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Educazione e Legalità, l’alleanza tra istituzioni civili e militari trova sponda… in chiesa
Una sindaca, Daniela Ghergo eletta da una coalizione a guida PD, un parroco intraprendente, Aldo Buonaiuto e un questore “pedagogo” ante litteram sono stati i padrini (o padroni?) dell’iniziativa denominata di “Prossimità” cha ha visto 200 ragazz3 di Fabriano, nel quadro delle attività ludico-educative di un centro-estivo parrocchiale, a contatto con un gruppo di  poliziotti. Come in altri casi, sempre nelle Marche, si è vista la presenza di bellissimi cani-lupo, anti-droga, anti-esplosivi, anti-tutto, ecc..  La fantasia delle istituzioni che in Italia gestiscono l’ordine pubblico e che in questi ultimi anni tentano in tutti i modi di far passare la narrazione che il disagio sociale o psicologico, l’emarginazione e l’esclusione, le sofferenze per il non trovare casa o lavoro, quando si esprimono  in modo violento, vanno innanzitutto repressi e poi, se avanza tempo, si affrontano con altri mezzi, non conosce limiti. Anche perché sarà questo il loro principale impiego futuro in società, dal momento che l’unico reato in aumento significativo, mentre tutti gli altri sono in caduta libera, sono quelli informatici (clonazione carte, phishing, ecc.) e le truffe on-line. Tra il 2013 e il 2022 i furti in appartamento sono diminuiti del 46,9% e il balzo in alto tra il ’23 e il ’24 di circa il 10% non giustifica l’allarme dei media mainstream in quanto, in ogni caso, non si sono superati i dati del 2013. D’altra parte il balzo è anche legato all’effetto post-pandemia, all’aumento del turismo di massa che espelle sempre più persone in zone periferiche abbandonate a sé stesse e non ultimo l’impoverimento generalizzato della popolazione. Ciononostante è sempre allarme sociale, i furti sono dietro l’angolo la percezione, più che i dati di fatto è in crescita. D’altro canto, anche, la crescita dei reati informatici e truffe, se in valore assoluto sono in crescita, il loro valore percentuale andrebbe calcolato sul numero totale delle transazioni on-line, sul numero totale di utenti che navigano, acquistano e quindi subiscono pubblicità profilate. Allora cos’è che spinge gli educatori, in questo caso il parroco, a mettere in contatto i/le bambn3 con i poliziotti? La risposta la dà il questore di Ancona in persona “percorrere insieme i tempi che cambiano fa sì che i giovani trovino sempre e sempre più naturale fidarsi ed affidarsi alla Polizia di Stato in una prospettiva di prevenzione dei reati e di sana crescita generazionale (fonte ANSA)”. Le parole-chiave, dunque, sono affidarsi e fidarsi, (alle forze dell’ordine) contro nemici interni immaginari o reali/creati, senza curarsi della cause sociali, dei percorsi di devianza che portano a commettere furti o spaccio di stupefacenti ma anche da quelli esterni reali/creati, anche qui senza curarsi di spiegare come, un amico, ad esempio il Putin “berlusconiano”, un tempo desideroso di entrare addirittura nella NATO, si trasformi in un acerrimo nemico, tanto da costringerci a tagliare letteralmente i ponti con lui oltre che i tubi del gas russo, per comprare costosi carburanti in giro per vari paesi del  mondo compreso gli USA. Non si spiega altrimenti l’immancabile show degli artificieri con i loro robottini guidati dall’A.I. che disinnescano bombe, trovate sempre dal solito cane-poliziotto, sogno di tutt3 i/le bambin3. Preso forse dal senso di colpa per aver fatto immergere i proprio gregge di bambin3 in un clima di guerra e di lotta contro un crimine che non esiste se non a livello percettivo, il parroco alla fine si ricorda (anche) dei più sfortunati e quindi “non ha fatto mancare, a tutti i presenti, un profondo pensiero sulla drammaticità della condizione dei bambini nei mondi in cui fame e guerre mettono a rischio la loro vita (fonte ANSA)”. Al parroco della chiesa S. Niccolò di Fabriano, nella tranquilla e ordinate Marche, diciamo, a questo punto, da educatore a educatore che se non se la sente di seguire le orme di Don Pino Puglisi, ucciso nel 1993 nel  giorno del suo 56° compleanno dai sicari dei fratelli Graviano nel quartiere-feudo di Totò Riina e Leoluca Bagarella, il famigerato quartiere Brancaccio di Palermo, può fare richiesta come cappellano militare, così forse farà meno danni alle giovani generazioni, cui si prospetta un futuro di precariato lavorativo, relazioni (forse) coniugali senza figli e sullo sfondo, sempre nuove guerre. Stefano Bertoldi – Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università.
