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No Ponte a Messina tra investimenti militari e bocciatura della Corte dei Conti
Pioveva sui 15mila manifestanti che il 29 novembre hanno sfilato in corteo, a Messina, contro la costruzione del Ponte sullo Stretto, rievocata da Matteo Salvini e dal governo attuale italiano. Un mese fa la Corte dei Conti ha negato il visto di legittimità al progetto presentato dal governo, ma Pietro Ciucci, AD Società Stretto di Messina, e il ministro Salvini hanno dichiarato che correggeranno la documentazione come richiesto per aprire i cantieri nel 2026. Il Ponte sullo Stretto per la popolazione siciliana e italiana, accorsa da tutto il Paese per sostenere la protesta, rimane un’opera tanto dispendiosa quanto inutile, dimostrazione di mania di grandezza, espressione di un modello politico e economico di speculazione.  Come attiviste e attivisti siciliani dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università siamo felici per la riuscita della manifestazione. Al corteo erano presenti anche le bandiere palestinesi, vicinanza effettiva anche nei piani di ricostruzione. Sia Gaza che il progetto del Ponte sullo Stretto hanno tra le aziende appaltatrici la Webuild Group. Non stiamo generalizzando se diciamo che il meccanismo finanziario di espropriazione e devastazione dei territori è lo stesso. Vista la presenza di basi militari NATO nel sud Italia, la commissione europea ha inserito il Ponte sullo Stretto nel piano di investimenti della Trans-European Transport Network (TEN-T) come infrastruttura utile alla mobilità militare europea e all’applicazione di tecnologie dual-use. Siamo contrariə all’economia di guerra e a tutte le frottole raccontate per giustificare il Ponte. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Sicilia
Sport, salute e difesa: un patto controverso
Il “comitato d’affari” Sport e Salute SpA, così come è stato presentato dall’ultimo servizio di Report su Rai 3, amministrata da Marco Mezzaroma, erede della nota famiglia di “palazzinari” con vari incarichi politici nel corso degli anni che ruotavano sempre nell’ambito del centro-destra o destra conclamata, per non smentirsi sigla un patto di ferro con il Ministero della Difesa, una joint-venture patriottica. «L’Esercito mette a disposizione strutture, competenze, personale e sedi – sì legge nell’ accordo – cioè la sua infrastruttura sul territorio e la capacità organizzativa militare». Il mondo dello Sport e in questo caso il suo braccio operativo finanziario viene quindi completamente parassitato dalla cultura militaresca. Escludendo il settore agonistico dove il Ministero della difesa gioca un ruolo storicamente da monopolista, sono numerosissimi gli esempi di infiltrazione, delle varie armi, nel mondo sportivo della società civile. Tra queste vanno segnalate quelle più odiose che fanno leva sulle sofferenze umane come la malattia o la disabilità: dalla Race for Cure, iniziativa benefica per la raccolta fondi a favore della lotta contro i tumori al seno, in cui una militaressa che ha vinto la propria battaglia personale ha messo in piedi una squadra che partecipa insieme alle altre, all’abbordaggio, da parte della Marina Militare, del mondo della disabilità come WOW – Wheels on Waves che con il catamarano “Lo Spirito di Stella”, auto-definitosi “il primo catamarano al mondo completamente accessibile”, pensato per ospitare anche persone in sedia a rotelle. Potendo quindi contare sulle proprie strutture sportive, prosegue l’opera culturale per associare, i rappresentanti della guerra ribattezzati della “difesa nazionale”, ad un profilo umanitario, benefico a tutela della salute o per alleviarne le sofferenze. Ma il cinismo del Ministero della Difesa va anche oltre, perché, sempre a proposito di salute, dopo il suicidio dello scorso anno di un generale dell’esercito a pochi giorni dalla sentenza di assoluzione sua e di altri alti ufficiali, perché “i casi di tumore registrati (in Sardegna nell’area di Capo Teulada) vicino al più grande poligono di tiro d’Europa, non erano direttamente ascrivibili alle operazioni militari, un’altra battaglia vinta contro il tumore, quella di un militare coinvolto nelle operazioni in Kosovo infestato da bombe all’uranio impoverito, è stata anch’essa strumentalizzata, esaltando solo l”‘amore per la divisa” e by passando la vicenda giudiziaria (https://www.dire.it/09-01-2024/998075-tumore-uranio-impoverito-militari-kosovo/). Stefano Bertoldi, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Torino, 30 novembre: Transizioni armate. Riflessioni su guerra, riarmo, natura e territori
