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Disobbedienza civile contro il riarmo
Un demone si aggira per l’Europa e per il mondo: il demone del riarmo. Per volontà della Commissione europea (senza passare per l’Europarlamento), la Ue ha deciso di investire 800 miliardi di euro in armi. Non solo, al vertice Nato dell’Aja a fine giugno, il segretario generale Rutte ha chiesto ai 27 paesi membri di passare dal 2% del pil al 5% per la difesa, entro il 2035. La Spagna di Sanchez ha subito annunciato che non poteva accettare quell’imposizione, mentre l’Italia di Meloni ha subito chinato il capo, come china il capo alle decisioni di Trump di inviare milioni in armi all’Ucraina che «pagheranno loro» (vale a dire noi) e il guadagno sarà un maxi dividendo in primis per gli Usa e poi per l’Europa. Intanto sborseremo col 5% del Pil ben 113 miliardi di euro all’anno in difesa. Siamo alla follia! Ha vinto il demone della guerra. Non solo, i ministri dell’economia Ue che compongono il Consiglio dei governatori della Banca europea, hanno deciso di stanziare per le armi una somma record, fino a 100 miliardi di euro per il 2025. A peggiorare il quadro, il Segretario della Nato Rutte ha anche chiesto di rafforzare del 400% la difesa aerea e missilistica contro la Russia, perché secondo lui ci sarà un attacco di Putin contro la Ue entro cinque anni. Infatti una Germania sempre più bellicosa sta già arruolando 60.000 nuovi soldati e costruendo l’Eurodrome (pesa tonnellate), prodotto da Airbus. Per questi progetti la Germania ha già investito 7 miliardi di euro. Gli Usa stanno già costruendo il loro Goldendome, che prevede uno scudo missilistico orbitale. Il costo previsto si aggira attorno ai 175 miliardi di dollari. Questo potrebbe portare Cina e Russia a costruire arsenali ancora più sofisticati. È l’escalation mondiale al riarmo. Secondo i dati ufficiali del Consiglio Europeo, dal 2014 al 2024, le spese militari e quelle specifiche in armamenti nei paesi Ue sono aumentate rispettivamente dal 121% al 325%. È sempre più evidente che il complesso militar-industriale Ue sta determinando l’agenda e i contenuti della politica estera dell’Unione europea. Ma quello che impressiona di più sono gli enormi investimenti nel nucleare. È la bomba atomica la più grave minaccia che pesa sulle nostre teste e sullo stesso pianeta Terra. Si tratta di circa 100.000 nuove bombe atomiche teleguidate presenti in cinque paesi della Nato: Belgio, Olanda, Germania, Italia e Turchia. Con grande coraggio negli anni Ottanta il noto arcivescovo di Seattle, Raymond Hunthousen, affermava: «Penso che l’insegnamento di Gesù ci chieda di rendere a Cesare, munito di armi nucleari, quello che si merita: il rifiuto delle imposte e di cominciare a dare solo a Dio quella fiducia completa che adesso riponiamo, tramite i dollari delle nostre imposte, in una forma demoniaca di potere. Alcuni chiamerebbero questa “disobbedienza civile”, io preferisco chiamarla “obbedienza a Dio’». È quanto sosteneva anche un altro profeta di pace, il gesuita Daniel Berrigan, che ha animato il grande movimento Usa contro la guerra in Vietnam: «Gridiamo pace, urliamo pace, ma non c’è pace: Non c’è pace perché non ci sono costruttori di pace, perché fare pace costa altrettanto come fare guerra – almeno è altrettanto esigente, altrettanto dirompente ed altrettanto capace di produrre disonore, prigione e morte». Berrigan si è fatto almeno quattro anni nelle prigioni statunitensi. Anche il vescovo emerito di Caserta, Raffaele Nogaro, che tanto si è impegnato per la pace, ha recentemente scritto un appello in cui afferma che «oggi è improrogabile manifestare per la pace a ogni costo, fino alla pratica inevitabile della disobbedienza civile». Non lasciamo nel dimenticatoio le parole di papa Leone che denuncia il riarmo come «propaganda di guerra» e che ricorda come le popolazioni «non sanno» quanto quest’immenso investimento potrebbe essere utile ai servizi sociali. Il mio è un appello a tutto il vasto movimento italiano per la pace, perché possa ritrovarsi in assemblea e decidere insieme quale via e quali mezzi non violenti scegliere per ottenere pace in un momento così grave della storia umana. Non bastano più gli appelli e le manifestazioni, dobbiamo rispolverare tutte le obiezioni di coscienza per mettere in crisi questo sistema di morte che ci sta portando alla rovina. Tutti i costruttori di pace  ascoltino questi profeti di pace, in un momento così grave della storia umana. La palla è nelle nostre mani. Alex Zanotelli
Soldati israeliani, rifiutatevi di obbedire!
