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La nave Humanity 1 trattenuta nel porto di Ortona dopo aver soccorso 160 persone
Dopo lo sbarco di 85 persone lunedì 1° dicembre, tra cui vari minori non accompagnati, la nave di soccorso Humanity 1, gestita dall’organizzazione di ricerca e soccorso SOS Humanity, è stata temporaneamente trattenuta nel porto di Ortona, in Italia, martedì 2 dicembre 2025. In totale, la scorsa settimana l’equipaggio della Humanity 1 ha soccorso 160 persone in pericolo in mare in due operazioni. Il fermo provvisorio è stato ordinato dalle autorità italiane per indagare se la Humanity 1 abbia violato la legge Piantedosi per non aver comunicato con il Centro di coordinamento dei soccorsi libico. L’equipaggio della Humanity 1 ha operato in ogni momento in conformità con il diritto marittimo internazionale, informando le autorità di ricerca e soccorso competenti e seguendo il proprio obbligo di assistere le persone in pericolo. Come parte della più grande alleanza di organizzazioni di ricerca e soccorso esistente ad oggi, la Justice Fleet Alliance, SOS Humanity ha deliberatamente sospeso le comunicazioni operative con il Centro di coordinamento libico per il soccorso, poiché la cosiddetta Guardia Costiera libica non può essere considerata un attore legittimo nel campo della ricerca e del soccorso, come confermato quest’anno dal Tribunale di Catanzaro. “Questo fermo provvisorio della Humanity 1 è incompatibile con il diritto internazionale”, critica Marie Michel, esperta politica di SOS Humanity. “La cosiddetta Guardia Costiera libica, coordinata dal Centro di coordinamento libico, è responsabile di gravi violazioni dei diritti umani sia in mare che in Libia. Rifiutarsi di comunicare con gli attori responsabili di tali crimini è l’unico modo per difendere i principi del diritto marittimo e dei diritti umani. E mentre questi attori non vengono ritenuti responsabili, ma sono sostenuti dall’Unione Europea e dai suoi Stati membri, la nostra nave di soccorso viene trattenuta in porto e le si impedisce di operare soccorsi di emergenza. E’ evidente che il numero crescente di detenzioni di navi umanitarie riduce la capacità di soccorso e porta a un aumento delle morti in mare”. Questa è la terza volta che la Humanity 1 viene trattenuta in porto in base alla legge Piantedosi e la prima detenzione provvisoria basata sulla richiesta di coordinamento con le autorità libiche dal lancio dell’alleanza Justice Fleet. L’alleanza mira a difendere i diritti umani e il diritto internazionale, proteggere il lavoro umanitario in mare e creare pressione pubblica per un cambiamento politico. L’ordine di detenzione provvisoria è stato emesso dal Ministero dell’Interno italiano, dalla Guardia di Finanza e dal Ministero dei Trasporti. La Humanity 1 non può lasciare il porto fino a quando il Prefetto non avrà indagato sulle accuse. Il rapporto di soccorso, comprese le comunicazioni dettagliate con le autorità, è disponibile qui. L’ordine di fermo è disponibile qui: https://mediahub.ai/en/share/album/ec3d61f0-a70c-4989-9339-bf2b06590610   Redazione Italia
Iniziata la missione Albatross di SOS Mediterranée
Ieri è stato effettuato il primo volo della missione di monitoraggio aereo Albatross di SOS Mediterranée, insieme al nostro partner Humanitarian Pilots Initiative. Durante il volo Albatross ha avvistato due barche vuote. Probabilmente si trattava di imbarcazioni con persone intercettate dalla Guardia Costiera libica e riportate indietro con la forza. In uno dei due casi era presente un’imbarcazione veloce libica non identificata, con persone a bordo. Foto di Lucrezia Frabetti Nel pomeriggio Albatross ha avvistato una barca in pericolo con circa 40 persone a bordo nella SRR maltese. L’aereo ha lanciato un Mayday sia alle autorità sia alle navi di soccorso. Poi abbiamo appreso che le persone a bordo erano state salvate da Aurora, la nave di Seawatch e ora sono al sicuro a Lampedusa. Redazione Italia