DOMENICA, 30 NOVEMBRE 2025 DALLE ORE 10:00 BOCCIOFILA “RAMI SECCHI”, LUNGO DORA PIETRO COLLETTA, 39A, TORINO Il Comitato Resistenza Verde di Torino ha organizzato un incontro dal titolo Transizioni armate, che si terrà domenica 30 novembre, con Linda Maggiori. La giornalista si occupa di riarmo, guerra e Palestina, ma ha scritto anche il libro Alberi – Fermiamo la mattanza (Terra Nuova Edizioni, 2025), raccontando le lotte dei Comitati di tutta Italia contro i progetti che distruggono parchi e viali. L’intento è quello di esaminare sotto vari aspetti le connessioni e le conseguenze del riarmo e delle politiche belliche sull’ambiente e la natura, ma anche di ampliare lo sguardo sulla militarizzazione delle scuole e della società con il contributo dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, che sarà rappresentato da Alessandra Alberti e Terry Silvestrini. L’incontro verrà moderato dal prof. Vittorio Martone. LINDA MAGGIORI: attivista, educatrice, giornalista freelance esperta di lotte territoriali e filiera bellica, attenta osservatrice del genocidio in corso del popolo palestinese e autrice, fra gli altri, di “Alberi: fermiamo la mattanza” (2025, TerraNuova) e dei dossier “Le catene della guerra in Italia” e “I portuali contro le guerre del mondo” . VITTORIO MARTONE: docente di Sociologia dell’ambiente presso l’Università di Torino, esperto di partecipazione e co-progettazione sui beni comuni, criminalità e politiche integrate di sicurezza, conflitti ecologici distributivi e processi di vittimizzazione legati a crimini e danni ambientali. OSSERVATORIO CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLE SCUOLE E DELLE UNIVERSITÀ: realtà che dal 2023 è impegnata in un’attività di monitoraggio e contrasto, a livello nazionale e sui territori, alla crescente militarizzazione dell’istruzione. In allegato il volantino. Transizione Armate Volantino 1_compressedDownload
Leonardo ed Edge Group: la nuova joint venture delle armi negli Emirati Arabi Uniti
Ogniqualvolta la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni si reca all’estero è solita essere accompagnata da delegazioni di imprenditori, ma nel caso delle visite nel Golfo Persico il ritorno per la industria italiana è rappresentato dalle ordinazioni alle imprese produttrici di armi. EDGE Group e Leonardo SpA, a metà 2025, dichiaravano di voler dare vita a una joint venture (JV) ad Abu Dhab e a distanza di pochi mesi l’operazione entra nel vivo con una ripartizione di quote societarie pari, rispettivamente, al 51% e del 49%. Quali saranno le attività svolte da questo colosso industriale? C’è solo l’imbarazzo della scelta come leggiamo testualmente da un comunicato di Leonardo pubblicato anche da Analisi difesa: https://www.leonardo.com/it/press-release-detail/-/detail/19-11-2025-edge-group-and-leonardo-announce-key-milestone-toward-landmark-joint-venture-in-the-uae Riportiamo alcuni dettagli dell’accordo: «Progettazione, sviluppo, collaudo, industrializzazione e produzione, vendita e leasing, supporto e addestramento per l’intero ciclo di vita per i prodotti della JV negli Emirati Arabi Uniti, i diritti di proprietà intellettuale, nonché la formazione professionale della forza lavoro locale. I prodotti della JV saranno commercializzati in UAE e, dal paese, verso mercati export selezionati. La gamma oggetto di analisi sarà individuata tra soluzioni proposte da Leonardo che spaziano dal settore della sensoristica a quello dell’integrazione di sistemi e alle piattaforme». Leonardo SpA non ha bisogno di presentazioni, è una delle principali aziende compartecipate dello Stato italiano produttrici di armi, ha numerose alleanze e alcune join venture con importanti multinazionali in Europa e nel mondo, le più rilevanti quanto a sistemi tecnologici di ultima generazione. EDGE è a sua volta tra i primi gruppi al mondo proprio nel settore della tecnologia avanzata. Perché la scelta è ricaduta sugli Emirati Arabi Uniti? Perché intendono costruire una sorta di grande «hub globale per le industrie del futuro e creare percorsi chiari per la prossima generazione di talenti altamente qualificati». Parliamo delle ultimissime ed emergenti tecnologie, della trasformazione digitale, dell’utilizzo della IA per applicazioni militari di ogni genere: Piattaforme e Sistemi, Missili e Armamenti, Spazio e Tecnologie Cyber, Trading & Mission Support, Tecnologia e Innovazione, Sicurezza Nazionale. Federico Giusti, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Impatto ambientale e militarizzazione: proposta di legge FdI esautora enti locali
Nel maggio del 2024 la deputata di Fratelli d’Italia Maria Paola Chiesa deposita una proposta di legge che è sfuggita all’attenzione di tanti, troppi, pacifisti e pacifiste. L’iniziativa legislativa si può leggere direttamente cliccando qui: DI0146. Tuttavia, in particolare, segnaliamo per la gravità delle conseguenze, la premessa in cui si afferma che: «Il progetto di legge in esame si pone l’obiettivo di ribadire esplicitamente e rafforzare il carattere esclusivo della competenza dello Stato nella gestione di tutto ciò che afferisce alla difesa e alla sicurezza nazionale facendo, in particolare, riferimento alle attività di: predisposizione; organizzazione; preparazione; addestramento; dislocazione. Il progetto di legge in esame punta dunque a rafforzare il principio della centralizzazione statale in materia di difesa e sicurezza nazionale. Nel dettaglio, l’articolo 1, comma 1, lettera a) modifica l’articolo 15 del Codice dell’ordinamento militare (D.lgs. 66/2010 – COM) introducendo un nuovo comma, dopo il comma 2-bis. Il nuovo comma 2-ter ribadisce e precisa che tutte le attività connesse alla difesa e alla sicurezza nazionale rientrano nella competenza esclusiva dello Stato. Il legislatore ha così voluto chiarire che non solo le funzioni e i compiti già previsti nei primi due commi dell’articolo 15 del COM (spettanti allo Stato e attribuite al Ministero della Difesa), ma