Bill Gates donerà 200 miliardi all’Africa fino al 2045. Nuova filantropia o nuove violazioni dei diritti umani?
Un annuncio strabiliante quello fatto da Bill Gates ad Addis Abeba, capitale dell’Etiopia, e riportato dalla BBC. Parlando all’Unione Africana il fondatore di Microsoft e patron della Bill&Melinda Gates Foundation ha comunicato di voler donare da qui al 2045 circa il 99% del suo patrimonio, stimabile intorno ai 200 miliardi di dollari. I tre figli di Bill Gates, Jennifer (28 anni), Rory (25 anni) e Phoebe (22 anni), riceveranno dunque il restante 1% del patrimonio del padre. Una volta effettuata, la donazione di Gates sarebbe una delle più grandi mai fatte nella storia. Già il celebre investitore Warren Buffett ha promesso di donare dopo la morte il 99,5% del proprio patrimonio, stimato in 160 miliardi di dollari. La differenza potrebbe però farla l’inflazione e le sue oscillazioni da qui a 20 anni, ovvero quando terminerà l’erogazione annunciata da Gates. La scelta della data non è casuale, essendo prevista per quell’anno la definitiva chiusura della Bill & Melinda Gates Foundation, organizzazione filantropica che veicolerà i finanziamenti verso il continente africano. Un’iniziativa pensata per “poter liberare il potenziale umano dell’Africa”, stando a quello sostenuto dal tycoon miliardario. In questo modo, secondo Bill Gates, “ogni Paese africano dovrebbe essere sulla strada verso la prosperità”. “La filantropia – ha poi spiegato il miliardario americano – non deve durare per sempre. Deve fare il massimo nel minor tempo possibile, soprattutto quando ci sono vite umane in gioco”. “Di recente mi sono impegnato a devolvere il mio patrimonio nei prossimi 20 anni. La maggior parte di quei fondi sarà spesa per aiutarvi ad affrontare le sfide qui in Africa” – ha dichiarato Bill Gates nella sede centrale dell’Unione Africana, provocando l’entusiasmo dei presenti. I settori su cui si concentrerà l’investimento epocale saranno principalmente sanità e istruzione, senza dimenticare dossier strettamente connessi, come agricoltura e cambiamento climatico. Tre gli obiettivi principali perseguiti dalla Bill & Melinda Gates Foundation, come spiega la BBC: “porre fine alle morti prevenibili di madri e bambini, garantire che la prossima generazione cresca senza dover soffrire di malattie infettive mortali e far uscire milioni di persone dalla povertà”. Ma davvero è così entusiasmante questa dichiarazione di Bill Gates? Davvero siamo così ingenui da poterla definire filantropia globale? Davvero crediamo che la “generosa donazione” di Gates sia una innocua donazione senza finalità politico-economiche? Bill Gates,con la sua Fondazione influenza l’agenda sanitaria globale e non nega di avere conflitti d’interessi, è leader di programmi di vaccinazione di massa, agendo come stakeholder ed opinion maker nei media. La verità è che con il potere dei soldi e il filantrocapitalismo (termine esatto), fin dagli anni Novanta Bill Gates è fautore di una ricolonizzazione non solo dell’immaginario ma dell’economia globale. Una ricolonizzazione che è stata ben descritta dalla filosofa, economista, fisica ed ecofemminista indiana Vandana Shiva e ribadita approfonditamente nel libro della ecogiornalista Nicoletta Dentico nel suo libro “Ricchi e buoni, le trame oscure del filantrocapitalismo”. Gates negli anni ha incentivato l’industrializzazione dell’agricoltura su scala globale attraverso monocolture intensive e utilizzo di pesticidi e OGM; ha monopolizzato l’agenda sanitaria globale rendendo l’OMS completamente dipendente dai suoi finanziamenti spesso incentivando soluzionismi tecnocratici (vaccinazioni di massa) a discapito dei sistemi sanitari territoriali, dei sistemi di cura olistici e della prevenzione primaria; ha avuto la capacità di rigenerare la sua immagine di tycoon digitale della Silicon Valley in una “icona green” che propone il fatidico “nucleare di quarta generazione” e la geoingegneria solare come soluzionismi tecnici al cambiamento climatico; ed ha monopolizzato progetti educativi. Ad ora il bilancio delle attività della Gates Foundation non è stata così filantropica come si pensava a partire dalla privatizzazione delle istanze più alte del welfare globale, dal fallimento del Progetto Agra in ambito agricolo sempre in Africa e la devastante “Green Revolution” in India – sponsorizzata insieme alla Fondazione Rockfeller – che indusse