Missione Albatross, un nuovo sguardo sul Mediterraneo centrale
SOS MEDITERRANEE, in collaborazione con Humanitarian Pilots Initiative (HPI), prepara il lancio della sua prima missione di osservazione aerea per ampliare il proprio ambito di azione. La missione Albatross prenderà il via con i suoi primi voli la prossima settimana, con l’obiettivo di monitorare le imbarcazioni in difficoltà e documentare le violazioni del diritto marittimo e umanitario nel Mediterraneo centrale. Questa prima fase permetterà ai team di implementare le procedure operative e le capacità tecniche prima dell’inizio dei voli regolari, previsto per l’inizio del 2026. A bordo ci sarà un equipaggio di tre persone, supportato da un team a terra. SOS MEDITERRANEE si occuperà del coordinamento operativo, mentre HPI, un’organizzazione non governativa svizzera specializzata in operazioni aeree umanitarie, gestirà gli aspetti aeronautici e metterà a disposizione la propria esperienza nei voli di monitoraggio sul Mediterraneo centrale. “Dopo quasi un decennio di operazioni in questo tratto di mare, sappiamo quanto sia essenziale il supporto aereo – ha dichiarato Valeria Taurino, direttrice generale di SOS MEDITERRANEE Italia. “Con Albatross ci uniamo ad altri mezzi aerei civili come Seabird e Colibri per fare in modo che la tragedia umanitaria nel Mediterraneo centrale non passi inosservata. Un singolo aereo può coprire un’enorme porzione di mare, documentando violazioni umanitarie che altrimenti resterebbero invisibili“. Nel 2024 i mezzi aerei civili sono stati operativi in media solo 15 giorni al mese, con una diminuzione del 15% rispetto al 2023. Nel 2025, diversi aeromobili civili hanno dovuto sospendere le missioni a causa di restrizioni amministrative o mancanza di fondi, riducendo ulteriormente la già limitata presenza umanitaria sul Mediterraneo centrale. Contesto Durante l’estate, la Guardia Costiera libica finanziata dall’Unione Europea ha attaccato la Ocean Viking in acque internazionali. Solo poche settimane dopo, anche la nave di soccorso Sea Watch 5 è stata presa di mira con colpi d’arma da fuoco. Questi episodi, che fanno parte di un modello continuo di violenze, evidenziano il contesto estremamente pericoloso in cui operano le organizzazioni civili di soccorso e la necessità urgente di un’osservazione e documentazione indipendente. In un contesto in cui le autorità europee e italiane impongono misure sempre più restrittive contro le operazioni civili di ricerca e soccorso, lo spazio per l’azione umanitaria continua a ridursi. Queste politiche contribuiscono direttamente alla tragedia in corso delle morti di massa per annegamento nel Mediterraneo centrale. La missione Albatross non rappresenta soltanto un aereo, ma una linea di vita, un testimone e un appello alla responsabilità. DONA ORA per sostenere la missione Albatross.   Redazione Italia
Le Ong del soccorso in mare si uniscono nella Justice Fleet e interrompono le comunicazioni con Tripoli
Dopo anni di crescenti violazioni dei diritti umani da parte della cosiddetta Guardia Costiera libica e dopo il rinnovo del Memorandum Italia-Libia, 13 organizzazioni di ricerca e soccorso si uniscono in una nuova alleanza, la Justice Fleet, e sospendono le comunicazioni operative con il cosiddetto Centro congiunto di coordinamento dei soccorsi di Tripoli, in Libia. Sul sito https://justice-fleet.org/ la lista delle violenze della cosiddetta Guardia Costiera libica documentate dalla società civile negli ultimi 10 anni e in continuo aggiornamento. 