anche la predisposizione, l’organizzazione, la preparazione e l’addestramento delle unità degli enti, nonché la dislocazione delle unità militari sul territorio nazionale e l’individuazione delle aree addestrative, devono essere gestiti direttamente ed esclusivamente dallo Stato. Si ricorda che l’articolo 117, secondo comma, lettera d), della Costituzione attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di difesa e Forze armate, sicurezza dello Stato, armi, munizioni ed esplosivi. La disposizione in esame, perciò, si propone di rafforzare il principio per cui tutte le decisioni strategiche e operative relative alla sicurezza e alla difesa del Paese non possono essere oggetto di competenza concorrente o residuale da parte di Regioni, rientrando interamente nell’ambito delle materie assegnate alla competenza esclusiva dello Stato». In estrema sintesi, la proposta della parlamentare meloniana è quella di evitare in futuro l’azione degli Enti locali a salvaguardia dell’ambiente ogniqualvolta il governo decida di ampliare le servitù militari, di costruire una nuova base, un poligono di tiro, una infrastruttura militare. Per anni la resistenza ai processi di militarizzazione si è avvalsa anche di norme regionali e dell’intervento degli enti locali, di leggi a tutela dell’ambiente, ma un domani non sarà più possibile. Tutte le funzioni e i compiti relativi alla difesa e alla sicurezza militare saranno di competenza statale, le gare di appalto in deroga al codice degli appalti. Siamo rimasti colpiti nel leggere alcuni progetti relativi a nuove basi militari con costruzioni ultra ecologiche, senza impatto ambientale, riuso di vari materiali, energia eolica, impianti di riciclo, costruzioni all’avanguardia, tutte operazioni con un messaggio assai chiaro: le forze armate difendono l’ambiente come nessun altro sa fare. Ma se si tratta di aree adibite a poligono di tiro con decenni di esercitazioni militari all’anno, utilizzo molteplici tipologie di proiettili, chi si farà carico di valutare l’impatto ambientale? Se in alcune aree interessate i tumori risultano in grande crescita, qualcuno potrà ergersi a paladino dell’ambiente, a difesa della biodiversità e degli ecosistemi nell’interesse delle future generazioni? I siti militari e le aree addestrative permanenti sono assimilabili ai siti industriali dismessi e se le bonifiche di siti contaminati tardano ad arrivare per gli irrisori stanziamenti economici, quali strumenti avranno a loro disposizione i cittadini, le cittadine e la comunità stessa? E, intanto, diventa impresa ardua stabilire il responsabile dell’inquinamento con i valori di riferimento soggetti a normative e regole in continua trasformazione. Il rischio che corriamo è proprio quello di favorire i processi di militarizzazione senza applicare tutte quelle regole in materia di tutela ambientale e magari con qualche confusione di troppo tra siti inquinati e aree dismesse ad uso industriale. Svincolare poi le attività militari dalle norme vigenti in materia di appalto per semplificare le procedure e bandire gare in tempi rapidi era uno degli obiettivi strategici già definiti in qualche documento ufficiale da un po’ di tempo. Alla fine prevale l’idea che siano proprio le leggi regionali emanate in materia ambientale, le norme nazionali in caso di appalti a rappresentare un ostacolo, se non addirittura una minaccia, alla prontezza dello strumento militare. E visti i piani di riarmo la prontezza diviene un valore assoluto a cui piegare la democrazia stessa. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Il carcere “Beccaria” di Milano apre le porte agli eredi della X^ MAS
Come mai un minore detenuto al carcere “Beccaria” di Milano, uno dei circa 600 detenuti nei vari IPM, Istituti Penali Minorili, si presenta in un’aula, per un’attività formativa con un braccio fasciato fino alla spalla? «Abbiamo fatto – risponde con sincerità il ragazzo – un’esercitazione pratica con dei tipi della Marina Militare». In realtà, non sono dei militari “qualunque” quelli entrati al “Beccaria” nel quadro del progetto “Palla al centro” organizzato da un colosso delle attività di assistenza soprattutto rivolte ai giovani in tutto il mondo, in particolare in centro America: la Fondazione Francesca Rava vanta, infatti, oltre 28 milioni di euro nell’ultimo stato patrimoniale pubblicato in rete. Siccome poi c’è fondazione e fondazione, cioè c’è chi lavora bene di pubbliche relazioni e chi invece lavora dietro i riflettori, ma portando lo stesso un proprio contributo altrettanto incisivo, nel 2023 la Fondazione Rava ha firmato una convenzione anche con la Marina Militare, per collaborare sul versante umanitario (vedi “war-washing”) in occasione di uno dei più grossi progetti propagandistici della Marina Militare come il giro del mondo o tante altre missioni pubblicitarie portate a zonzo dall’Amerigo Vespucci. I marinai in questione entrati nel carcere “Beccaria” fanno parte del corpo di élite COMSUBIN, quello che immancabilmente viene presentato, con uno stand/gazebo a lui dedicato, nelle varie kermesse militaresche, proprio per l’indubbio fascino avventuroso che può suscitare nei giovani. In quei giorni, inoltre, erano presenti con tutto il loro adrenalinico apparato d’assalto, il Gruppo Operativo Subacquei (GOS) e il Gruppo Operativo Incursori (GOI), tanto che le foto li ritraggono, ora in fondo alla  piscina del Beccaria ora nel cortile interno dove appunto si svolse un’esercitazione a corpo libero, durante la quale, in una simulazione forse un po’ troppo muscolare, il giovane si è infortunato. «Sono stati tre giorni intensi, ricchi di momenti di condivisione e attività con lo scopo di favorire uno scambio di valori centrato sul rispetto e sullo spirito di squadra – si legge sul sito della Fondazione che poi, rincarando la dose in pieno stile Istituto Luce anni ’30,  descrivendo come – nella piscina dell’IPM, guidati dagli istruttori Palombari, i detenuti (N.B. non “i ragazzi”, n.d.r.) hanno indossato mute, maschere e bombole d’aria per svolgere attività in immersione. In palestra e all’aperto hanno affrontato insieme agli istruttori Incursori esercizi ginnici e a corpo libero e in aula hanno avuto modo di conoscere il mondo e i valori della Marina Militare, in particolare il lavoro delle Forze Speciali». La retorica raggiunge poi l’apoteosi nei saluti/ringraziamenti finali: «Ringraziamo il Contrammiraglio Stefano Frumento e tutta la squadra di Comsubin che è stata al nostro fianco, per noi è sempre meraviglioso vedere i ragazzi dell’IPM (N.B. non “i detenuti”, perché nei saluti finali si diventa più umani! n.d.r.) pronti ad accettare tutte le sfide, anche le più difficili, proposte dagli istruttori del Comsubin». A quali sfide ci si riferisce? E quali sarebbero, tra queste,  le “più difficili”? Siamo sicuri che la Marina Militare e, in particolare i propri incursori, quelli che nelle parate del 2 giugno urlano a squarciagola e con orgoglio la loro origine “X^ MAS!” col  braccio destro teso che ogni volta viene confuso col saluto fascista ma in realtà non lo sarebbe, sia in grado di svolgere un ruolo di inclusione sociale? Dopo le “carriere in divisa” o “gli studenti con le stellette”, per citare solo alcuni degli slogan pubblicitari di alcune agenzie di orientamento alla guerra, ora abbiamo anche “gli ex-galeotti in divisa”? Forse vogliamo fargli pagare col sangue o sacrificare la loro stessa vita per risarcire la società di qualche malefatta o per essere entrati “clandestinamente” sul suolo patrio? A questo punto ci chiediamo e chiediamo al Ministro Nordio e al direttore del DAP, ma anche al direttore di un carcere, un tempo fiore all’occhiello ed esempio per tutta Italia, ma che negli ultimi due anni ha visto crescere del 50% quella ristretta minoranza (poco più del 3% sul totale inseriti nel circuito penale) di giovani e giovani adulti ristretti: qual era e qual è precisamente la finalità educativa di un’attività che è propedeutica alla guerra? Perché si è scelto proprio un corpo di élite con quel tipo di retroterra storico? Dal momento che il numero di giovani dell’area non-Schengen è aumentata esponenzialmente, per caso si pensa anche alle Forze Armate come modalità di inclusione sociale con acquisizione contestuale della cittadinanza italiana? Una cittadinanza…con le stellette? Stefano Bertoldi, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Napoli, al Villaggio Esercito la contestazione dell’Osservatorio contro la militarizzazione
Ieri, domenica 17 novembre 2025, a Napoli una ventina di persone tra attivisti dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, del Comitato Pace e Disarmo Campania, che ha convocato il presidio, insieme ad altri cittadini e altre cittadine, ha tentato di avvicinarsi il più possibile alla sconcertante esibizione bellicista, ma le forze dell’ordine hanno impedito che il presidio si avvicinasse a meno di 500 metri. Sullo sfondo del lungomare, fra il Vesuvio e Castel dell’Ovo, l’imponente profilo della portaerei inglese “HMS Prince of Wales”, mentre dall’altro lato, sotto l’architettonica protezione del massiccio palazzo del consolato USA, il “Villaggio Esercito”, con i suoi 17.000 mq di esposizione di armi. Si è tenuto poco distante, invece, lungo via Caracciolo, un volantinaggio e uno speakeraggio, mentre alcuni singoli sono entrati e hanno potuto documentare la parata bellicista in cui strumenti di morte venivano presentati anche a molti bambini e molte bambine come oggetti tecnologici da ammirare. Tutto ciò aumenta lo sconcerto da parte dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università per una invasiva presenza delle Forze Armate nei territori. Dopo essere stati a Bari e successivamente a Palermo, adesso il Villaggio Esercito si è spostato a Napoli per continuare a mostrare una prova muscolare della militarizzazione dilagante nel nostro Paese, che comincia dalle strade e finisce nelle scuole e nelle università con l’unico scopo di normalizzare nella mente delle persone l’idea della guerra, quella che presto ci accingeremo a intraprendere al seguito delle scellerate imprese della NATO. Qui alcune foto del Villaggio Esercito a Napoli. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Napoli
A Napoli il “Villaggio Esercito” con sfoggio di carri armati da ammirare per le scolaresche
