni Unite e gli osservatori sul campo denunciano un disastro umanitario senza precedenti. Parlano di carestia, blocchi e sfollamenti di massa. Parlano di un popolo soffocato e punito collettivamente. E nel frattempo, i soldati – alcuni giovani, altri più esperti – eseguono gli ordini senza discutere.

Soldati israeliani, è ora di affrontare la realtà di questa guerra: non porta sicurezza, porta vergogna. Non protegge, distrugge. Non combatte un nemico, ma uccide persone innocenti.

Dietro ogni bomba sganciata, ogni proiettile sparato, c’è il dito umano di un soldato. È il vostro. Ci piace dire che l’esercito semplicemente “esegue gli ordini”. Ma a partire da Norimberga in poi l’umanità ha stabilito chiaramente una legge morale: obbedire a un ordine ingiusto e illegittimo significa partecipare a un crimine. L’avete dimenticato?

A Gaza, gli ordini impartiti spesso impongono di colpire senza vedere. Di sparare “per precauzione”. Di radere al suolo un edificio “sospetto”. Di non distinguere tra nemico e civile. Gli ordini che eseguite vi desensibilizzano, vi disumanizzano e vi trasformano in strumenti di omicidio e terrore. Ed è proprio qui che inizia il vostro dovere morale, quello di dire no.

Soldati dell’esercito israeliano, svegliatevi! C’è un altro fronte, invisibile ma decisivo: quello della coscienza umana. Non siate macchine! Potete riflettere, pensare, dubitare. Potete rifiutarvi. Alcuni lo hanno già fatto nella storia di Israele, spesso pagando un prezzo: la prigione o l’ostracismo. Si sono rifiutati di prestare servizio nei territori occupati, di partecipare alla repressione di un popolo. Non sono stati dei codardi. Erano combattenti della resistenza dall’interno. Sono stati esseri umani che hanno capito che non c’è onore nella cecità.

Quanti altri morti ci vorranno per farvi capire che solo voi siete responsabili della tragedia e della disgrazia del popolo palestinese? Obbedire ad ordini criminali vi rende criminali. È ora di rompere il cerchio dell’obbedienza incondizionata che vi disumanizza e vi distrugge. Perché a Gaza non state distruggendo solo case, non state uccidendo solo donne, bambini e uomini, ma state uccidendo voi stessi. E il vostro stesso Paese.

Per quelli di voi in uniforme, rifiutarsi di obbedire non è tradimento. È un diritto. Meglio ancora: in certe circostanze è un dovere. Un ordine militare che viola il diritto internazionale umanitario è illegale, anche se impartito da un superiore. Ed eseguire quell’ordine non esime nessuno dalle proprie responsabilità.

La Convenzione di Ginevra è chiara: i civili devono essere protetti. Gli attacchi devono distinguere tra combattenti e non combattenti. La forza usata deve essere proporzionata. A Gaza, tuttavia, questi principi vengono violati quotidianamente. Quando un intero edificio viene bombardato per colpire un singolo presunto combattente, non si tratta di un’operazione militare, ma di un massacro. Quando milioni di persone vengono private dell’acqua, del cibo e dell’elettricità, non si tratta di una tattica di guerra, ma di una punizione collettiva, un crimine contro l’umanità, un atto di genocidio.

Non potete dire che non sapevate. Il mondo vi sta guardando. I rapporti si accumulano. I giornalisti testimoniano. Le immagini parlano da sole. L’impunità non è eterna. La storia si fa carico dei crimini. E verrà il giorno in cui ognuno di voi dovrà rispondere delle proprie azioni. Quindi tanto vale scegliere ora di fare la cosa giusta, prima che siano i tribunali a decidere. Disobbedire, in un simile contesto, non significa indebolire il proprio Paese, ma rifiutarsi di svergognarlo. Significa preservare ciò che può rimanere della vostra dignità!

Prima di voi, altri nell’esercito hanno scelto questa strada. Per anni, soldati, ex ufficiali e giovani coscritti si sono rifiutati di prendere parte a questa guerra contro il popolo palestinese. Hanno osato parlare, hanno osato disobbedire. Sono l’onore del vostro Paese. Non sono traditori, ma sentinelle della verità.

Soldati israeliani, se non volete essere accusati un giorno di codardia – mi riferisco nella fattispecie di sganciare bombe su civili disarmati – vi resta solo una cosa da fare: mostrare coraggio. Non il coraggio di andare al fronte, come vi hanno insegnato, ma il coraggio di dire “no, non in nostro nome, non con noi”. Nessun superiore vi ha insegnato questo coraggio. Viene dal cuore, dalla coscienza, da quella vocina dentro di voi che sa che la guerra è un crimine.

Quindi, ora, agite! Non mettete a tacere i vostri dubbi, i vostri scrupoli, la vostra rabbia. Rifiutate di obbedire, disertate se necessario! La storia ricorderà solo coloro che hanno avuto il coraggio di disobbedire. Ma la storia giudicherà duramente coloro che hanno scelto di obbedire ciecamente.

Scegliete da che parte stare!

Traduzione dal francese di Martina D’amico. Revisione di Thomas Schmid.

Alain Refalo