al suicidio più di 300.000 contadini indiani in più di 30 anni di attività. Per non parlare della devastante epidemia di paralisi flaccida acuta non-polio (NPAFP) che ha paralizzato 490.000 bambini tra il 2000 e il 2017 in India; il caso delle reazioni avverse su circa 14.000 ragazze trattate con iniezioni di Gardasil della casa farmaceutica Merck nel Distretto di Khammam, nello Stato indiano del Telangana; le proteste popolari del 2021 con l’hashtag #ArrestBillGates in India in critica alle attività dell’Ong statunitense PATH (Program for Appropriate Technology in Health)  – finanziata dalla Gates Foundation – che ha somministrato vaccini antipolio per studi clinici non autorizzati, usando i bambini come cavie e quindi violando qualsiasi norma di codice etico; per non dimenticare il finanziamento della Gates Foundation, nel 2010, dello studio di fase 3 del vaccino anti-malarico sperimentale di Glaxo Smith Kline contro la malaria, che portò alla morte di 151 bambini africani e causando gravi effetti avversi, tra cui paralisi e convulsioni febbrili a 1.048 dei 5.949 bambini. > Bill Gates tra vaccinazioni e violazione dei diritti umani nel Sud del Mondo Innumerevoli altri casi sarebbero da elencare, ma questi bastano per poter affermare che Bill Gates non è stato, non è e non può essere la soluzione per l’Africa, ma al massimo è tra le varie ed innumerevoli cause del suo immobilismo in quanto agente del neocolonialismo contemporaneo occidentale nelle sue più svariate forme. Bill Gates e la sua Fondazione sono sempre stati al centro di violazioni di diritti umani legati alla somministrazione di vaccinazioni, all’industrializzazione dell’agricoltura e al settore agro-chimico-alimentare, conducendo politiche e prassi colonialiste e razziste in giro per il mondo. Il filantrocapitalismo di Gates, aprendo nuovi mercati alle grandi corporations, oltre al rischio di conflitti d’interessi, è un pericolo per i diritti umani e il diritto alla salute sacrificati sull’altare del profitto. Bill Gates, a differenza di come lo fa apparire il suo brand, è un nemico del terzomondismo e delle sue istanze.   Di seguito alcuni approfondimenti che documentano seriamente i crimini della Gates Foundation e del suo filantrocapitalismo: Philanthropic Power and Development – Who shapes the agenda? The Gates Foundation, global health and domination: a republican critique of transnational philanthropy Developing an agenda for the decolonization of global health Gated Development – Is the Gates Foundation always a force for good? Philanthrocapitalism in global health and nutrition: analysis and implications Colonialist Invasive Surgery within the colony; Global Medical Imperialism within the developing world and in Pakistan during COVID Rapporto “Gates to a Global Empire” – Gates verso un Impero Globale “Gates to a Global Empire” Gates verso un Impero Globale – sintesi del rapporto Gates Ag One: The Recolonisation Of Agriculture Bill Gates & His Fake Solutions to Climate Change Bill Gates e le sue false soluzioni ai cambiamenti climatici La spinta delle Lobby verso il cibo sintetico – False soluzioni che mettono a rischio la salute umana e del pianeta Niente di nuovo nei nuovi Ogm. Le multinazionali minacciano la nostra sovranità alimentare Filantropia e sviluppo sostenibile, luci e ombre L’impero filantrocapitalista di Bill Gates Le colonie del nostro tempo e il filantrocapitalismo Da Rockefeller a Gates, l’anima oscura del filantrocapitalismo Bill Gates si mette a fare il contadino. Ora è il più grande proprietario di terreni agricoli d’America   Riferimenti: Nicoletta Dentico, Ricchi e buoni, le trame oscure del filantrocapitalismo, Emi, 2020 JACOB LEVICH, The Gates Foundation, Ebola, and Global Health Imperialism, September 2015   Lorenzo Poli
La rabbia non basta