13 organizzazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale hanno annunciato la costituzione della Justice Fleet, supportata dal Centro europeo per i diritti costituzionali e umani e dall’organizzazione Refugees in Libya. È una risposta alla coercizione degli Stati europei a comunicare con le milizie libiche, autori di quotidiane violenze in mare e in opposizione al rinnovo tacito del Memorandum d’Intesa Italia-Libia. Le organizzazioni parte della Justice Fleet hanno deciso di interrompere le comunicazioni operative con il Centro congiunto di coordinamento dei soccorsi di Tripoli, in Libia (JRCC), a cui le costringe la Legge 15/23 nota come “decreto Piantedosi”, integrato nel decreto flussi. Il Centro coordina gli interventi violenti di cattura e respingimento della cosiddetta Guardia Costiera libica e non può essere considerato un’autorità competente. La Libia non è un luogo sicuro per le persone in fuga. Inoltre, il JRCC di Tripoli non soddisfa gli standard internazionali necessari al funzionamento di un centro per il coordinamento dei soccorsi: non è raggiungibile 24 ore su 24, 7 giorni su 7, manca di capacità linguistica e non dispone di un’infrastruttura tecnica adeguata per coordinare le operazioni di soccorso. Da dieci anni, le organizzazioni di ricerca e soccorso hanno documentato la violenza sistematica perpetrata dalla cosiddetta Guardia Costiera libica, una rete decentralizzata di milizie armate equipaggiate e addestrate con fondi dell’UE, in particolare dall’Italia. I naufraghi vengono intercettati con la violenza in mare, rapiti e condotti in campi dove tortura, stupri e lavori forzati sono una pratica sistematica. I tribunali europei e le istituzioni delle Nazioni Unite hanno da tempo riconosciuto la violenza organizzata che, secondo gli esperti legali, costituisce un crimine contro l’umanità. Tali violenze sono state documentate società civile negli ultimi 10 anni, e un report costantemente aggiornato sarà disponibile da oggi sul sito https://justice-fleet.org/. L’interruzione delle comunicazioni operative con il JRCC Libia potrebbe comportare multe, detenzioni o persino la confisca dei mezzi di soccorso della Justice Fleet da parte dello Stato italiano, in violazione del diritto internazionale. Dal 2023, il governo italiano ha detenuto illegalmente mezzi di soccorso ai sensi della cosiddetta Legge Piantedosi. Questa campagna parte all’indomani di un nuovo caso di disobbedienza a ordini ingiusti e illegittimi del governo italiano da parte di una nave civile di soccorso, in nome invece del pieno e rigoroso rispetto del diritto marittimo e umanitario, internazionale e nazionale: proprio ieri sera la nave Mediterranea ha sbarcato 92 persone, soccorse in tre diversi interventi, a Porto Empedocle, nonostante le autorità italiane avessero ordinato di portarle nel lontano porto di Livorno. Mediterranea ha operato a tutela dei fondamentali diritti alla vita, alla salute e alla dignità delle persone soccorse e, per questa scelta il governo minaccia ora pesanti ritorsioni. Lo spirito con cui la nave ha agito è lo spirito che anima la Justice Fleet e per questo esprimiamo tutta la nostra solidarietà a Mediterranea. La Justice Fleet unisce strategie legali, politiche e comunicative per difendere le persone in fuga e le operazioni di soccorso dai respingimenti illegali, dalla repressione e dalla criminalizzazione delle Ong. Le corti europee – da quelle italiane alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – hanno ripetutamente confermato che i respingimenti verso la Libia violano il diritto internazionale. I membri dell’alleanza da Germania, Francia, Italia e Spagna: Mediterranea Saving Humans Sea-Watch SOS-Humanity Tutti gli occhi sul Mediterraneo (TOM) Sea-Eye Louise Michel Pilotes Volontaires RESQSHIP Salvamento Marítimo Humanitario Mission Lifeline CompassCollective Sea Punks r42 – sail and rescue Ulteriori informazioni sulla Justice Fleet, una panoramica completa degli atti di violenza estremi documentati dalla cosiddetta Guardia Costiera libica, nonché la prima panoramica in assoluto sui casi giudiziari vinti dalle organizzazioni di ricerca e soccorso dal 2023 sono disponibili qui: justice-fleet.org   Sea Watch
Sentenza definitiva della Corte d’Appello di Catanzaro: il fermo della nave di soccorso Humanity 1 era illegale e la Libia non è un Paese sicuro
