Satnam e i suoi fratelli. Cinque lavoratori indiani morti in provincia di Salerno in nove mesi(disegno di otarebill)
È passato un anno dalla tragica morte, o meglio omicidio, di Satnam Singh in
provincia di Latina, avvenuta il 19 luglio 2024. In questi giorni i suoi parenti
sono in Italia, e stanno incontrando politici e sindacalisti: il presidente
della Regione Lazio, Rocca, il segretario della Cgil, Landini, i deputati Pd, e
infine al Senato la Commissione di indagine sulle condizioni di lavoro in
Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
In questi incontri è risuonato il condivisibile slogan “mai più casi come quelli
di Satnam”, ma cosa è cambiato realmente nell’ultimo anno? Purtroppo poco o
niente, la situazione sembra addirittura peggiorata: dalla morte di Satnam Singh
a oggi, sono almeno trenta i lavoratori indiani morti in Italia in seguito a
incidenti sul lavoro, malori avvenuti sui posti di lavoro o investiti mentre si
recavano o tornavano dal lavoro.
Una delle comunità indiane più numerose presenti in Italia è quella che vive in
provincia di Salerno, che, al primo gennaio 2024, contava 3.529 residenti. Circa
un terzo della comunità indiana vive tra Battipaglia, Eboli e Capaccio, ed è
impiegata principalmente nei settori dell’allevamento di bufale e bovini e
nell’agricoltura. Solo in provincia di Salerno sono morte cinque persone di
origine indiana negli ultimi nove mesi, e purtroppo non risultano dichiarazioni
di politici, sindacati e associazioni, rispetto a queste morti, neppure
semplicemente di cordoglio. Le comunità e i parenti delle vittime sono state
lasciate sole, senza alcun supporto.
Il caso più recente è avvenuto l’8 luglio 2025, è stato descritto così dal
quotidiano La Città di Salerno:
“Lo hanno trovato nella vasca, dove si raccoglie il letame. Privo di vita, morto
da diversi giorni. Aveva 37 anni, l’indiano. Padre di un figlio, rimasto in Asia
in compagnia della madre. La salma è stata sequestrata dai carabinieri di Serre,
guidati dal capitano Greta Gentili. Le indagini sono coordinate dal pm Gianpolo
Nuzzo che, ieri mattina, ha incaricato il medico legale Gabriele Casaburi di
effettuare un primo esame cadaverico esterno. Nell’azienda bufalina erano
presenti gli avvocati Mario e Carlo Conte, in rappresentanza del titolare della
ditta che non è indagato”.
Da quello che è stato possibile ricostruire, leggendo i vari articoli, la
mattina dell’8 luglio alcuni lavoratori hanno attivato un macchinario per
svuotare dall’abbondante acqua piovana caduta nelle ore precedenti una vasca che
raccoglie il letame in un’azienda bufalina in località Borgo San Lazzaro a
Serre, ed è riemerso il cadavere di un uomo. Era presente anche il cognato della
vittima, anch’egli di origine indiana, impiegato nell’azienda. La salma era già
in avanzato stato di decomposizione, forse da giorni. La vasca dove è stato
ritrovato il corpo, stranamente, non risulta sequestrata, nemmeno per verificare
se fosse stata costruita a norma di legge, e con le misure di sicurezza prevista
per evitare incidenti.
Nessun articolo riporta il nome dell’uomo, scrivono che sia stata ritrovato
senza documenti ed effetti personali, eppure contraddittoriamente aggiungono
informazioni dettagliate quali il fatto che avesse 37 o 38 anni, un figlio e una
moglie in India, fosse attualmente disoccupato o non “formalmente impiegato
nell’azienda bufalina”, vivesse in Italia da vari anni e fosse stato ricoverato
e poi dimesso da un ospedale della zona il 30 giugno.
Il 10 luglio si sarebbe dovuta tenere l’autopsia della salma, nell’obitorio
dell’ospedale di Eboli. Non si sa se i familiari abbiano potuto nominare un
tecnico di parte, o se ne siano stati informati.
In precedenza un altro lavoratore di origine indiana, di 54 anni, era deceduto
colpito da un malore il 13 maggio 2025 a Positano. Anche in questo caso non si
conosce il nome della vittima né altri dettagli.
Il 21 marzo un lavoratore indiano, che abitava e lavorava ad Altavilla Silentina
(paese confinante con Serre) in un’azienda agricola era stato ritrovato senza
vita in circostanze “misteriose”:
“Il giallo della morte di Sandhu Gurmeet Singhi, 25enne di origine indiana, si
infittisce. Il suo corpo è stato ritrovato ieri lungo la riva del fiume Calore,
a Serre, nascosto tra i rami, dopo ore di ricerche condotte dai carabinieri di
Eboli, vigili del fuoco e Protezione civile. Ora sarà l’autopsia a stabilire
cosa sia realmente accaduto. Tre le ipotesi al vaglio degli inquirenti:
omicidio, suicidio o caduta accidentale. L’allarme era scattato dopo
mezzogiorno, quando il giovane non aveva fatto rientro a casa. Preoccupati, gli
amici avevano segnalato la sua scomparsa, dando il via alle ricerche”.