COSA STA SUCCEDENDO AI GIOVANI UOMINI? SIAMO DI FRONTE A UN PROFONDO ANALFABETISMO AFFETTIVO? CHI SE NE OCCUPA? PERCHÉ IL RICHIAMO ALL'”EDUCAZIONE DEI SENTIMENTI” NON È SUFFICIENTE? DOMANDE OLTRE L’INSOPPORTABILE E ILLUSORIA IDEA DI PREVENIRE E SCORAGGIARE I FEMMINICIDI AUMENTANDO LE PENE Bologna, 24 maggio: al Centro Sociale della Pace, con le Cattive maestre si ragiona di scuola a partire dal libro Dietro la cattedra, sotto il banco. Il corpo a scuola -------------------------------------------------------------------------------- Di fronte a un fenomeno quotidiano e allarmante come i femminicidi, soprattutto quando l’età dell’aggressore e della vittima si abbassano, non mi meraviglia l’indignazione e la rabbia che, soprattutto sui social, fanno seguito. Mi meraviglia invece che si possa pensare di prevenirli, scoraggiarli, aumentando le pene fino all’ergastolo. L’abbassamento dell’età, della vittima e dell’aggressore non può non interrogarci innanzi tutto su che cosa sta succedendo a giovani uomini, che cosa può spingere un abbandono, un rifiuto, la fine di una relazione quando si è ancora poco più che adolescenti, a un’azione così feroce di annientamento dell’altra. Al di là delle tante ragioni sociali, che sicuramente incidono – ambiente degradato, clima di guerra, predominio del più forte, ecc. -, non c’è dubbio che il peso maggiore viene dal cambiamento del rapporto tra i sessi. Le donne, già dall’adolescenza, sono oggi più consapevoli di quella che è stata storicamente la loro condizione, più decise nell’affermare la loro libertà. Il femminismo degli anni Settanta ha fatto fare un salto della coscienza storica e, se anche non ha cancellato la cultura patriarcale, il sessismo dominante, lo ha tolto dalla “naturalità” con cui è arrivato fino a noi. È di fronte a questa novità, imprevista, inaspettata, che scatta la reazione vendicativa di chi ha creduto, più o meno inconsapevolmente, di poter contare su corpi femminili, erotici e materni, obbedienti, sottomessi, attenti, come scriveva già Jean-Jacques Rousseau, a “rendere loro buona la vita”. L’ambiguità di un dominio particolare come quello maschile, intrecciato e confuso con le vicende più intime, viene oggi allo scoperto, e se è l’odio contro il femminile a prevalere, non è solo per un “possesso” che l’uomo si vede sfuggire, ma per la scoperta di una fragilità e dipendenza coperte finora dall’esistenza di corpi sociali rassicuranti riguardo a un privilegio millenario di superiorità “naturale”, intoccabile. È già accaduto, all’inizio del Novecento, che la comparsa dei movimenti femminili e femministi di emancipazione delle donne risvegliasse, insieme alla misoginia, la virilità guerriera che ha portato a due guerre mondiali e al nazifascismo. Dietro a quello che viene superficialmente definito “bullismo”, come sanno le donne che oggi insegnano, ci sono sessismo e razzismo, pregiudizi antichi e precoci per la storia millenaria che li ha trasmessi quasi inalterati. E c’è l’analfabetismo affettivo che ha la sua radice negli interrogativi che si pongono, spesso dolorosamente, nell’adolescenza per quanto riguarda il corpo e le passioni che lo attraversano, e cui nessuno risponde. Non la famiglia, che in qualche modo li crea, né la scuola, dove restano il “sottobanco”, il “fuori tema”. Nei tanti articoli e dibattiti che hanno fatto seguito al femminicidio di Martina Carbonaro, il richiamo all'”educazione dei sentimenti” di cui dovrebbe farsi carico la scuola, è ricorrente. Ma poco o niente si dice che l’educazione non è neutra, che sentimenti, sogni, emozioni, pulsioni, portano il segno delle costruzioni di genere, del diverso “destino” assegnato a un sesso e all’altro. Ancora meno si dice che chi, all’interno della scuola, prova ad affrontare la violenza maschile da questo punto di vista, viene osteggiato e ostacolato, a partire da decreti ministeriali repressivi, volti alla restaurazione di quegli stessi “valori” tradizionali che hanno garantito la durata storica della cultura patriarcale. -------------------------------------------------------------------------------- LIBRI Un suggerimento di lettura per chi tenta oggi coraggiosamente e faticosamente un cambiamento della scuola: Dietro la cattedra, sotto il banco. Il corpo a scuola, scritto da Lea Melandri insieme a Cattive Maestre e pubblicato da Prospero Editore. . . -------------------------------------------------------------------------------- Testo dell’intervento raccolto da “Tutta la città ne parla”, programma di Radio Tre, giovedì 29 maggio. Ospiti di Pietro Del Soldà, insieme a Lea Melandri: Dario Del Porto (giornalista), Maria Teresa Manente (avvocata), Matteo Lancini (psicologo e psicoterapeuta). Lea Melandri ha aderito alla campagna Partire dalla speranza e non dalla paura -------------------------------------------------------------------------------- LEGGI ANCHE: > Forse era il suo primo grande No -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo La rabbia non basta proviene da Comune-info.