SOS Humanity ha vinto la sua prima causa contro il governo italiano nel contesto di decine di fermi illegali e arbitrari di navi di ricerca e soccorso non governative. Una corte d’appello ha ribadito la storica sentenza del Tribunale di Crotone del giugno 2024, chiarendo che la cosiddetta Guardia Costiera libica, finanziata dall’UE, non può essere considerata un soggetto legittimo di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. Inoltre, la sentenza ha confermato che SOS Humanity ha agito in conformità con il diritto internazionale nello svolgimento delle sue operazioni di ricerca e soccorso e che il fermo della sua nave di soccorso è stato illegale. SOS Humanity sta ora chiedendo un risarcimento al governo italiano. Nel giugno 2025, la Corte d’Appello di Catanzaro ha respinto un ricorso presentato dal governo italiano contro una sentenza del 2024 del Tribunale di Crotone, che aveva dichiarato illegittimo il fermo della nave di soccorso Humanity 1 nel marzo 2024 e stabilito che la cosiddetta Guardia Costiera libica non può essere considerata un soggetto legittimo di ricerca e soccorso (SAR).  Inoltre, ha confermato che la Libia non può essere considerata un luogo sicuro per i rifugiati e che SOS Humanity ha agito in conformità con il diritto marittimo internazionale in ogni momento. I ricorrenti – i Ministeri italiani dell’Interno, dei Trasporti e delle Finanze – hanno deciso di non impugnare questa sentenza, mentre SOS Humanity chiede un risarcimento per i danni finanziari causati dal sequestro illegale della sua nave di soccorso. Contesto: fermo della Humanity 1 nel 2024 e conseguente azione legale Nel marzo 2024, dopo aver soccorso 77 persone in pericolo in mare, la nave di soccorso Humanity 1 di SOS Humanity era stata fermata dal governo italiano con l’accusa di aver ignorato le istruzioni delle autorità libiche e di aver messo in pericolo vite umane. L’organizzazione di ricerca e soccorso (SAR) ha presentato con successo ricorso contro la decisione in un procedimento accelerato presso il Tribunale civile di Crotone, che ha dichiarato illegale il fermo della nave di soccorso Humanity 1 e ne ha ordinato l’immediato rilascio. Nel giugno 2024, il tribunale civile ha confermato e motivato la sua sentenza sottolineando che la cosiddetta Guardia Costiera libica non può essere considerata un attore SAR legittimo nel Mediterraneo. Ha inoltre chiarito che le istruzioni illegali della cosiddetta Guardia Costiera libica non devono essere seguite. Nel giugno 2025, il ricorso del governo italiano contro questa decisione è stato respinto dalla Corte d’Appello di Catanzaro, confermando la posizione di SOS Humanity circa l’illegittimità della cosiddetta Guardia Costiera libica e la pratica illegale di trattenere le navi di soccorso. Da anni la cosiddetta Guardia Costiera Libica è finanziata e equipaggiata dall’Unione Europea e dai suoi Stati membri per intercettare i migranti nel Mediterraneo centrale e riportarli in Libia, nonostante gli abusi ampiamente documentati contro migranti e rifugiati che, secondo le Nazioni Unite, costituiscono crimini contro l’umanità. Pertanto, secondo il diritto internazionale, la Libia non può essere considerata un luogo sicuro per le persone salvate dal pericolo in mare. La sentenza definitiva della Corte d’Appello di Catanzaro è disponibile qui.   Redazione Italia
Report “Non è soccorso: è aggressione”. Il fronte invisibile della violenza sistematica nel Mediterraneo
In questo report Sea-Watch ha raccolto per le prima volta 72 gravi episodi di violenza perpetrati da milizie libiche, come la cosiddetta Guardia Costiera libica, contro migranti e contro attori civili e statali europei in mare dal 2016. Il report, intitolato “Non è soccorso: è aggressione. Il fronte invisibile della violenza sistematica nel Mediterraneo”, fa riferimento a tutti i principali episodi di violenza in mare documentati attribuibili ad attori libici dal 2016. Questi includono manovre pericolose e avventate che comportano rischio di caduta in acqua, tentativi di rovesciamento delle imbarcazioni, aggressioni verbali accompagnate da intimidazioni credibili e immediate, uso o minaccia con armi da fuoco (anche di avvertimento o a distanza ravvicinata) o con altri mezzi per infliggere danni fisici, tra cui anche bastoni. Solo nel 2024, secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, oltre 21.700 persone sono state deportate in Libia, dove affrontano sistematicamente torture, schiavitù e violenza sessuale. Link per scaricare il report Sea Watch