Da mesi, Gaza è sottoposta ad un fuoco costante. Bombe che cadono, edifici che crollano e corpi che si adunano. Non si tratta di “attacchi chirurgici”, ma di distruzione massiccia. Non sono “danni collaterali”, ma bambini, madri, anziani, intere famiglie, che rimangono schiacciati ed uccisi sotto tonnellate di cemento. Con freddezza. Quello che sta accadendo a Gaza ha tutte le caratteristiche di un crimine contro l’umanità di dimensioni tali da poter parlare di genocidio. Il governo israeliano di estrema destra giustifica i suoi attacchi in nome della lotta contro Hamas. Ma le cifre parlano un’altra lingua. Più di 50.000 morti, secondo le stime più recenti – la maggior parte dei quali civili – e più di 110.000 feriti. Ospedali bombardati. Giornalisti presi di mira. Quartieri interi cancellati dalla mappa. Come si può giustificare tutto questo? Possiamo ancora parlare di “difesa” o di lotta contro Hamas, quando non facciamo altro che distruggere, sfollare e uccidere in massa? Le ONG, le agenzie delle Nazioni Unite e gli osservatori sul campo denunciano un disastro umanitario senza precedenti. Parlano di carestia, blocchi e sfollamenti di massa. Parlano di un popolo soffocato e punito collettivamente. E nel frattempo, i soldati – alcuni giovani, altri più esperti – eseguono gli ordini senza discutere. Soldati israeliani, è ora di affrontare la realtà di questa guerra: non porta sicurezza, porta vergogna. Non protegge, distrugge. Non combatte un nemico, ma uccide persone innocenti. Dietro ogni bomba sganciata, ogni proiettile sparato, c’è il dito umano di un soldato. È il vostro. Ci piace dire che l’esercito semplicemente “esegue gli ordini”. Ma a partire da Norimberga in poi l’umanità ha stabilito chiaramente una legge morale: obbedire a un ordine ingiusto e illegittimo significa partecipare a un crimine. L’avete dimenticato? A Gaza, gli ordini impartiti spesso impongono di colpire senza vedere. Di sparare “per precauzione”. Di radere al suolo un edificio “sospetto”. Di non distinguere tra nemico e civile. Gli ordini che eseguite vi desensibilizzano, vi disumanizzano e vi trasformano in strumenti di omicidio e terrore. Ed è proprio qui che inizia il vostro dovere morale, quello di dire no. Soldati dell’esercito israeliano, svegliatevi! C’è un altro fronte, invisibile ma decisivo: quello della coscienza umana. Non siate macchine! Potete riflettere, pensare, dubitare. Potete rifiutarvi. Alcuni lo hanno già fatto nella storia di Israele, spesso pagando un prezzo: la prigione o l’ostracismo. Si sono rifiutati di prestare servizio nei territori occupati, di partecipare alla repressione di un popolo. Non sono stati dei codardi. Erano combattenti della resistenza dall’interno. Sono stati esseri umani che hanno capito che non c’è onore nella cecità. Quanti altri morti ci vorranno per farvi capire che solo voi siete responsabili della tragedia e della disgrazia del popolo palestinese? Obbedire ad ordini criminali vi rende criminali. È ora di rompere il cerchio dell’obbedienza incondizionata che vi disumanizza e vi distrugge. Perché a Gaza non state distruggendo solo case, non state uccidendo solo donne, bambini e uomini, ma state uccidendo voi stessi. E il vostro stesso Paese. Per quelli di voi in uniforme, rifiutarsi di obbedire non è tradimento. È un diritto. Meglio ancora: in certe circostanze è un dovere. Un ordine militare che viola il diritto internazionale umanitario è illegale, anche se impartito da un superiore. Ed eseguire quell’ordine non esime nessuno dalle proprie responsabilità. La Convenzione di Ginevra è chiara: i civili devono essere protetti. Gli attacchi devono distinguere tra combattenti e non combattenti. La forza usata deve essere proporzionata. A Gaza, tuttavia, questi principi vengono violati quotidianamente. Quando un intero edificio viene bombardato per colpire un singolo presunto combattente, non si tratta di un’operazione militare, ma di un massacro. Quando milioni di persone vengono private dell’acqua, del cibo e dell’elettricità, non si tratta di una tattica di guerra, ma di una punizione collettiva, un crimine contro l’umanità, un atto di genocidio. Non potete dire che non sapevate. Il mondo vi sta guardando. I rapporti si accumulano. I giornalisti testimoniano. Le immagini parlano da sole. L’impunità non è eterna. La storia si fa carico dei crimini. E verrà il giorno in cui ognuno di voi dovrà rispondere delle proprie azioni. Quindi tanto vale scegliere ora di fare la