In occasione dei 2500 anni di storia di Napoli, venerdì 14 novembre è stato inaugurato anche nella “Città di pace”, sul lungomare Caracciolo, il “Villaggio Esercito”, che resterà aperto fino a domenica 16, con il patrocinio del Comune e l’attiva partecipazione della Giunta nella persona dell’assessore alla Legalità, che ha sottolineato come l’iniziativa sia stata pensata soprattutto per i giovani e si è compiaciuto per la presenza di diverse scolaresche. Uno spazio espositivo di oltre 17.000 metri quadrati, in cui gli studenti, le studentesse e la cittadinanza tutta sono invitati per “vedere di persona le novità tecnologiche, l’addestramento e le possibilità professionali offerte dal mondo militare”. Nel villaggio sono proposte attività sportive e tecnologia all’avanguardia, compreso un cane robot, musica e intrattenimento, presentando un’immagine patinata e distorta che glorifica il ruolo delle forze armate e tace completamente sulle atrocità della guerra e sullo scopo di questi strumenti di morte, configurandosi come l’ennesima iniziativa di propaganda militarista volta a reclutare giovani pronti a uccidere e a morire per la patria e a produrre consenso nella popolazione, chiamata a sopportare sacrifici di ogni tipo per la stessa idea astratta, dietro la quale è evidente il concretissimo interesse di quei pochi che dalle guerre hanno da guadagnare. ESPRIMIAMO TOTALE CONDANNA NEI CONFRONTI DI TALE ESIBIZIONE MILITARISTA, IN UN MOMENTO COSÌ DRAMMATICO IN CUI LA PACE E LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE DOVREBBERO ESSERE AL CENTRO DELL’ATTENZIONE. Alcuni scatti dell’iniziativa a Napoli. Fonti: (https://www.comune.napoli.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/55676) https://www.ilmattino.it/napoli/citta/villaggio_esercito_lungomare_napoli_piazza_plebiscito-9188733.html
Petizione lavoratori Leonardo Grottaglie: NON IN MIO NOME, NON CON IL MIO LAVORO
COME OSSERVATORIO CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLE SCUOLE E DELLE UNIVERSITÀ SOSTENIAMO LA PETIZIONE DI CHANGE.ORG LANCIATA DAI LAVORATORI DELLA LEONARDO SPA DI GROTTAGLIE (TA) PER L’IMMEDIATO STOP DELLA FORNITURA DI MATERIALE BELLICO A ISRAELE. RICORDIAMO CHE COME OSSERVATORIO ERAVAMO A PROTESTARE A GROTTAGLIE FUORI DALLA SEDE DI LEONARDO IL 27 SETTEMBRE (CLICCA QUI PER L’ARTICOLO). RICHIESTA DI STOP IMMEDIATO DI FORNITURE BELLICHE DESTINATE AD ISRAELE DA PARTE DI LEONARDO S.P.A. E SOCIETÀ CONTROLLATE, INCLUSI TUTTI GLI ACCORDI ESISTENTI E GLI ARTICOLI DUAL-USE, NONCHÉ LA SOSPENSIONE DI TUTTI GLI ACCORDI COMMERCIALI E LE RELAZIONI DI INVESTIMENTO CON ISTITUZIONI ISRAELIANE, START-UP, UNIVERSITÀ ED ENTI DI RICERCA DIRETTAMENTE O INDIRETTAMENTE COINVOLTI NELLE OPERAZIONI MILITARI ISRAELIANE CONTRO LA POPOLAZIONE PALESTINESE. Il genocidio e la pulizia etnica in corso in Palestina, perpetrati da Israele nei confronti della popolazione palestinese, sono un crimine oggettivo ed innegabile, consumato sotto gli occhi indignati di tutto il mondo. In questo drammatico contesto, Leonardo S.p.A., tra i principali produttori europei di armamenti, garantisce la fornitura di sistemi d’arma e tecnologie militari allo Stato di Israele. Nonostante le crescenti denunce da parte di organizzazioni per i diritti umani, istituzioni internazionali e della società civile e sebbene, come dichiarato dallo stesso A.D. Cingolani in una recente intervista al Corriere della Sera, non sia stata più autorizzata alcuna nuova licenza di esportazione verso Israele da parte dell’UAMA, Leonardo, con il benestare del Governo Italiano, mantiene solidi rapporti commerciali e di cooperazione militare con Israele, contribuendo di fatto alla prosecuzione delle operazioni belliche che colpiscono sistematicamente la popolazione civile palestinese, priva di ogni capacità di difesa, in evidente violazione del diritto internazionale umanitario. Inoltre la Legge 185/1990 citata anche da Cingolani (normativa “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”), approvata dal Parlamento italiano nel luglio 1990 dopo una grande mobilitazione della società civile, sta subendo delle modifiche che sono state già approvate dal Senato nel marzo 2024 e sono in discussione alla Camera da febbraio 2025. Se le modifiche già approvate dal Senato verranno confermate anche dalla Camera, saranno ridotti importanti meccanismi di trasparenza come per esempio la relazione annuale al Parlamento, pertanto il potere decisionale sul tema passerà sempre più al Governo, sottraendolo al Parlamento. Il commercio di armamenti non può essere considerato un’attività economica come le altre, ma deve essere subordinato a criteri etici, alla politica estera e al rispetto dell’articolo 11 della Costituzione, che afferma che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Il 16 settembre 2025 la Commissione d’inchiesta dell’ONU, a fronte di una lunga indagine avviata su mandato dell’Assemblea Generale dell’ONU, riconosce l’intento genocidario nella condotta delle autorità israeliane (“Legal analysis of the conduct of Israel in Gaza pursuant to the Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide” A/HRC/60/CRP.3) secondo la Convenzione sul Genocidio del 1948, identificando quattro dei cinque atti definiti come genocidio dalla Convenzione: Uccisione di membri del gruppo: l’atto di uccidere membri di un determinato gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. Lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo: ciò include torture, trattamenti crudeli, e danni fisici o psicologici gravi