Accordo Italia-Libia, MSF: “No al rinnovo di un sistema di violenze e torture”
L’accordo Italia-Libia deve essere interrotto perché perpetua scellerate politiche di respingimento e detenzione sulla pelle delle persone, alimentando nel Mediterraneo il numero delle morti in mare, avverte Medici Senza Frontiere (MSF) a pochi giorni dal rinnovo automatico previsto per il 2 di novembre. Dal 2017, con questo accordo l’Italia e l’Unione Europea forniscono supporto finanziario, tecnico e logistico alla Guardia Costiera libica, che continua ad alimentare un ciclo criminale di violenze, mettendo in pericolo la vita delle persone migranti in difficoltà in mare e del personale delle ONG impegnate nelle operazioni di ricerca e soccorso. “L’accordo Italia-Libia è un patto vergognoso stretto sulla pelle delle persone e non deve essere rinnovato. Addestriamo e finanziamo la Guardia Costiera libica, che ancora nei giorni scorsi, dopo anni di episodi violenti, ha sparato contro un’imbarcazione in pericolo ferendo 3 persone, tra cui un ragazzo di 15 anni attualmente in coma. Nel frattempo, il sistema di accoglienza in Italia viene svuotato dei servizi e il diritto d’asilo è fortemente depotenziato” dichiara la dr.ssa Monica Minardi, presidente di MSF in Italia. Solo quest’anno 22.509 persone migranti in fuga dalla Libia sono state intercettate in mare e riportate indietro con la forza, secondo i dati dell’IOM. Il più delle volte tornano in centri di detenzione in cui subiscono violenze, torture, abusi: tutto questo con la connivenza e con il supporto economico dell’Italia. Al solo scopo di bloccare gli arrivi nel nostro Paese, si dimentica colpevolmente ogni obbligo di tutela dei diritti umani. “Per evitare che altre persone muoiano in mare e che vengano deportate nei centri di detenzione o in circuiti illegali di sfruttamento e violenza in Libia, l’Italia e l’Ue dovrebbero garantire vie legali e sicure d’accesso e un’attività dedicata e coordinata tra i diversi Stati membri, di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale” aggiunge la dr.ssa Minardi di MSF. La Libia non è un luogo sicuro per le persone migranti e dal 9 novembre non sarà più un Paese dove le ONG, inclusa MSF, potranno operare a causa di una decisione annunciata ieri dalle autorità libiche. “Le nostre psicologhe assistono ogni giorno persone migranti sopravvissute alla detenzione in Libia e alla traversata del Mediterraneo. Il 60% degli episodi di violenza e tortura subiti dai nostri pazienti in cura a Palermo, nell’ambito del servizio specializzato per sopravvissuti a tortura, sono avvenuti in Libia. Il rinnovo dell’accordo rende l’Italia complice di tutto ciò” conclude la dr.ssa Minardi di MSF.   Medecins sans Frontieres
Colpiti ma non fermi: la Ocean Viking si prepara a tornare in mare
Dall’attacco subito il 24 agosto da parte della Guardia Costiera Libica, la Ocean Viking è ancora ferma in porto per le riparazioni necessarie a garantire che la nave torni in mare in piena sicurezza e funzionalità. Da oltre due mesi la nostra squadra lavora senza sosta per tornare a salvare vite, ma l’obiettivo di ripristinare le condizioni ottimali per il ritorno in mare non è ancora stato raggiunto. A settembre abbiamo promosso un crowfunding e ci sono buone notizie. I due RHIB – i nostri gommoni veloci di salvataggio danneggiati durante l’attacco sono stati riparati e sono tornati a bordo della nave. Sono stati anche riparati i “Centifloats” forati dai proiettili: tubi galleggianti usati come paraurti e barriere per proteggere gli scafi, stabilizzare le manovre e creare corridoi d’imbarco sicuri. Le