Alla radice dell’educazione militarizzata nelle Marche

Osservatorio contro militarizzazione di scuole e università - Monday, August 18, 2025

Abbiamo rappresentato, negli articoli scorsi, il proliferare di iniziative “educative” tra le forze dell’ordine, in particolare Polizia di Stato e Carabinieri e le diocesi marchigiane, che coinvolgevano bambin3 e ragazz3 frequentanti i centri estivi. Ora abbiamo il documento che dichiara nero su bianco tutti gli obiettivi che il governo si pone, appunto, sul piano educativo visto principalmente in un’ottica di “educazione alla legalità”.

Il rispetto delle regole è ciò che compare nelle prime righe di questo patto in cui figurano oltre alla prefettura di Ancona, le diocesi e diverse istituzioni che vanno da quelle che rappresentano la tutela dell’ordine pubblico fino all’assistenza sanitaria per finire con i tribunali tra i quali, in particolare, quello dei minori.

Anche se il documento presenta, come potenzialità dichiarata, la “collaborazione con” e “il contributo di” tanti enti, dal terzo settore fino ai vari enti pubblici e privati interessati, compresi gli ordini professionali, la cabina di regia è costituita in seno alla Prefettura e prevede fondamentalmente la partecipazione attiva di una rappresentanza di questi soli sei soggetti pubblici: Regione e Provincia (in rappresentanza di diversi comuni), Tribunale e Procura, Ufficio Scolastico Regionale, Rappresentanza ecclesiale, Aziende sanitarie.

L’incipit del “patto educativo” (o rieducativo, vista l’impostazione legalitaria!) parla molto chiaro e spiega in modo coerente il perché di una visita alla stazione dei carabinieri o la visione coinvolgente del cane poliziotto alle prese con esplosivi nascosti nei trolley: «Il rispetto delle regole e l’educazione alla legalità riguardano complessivamente tutta la comunità e costituiscono un obiettivo primario ed una componente indispensabile per un equilibrato ed armonico sviluppo della società e del territorio, che favorisca il sorgere delle condizioni per consentire a tutti i consociati di godere di una vita dignitosa in linea con le proprie aspettative».

Al di là di tanta fuffa retorica o di alcune linee di principio a prima vista condivisibili, ciò che balza agli occhi è questa visione del diritto che non nasce come autoregolazione democratica per il benessere di ognuno in quanto parte di una società, ma come tutela della libera autodeterminazione del singolo, la cui unicità va preservata ed incentivata, a patto che non leda i diritti dei più deboli o svantaggiati. Nei confronti di questi ultimi c’è sempre l’intervento caritatevole e compassionevole tipico di una cultura cattolica conservatrice, ma anche di una tipica visione liberista in economia e liberale in politica.

Nel documento nessun riferimento viene fatto rispetto alla cultura patriarcale o alla parità di genere. Quest’ultima potrebbe, invece, essere promossa proprio nelle fasce de3 bambin3 più piccol3 prima che stereotipi e pregiudizi, dai quali non sono immuni nemmeno le maestre di scuola dell’infanzia, o della scuola primaria, più progressiste (vd. E. Abbatecola, L. Stagi, The Pink is the new black), peraltro, appunto al 90% donne e proprio in un’ottica preventiva del femminicidio o anche “solo” degli atti di violenza.

Non possiamo pretendere che la singola prefettura né tantomeno questo governo neofascista al potere, si ispiri alle idee di Tommaso d’Aquino o di Martin Luther King, rispetto ad una visione relativista, secondo cui una legge può essere anche fondamentalmente ingiusta, ma indottrinare le nuove leve come tanti soldatini addestrati al rispetto delle regole ci sembra il contrario dei principi pedagogici che dovrebbero improntarsi ad una società egualitaria e democratica nei propri processi decisionali.

Se il diritto al dissenso, o, come viene citato nel documento, ad una “cittadinanza attiva”, può essere esercitato, ma solo all’interno di paletti giuridici che aumentano di anno in anno e fisicamente, all’interno di un “recinto” controllato a vista, dove poter fare sfogare le proprie bandiere e suonare fischietti, ci sembra un po’ poco! Eppure, la tanto citata “cittadinanza attiva” se interpretata come processo produttivo di regole poi applicate effettivamente a tutta la popolazione, anche se solo di una certa fascia di età, potrebbe essere esercitata istituendo, per esempio, un “mini parlamento de3 bambin3” all’interno di un Comune; o ancora promuovendo analoghe mini-istituzioni nelle scuole primarie per la gestione condivisa del bene comune.

In estrema sintesi il documento stride platealmente rispetto alla realtà dei fatti, ovvero in presenza un governo votato da poco più della metà, della metà degli aventi diritto al voto che promulga leggi per lo più tramite decretazione d’urgenza sulle quali viene posto il voto di fiducia per promulgare norme liberticide, sia contro il fronte del dissenso interno, sia di quello esterno alla fortezza Europa. Sempre nel testo si citano gli onnipresenti concetti di inclusione sociale e dialogo interculturale: a3 bambin3, invece, andrebbe detto che per ogni bambin3 dalla pelle scura o di un’altra etnia ce n’è un3 che non ha potuto sedersi a quel banco di scuola perché mort3 annegat3 nel più grande cimitero del mondo sotto il mare, il Mediterraneo.

Andrebbe detto che l’Italia è complice di questo così come del genocidio a Gaza e del flusso continuo di armi prodotte da noi o dai nostri alleati che transitano nei nostri porti con destinazione Asia o Africa.

patto_educativo_provinciale_ancona_firmato_firmato(1)Download

Stefano Bertoldi, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università