“Educare in Genere?” – A Roma si parla di parità di genere, stereotipi e futuro dell’educazione
Un dialogo partecipato e necessario ha preso vita nella sede dell’associazione Energia per i diritti umani, all’interno della Biblioteca della Nonviolenza durante l’incontro dello scorso 27 Maggio “Educare in Genere?”, un appuntamento dedicato alla parità di genere e alla rappresentazione nei media. Non una semplice tavola rotonda, ma un vero e proprio spazio di riflessione collettiva, tra parole, letture e storie di cambiamento. A prendere la parola, attivistə e rappresentanti di realtà del quartiere San Lorenzo e del territorio romano, quali Chiara Franceschini (Casa delle Donne Lucha y Siesta), Anahi Mariotti (GenerAct), Andrea Acocella (Bar.lina), e Roberto Benatti (Cerchio maschile contro la violenza di genere). Alessia Grisi (Servizio Civile Universale) e Francesca De Vito (Energia per i diritti umani) hanno dato impulso a questa iniziativa per favorire connessioni e sviluppo di pensiero critico, a partire dalla lettura di tre testi simbolo della Biblioteca della Nonviolenza: Educazione sessista di Irene Biemmi, Principesse di Giusi Marchetta, e Pink is the new Black di Emanuela Abbatecola e Luisa Stagi. È proprio da quest’ultimo libro che arriva lo spunto iniziale per aprire l’incontro: “Donne e uomini non si nasce ma si diventa, attraverso un processo di socializzazione accuratamente e sapientemente differenziato per i generi, secondo un modello rigidamente binario…” Su queste parole si innesta la prima domanda, lanciata da Alessia: “Come cercate di scardinare questi modelli nei contesti educativi in cui operate? E quali ostacoli incontrate?” Si susseguono condivisioni di esperienze personali e collettive. Chiara Franceschini evidenzia la necessità di un’educazione sessuoaffettiva accessibile fin dalle prime fasi scolastiche. Anahi Mariotti sottolinea il valore della presenza di insegnanti non binariə e trans affinchè la loro visibilità contribuisca a normalizzare una pluralità di esperienze corporee ed identitarie. Andrea Acocella racconta di come, ancora oggi, troppo spesso l’educazione alla pluralità di genere sia lasciata alla buona volontà dellə singolə insegnante. Una responsabilità enorme, ma non sufficiente. Roberto chiude questo primo scambio richiamando l’importanza di un continuo lavoro di crescita personale e di una revisione critico-trasformativa del proprio agire. Poi, il confronto è proseguito con una domanda ispirata al libro Principesse: “Quali personaggi, nella vostra infanzia, vi hanno ispirato?” La domanda accende la sala. Si apre una conversazione intensa sul ruolo dei media nell’infanzia. Cartoni animati, eroi, eroine, libri e film diventano oggetto di un’analisi appassionata: strumenti che possono liberare oppure rinchiudere dentro stereotipi invisibili ma potenti. Infine, lo sguardo si sposta al futuro: “Che tipo di educazione vorreste tra dieci anni nelle scuole italiane?” Le voci convergono su una visione comune: una scuola più inclusiva, in dialogo con il mondo reale, capace di valorizzare ogni identità e incoraggiare la libertà di essere. Una scuola che non tema il cambiamento, ma lo accolga come parte integrante del processo educativo. Perché solo così può diventare uno spazio di libertà e crescita autentica. “Educare in Genere?” è stato un esempio tangibile di come la lettura, la cultura e il dialogo possano tradursi in strumenti concreti per il cambiamento sociale. Attraverso voci diverse ma che vanno nella stessa direzione, si è ribadita la centralità di progetti educativi capaci di superare stereotipi di genere e contrastare ogni forma di violenza, promuovendo una cultura del rispetto, dell’ascolto e della pluralità. Le testimonianze raccolte – tra esperienze dirette e pratiche educative – hanno messo in luce quanto sia urgente e necessario agire nei diversi contesti: dalla scuola alla famiglia, dai media alle organizzazioni del territorio. L’educazione alla parità e alla pluralità di genere è una pratica quotidiana che si costruisce insieme, con competenze, responsabilità e coraggio. Questo evento rilancia l’urgenza di moltiplicare iniziative simili e integrarle stabilmente in un’educazione davvero inclusiva, in grado di formare cittadinə consapevoli e liberə da stereotipi. Redazione Roma