nuove finestre su misura per la plancia di comando, che andranno a sostituire quelle distrutte a colpi di mitra, arriveranno la prossima settimana. I vari componenti del team sono impegnati nei lavori di riparazione, in attesa di poter tornare a fare quello per cui hanno rischiato la vita: salvare persone in difficoltà e portarle in un posto dove possano sentirsi al sicuro. Nel frattempo, nel Mediterraneo centrale continua la strage silenziosa: nei giorni scorsi in diversi naufragi hanno perso la vita 3 bambini e una donna incinta, tra gli altri. “L’unica cosa che ha fatto il governo in questi mesi – spiega Valeria Taurino, direttrice generale di SOS MEDITERRANEE Italia – è stata rimanere immobile: immobile di fronte all’attacco ingiustificato e ingiustificabile che abbiamo subito e immobile di fronte al rinnovo automatico del Memorandum Italia Libia, che dal prossimo 2 novembre non sarà più modificabile. Abbiamo appaltato la gestione dell’immigrazione a uno Stato non sicuro, dove vengono sistematicamente violati i diritti umani e il diritto internazionale, solo per interessi politici e sulla pelle di uomini, donne e bambini innocenti: come associazione umanitaria non possiamo accettare questo epilogo, per questo riteniamo urgente tornare in mare a ribadire con forza che il diritto marittimo internazionale non è un’opzione trascurabile, ma dovrebbe essere alla base di ogni scelta compiuta in mare. Nonostante tutto quello che ci è capitato, torneremo presto dove c’è più bisogno di noi“. Redazione Italia
No al rinnovo del Memorandum Italia-Libia
Entro il 2 novembre 2025 il governo italiano può chiedere la cessazione del Memorandum d’intesa con la Libia. Se non lo farà, il 2 febbraio 2026 l’accordo verrà automaticamente rinnovato per altri tre anni. Il Memorandum, firmato nel 2017 – ufficialmente ‘Memorandum d’intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all’immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo Stato della Libia e la Repubblica Italiana’-, prevede il sostegno alla cosiddetta Guardia Costiera libica e la collaborazione nel controllo delle frontiere. Nel concreto l’accordo si è tradotto nella detenzione arbitraria di migliaia di persone in movimento e nel respingimento forzato di oltre 158.000 persone verso la Libia, dove torture, violenze, detenzioni arbitrarie e tratta di esseri umani sono documentate da ONU, Corte Penale Internazionale e organizzazioni indipendenti. Nel marzo 2023, la Missione d’inchiesta delle Nazioni Unite in Libia ha accertato che nel Paese sono stati commessi crimini contro l’umanità e ha chiesto la cessazione di ogni forma di supporto agli attori libici coinvolti. Anche la Corte di Cassazione italiana e la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo hanno stabilito che la Libia non è un porto sicuro per lo sbarco delle persone soccorse. Nonostante ciò, la cooperazione continua: dall’inizio del 2025 oltre 20 mila persone sono state intercettate e riportate nei centri di detenzione libici secondo dati dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni. A quasi nove anni dalla sua firma, il Memorandum rappresenta una pagina oscura delle politiche migratorie italiane ed europee, una pagina che è ora di chiudere. L’intesa ha, infatti, contribuito a consolidare un sistema di violazioni sistematiche dei diritti umani a danno di persone in movimento e rifugiate, sostenendo di fatto pratiche di respingimento e detenzione illegittime, condotte pericolose e violente di intercettazione in mare da parte della cosiddetta Guardia Costiera libica, nonché la criminalizzazione delle Ong impegnate nelle attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale. Il Tavolo Asilo e Immigrazione (TAI), insieme alle organizzazioni della flotta civile e a numerose associazioni della società civile, chiedono con forza al Parlamento italiano di aprire un dibattito pubblico sul rinnovo dell’accordo, e al governo italiano di fermare il Memorandum Italia-Libia. Più nel dettaglio TAI, Ong