La morbida durezza del tatami. Come affrontare la differenza della disabilità
Quando il tatami diventa un luogo di cura, crescita e inclusione per bambini e
adolescenti
Oggi utilizziamo la giornata internazionale delle persone con disabilità per
parlare di un’iniziativa che riflette molto bene l’attività quotidiana del
lavoro sul territorio campano, un fare costante e continuo che avvicina la
fragilità e le neurodivergenze. In particolare, ci riferiamo al progetto
Katautism appena partito all’interno dell’Istituto Comprensivo “De Amicis” a
Succivo. Il paese campano accoglie la proposta della Federazione Nazionale
Fijlkam (Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali) e osa un percorso
innovativo e sperimentale avvalendosi di interventi psicologici specialistici:
la disciplina judoka offre, quindi, alla comunità l’arte di alimentare,
all’interno dell’individuo, una mentalità solidale e attenta al senso
dell’essere giusti e del diritto alla libera scelta, tenta lo sviluppo della
capacità di simbolizzare psichicamente la pratica dello stare in relazione con
l’altro, creando, gradualmente e attraverso la guida dei maestri, un cambiamento
nell’individuo e nel suo mondo interno, una trasformazione nel suo sé che, ad un
certo livello, può definirsi profonda e strutturale. Il judo, in questo senso,
ha molti punti in comune con la cura psicologica.
La lotta sul tatami, tappeto da combattimento utile come superficie sicura per
l’allenamento e le competizioni, è la conquista di un’esperienza di fiducia e di
incontro con l’altro e insegna che imparare a cadere può diventare un vissuto di
valore. La caduta, cioè, viene colta nel suo significato intrinseco
dell’imparare-a-cadere-per-rialzarsi e, in tal senso, l’arte marziale del judo
esprime la capacità di sollevarsi dalla caduta attraverso lo sguardo dell’altro
avversario che tiene vivo l’atleta messo al tappeto condividendo con lui il
vissuto di impotenza, in questo modo lo aiuta in un momento di sconcerto e
fragilità. Potremmo pensare che il tatami, come base sufficientemente morbida su
cui cadere, esprime la forza, il coraggio e il senso del giusto, insomma, con il
judo c’è la possibilità di vivere un’esperienza di morbida durezza, ossimoro che
ci porta ad immaginare il rapporto stretto che questa disciplina ha con l’essere
umano e la sua comunità. Soprattutto, il progetto mette in evidenza molto bene
la forte relazione tra l’Arte Marziale, la Psicologia e la Politica come rete
necessaria affinché si possa creare un ambiente stabile, solido e affidabile,
fonte di sviluppo e vera crescita nei bambini e negli adolescenti. L’obiettivo è
di poter pensare, dentro un microcosmo qual è la scuola, ad esempio il dojo,
luogo della “pratica marziale” come crescita e miglioramento personale, una
modalità nuova di stare in relazione con l’altro e fare in modo che l’individuo
possa esprimere le regole valoriali, apprese nella tecnica judoka, all’interno
della società e dell’ambiente in cui vive. Lo scopo più lungimirante è provare a
sviluppare, in ciascuno, il senso della cura per l’altro e, contemporaneamente,
per sé. Manifestare, insomma, la necessità di proteggere i diritti dei più
deboli e sentirne l’impegno e il dovere, e costruire una comunità in cui la vera
forza è sentirsi meno spaventati ed esprimere, perciò, la libertà delle
differenze nella loro molteplicità.
Il progetto ricorda, e sottolinea, che il divertimento e il piacere sono
ingredienti fondanti per poter imparare a vivere e a lottare per la conquista
del diritto dello stare insieme in pace che non è assenza di conflitti, ma, al
contrario, è renderli vivi e animati.
Antonella Musella