#educazione #nowar Martedì, 27 maggio, ore 17 online: Convegno Europeo sulla #Nonviolenza come risposta alla #Militarizzazione nelle Scuole e nelle #Università. RELATORI: Antonio Mazzeo, Roberta Leoni, Angela Attianese - Iscrizioni: https://docs.google.com/.../1FAIpQLSdt4Cxf47hjaq.../viewform
La scuola tra militarizzazione e Nuove Indicazioni Nazionali
Sabato 24 maggio presso Croce Verde Lido di Camaiore (LU), Incontro pubblico sul tema: “La scuola tra militarizzazione e Nuove Indicazioni Nazionali” con interventi di Rita Corsi, Serena Tusini, Ilaria Sabatini, Cristina Ronchieri per la presentazione del libro “Comprendere i conflitti, educare alla pace”, Atti I convegno nazionale contro la militarizzazione delle scuole e delle università. L’incontro, molto partecipato (una sessantina le presenze) e aperto a tutta la cittadinanza, è stato introdotto e coordinato dalla docente Rita Corsi, che ha spiegato le motivazioni dell’iniziativa e l’esigenza di aprirsi al territorio per far conoscere ciò che accade nelle scuole relativamente all’ingerenza, sempre più frequente e pressante, dell’esercito e delle forze militari e come questa realtà si intrecci, a livello ideologico, con la riscrittura delle indicazioni programmatiche della scuola del primo ciclo (infanzia, primaria e secondaria di primo grado). Serena Tusini, docente dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, è intervenuta illustrando le varie modalità della presenza dell’esercito e delle forze dell’ordine all’interno delle scuole, celata spesso dietro interventi o ricerche destinate alla società civile. Si è soffermata sul cambiamento della forma della guerra, da guerra asimmetrica a guerra simmetrica, da esercito di professionisti alla necessità di ritornare ad un esercito di leva, di come la guerra sia sempre guerra di una classe dirigente ai popoli, ma proprio per questo possa suscitare o mettere in moto cambiamenti profondi e aprire spazi aperti da riempire come soggetti e forze organizzate di opposizione. Ilaria Sabatini del Movimento della Cooperazione Educativa di Pisa ha focalizzato il proprio intervento su alcune parti delle nuove indicazioni programmatiche, evidenziandone i numerosi aspetti non condivisibili: la visione esclusivamente occidentale ed eurocentrica della storia, la concezione individualistica del “discente”, maschio avulso da un contesto sociale, la mancanza di riferimenti alle complessità culturali, alla differenza di genere, l’uso di termini quali “talenti”, educazione del “cuore”. Ha messo in risalto come queste “indicazioni” in realtà si configurino come prescrittive e lesive della libertà di insegnamento sancita dalla Costituzione, soprattutto per i vari “suggerimenti” presenti. Cristina Ronchieri, dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, ha presentato gli autori e le autrici dei vari contributi del libro “Comprendere i conflitti, educare alla pace”, soffermandosi sulla necessità di contrapporre a questa deriva bellicista, una cultura non-violenta, pacifista, che si concretizzi in percorsi e pratiche educative basate sulla cooperazione e l’empatia. Numerosi sono stati gli interventi delle persone presenti e dei gruppi organizzati, quali quello del Comitato Salute Pubblica Versilia-Massa Carrara, della Casa delle Donne, dei ferrovieri, dai quali è emersa la necessità impellente di coordinarsi e di fare rete. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Guardia di Finanza nelle scuole: disciplinamento, repressione contro educazione e pensiero critico
Con la circolare n. 645, la Dirigente dell’Istituto “Carlo e Nello Rosselli” di Aprilia ha invitato le studentesse e gli studenti delle classi prime a partecipare all’incontro con la Guardia di Finanza, omettendo però i contenuti. Ci ha colpito la circolare, oltre che per il contenuto e l’assenza di contenuto, anche per il fatto che è a firma della DS, Antonietta De Luca,  finita sui giornali locali (https://www.studio93.it/aprilia-contro-le-mafie-negata-lautorizzazione-ai-ragazzi-del-rosselli-per-partecipare-alliniziativa-del-meucci-e-di-libera/) per avere negato agli studenti e alle studentesse della sua scuola l’autorizzazione a partecipare all’iniziativa di Libera, organizzata dal locale liceo Meucci. L’iniziativa