A distanza di quattro mesi, anche in questo caso non si è saputo più nulla dei
risultati dell’autopsia e delle indagini.
Il 29 novembre 2024 è la volta di Onkar Syng, un ventitreenne di origini
indiane, investito da un treno alla stazione di Ascea.
I media locali non forniscono nessun dettaglio, la storia di Onka viene
riportata solo in un articolo pubblicato da PTC Punjabi UK, un canale
televisivo, voce della comunità di lingua punjabi europea, con sede nel Regno
Unito: “Onkar Singh era arrivato in Italia nell’ottobre 2023. Il padre di
Onkar,Bhupinder Singh, ha affermato che, dopo aver contratto un prestito di
dodici-tredici lakh di rupie (circa 13 mila euro) , era riuscito a mandarlo in
Italia in modo che il suo unico figlio maschio potesse essere il suo sostegno
nella vecchiaia. Ma le circostanze che ha dovuto affrontare dopo il suo arrivo
qui non possono essere descritte. L’intermediario che lo aveva invitato in
Italia non lo ha aiutato, motivo per cui i documenti italiani di Onkar non erano
pronti, e senza documenti in Italia, non riusciva a trovare lavoro regolare da
nessuna parte. Mentre viaggiava da Catania a Brescia in treno, per cercare un
lavoro, durante il tragitto è sceso alla stazione ferroviaria di Ascea in
provincia di Salerno. Il padre ritiene che Onkar abbia preso questa decisione a
causa delle vessazioni subite in Italia, che gli hanno causato una depressione”.
L’8 novembre 2024 in località Campolongo di Eboli è morto Singh Manjinder,
quarantanovenne indiano, schiacciato da un trattore mentre lavorava nei campi
della Piana del Sele. Pare che, per cause da accertare, gli sia finita addosso
la pala meccanica del mezzo agricolo.
Anche in questo caso, gli unici approfondimenti degni di rilievo, provengono da
testate giornalistiche indiane e punjabi: “Manjinder Singh Rimpa lavorava nei
campi con la sua famiglia da diversi anni. Ieri stava guidando un trattore e
stava arando il terreno, quando improvvisamente il mezzo si è ribaltato e
qualcosa lo ha colpito gravemente, provocandogli una morte dolorosa. I familiari
sono perplessi sul perché si sia verificata questa tragedia e le reali ragioni
dell’incidente non vengono presentate in modo adeguato dalle autorità. La
famiglia ha affermato che dietro questa morte ci sono ragioni profonde e chiede
un’indagine imparziale sull’accaduto. Perché è successo questo? Perché è
avvenuto l’incidente? Il proprietario non sta dando la risposta corretta. I
parenti del defunto stanno fornendo informazioni su questo incidente”.
“Un operaio che lavorava con lui ha dichiarato alla stampa che il defunto
Manjinder Singh stava arando i campi come al solito e che lui aveva lasciato il
lavoro nel pomeriggio per andare a riposare nei campi poco distanti. Dopo un
po’, il proprietario dei campi e suo figlio sono arrivati e gli hanno intimato
di non uscire di casa, perché la polizia era arrivata nei campi. Il collega ha
inoltre affermato di aver provato a parlare con Manjinder Singh al telefono, ma
di non aver ricevuto risposta. Successivamente, ha chiamato un altro lavoratore
punjabi di una fattoria vicina e gli ha chiesto spiegazioni. Quest’ultimo gli ha
riferito che si era verificato un incidente con un trattore nei campi del suo
datore di lavoro, in cui un lavoratore era morto”.
Le notizie su queste morti di solito vengono rapidamente dimenticate, i media ne
scrivono per un paio di giorni e poi il caso scompare totalmente. Questo avviene
proprio perché, senza un supporto solidale, i parenti, gli amici e le famiglie
delle vittime non possono farsi sentire, avere i fondi per nominare avvocati e
periti di fiducia, e spesso nemmeno le risorse necessarie alla vita quotidiana.
I media locali si limitano a riportare le veline degli inquirenti e delle forze
dell’ordine, non pongono domande né fanno inchieste, non riportano mai i
racconti dei familiari e colleghi delle vittime. I sindacati tacciono: è
possibile verificare come sui siti e sui canali social delle principali
organizzazioni provinciali di categoria, non ci sia letteralmente traccia di
queste morti. Anche l’operato di forze dell’ordine e inquirenti appare
superficiale.
Il più recente processo relativo alla morte sul lavoro di un bracciante indiano,
nella provincia di Salerno, lo scorso 10 dicembre ha visto il titolare
dell’allevamento di bufale dove era morto nel 2019 Avtar Singh, assolto in
appello con formula piena “perché il fatto non sussiste”.
Come per Satnam Singh, anche familiari, amici e colleghi delle vittime nel
salernitano, vogliono verità e giustizia, e sono disposti a farsi sentire: è
necessaria e urgente la creazione di una rete di solidarietà attiva sui
territori, che rompa la cappa di silenzi e complicità che permette lo
sfruttamento e la strage di lavoratori e lavoratrici, immigrati e non. (emme)