e associazioni sollecitano l’esecutivo a: 1. Non rinnovare automaticamente il Memorandum d’intesa con la Libia e interrompere ogni forma di cooperazione – tecnica, operativa o logistica – che comporti il ritorno forzato di persone verso un Paese dove i loro diritti fondamentali non sono garantiti e conseguentemente una violazione del principio di non respingimento; 2. Rivedere integralmente gli accordi bilaterali con la Libia, orientandoli alla tutela della vita e dei diritti umani, alla chiusura dei centri di detenzione e alla creazione di alternative sicure e legali per chi cerca protezione; 3. Garantire piena trasparenza sull’uso dei fondi pubblici italiani ed europei destinati alle attività in Libia, rendendo pubbliche le informazioni su spese, progetti e soggetti coinvolti, e assicurando una valutazione indipendente dell’impatto sui diritti umani. Nonostante le richieste condivise da TAI, flotta civile e numerose organizzazioni della società civile, e nonostante le documentate evidenze circa il contesto segnato da impunità diffusa, abusi e violazioni, la mozione n. 1-00498 per la revoca del Memorandum con la Libia non è stata approvata oggi alla Camera. Presentata durante la conferenza stampa di ieri con la partecipazione di rappresentanti del TAI, di ONG impegnate in attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, di Refugees in Libya e dei partiti promotori, la mozione rappresentava finalmente un’occasione concreta per un cambio di rotta nelle politiche migratorie italiane. Il voto negativo da parte della maggioranza conferma invece l’ennesima occasione persa dal governo italiano per assumere una posizione chiara in difesa dei diritti umani e porre fine alla complicità con le gravi violazioni commesse nei centri di detenzione libici. Per ribadire la richiesta di fermare il Memorandum Italia-Libia – interruzione che, ricordiamo, può avvenire in qualsiasi momento della sua validità – e smettere così di essere complici delle gravissime violazioni commesse sia nei centri di detenzione libici che in mare dalla cosiddetta Guardia Costiera libica, ci sarà un altro importante appuntamento: la manifestazione di sabato 18 ottobre a Roma organizzata da Refugees in Libya.   Sea Watch
Giorgia Linardi (Sea-Watch): “Nel Mediterraneo livello di violenza inaudito. L’accordo con la Libia va revocato”
Nel Mediterraneo si è raggiunto un livello di violenza inaudito. Dal 2016 Sea-Watch ha documentato 60 episodi di violenza in mare contro le persone in fuga e contro la società civile, perpetrati da milizie e criminali che spesso compongono quella che viene strumentalmente chiamata “Guardia Costiera libica”. Da quasi un decennio assistiamo a catture e respingimenti brutali da parte di queste milizie supportate dall’intesa con l’Italia. Lo afferma Giorgia Linardi, portavoce di Sea-Watch a margine della conferenza stampa di presentazione della mozione delle opposizioni contro il rinnovo del Memorandum d’intesa tra Italia e Libia. Solo nelle scorse settimane – continua Linardi –  il nostro equipaggio di monitoraggio aereo ha visto una persona annegare nel tentativo di sfuggire ai libici, un’altra è stata avvistata sulla prua di una motovedetta donata dall’Italia, con la faccia premuta a terra e le mani legate dietro la schiena e colpi d’arma da fuoco sono stati sparati contro Sea-Watch 5 e contro la Ocean Viking di SOS Mediterraneé. Ieri una persona è stata di fatto giustiziata in mare. Alarm Phone ha segnalato un peschereccio con circa 150 persone a bordo, una vittima e due feriti; i soccorsi – come troppo spesso accade – sono arrivati con un ritardo ingiustificabile, solo dopo forti pressioni della società civile. È stata rinvenuta una persona colpita con un’arma da fuoco in fronte; tra i feriti anche un ragazzo di appena quindici anni. Questo episodio atroce – conclude la portavoce di Sea-Watch – dovrebbe essere più che sufficiente a determinare la revoca immediata dell’accordo con la Libia. Basta con gli accordi omicidi. Sea Watch