inflitti a membri del gruppo. Sottomissione intenzionale del gruppo a condizioni di vita che comportano la sua distruzione fisica totale o parziale: creare condizioni di vita (ad esempio, privazione di cibo, acqua, medicine o altre risorse) che rendono impossibile la sopravvivenza del gruppo. Misure volte a impedire le nascite all’interno del gruppo: misure adottate per sterilizzare o impedire la nascita di nuovi membri del gruppo, come la sterilizzazione forzata o altre politiche di controllo delle nascite. La Commissione ha sottolineato che esistono prove dirette dell’intento genocidario da parte di Israele, tra cui dichiarazioni pubbliche di leader israeliani e un modello di condotta militare coerente con tale intento. Il rapporto ha anche raccomandato l’interruzione delle forniture di armi a Israele e l’avvio di procedimenti legali contro i responsabili, inclusi il Primo Ministro Netanyahu e il Presidente Herzog. La Posizione Comune dell’UE 2008/944/PESC stabilisce i criteri per il controllo delle esportazioni di armi e di attrezzature militari: è stata adottata nel dicembre del 2008 e definisce le condizioni vincolanti che gli Stati membri devono rispettare quando autorizzano l’esportazione di materiale bellico verso paesi terzi. I principali criteri di questa posizione includono: Rispetto dei diritti umani: le armi non devono essere esportate verso paesi che sono coinvolti in violazioni gravi dei diritti umani o dove c’è un rischio concreto che le armi possano essere utilizzate per tali violazioni. Destinazione finale: le armi non devono essere trasferite in paesi che possano utilizzarle per scopi di aggressione militare contro altri stati, o per sovvertire un governo legittimo. Impatto sul conflitto regionale: non devono essere esportate armi a paesi che possano alimentare conflitti regionali o aumentare le tensioni in aree instabili. Sicurezza interna e stabilità: le esportazioni devono essere valutate anche in relazione alla stabilità interna del paese destinatario e alla sua capacità di garantire la sicurezza delle armi. Compatibilità con gli impegni internazionali: le esportazioni non devono violare impegni internazionali, come sanzioni, trattati di non proliferazione o accordi di disarmo. Alla luce di quanto denunciato dalla Commissione Internazionale, riteniamo che i punti menzionati nella Posizione Comune dell’UE 2008/944/PESC non sono al momento rispettati, pertanto Leonardo S.p.A. deve interrompere ogni rapporto con Israele, al fine anche di non rischiare di incorrere in gravi sanzioni future. Il protrarsi dei rapporti con Israele da parte di Leonardo S.p.A., oltre a violare i punti della Posizione Comune dell’UE 2008/944/PESC, viola anche: il Trattato sul Commercio delle Armi (ATT) che impone agli Stati di valutare i rischi relativi all’uso delle armi che esportano e di garantire che non vengano utilizzate per commettere genocidi, crimini di guerra, o altre violazioni gravi dei diritti umani; il Codice di Condotta sull’Esportazione di Armi, adottato dall’Unione Europea per stabilire i principi di base per l’esportazione responsabile di armi da parte degli Stati membri. Questo codice raccomanda di non esportare armi a paesi dove vi siano seri rischi di conflitto armato, o dove le armi possano essere utilizzate per violare i diritti umani o per sostenere regimi oppressivi. Come precisato dall’A.D. Cingolani, Leonardo S.p.A. non può da sola procedere a qualsiasi recesso unilaterale da un contratto in essere in quanto questo costituirebbe un illecito che porterebbe a un contenzioso legale. Pertanto si richiede una copertura istituzionale in tal senso, sia per trovare un provvedimento che consenta di sospendere anche le vecchie licenze, sia esercitando una moral suasion come paventato dallo stesso Cingolani. Si richiede quindi: Al Consiglio UE di attivare un embargo vincolante che obblighi tutte le aziende a revocare tutti i contratti in essere ad Israele. All’autorità nazionale UAMA, ufficio del Ministero degli Esteri italiano, di revocare retroattivamente ogni licenza specifica in essere a tutte le imprese italiane che forniscano prodotti a duplice uso ad Israele. Le conseguenze giuridiche per l’Italia vanno ben oltre eventuali sanzioni. La continuazione delle esportazioni di armamenti e materiali dual-use verso Israele, alla luce delle decisioni della Corte Internazionale di Giustizia e in un contesto di crimini internazionali sistematici e gravi, espone l’Italia a una grave responsabilità giuridica, tra cui: Violazione dell’obbligo di prevenzione del genocidio (art. I Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, 1948): l’Italia, dopo l’ordinanza cautelare della Corte Internazionale di Giustizia del 26 gennaio 2024, è a conoscenza del rischio di genocidio a Gaza e ha l’obbligo giuridico di interrompere le esportazioni di armi a Israele per prevenire tale crimine. Violazione del parere della CIG del 19 luglio 2024 (Advisory Opinion): la CIG ha affermato che l’occupazione israeliana dei Territori palestinesi è illegittima e ha imposto l’obbligo di non assistenza, vietando la cooperazione che possa contribuire a mantenere l’occupazione. Complicità in atti genocidari (art. 16 Progetto sugli Articoli sulla responsabilità degli Stati per atti internazionalmente illeciti, 