cadeva il 31 marzo, Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle Mafie. Accortesi di quanto fosse grave il suo atto, probabilmente per salvaguardare l’immagine della scuola (o la sua?) si sarebbe poi presentata all’iniziativa da sola, così da dimostrare quanto la sua scuola, incarnata nella sua sola persona, si occupasse di lotta alla mafia e legalità: L’ècole c’est moi. Meno dubbi ha avuto la DS sull’aprire le porte della scuola alla Guardia di Finanza. Disinteressandosi anche dei contenuti, ha ritenuto importante fare incontrare i propri studenti e le proprie studentesse con le Forze dell’Ordine che, a sua unica opinione, arricchirebbero il curricolo della scuola di contenuti più formativi di quelli che invece promuove Libera. La scelta della Dirigente mostra l’impianto ideologico della sua gestione nell’affidare a formatori il tema della legalità, ma l’accordo tra MIUR e Guardia di Finanza risale alla Ministra Fedeli, che ha pensato bene di affidare alla Guardia di Finanza “l’insegnamento” dell’allora Educazione Civica, “Cittadinanza e Costituzione”, intesa che prevedeva anche attività di Alternanza Scuola-Lavoro e di tirocini per le studentesse e gli studenti frequentanti il quarto anno delle scuole secondarie di II grado.  https://www.mim.gov.it/-/educazione-alla-legalita-siglato-protocollo-miur-guardia-di-finanza https://www.flickr.com/photos/miursocial/albums/72157686947105444/with/36572643563. Nel tentativo di scoprire i contenuti trattati dalle forze dell’ordine ad Aprilia è il ministero che ci offre un progettino striminzito rivolto agli studenti dalla scuola primaria alle superiori partito nel 2021, che riporta: «viene descritta l’attività svolta dalla Guardia di Finanza, finalizzata al contrasto all’evasione, all’elusione ed alle frodi fiscali, nonché agli illeciti in materia di spesa pubblica, alla contraffazione ed alla criminalità economico-finanziaria […]stimolare maggiore consapevolezza circa il delicato ruolo rivestito dalla Guardia di Finanza, quale organo di polizia dalla parte dei cittadini, a tutela delle libertà economiche». Solita fuffa di banalità sulla legalità, ma soprattutto avvicinamento dei giovani a quest’organo di polizia. Le scuole che hanno deciso di delegare ed esternalizzare l’educazione alla legalità alla Guardia di Finanza sono tante, ne abbiamo riprese alcune solo per tentare di individuare i contenuti trattati ad Aprilia: La direzione didattica secondo circolo di Santarcangelo (RN); Nell’Istituto Comprensivo Carpi Nord l’avvicinamento dei bambini e delle bambine della scuola primaria alla Guardia di Finanza è passato attraverso lo studio dei simboli: «i bambini hanno esplorato curiosità e simboli di questo importante Corpo, come il motivo per cui viene chiamato “Fiamme Gialle”, il significato del mitologico grifone nel suo stemma e il motto araldico “Nec Recisa Recedit” (Neanche Spezzata Retrocede), questo si legge sul sito della scuola che esprime la vera finalità del progetto con successo: L’incontro si è concluso con un entusiasmo contagioso: molti bambini hanno espresso il desiderio di diventare finanzieri da grandi. Ma, al di là delle aspirazioni future, il vero successo di questa iniziativa è stato far comprendere ai più piccoli che la legalità non è una limitazione, ma una garanzia di libertà per tutti». Ovviamente non poteva mancare la Guardia cinofila e il fumetto Finzy per convincere ancora di più i bambini! Sulla presenza delle Guardia di finanza nelle scuole e nello specifico in quelle superiori abbiamo già scritto, evidenziando ad esempio come l’educazione finanziaria possa essere affidata a realtà come Banca Etica; qui vorremmo aprire un ulteriore riflessione partendo da una domanda: quale intento nasconde questa presenza delle forze dell’ordine nelle scuole? Siamo sempre più convinti che oltre all’avvicinamento ai fini di una possibile scelta futura “lavorativa” vi sia anche la volontà più o meno esplicita, di creazione di un clima generico di insicurezza, di diffidenza verso il prossimo, di ansia, di paura. Frode fiscale, lotta alla criminalità, lotta all’evasione è questo il linguaggio che entra nelle scuole. Che si tratti di bullismo, di cyber bullismo, di legalità quello che passa agli studenti è sicuramente l’immagine di un mondo