In difesa di tutte le madri“Bruciamo tutto” e “Ribellione animale” fermano Verona in difesa di tutte le
madri: i due movimenti in collaborazione per un’azione diretta nonviolenta sulla
sofferenza dietro la riproduzione
I movimenti BRUCIAMO TUTTO e RIBELLIONE ANIMALE compiono un’azione di resistenza
civile nonviolenta presso la manifestazione “Il villaggio del contadino”
(organizzata da Coldiretti) in Piazza dei Signori, a Verona. Alle ore 11:35 di
domenica 11 maggio quattro attivistɜ irrompono alla manifestazione, si recano
davanti alla bancarella dei formaggi del villaggio Coldiretti e tre di loro
urlano per attirare l’attenzione e dare inizio all’azione. Una di loro farà una
dichiarazione, in seguito tuttᴈ si siedono davanti alla bancarella dei formaggi
cercando di boicottare la vendita dei prodotti e distribuendo volantini. Tutto
in maniera nonviolenta. All’arrivo della polizia alle 12:39, tre attivistɜ si
fanno portare via facendo resistenza passiva, un’altra collaborando e camminando
autonomamente verso la volante.
Giulia durante l’azione ha dichiarato: Siamo Ribellione Animale e Bruciamo Tutto
e siamo qui per un’azione diretta nonviolenta. Vogliamo dire basta allo
sfruttamento delle madri umane e non umane da parte della nostra cultura
specista e patriarcale. Il corpo femminile non è una macchina da riproduzione!
NARRATIVA DELL’AZIONE
In questa giornata si festeggia la Festa della Mamma, ma sono tanti gli aspetti
riguardanti la maternità che vengono taciuti a causa della nostra cultura di
stampo patriarcale e specista. Le madri umane e non umane vengono spesso
considerate come macchine da (ri)produzione e per questo percepite non come
esseri viventi con una loro dignità, bensì come strumento con lo scopo di
mandare avanti la specie (nel caso delle umane) o di produrre beni di consumo
(nel caso delle non-umane). Con questa azione vogliamo cominciare a mettere in
luce i dati sulla depressione post-partum, causata non solo da sbalzi ormonali
ma anche da fattori esterni come le aspettative e la solitudine in cui vengono
lasciate le neo-madri. Inoltre, vogliamo ridare dignità a tutte le madri
non-umane che vengono sfruttate e violentate per la produzione di uova e
latticini e che subiscono conseguenze gravi per la loro salute a seguito della
gravidanza forzata e del distacco brutale con il cucciolo. Siamo qui per
ricordare che prima che madri siamo esseri viventi e che meritiamo tuttᴈ la
liberazione.
DATI SULLA DEPRESSIONE POST-PARTUM
Come spesso accade per tutto ciò che riguarda la salute femminile, non ci sono
dati ufficiali aggiornati (per esempio dall’ISTAT) sulla depressione post-partum
e questo è un ulteriore indice del trattamento privo di dignità che si riserva a
chi mette al mondo una persona.
Per fortuna ci sono persone professioniste che hanno studiato il fenomeno. I
dati da loro ricavati ci dicono che circa il 20-40% delle partorienti viene
colpito dalla depressione nella fase post partum. Ovviamente queste stime sono
molto approssimative poiché il fenomeno non è riconosciuto e viene diagnosticato
all’incirca solo la metà delle volte.
Sicuramente esistono fattori già presenti prima della gravidanza che possono
aumentare il rischio di sviluppare la depressione, ma incidono fortemente anche
fattori esterni. Spesso i sintomi vengono identificati come “maternity blues”
ovvero una tristezza post-partum, che dura circa una settimana. Se non
riconosciuta, questa può però manifestarsi nuovamente in forma molto più grave
nel primo anno dopo il parto (succede al 20% delle mamme).
Oltre ai fattori fisici, psicologici e ormonali, incidono anche fattori sociali
e cognitivi. Infatti, lo scarso aiuto che le madri ricevono e le aspettative che
la nostra cultura crea sulla maternità, sono a tutti gli effetti possibili cause
dell’insorgere del disturbo. Questo si manifesta, nel 10-25 % delle madri, anche
in problematiche nel rapporto madre-bambinə: non provare emozioni nei suoi
confronti, sentirsi inadeguatᴈ a crescerlə, percepirlə come un peso e avere
sentimenti di avversione nei suoi riguardi.
Uno studio del Centro di Riferimento per le Scienze Comportamentali e la Salute
Mentale dell’Istituto Superiore di Sanità ha dimostrato che, a seguito del
Covid, la percentuale delle madri a rischio di depressione è molto aumentata:
dall’11,6 % nel 2019 al 25,5 % nel 2022. Anche questo dimostra abbondantemente
come la solitudine e la mancanza di sostegno possano essere molto pericolose per
una neo-madre.
È estremamente problematico che il 50% della depressione post-partum non venga
diagnosticato dal ginecologo e che le madri vengano lasciate completamente sole,
dal punto di vista medico, fino alla prima visita che avviene 40 giorni dopo il
parto.