2001): l’Italia rischia di essere ritenuta complice nella commissione di genocidio, poiché le forniture di armi a Israele potrebbero facilitare atti genocidari, violando il principio di complicità come delineato dalla Corte Internazionale di Giustizia (sentenza Bosnia v. Serbia, 2007). L’Italia potrebbe essere ritenuta responsabile a livello internazionale per tali violazioni. Nel rapporto “From economy of occupation to economy of genocide” della Relatrice Speciale delle Nazioni Unite per i territori palestinesi occupati (A/HRC/59/23 pubblicato il 16 Giugno 2025), Leonardo S.p.A. non viene citata solo per gli F-35, per gli M-346 e gli AW119Kx con relativi training, per gli OTO Melara 76/62 Super Rapid 72mm naval guns e per la controllata DRS, ma anche per la collaborazione con l’Università Ben Gurion del Negev attraverso un laboratorio congiunto su intelligenza artificiale e scienza dei dati, condividendo ricerche direttamente connesse agli attacchi contro i palestinesi. Connesso a questo tema, il rapporto presenta un’analisi devastante del ruolo delle tecnologie cybersecurity nella costruzione di quella che viene definita “economia del genocidio”.  Il report identifica il settore tecnologico di sorveglianza, cybersicurezza e intelligenza artificiale come pilastro fondamentale del sistema di occupazione israeliano (assieme al settore militare, edilizio, finanziario e accademico), con aziende tecnologiche che forniscono “infrastrutture di sorveglianza, droni, biometria, cloud computing e sistemi di targeting guidati dall’IA”, contribuendo ad automatizzare progressivamente la repressione e il genocidio dei palestinesi e trasformando Gaza in una zona di test per armi dal vivo.  Gli ultimi tre anni hanno visto un’accelerazione senza precedenti nella cooperazione Italia-Israele e un consolidamento della partnership strategica, che ha portato il colosso della difesa italiano a siglare accordi con istituzioni israeliane nell’ambito della cybersecurity, quantum technologies e sistemi autonomi. Leonardo S.p.A. ha infatti siglato nel 2023 due accordi strategici con l’Israeli Innovation Authority (IIA) e con la Ramot Tel Aviv University, focalizzandosi proprio su cybersecurity, quantum technologies e sistemi autonomi; gli accordi prevedono lo scouting di startup israeliane per il programma di accelerazione Business Innovation Factory di Leonardo, con particolare attenzione alle aree “Simulation & Gamification” e “Cybersecurity & Networking”. L’adozione di sistemi sviluppati in contesti di occupazione coloniale basata sulla logica “Maximum Land with Minimum Palestinians”, risulta fortemente incompatibile con i valori democratici europei e con il codice etico adottato dalla stessa Leonardo S.p.A. Infine, diverse organizzazioni per le libertà digitali, inclusi EDRi e Access Now, hanno sollecitato la Commissione Europea a rivedere lo status di adeguatezza dei dati di Israele secondo GDPR attraverso sei aree di preoccupazione: deterioramento dello stato di diritto in Israele, quadro legale insufficiente per la protezione dei dati, esenzioni per la sicurezza nazionale e sorveglianza, questioni di ambito territoriale nei territori palestinesi occupati, processo di revisione UE inadeguato e violazioni del diritto internazionale.  Per tutti questi motivi, riteniamo la partnership strategica Italia-Israele non solo spregiudicata ma anche senza futuro, alla luce delle succitate aree di preoccupazione relativamente al trattamento dei dati. Chiediamo quindi che Leonardo sospenda immediatamente tutti gli accordi commerciali e le relazioni di investimento con istituzioni israeliane, start-up, università e enti di ricerca direttamente o indirettamente coinvolte nelle operazioni militari israeliane. Con questa petizione, che parte da alcunǝ lavoratrici e lavoratori di Leonardo e che è estesa a tutta la popolazione civile, rifiutiamo fermamente di essere complici nelle violazioni dei diritti umani e nei crimini internazionali, rifiutiamo che i nostri atti e che il nostro ingegno possa contribuire a un’intera economia che guida, fornisce e abilita il genocidio del popolo palestinese.  Per tali motivi, inoltre, consideriamo inadeguata la scelta di Leonardo S.p.A. di voler mettere in discussione la permanenza della Business Unit Aerostrutture all’interno del perimetro Leonardo S.p.A. attraverso la ricerca di partnership con fondi sovrani stranieri, con il rischio che Leonardo S.p.A. diventerebbe di fatto un’azienda focalizzata esclusivamente sul settore militare. È fondamentale, anche in virtù dei cambiamenti sociali ed economici in corso, che Leonardo S.p.A. continui ad investire nel settore dell’aeronautica civile, collocato tra l’altro interamente nel Mezzogiorno d’Italia, attraverso investimenti concreti e che guardino allo sviluppo futuro di un asset fortemente strategico e realmente duraturo per tutto il sistema industriale italiano, a differenza del limitato orizzonte temporale che il business militare comporterebbe.Riportare una violazione delle politiche Lavoratori Leonardo Grottaglie Siamo un gruppo di lavoratori dello stabilimento Leonardo di Grottaglie che chiede lo stop di forniture belliche ad Israele da parte di Leonardo S.p.A. e società controllate. NON IN MIO NOME, NON CON IL MIO LAVORO FIRMA SU CHANGE.ORG.
