Rispondiamo a Libero
> Il nostro caporedattore Matteo Mariani, risponde a un (pessimo) articolo
> apparso su Libero quotidiano
Spett. Le Redazione,
Ho letto l’articolo del direttore Pietro Senaldi “Caos treni, ora scioperano
contro l’aumento degli stipendi“, da voi pubblicato il 9 luglio scorso,
trovandolo interessante ma nel contempo riscontrandovi diversi passaggi che
necessitano, a mio avviso, alcune precisazioni.
Intanto segnalo che le “quattro sigle minoritarie” citate dall’autore sono in
realtà tre: CUB, USB e Assemblea Nazionale PdM/PdB (senza virgola, è l’Assemblea
Nazionale del Personale di Macchina e di Bordo).
L’autore, poi, contestando le dichiarazioni dei sindacati, afferma che “La
realtà è che l’adesione allo sciopero del personale di bordo è stata di circa il
20%“. A questo punto due sono le ipotesi: se questo dato è vero, allora si
dovrebbero attaccare non i sindacati ma le imprese ferroviarie, che nonostante
una così bassa percentuale di scioperanti hanno soppresso una così elevata
quantità di treni, provocando i disagi descritti. Se invece non è “colpa” delle
imprese, allora il dato del 20% è falso, in tal caso mi domando come mai si
pubblichino cifre inesatte senza preventivamente verificarne l’attendibilità.
Posso invece affermare io stesso, con certezza, che il fantomatico “personale
ferroviario… che si è messo in ferie o in riposo per non vivere una giornata di
stress lavorativo e rabbia del pubblico” in realtà non esiste, in quanto le
ferie del periodo estivo del personale dei treni sono turnificate e non ne
vengono concesse più di quanto già previsto, inoltre in occasione degli scioperi
non vengono né concesse ferie né spostati i riposi. Se invece Senaldi è in
possesso di prove certe che questo sia avvenuto, allora anche in questo caso
sarebbe opportuno che si denunciassero le imprese ferroviarie che hanno concesso
ferie e spostato riposi in occasione dello sciopero, incrementando i disagi
descritti nell’articolo.
Veniamo ora alla domanda di fondo, senz’altro legittima, che l’articolo pone
(sebbene in modo implicito): perché i ferrovieri prima votano “sì” al referendum
sul contratto e poi, pochi giorni dopo, scioperano contro quel contratto? La
risposta non ha nulla a che vedere con Landini, le politiche della sinistra o il
governo Meloni. È molto più semplice.
In verità, tutti i ferrovieri “beneficeranno” dell’aumento contrattuale che è
stato firmato (ho messo le virgolette perché il beneficio è tutto da stabilire,
tenendo conto del fatto che la cifra pattuita non è nemmeno la metà dell’importo
richiesto dai sindacati che poi hanno firmato, il quale avrebbe dovuto giusto
coprire la perdita del potere d’acquisto causata dell’inflazione).
Ma solo una parte dei ferrovieri subirà gli ulteriori peggioramenti dell’orario
di lavoro che sono stati introdotti e che si sommano ai disagi già presenti e
che i sindacati (sempre quelli che hanno firmato) si erano impegnati a mitigare.
Ad esempio il personale della manutenzione sta da tempo protestando contro un
accordo del gennaio 2024, che ne ha notevolmente peggiorato le condizioni di
lavoro. Altro esempio, solo il personale dei treni deve lavorare fino a 10/11
ore al giorno, fare fino a 3 notti a settimana, fare obbligatoriamente fino a
tre ore in più al giorno in caso di ritardo del treno. Col nuovo contratto, in
più, i capitreno saranno da soli anche su treni notturni, e i macchinisti
dovranno operare in solitaria persino di notte.
Vale la pena ricordare che, solo negli ultimi dieci anni, tra infarti e tumori,
abbiamo perso più di 160 colleghi macchinisti deceduti prematuramente.
Scusate se è poco.
Cordiali saluti,
Matteo Mariani
Redazione di Ancora In Marcia!
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