DATI SULL’INSEMINAZIONE ARTIFICIALE
L’inseminazione artificiale è una pratica crudele e violenta che viene
utilizzata più nel settore dell’industria casearia rispetto a quello della
carne, e viene più usata negli allevamenti intensivi.
Nel 1999 è stata condotta un’indagine mondiale sull’industria dell’inseminazione
artificiale, basata sui dati del 1998. Ha coinvolto un totale di 109 paesi che
hanno risposto al questionario compilato parzialmente o completamente. Dalle
risposte si evince che all’epoca vi erano 648 centri di raccolta dello sperma
registrati e 1635 banche del seme: stiamo parlando di più di 40.000 tori che
sono stati alloggiati in questi centri per estrarre 264 milioni di dosi di
sperma. Nonostante le specie coinvolte e la loro distribuzione siano state
difficili da stabilire, lo studio ha affermato che circa il 75% delle dosi di
sperma proveniva da specie bovine utilizzate nell’industria lattiero-casearia.
Parliamo di movimenti internazionali di sperma con quasi 20 milioni di dosi
esportate nel 1998 e segnalazioni di 110,4 milioni di prime inseminazioni,
corrispondenti a circa il 20% del numero totale di femmine fertili registrate
nella banca dati globale della FAO per i paesi rispondenti.
Questi dati in poco più di 25 anni sono aumentati a dismisura. Sappiamo da
numerose investigazioni effettuate negli allevamenti intensivi che questa è una
pratica comune. Negli allevamenti intensivi, infatti, le mucche vengono
inseminate artificialmente affinché possano produrre latte in abbondanza: fino a
30 litri al giorno, con due mungiture quotidiane per 300 giorni all’anno. I
piccoli separati dalle madri invece vengono uccisi nei mattatoi e la loro carne
venduta come “carne bianca”, a causa dell’anemia a cui sono sottoposti dopo la
separazione con la madre e l’impossibilità di venire allattati.
L’inseminazione artificiale viene utilizzata anche negli avicoli, per molti
allevatori infatti rappresenta una tecnica economica per fecondare le uova di
pollo senza la necessità di una copulazione naturale e viene impiegata
principalmente nell’industria avicola per aumentare la produttività per produrre
uova e carne.
Le scrofe negli allevamenti, soprattutto quelli intensivi, sono obbligate ad
avere in media 2,2 parti all’anno, per un totale complessivo di 5-7 parti
durante l’intero ciclo riproduttivo, prima di finire al macello all’età di 3 o 4
anni al massimo quando in natura potrebbero vivere fino a 10. E anche nel caso
dei conigli, i piccoli vengono separati dalla madre non appena sono in grado di
cibarsi di mangime solido, invece che di latte materno. Di norma ciò avviene a
28-30 giorni di età. La coniglia riproduttrice sarà quindi sottoposta a nuova
inseminazione il prima possibile. Il numero di parti forzati per queste mamme si
aggira tra i 7 e 9 all’anno.
BRUCIAMO TUTTO è un movimento transfemminista di liberazione. Nasce dalla
necessità di porre fine a un sistema patriarcale, che opprime, molesta, stupra e
uccide le donne, le persone socializzate come donne e le persone trans. Il
governo è inerme di fronte alla gravità della violenza che dilaga ogni giorno
nel nostro Paese. Ma questa è soltanto la punta dell’iceberg di un problema
molto più grande: lo Stato, e spesso anche gran parte della società, non
vogliono riconoscere il bisogno di una profonda trasformazione culturale. La
nostra richiesta riguarda un miglioramento del già esistente Reddito di Libertà:
un contributo di euro 400 pro capite su base mensile per un massimo di 12
mesi alle donne che si trovano in situazioni violente. Esso presenta però una
serie di problematicità che noi, insieme ad altre realtà che hanno aderito,
stiamo cercando di analizzare e chiedere al governo di risolvere: questa è la
campagna Un Reddito per uscirne.
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RIBELLIONE ANIMALE è un movimento antispecista intersezionale che sottolinea il
legame tra l’industria agroalimentare e la crisi climatica. Combina l’attivismo
ecologista con la liberazione animale, evidenziando anche le intersezioni con le
lotte sociali e i diritti umani. Le sue azioni mettono in discussione il sistema
di produzione alimentare globale. La disobbedienza civile nonviolenta viene
utilizzata al fine di fare pressione sul governo affinché si transiti verso un
sistema alimentare a base vegetale giusto e sostenibile, al fine di fermare
l’estinzione di massa, alleviare i peggiori effetti del collasso climatico e
garantire giustizia per gli animali. Tra le richieste principali si esige la
fine ai sussidi pubblici alle industrie zootecnica e ittica, e alle attività
venatorie. Il governo deve aiutare ed incentivare le aziende ad una
riconversione delle loro attività a base vegetale.
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Redazione Italia