Continua la strage degli invisibili nel Mediterraneo in guerra

Pressenza - Saturday, September 20, 2025

Mentre nella Striscia di Gaza si sta consumando un vero e proprio genocidio, e le complicità internazionali con il trumpismo dilagante, inclusa la complicità del governo italiano, stanno allontanando la soluzione di tutti i numerosi conflitti in corso nel mondo, continua la serie di naufragi nel Mediterraneo centrale. Stragi di sistema, frutto degli accordi con il governo tunisino e con le entità militari e statali che si contendono la Libia, supportate dal monitoraggio aereo di Frontex e dalle prassi operative di “difesa” dei confini marittimi e di contrasto dell’immigrazione illegale, attuate nel Mediterraneo centrale dall’Italia ed i misura minore, dal governo maltese.

In nome della sicurezza dello Stato, e addirittura della lotta al terrorismo, si violano ormai tutte le norme di diritto internazionale sulla salvaguardia della vita umana in mare e sulla protezione dei richiedenti asilo. La vicenda Almasri, ancora torbida nei suoi più recenti sviluppi in Libia, e i tentativi di insabbiamento in corso per nascondere le gravissime responsabilità istituzionali, confermano il tracollo dei diritti umani nelle relazioni bilaterali tra Stati e la crisi di legittimazione delle Corti internazionali.

A nessuno sembra più importare la sorte delle persone intercettate in mare o arrestate e respinte dalla Tunisia e trasferite nei centri di detenzione diffusi in tutta la Libia. Negli ultimi mesi sono aumentate le partenze ed i naufragi dalle coste della Cirenaica. La zona SAR ( di ricerca e salvataggio) “libica” sembra ormai sfuggita a qualsiasi controllo, a parte le intercettazioni violente, con l’uso di armi da fuoco, da parte della sedicente guardia costiera libica.

Le autorità marittime che intervengono, spesso colluse con i trafficanti, ed alle quali secondo il governo italiano si dovrebbe obbedire, sono prive di qualsiasi legittimazione internazionale, oltre a commettere gravi crimini. Una “zona SAR”, quella “libica”, che andrebbe sospesa immediatamente, con il ripristino degli obblighi di soccorso in acque internazionali a carico delle autorità italiane e maltesi, con il supporto dell’agenzia europea FRONTEX, che non può ritirarsi dalle operazioni di ricerca e salvataggio.

Oltre cento rifugiati sudanesi sono morti o risultano dispersi dopo due naufragi avvenuti sabato 13 e domenica 14 settembre al largo della costa di Tobruk, nella Libia orientale, come hanno annunciato mercoledì 17 settembre l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR).

Con questi ultimi naufragi, nel 2025 secondo l’Oim sono oltre 500 le persone che hanno perso la vita e altre 420 risultano disperse lungo la rotta del Mediterraneo centrale. I dati sono aggiornati, conferma Oim Libia, dall’inizio dell’anno al 13 settembre. Nello stesso periodo, precisa l’agenzia dell’Onu, i migranti intercettati in mare e riportati in Libia sono stati 17.402, di cui 15.555 uomini, 1.316 donne, 586 minori e 145 di cui non si conoscono i dati di genere.

Pochi giorni fa un altro naufragio al largo delle coste tunisine, di cui nessuno ha scritto. Dopo il capovolgimento del barcone che li trasportava sono morte 39 persone, tra cui diversi cittadini camerunensi. Il 15 settembre una ragazza ventenne ha perso la vita in un naufragio a 45 miglia nautiche da Lampedusa. Il barchino di ferro su cui viaggiava insieme a una cinquantina di persone ha iniziato ad affondare, e secondo i sopravvissuti anche un’altra donna sarebbe dispersa.

In una sola settimana dal 6 al 13 settembre, approdavano a Lampedusa oltre 3000 persone. E il 9 settembre venivano sbarcati nell’isola anche i cadaveri di due donne. Un fallimento su tutta la linea delle politiche migratorie italiane basate su accordi con governi che non rispettano i diritti umani. Ma in proporzione aumentano più le vittime che i cosiddetti “sbarchi”. E nei paesi di transito la condizione dei migranti peggiora sempre di più, nella totale impunità degli autori di abusi che vanno dalla violenza sessuale alla detenzione arbitraria ed all’estorsione attraverso torture atroci.

Questa volta non sono arrivate neppure le dichiarazioni contrite ed ipocrite della presidente del Consiglio, come invece era avvenuto dopo i naufragi a sud di Lampedusa, lo scorso mese di agosto. Se non si vedono cadaveri, le vittime non esistono. Ormai l’interesse generale deve essere deviato verso i discorsi d’odio contro il governo, in vista delle prossime scadenze elettorali, e il vicepresidente del Consiglio Salvini annuncia l’ennesimo decreto legge contro le persone migranti. Intanto si rilancia in tutta Europa una violenta campagna anti-immigrati basata su fake news e manipolazioni con l’intelligenza artificiale.

Secondo un recente Rapporto del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Michael O’Flaherty. “La cooperazione esterna in materia di asilo e migrazione deve essere progettata e attuata con grande attenzione, per non mettere a repentaglio i diritti umani. I governi che sviluppano politiche di esternalizzazione in questo campo dovrebbero valutare attentamente il loro potenziale impatto negativo sui diritti umani, poiché tali politiche possono esporre donne, uomini e bambini a rischi significativi di gravi danni e sofferenze prolungate”. 

Una valutazione puntualmente elusa dal governo Meloni, dopo il fallimento del modello Albania,  fortemente voluto dalla presidente del Consiglio e da Ursula von der Leyen, senza l’approvazione da parte del Parlamento europeo e del Consiglio UE. Un modello perverso e personalistico di gestione delle relazione esterne dell’Unione europea, che oggi sta mostrando una serie di fallimenti a catena, purtroppo sulla pelle di persone innocenti.

Mentre continuano i fermi amministrativi delle navi umanitarie e degli aerei civili, che permetterebbero di salvare migliaia di persone, il governo italiano, malgrado le pronunce di annullamento o di sospensione dei tribunali, continua a supportare le autorità di quei governi, o meglio entità statali neppure riconosciute dalla comunità internazionale, che sparano sulle imbarcazioni cariche di migranti e sulle navi umanitarie.

Al di là delle gravissime responsabilità che dovranno essere accertate sul caso Almasri, occorre denunciare i responsabili delle politiche di morte che, in giorni in cui l’umanità sembra cancellata dal genocidio in corso a Gaza, continuano a produrre vittime nascoste nel silenzio prodotto dalle prassi di abbandono sistematico in mare e dalla censura dei canali informativi sui crimini che si consumano nelle acque del Mediterraneo.

Le imbarcazioni civili dei cittadini solidali, comunque vengano contrastate, non abbandoneranno quelle zone di ricerca e salvataggio (SAR) in acque internazionali che, in virtù di accordi bilaterali come il Memorandum Italia-Libia del 2017, sono diventate spazi di intercettazione e deportazione. Occhi e voci di operatori umanitari che salveranno quante più vite possibile, ma anche testimoni inflessibili degli abusi e delle omissioni perpetrati dalle autorità statali e dalle milizie con la divisa di guardia costiera. Quelle autorità e quelle milizie che il governo italiano, con il sostegno dell’Unione europea, continua a finanziare e ad assistere, malgrado le sentenze che affermano come il Centro di Coordinamento del Soccorso libico e la Guardia Costiera libica non possano essere considerati soggetti legittimi per le operazioni di ricerca e soccorso.

Fulvio Vassallo Paleologo