Domusnovas (SU), manifestazione davanti alla RWM, fabbrica di bombe e droni da guerra
Domenica 19 ottobre 2025 si è svolta la manifestazione presso lo stabilimento della RWM di Domusnovas (SU), contro la produzione bellica di questa fabbrica a capitale Rheinmetall, contro la commercializzazione di ordigni di morte quali le famigerate bombe MK 82, 84 ecc. (con cui la coalizione saudita causò un disastro umanitario bombardando lo Yemen), e ancora mine navali, proiettili d’artiglieria (che riforniscono la guerra in Ucraina), droni da combattimento su progetto fornito dall’israeliana U-Vision, commercializzati in Paesi NATO. Alla chiamata, partita dal comitato Stop RWM e dal Comitato sardo di solidarietà per la Palestina, ha risposto la partecipazione di un centinaio di manifestanti di Cagliari e del Sud Sardegna, sia persone venute per la prima volta a manifestare contro la RWM che appartenenti a comitati e associazioni che da tempo hanno preso posizione in merito: Cagliari Socialforum, Movimento Nonviolento, Sardigna Natzione, USB, Cobas Scuola Cagliari, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, A Foras. C’era il pacifista Marco Loi della Sumud Flotilla. Anche due giorni prima, venerdì 17, si è svolto un sit in davanti al Consiglio regionale, via Roma, su iniziativa della CSS – Confederazione Sindacale Sarda, e altri comitati, per chiedere la riconversione della fabbrica ad una produzione non compromessa con la guerra e la distruzione di massa. Un mese prima, il 16 settembre un ampio insieme di associazioni ambientaliste e antimilitariste consegnava, per la  Presidente Todde, una relazione dettagliata in cui si è chiesto che la Regione non approvi lo studio di Valutazione di Impatto Ambientale presentato dalla RWM.  Infatti la Regione Sardegna dovrà presto pronunciarsi sulla VIA ex post presentata tre anni fa dalla RWM in seguito alla bocciatura inflitta dal Consiglio di Stato all’azienda per una causa intentata da Italia Nostra, USB, Assotziu Consumadoris de Sardigna contro l’ampliamento della fabbrica avvenuto scavalcando norme edilizie e ambientali. In particolare la sentenza del Consiglio di Stato ha contestato la mancanza della Valutazione di Impatto Ambientale da cui l’azienda era stata esentata dall’allora giunta regionale di centro sinistra. La recentissima sentenza del TAR (17 ottobre) chiede che la Regione si esprima entro 60 giorni sulla VIA ex post presentata dalla RWM. Consapevoli di queste cruciali questioni che sono state anche esposte in alcuni interventi, i manifestanti hanno percorso un tratto di strada sino a fermarsi ad una certa distanza dall’ingresso della fabbrica, strettamente presidiata da polizia e carabinieri, hanno atteso il cambio turno dei dipendenti che però sono stati portati da un autobus attraverso la strada privata di un’azienda adiacente. Sono stati visti scendere dall’autobus e fare un tratto a piedi verso la fabbrica. E in quel momento, tra i fischi di disapprovazione, è scattato il paragone con quella classe operaia che invece ha bloccato il transito ai porti delle navi contenenti materiale bellico.       Più tardi al rientro, una potente locomotiva di tir che camminava verso la fabbrica è andata a trovarsi davanti al corteo che procedeva in direzione opposta e costringeva la locomotiva a tornare indietro. Quale micidiale carico di morte sarà sistemato su quei tir? E quale sarà la sua destinazione? Forse darà un contributo al genocidio che si svolge nella Striscia di Gaza, a cui la RWM è sospettata di aver fornito armi, anche se di questo non c’è la prova provata? Abbiamo osservato come l’informazione riguardo all’RWM è aumentata tra le persone che partecipano alle manifestazioni e intervengono pubblicamente. Questi prossimi due mesi saranno certamente significativi per le prese di posizione verso la Regione perché non ceda a prevedibili pressioni per l’approvazione della VIA, che significherà la messa in azione delle nuove linee e una produzione triplicata di ordigni bellici. Certo, la crisi industriale generale a cui assistiamo, di cui la crisi del polo industriale di Portovesme non è che un caso particolare, rende prevedibile una svolta sempre più accentuata verso l’economia di guerra, ma è ancora possibile ostacolare questa tendenza e cercare altre vie d’uscita. LA POLITICA E L’OPINIONE PUBBLICA CONTRARIE AL RIARMO POSSONO FARE LA DIFFERENZA. Qui alcuni scatti della manifestazione. VolantinoManifestazione19Ottobre2025Download Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Cagliari