cosa giusta, prima che siano i tribunali a decidere. Disobbedire, in un simile contesto, non significa indebolire il proprio Paese, ma rifiutarsi di svergognarlo. Significa preservare ciò che può rimanere della vostra dignità! Prima di voi, altri nell’esercito hanno scelto questa strada. Per anni, soldati, ex ufficiali e giovani coscritti si sono rifiutati di prendere parte a questa guerra contro il popolo palestinese. Hanno osato parlare, hanno osato disobbedire. Sono l’onore del vostro Paese. Non sono traditori, ma sentinelle della verità. Soldati israeliani, se non volete essere accusati un giorno di codardia – mi riferisco nella fattispecie di sganciare bombe su civili disarmati – vi resta solo una cosa da fare: mostrare coraggio. Non il coraggio di andare al fronte, come vi hanno insegnato, ma il coraggio di dire “no, non in nostro nome, non con noi”. Nessun superiore vi ha insegnato questo coraggio. Viene dal cuore, dalla coscienza, da quella vocina dentro di voi che sa che la guerra è un crimine. Quindi, ora, agite! Non mettete a tacere i vostri dubbi, i vostri scrupoli, la vostra rabbia. Rifiutate di obbedire, disertate se necessario! La storia ricorderà solo coloro che hanno avuto il coraggio di disobbedire. Ma la storia giudicherà duramente coloro che hanno scelto di obbedire ciecamente. Scegliete da che parte stare! -------------------------------------------------------------------------------- Traduzione dal francese di Martina D’amico. Revisione di Thomas Schmid. Alain Refalo
Sei attivisti NO SNAM denunciati in procura: rischiano fino a un anno di carcere
Sei attivisti No Snam sono stati denunciati alla Procura della Repubblica di Sulmona per aver violato il divieto del Questore di L’Aquila, Fabrizio Mancini, il 17 aprile scorso, in occasione del presidio davanti al cantiere della centrale Snam in costruzione in località Case Pente. I sei attivisti sono: Mario Pizzola, Daniela Frittella, Lorenzo Pagliaro, Alba Silvani, Emilio Secchiatti e Giorgia Vitullo.  Il Questore aveva emanato un decreto con il quale disponeva che il presidio si sarebbe dovuto svolgere lontano dall’entrata del cantiere; ciò al fine di “non intralciare il traffico dei mezzi di cantiere” e “non arrecare disturbo ai lavoratori”. Il decreto specificava che, in caso di violazione, i trasgressori sarebbero incorsi in responsabilità penali in base all’art.18 delle Leggi di Polizia del 1931 che, nel caso specifico, prevedono il carcere fino ad un anno.  Gli ambientalisti, a fronte del divieto, avevano deciso di effettuare ugualmente l’azione di protesta, definita di “obbedienza civile nonviolenta” per evidenziare che, se la legge è uguale per tutti, questo deve valere anche per la Snam.  Nell’assumersi consapevolmente la responsabilità della loro azione i sei attivisti avevano fatto presente che anche la Snam deve rispondere delle sue illegalità: “La Snam ha violato il Decreto VIA del 7 marzo 2011 che, come condizione fondamentale per l’apertura del cantiere, stabilisce l’adempimento di numerose prescrizioni ante operam. Ciò non è avvenuto. Inoltre, la Snam continua i lavori nonostante che l’autorizzazione a costruire sia decaduta. Sono due anni che abbiamo presentato esposti alla Procura della Repubblica di Sulmona ma non sappiamo che fine hanno fatto, perché nessun provvedimento è stato adottato fino ad oggi. Sempre la Snam con le sue ruspe ha distrutto testimonianze storiche di eccezionale valore, ovvero le tracce di un villaggio esistente a Case Pente 4200 anni fa, in età protostorica. Altra illegalità compiuta dalla multinazionale del gas è quella dell’abbattimento di 317 alberi di ulivo che invece, in base alla normativa vigente, andavano espiantati e ricollocati”. “Noi non ci sottraiamo al processo e alla conseguente condanna – dichiarano i sei attivisti – ma in uno Stato di diritto nessuno può ritenersi al di sopra della legge. Dobbiamo constatare con rammarico che chi distrugge l’ambiente, avvelena l’aria che respiriamo, aggrava irresponsabilmente il cambiamento climatico, spesso continua a farla franca; mentre chi si batte in modo pacifico per la tutela dei beni comuni è colpito con misure repressive che aggravano persino le norme di Polizia ereditate dal fascismo, come dimostra il “decreto sicurezza” varato recentemente dal governo. E’ questa l’Italia democratica voluta dai nostri padri costituenti?”.                       Coordinamento Per il clima Fuori dal fossile – Sulmona           Redazione Italia