insicuro, contro il quale occorre difendersi, con le armi della legalità e della sicurezza. E da qui facile, poi, dedurre che, in un mondo così criminalizzato, la strada da intraprendere sia quella dell’arruolamento per il ripristino della legalità che tra l’altro, in questi percorsi viene sempre presentata nella forma dell’eroicità. Accettazione del DDL sicurezza, disciplinamento, repressione, coerenza con i “nuovi “ ideali di Nazione e Patria delle Nuove Indicazioni, mentalità di guerra e di lotta, sono queste le conseguenze che tali modelli educativi implicitamente portano nelle scuole, facendo chiudere il cerchio sull’accettazione delle politiche guerrafondaie italiane e europee. Perché tutto viene scelto in nome della sicurezza! Sulla questione del valore educativo di questi progetti abbiamo già scritto tante volte e continuiamo a rimpiangere la scuola in cui la figura di Antigone era l’esempio della non sempre scontata confluenza di legalità e giustizia! Questo è quello che le scuole dovrebbero riprendere a fare, non istigare paura e soluzioni repressive, ma aprire al pensiero critico e alla complessità. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Sicurezza Stradale: educazione o repressione? Il ruolo delle forze dell’ordine nelle scuole
Abbiamo ricevuto varie segnalazioni di genitori ed insegnanti che ritengono inopportuna e pedagogicamente sconveniente la presenza delle forze armate e delle forze dell’ordine nelle scuole. La nozione di sicurezza stradale viene precisata nella homepage del Ministero delle Infrastrutture, il cui obiettivo dichiarato è quello di sviluppare la cultura della “sicurezza stradale” per promuovere una nuova etica comportamentale nel rispetto della vita e della persona umana Sicurezza stradale | Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Difficile non concordare con questi sani principi, soprattutto se poco abituati alle insidie linguistiche e politiche occultate dietro un messaggio esortativo a comportamenti rispettosi della collettività. Tuttavia, se volessimo prendere in parola l’impegno governativo, dovremmo chiedere se le condizioni di vita e di detenzione nelle carceri o in un CPR siano rispettose della vita e della dignità umana o se la devastazione dei territori per costruire grandi ed inutili opere non sia l’esatto contrario degli impegni professati come mission dell’intero operato ministeriale. Senza dubbio invocherebbero per noi il terrorismo della parola presente nel pacchetto sicurezza o ci beccheremmo la facile accusa di disfattismo o di atteggiamenti pregiudiziali. Sia quindi consentito giocare con la parola, tuttavia nel rispetto per la vita e per la persona umana dovrebbe rientrare anche un insieme di pratiche e modelli comportamentali improntati al rifiuto della guerra e di ogni scappatoia securitaria che annienta il sapere critico e la stessa apertura mentale. I principali strumenti del Ministero sono il ricorso a uomini e donne in divisa, prevalentemente della Polizia Stradale, per progetti educativi all’interno delle scuole e di ogni ordine e grado dove entrano regolarmente con la divisa di ordinanza interessati alla tutela non tanto della funzione educante ormai a carico delle Forze dell’ordine, quanto del messaggio lanciato dalla divisa stessa. E quindi capita di trovarsi davanti a una lezione sugli strumenti atti al controllo delle infrazioni e della circolazione, alla mera esaltazione di autovelox, photored e simili trasmettendo l’idea che solo in presenza di strumenti punitivi e sanzionatori si possa raggiungere lo scopo di garantire la sicurezza stradale. Forse un educatore riuscirebbe a trasmettere anche altri messaggi di natura etica, potrebbe educare non alla rigida obbedienza di norme, ma a collocare le stesse dentro un contesto sociale che prima di ogni forma repressiva dovrebbe educare e trasmettere dei messaggi di responsabilità e responsabilizzazione verso gli altri. Fonti: https://www.ilrestodelcarlino.it/cesena/cronaca/la-polizia-sale-in-cattedra-b99ecbf4 https://www.ilrestodelcarlino.it/reggio-emilia/cronaca/piccoli-alunni-a-lezione-di-648c707b https://www.ilrestodelcarlino.it/ancona/cronaca/i-bambini-della-montalcini-incontrano-7e36fd1c Federico Giusti, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università